di Raffaele Avico
Autore di riferimento e pietra miliare nella sterminata letteratura relativa alla psicopatologia attuale è sicuramente Daniel Siegel, autore statunitense di fama mondiale che è riuscito a rendere divulgabile alcune idee relative a complessi concetti psicopatologici come la regolazione emotiva e la neurobiologia interpersonale.
Siegel ha costruito l’intero suo impianto teorico intorno al concetto di integrazione. La sua idea di integrazione poggia su una visione multi-componenziale del cervello, gerarchicamente costruito su livelli diversi e differenziato nei suoi emisferi destro e sinistro.
All’interno dei suoi lavori l’autore spiega come la salute psichica coincida con la possibilità di utilizzare in modo integrato e fluido tutte le componenti e le funzioni del cervello. Per fare questo parte della semplice ma sommamente potente teoria del cervello tripartito di McLean, secondo cui esistono tre strutture, evolutivamente comparse in modo sequenziale nel corso dello sviluppo del cervello umano: il troncoenecefalo, evolutivamente più antico e primevo, il sistema limbico sottocorticale e la neo-corteccia, ultima in termini di tempistiche evolutive.
Siegel nei suoi lavori indaga ciò che ritiene essere alla base della sofferenza psichica, in senso allargato: la mancanza cioè di integrazione. Integrazione di parti del Sé, integrazione della coscienza, integrazione tra strutture cerebrali più antiche e più recenti, integrazione tra funzionamento destrorso o sinistro del cervello.
Sulla scia di molteplici autori impegnati nello studio delle stesse problematiche, Siegel approfondisce questioni focali della disciplina psicotraumatologica, come il fenomeno della dissociazione a seguito di traumi cumulativi o grandi traumi, e le conseguenti ricadute in termini di sintomi clinici. Per fare questo, oltre alla sopra citata teoria del cervello tripartito di McLean, si rifà alle teorie più recenti relative allo stile di attaccamento, gli studi di neurobiologia relazionale e le recenti derive della psicoterapia cognitiva in ambito di tecniche di rilassamento/meditative prese a prestito dalla cosiddetta psicologica “buddhista”, per esempio la mindfulness.
L’autore inoltre ha il grande merito di aver introdotto il concetto di finestra di tolleranza, concetto di grande rilevanza clinica e facilmente divulgabile e utilizzabile con i paziente durante le sedute. Qui di seguito un’immagine esplicativa:
Il concetto di finestra di tolleranza va spiegato in relazione al concetto di disregolazione emotiva, fenomeno rilevantissimo e molto frequente nella pratica clinica con pazienti difficili.
La linea sinusoidale che si osserva tra le due linee orizzontali segnalate dalle due frecce nell’immagine riportata, rappresenta il tono di attivazione neuro-fisiologica con le sue normali fluttuazioni. Nel corso della giornata, il nostro stato di arousal si muove a tratti verso l’alto (tendendo allo stato di iper-arousal) e a tratti verso il basso (ipo-arousal), contestualmente a situazioni percepite più o meno “attivanti” o più o meno “calmanti”.
Fluttuare all’interno della finestra di tolleranza è totalmente normale, fino al punto in cui per varie ragioni il tono di arousal non superi verso l’altro o verso il basso i confini della “finestra di tolleranza”: in quel momento inizia il senso di “disregolazione”, percepito soggettivamente come un senso di essere “fuori controllo” (troppo agitati/ansiosi/attivati) o al contrario troppo “scarichi”o apatici (lo stato di ipo-arousal) e accompagnato da uno stato di profondo malessere soggettivo psichico, da cui si tenta di fuoriuscire.
Secondo questa rappresentazione del malessere psichico, indotto da una disregolazione del tono di attivazione neuro-fisiologica, il problema consisterà nel trovare strategie di regolazione emotiva che consentano all’individuo di ri-entrare in finestra di tolleranza quando ne sia fuoriuscito sia in senso “iper” che in senso di ipoarousal.
Il concetto di regolazione/disregolazione emotiva e le strategie di mastery
Siegel nei suoi lavori spiega con chiarezza come ognuno trovi le sue proprie strategie di regolazione emotiva per rientrare all’interno della “finestra di tolleranza” in questi momenti di profondo dolore psicologico. Le strategie sono chiamate di “mastery”, termine inglese utilizzato per descrivere il senso di padronanza, cioè di “sensazione di avere il controllo” sulla propria vita, sulle proprie risorse e le proprie mancanze, sensazione molto piacevole e associata spesso a un senso di euforia e progettualità.
Siegel parla di strategie di mastery intendendo con questo tutto ciò che consente a un individuo di riappropriarsi del controllo sulla propria emotività, di calmarsi quando troppo “attivato” o di attivarsi quando troppo “apatico”, rientrando metaforicamente all’interno della finestra di tolleranza.
Siegel, sulla scia di molteplici altri autori, spiega come esistano diverse tipologie di strategie di mastery, con un diverso livello di raffinatezza ed efficacia e raggruppabili genericamente in tre tipologie/livelli:
- Strategie di mastery di I livello. Attraverso queste strategie, l’individuo sperimenta un effetto regolativo sulle sue emozioni veementi attraverso l’utilizzo del corpo. A questo livello di strategie di mastery appartengono le pratiche sportive usate in senso regolativo (per calmarsi quando si è troppo attivati, o per “darsi una scossa” quando troppo apatici, per esempio), ma anche l’utilizzo di sostanze a fini auto-terapeutici. Quindi per esempio un ragazzo che utilizzi cannabis per placare alcuni stati di ansia o attivarsi quando depresso, o un cocainomane che voglia sfuggire da stati di vuoto/depressivi, o ancora un eroinomane, rappresentano esempi di utilizzo di strategie di mastery di I livello. Genericamente tutto ciò che passa attraverso il corpo e che abbia un effetto regolativo rappresenta una strategia di mastery di I livello.
- Strategie di mastery di II livello. Le strategie di secondo livello passano attraverso l’interazione sociale: l’individuo utilizza il contatto con l’altro per regolare stati di ansia/iper-arousal o al contrario stati di depressione/ipo-arousal. E’ una modalità regolativa dialettica: contempla la presenza dell’altro che viene ricercato attivamente attraverso per esempio una telefonata, un’uscita, un gesto di ricerca di contatto. Attraverso questa strategia di regolazione emotiva il tono di attivazione neuro-fisiologica viene fatto rientrare all’interno della finestra di tolleranza a partire da un momento di condivisione. Questa strategia di mastery è considerata più evoluta rispetto a quella precedente, e in un ideale di percorso di “maturazione” psicologica (per esempio nel contesto di un percorso di psicoterapia) il suo utilizzo da parte del paziente è da considerarsi un passo avanti per quanto riguarda la capacità di auto-regolazione emotiva.
- Strategie di mastery di III livello. Le strategie infine di terzo livello consentono alla persona di auto-regolare la propria attivazione (o disattivazione) neuro-fisiologica a partire da un lavoro solamente interiore. Non è necessario né passare attraverso il corpo, né appoggiarsi a un altro per regolare il tono della regolazione emotiva. Chi utilizza questa strategia di mastery riesce, attraverso un lavoro interiore (visualizzazioni, dialogo interno rassicurante e contenitivo, il sapersi spiegare le ragioni sottese al momento disregolativo, etc.), a ritornare autonomamente all’interno della finestra di tolleranza. Sono le strategie di regolazione emotiva più evolute e sofisticate. Rappresentano un punto di arrivo nel percorso relativo alla capacità di auto-regolazione, di fondamentale importanza nel corso dello sviluppo e nel contesto di una psicoterapia.
Altro aspetto da mettere in rilievo a proposito della finestra di tolleranza, è la sua ampiezza. L’autore spiega come poco dopo la nascita, l’ampiezza della finestra di tolleranza sia minima: qualunque sovra o sotto-attivazione neurofisiologica vissuta dal bambino lo porterà a uscire dalla finestra (essendo la sua ampiezza molto ridotta) creando sofferenza psichica. La capacità di reggere frustrazione di un bambino piccolo, come sappiamo, è minima. Uno sviluppo equilibrato, insieme a un’educazione al reggere la frustrazione fornita dalle figure di riferimento, significheranno per lui ampliare la sua finestra di tolleranza, imparando a reggere sbalzi neurofisiologici di portata più ampia senza però arrivare a soffrirne.
SOMMARIO
Nel discorso quindi relativo alle competenze di auto-regolazione emotiva, è importante considerare due aspetti portanti:
- La regolazione emotiva permette all’individuo di riportare il tono di attivazione neuro-fisiologica all’interno della finestra di tolleranza, verso il basso quando in fase di iper-arousal, e verso l’altro se in ipo-arousal. Le strategie per fare questo vengono chiamate strategie di mastery e sono più o meno sofisticate. Genericamente diciamo che un individuo il cui tono di attivazione neuro-fisiologica stia all’interno della finestra di tolleranza, non soffre per questioni relative a disregolazione emotiva: non sarà dunque in balia di emozioni veementi come la rabbia o una profonda tristezza, ma riuscirà a percepirle in sè sufficientemente regolate da essere psicologicamente tollerabili.
- Per sentire un senso di controllo e di “sovranità” sulle proprie emozioni senza che queste diventino veementi o soverchianti, è importante ampliare l’ampiezza stessa della finestra di tolleranza cosicchè per fuoriuscire dai confini della stessa sia necessario un livello di iper o ipoattivazione molto maggiore. A parità di stressor, persone diverse si “regoleranno” in modi diversi, a seconda di quanto ampie saranno le rispettive finestre di tolleranza a consentirgli di mantenere il senso di mastery.
La maturazione interiore, un percorso di psicoterapia, uscire rinforzato da esperienze difficili: tutti questi sono esempi di situazioni di ampliamento della finestra di tolleranza che ci rendono maggiormente schermati di fronte agli sbalzi neurofisiologici conseguenti a eventi più o meno stressanti.