di Raffaele Avico
Nel 2016 fu presentata una proposta di legge che, come è riassunto in questo articolo, spingeva in direzione della legalizzazione controllata e della depenalzzazione dei reati connessi alla detenzione e all’uso di cannabis a fini ricreativi.
La situazione è in stallo, e il dibattito continua: i vantaggi di un movimento di legge di questo tipo sarebbero innanzitutto -e senza alcun dubbio- economici, come è ben espresso nella proposta di legge presentata. I riferimenti ai possibili danni per la salute fisica e psichica, tuttavia, sono evasivi e non approfonditi, vista la lacuna di evidenze di cui la stessa ricerca scientifica soffre da sempre a proposito di questo punto. Ciò che si sa della cannabis potrebbe essere sintetizzato in alcuni punti:
- La cannabis è da ascrivere alla categoria delle sostanze dissociative, insieme agli allucinogeni più comuni come LSD, Ketamina, Mescalina, ecc. In effetti l’effetto prodotto dal THC (il principio attivo della cannabis) non è un effetto nè narcotico (come quello indotto da sostanze oppioidi come l’eroina), nè euforizzante /eccitante (come ricercato da chi usa cocaina). E’ un effetto di “stono” dissociativo in cui la mente viene distratta da sè stessa
- La cannabis non produce dipendenza fisica
- L’uso di cannabis diviene problematico a seconda di quanto la si utilizzi e in che modo. L’uso ricreativo/saltuario sta da un lato del continuum: l’utilizzo compulsivo/autoterapeutico dall’altra parte di questa linea immaginaria. E’ differente cioè usare cannabis in modo socializzante e contestuale, dall’usarla in modo compulsivo e per risolvere/curare malesseri psicologici di varia natura
- L’uso prolungato e cronico di cannabis in età delicate del neurosviluppo (per esempio in età adolescenziale, quindi dai 12 ai 20 anni), conduce a modificazioni in termini di performance in quelle che sono definite funzioni “pre-frontali”. Le funzioni cognitive garantite dalla corteccia pre-frontale sono le funzioni esecutive: capacità di organizzazione, inibizione degli impulsi grezzi, senso di orientamento e capacità progettuale. Questo vuol dire che un uso prolungato di cannabis conduce a difficoltà nell’auto-organizzazione e nell’auto-determinazione
- E’ stata identificata la sindrome “amotivazionale da cannabis” per descrivere la scarsa motivazione nel portare avanti progetti di vita, osservata in consumatori abituali.
- L’uso prolungato e compulsivo di cannabis modifica l’uso della memoria a breve termine: si fa più fatica a ricordare eventi da poco accaduti, o nel tenere a mente sequenze più o meno lunghe di elementi; l’attenzione viene inoltre tenuta a fatica. Questione centrale è se esistano o meno degli strascichi permanenti, e in quale misura, una volta raggiunta l’astinenza prolungata
- Dopo un certo periodo di astinenza continuata, le performance di memoria sembrano migliorare; quelle legate invece all’attenzione (la difficoltà di focalizzare e tenere l’attenzione focalizzata su un determinato compito) permangono deficitarie. Questo indica che l’uso cronico di cannabis ha un impatto indiscusso sulle performance cognitive: alcune di queste verrebbero modificate tuttavia in modo temporaneo, altre in modo permanente
- Un’ampia letteratura riporta una correlazione significativa tra uso di cannabis e insorgenza di sintomi di natura psicotica (sintomi positivi della schizofrenia come deliri e allucinazioni e trasfigurazione del senso di realtà, discinesie e dispercezioni -allucinazione riguardanti il proprio corpo-, oppure negativi come impoverimento delle capacità cognitive e ritiro sociale): su questo la letteratura è monodirezionale, riportando un dato certo, come si evince dalla lettura di questa vasta meta-analisi: attribuire un significato forte di causalità non è ancora possibile, né sapere se il disturbo psichiatrico sia stato creato dall’abuso di cannabis, o se fosse solo da “scoperchiare”. La correlazione è tuttavia così forte da poter cautamente affermare che l’uso di cannabis predisponga a sviluppare psicosi nei soggetti più vulnerabili.
EFFETTI COLLATERALI
Esistono inoltre degli effetti collaterali che potremmo definire come l’incontro tra un certo tipo di personalità, e l’uso di cannabis. In particolare nei ragazzi adolescenti, esistono quote di rabbia/aggressività fisiologiche che spesso trovano sfogo in attività sportive/creative. La cannabis, usata per placare vissuti di forte attivazione corporea (quindi aggressività, ma anche ansia forte), sembra in qualche modo “sporcare le acque” senza però riuscire a fornire una vera direzione di sfogo a questi stati di concitazione corporea.
In conclusione, sappiamo che usare cannabis altera le performance cognitive e conduce a quella che è stata definita sindrome amotivazionale. Queste variazioni, tuttavia, non sembrano essere definitive (con l’eccezione delle performance di attenzione -si confronti l’articolo in seguito linkato), soprattutto quando l’uso di cannabis massivo non avviene in fasi delicate dello sviluppo cerebrale. Sappiamo inoltre dei rischi connessi a un possibile esordio di sintomi psicotici.
Un approfondimento autorevole lo troviamo in questo articolo del 2014 ( http://www.pnas.org/content/111/47/16913.full), che contiene anche una completa disamina degli articoli che hanno indagato a fondo gli effetti a lungo termine dell’uso continuato di cannabis.