di Luca Proietti
Nell’articolo dal titolo “Conduct Disorder and Callous-Unemotional Traits in Youth”, Blair, Leibenluft e Pine affrontano il tema dei tratti definiti “Callous-Unemotional”, termine che potremmo tradurre come “insensibile – anaffettivo”, e delle relazioni che questi tratti hanno con i disturbi della condotta. L’articolo è una revisione della letteratura ed è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2014.
Di questo lavoro ritengo molto interessante la chiarezza della tipizzazione neurocognitiva dei diversi profili che sottendono alla macro-categoria dei disturbi della condotta. Inoltre, è altrettanto interessante la descrizione delle differenti traiettorie patologiche che i vari sottogruppi di disordini, presentano longitudinalmente.
Gli Autori definiscono il termine generico “problemi della condotta” come uno schema di comportamenti ripetuti di violazione delle regole, aggressività e indifferenza nei confronti degli altri in bambini e adolescenti. Quando questi sono persistenti possono configurare la sindrome che nel DSM-5 è definita “Disturbo della Condotta”. I problemi della condotta in gioventù correlano con un maggiore rischio di sviluppare abuso di sostanze, condotte criminali e problemi scolastico-educativi.
Tra i giovani con problemi della condotta possiamo identificarne due sottotipi sulla base della capacità (o meno) di provare rimorso, empatia e preoccupazione per il proprio andamento scolastico. Meno del 50% dei giovani con problemi della condotta presenta tratti callous-unemotional (o di “insensibilità emotiva”): costoro appaiono incapaci di provare senso di colpa, si mostrano insensibili, menefreghisti e dotati di scarsa empatia. I problemi della condotta, così come i tratti di insensibilità emotiva, possono essere espressi fin dalla tenera età, in alcuni casi anche prima del compimento dei 10 anni. Dati di letteratura sembrano evidenziare una traiettoria dei problemi comportamentali con una progressione dal Disturbo da iperattività e deficit dell’attenzione (ADHD) nei primi anni di scuola, al disturbo oppositivo provocatorio (OPD) negli anni seguenti, con la possibilità di sviluppare un vero e proprio disturbo della condotta (DC) in età adolescenziale. Non tutti i bambini con ADHD e disturbo oppositivo provocatorio arriveranno a sviluppare un disturbo della condotta. Tuttavia, tra coloro con disturbo della condotta, quelli che di base presentano tratti “callous-unemotional” in quasi il 50 % dei casi svilupperanno da adulti un disturbo antisociale di personalità (ASPD).
I tratti di insensibilità emotiva (tratti “callous-unemotional”) sono sostanzialmente stabili dell’individuo, in particolare quando insorgono prima dei 10 anni di età, e sembrano infatti fortemente correlati al background genetico-biologico dell’individuo.
La mancanza di empatia appare quasi esclusivamente nei giovani con insensibilità emotiva. Essa correla con scarse capacità di socializzazione, minori livelli di altruismo e incapacità di riconoscere il disagio altrui; le persone con scarsa empatia mostrano maggiori livelli di risposte aggressive, anche perché non provano i sentimenti negativi che derivano dall’osservare/percepire la sofferenza altrui.
La “risposta alla minaccia” è mediata, nelle sue varianti (freezing, fuga o lotta) da un circuito che coinvolge l’ipotalamo, il grigio periacqueduttale e l’amigdala. Un aumento dell’attività di tale circuito correla con una maggiore probabilità di aggressività reattiva. Il sottogruppo di pazienti con insensibilità emotiva riporta, oltre all’assenza di empatia, anche minore risposta alla minaccia. Il sottogruppo senza insensibilità emotiva presenta invece maggiore attivazione della risposta alla minaccia, con un maggior rischio di aggressività e ansia in risposta alla frustrazione o alla minaccia, ed una predisposizione ad attribuire erroneamente caratteristiche di ostilità a stimoli ambientali.
I pazienti con deficit di decision making apprendono con difficoltà come compiere decisioni che possono portare a ricompense piuttosto che punizioni. Ciò li rende più propensi a compiere condotte impulsive, o di aggressività reattiva, e a provare frustrazione. I sistemi neurobiologici coinvolti in questo caso sono lo striato, i nuclei della base, e la corteccia prefrontale ventromediale. Questo deficit è espresso in maniera equivalente nei giovani con disturbo della condotta con insensibilità emotiva ed in quelli senza, ma anche in giovani con ADHD e disturbo oppositivo provocatorio.
Pertanto, il deficit di decision making potrebbe essere un “minimo comune denominatore” di tali disturbi, così variegati ma allo stesso tempo strettamente interconnessi. Riuscire ad individuare i differenti profili sottesi a una manifestazione comune, come anche avere una conoscenza sempre più chiara delle dinamiche neuro-psicopatologiche implicate, guiderà in futuro lo sviluppo di nuovi trattamenti, sempre più specifici ed adatti al singolo caso.