di Raffaele Avico
Lo studio sul tema delle appartenenze, storicamente afferente alle discipline antropologiche e sociologiche, ha recentemente trovato spazio all’interno dello studio, più ampio, relativo ai Sistemi Motivazionali Interpersonali approfonditi dalla letteratura psicologica nella sua deriva più evoluzionistica. I Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI) sono stati definiti “tendenze innate all’azione” negli umani, che rispondono a precisi mandati evolutivi: sono stati rintracciati dagli psicologi evoluzionisti 5 pattern emotivo-comportamentali presenti nella specie umana, indipendentemente dalla cultura di riferimento: attaccamento, accudimento, cooperazione tra pari, sessualità e agonismo ritualizzato.
L’osservazione e l’isolamento in pattern specifici dei SMI è stata possibile a partire dall’osservazione etologica del regno animale, all’interno del quale furono originariamente osservate suddette dinamiche relazionali tra conspecifici, l’individuazione e l’analisi delle quali è stata successivamente estesa alle relazioni intercorrenti fra esseri umani (Liotti, 2001)
I Sistemi Motivazionali Interpersonali rispondono a mandati evolutivi specifici:
- Il sistema di attaccamento si attiva in reazione a una sorta di mandato implicito e ancestrale che suggerisce di affidare le proprie speranze di sopravvivenza a un conspecifico biologicamente più attrezzato per fronteggiare situazioni di pericolo.
- Il sistema di accudimento risponde invece a un mandato evolutivo che suggerisce di prendere in carico conspecifici più deboli da affiliare e proteggere al fine di garantirne la sopravvivenza.
- Il sistema relativo alla sessualità risponde al mandato evolutivo riproduttivo.
- Quello agonistico consente la strutturazione di branchi con ranghi specifici, facilitando la coesistenza dei conspecifici e conferendo ordine al caos dello “stato di natura”.
- Infine, quello cooperativo, filogeneticamente parlando più recente ed evoluto, consente ai conspecifici di pianificare una gestione condivisa delle risorse, finalizzata a ottenere risultati il cui conseguimento risulterebbe impossibile al singolo individuo.
É stato osservato che negli umani il successo dei pattern emotivo-comportamentali applicati in risposta ai vari SMI si traduce nella sperimentazione, da parte degli individui i cui comportamenti sono regolati da suddetti pattern, di emozioni positive e di un generale benessere corporeo, mediato da un assetto neurofisiologico ottimale.
In altre parole, la regolare ed efficace azione dei vari SMI sul comportamento di un individuo scatena, nell’individuo medesimo, una liberazione di endorfine che concorre a procurare uno stato di benessere tanto corporeo quanto emotivo e intellettuale. Al contrario, qualora i mandati espressi dai SMI risultassero disattesi, è stata osservata nell’individuo la presenza di disagio psichico e sofferenza in varie forme nel cui novero si collocano, ad esempio, la paura che investe un bambino privo di una figura genitoriale o quantomeno di un adulto disposto a proteggerlo cui indirizzare il proprio bisogno di attaccamento, o il turbamento di un adulto insensibile al richiamo dell’accudimento, ovvero incapace di prendersi cura di un bambino, o ancora il disagio di un adulto che fatichi a entrare in competizione con conspecifici adulti per l’accesso a una qualche risorsa limitata.
La letteratura a riguardo dei SMI è ampia e approfondita; recentemente ci si è chiesti se la questione del senso di appartenenza a un branco – inteso, per gli umani, non tanto come branco in senso animale, ma come “territorio mentale”, concetto che estende il senso di appartenenza al di là del gruppo di conspecifici, ovvero a un “territorio” o “spazio” in cui situare la propria appartenenza simbolica (che si tratti di appartenenza religiosa, o intellettuale, politica, ecc.)-, non possa essere inclusa all’interno della questione inerente i Sistemi Motivazionali Interpersonali (Jay J. Van Bavel, J. K. Swencionis, R. C. O’Connor, William A. Cunningham., 2012)
Il senso di appartenenza, in primo luogo, è riscontrabile in tutte le culture e all’interno delle specie dotate di cervello limbico (aventi natura di “animale sociale”); esso pare garantire un senso di protezione dai predatori e, soprattutto, fornire una tale rassicurazione in termini di conferimento di senso e significato alle azioni del singolo individuo che ci si è chiesti se il “mandato di appartenere” non sia innato e necessario all’umano per il mantenimento di una buona salute psichica e di un generale senso di benessere (J. Schuler, V. Job, S. M. Frohlich, V. Brandstatter, 2008; Kaesornsamut, Phuangphet, Sitthimongkol, Yajai, Williams, Reg Arthur, Sangon, Sopin, Rohitsuk, Wajjanin, Vorapongsathron, Thavatchai, 2012; L. Turner, S. Mclaren, 2011).
Il tema del conferimento di senso e significato alle azioni del singolo individuo appare particolarmente rilevante considerando come l’appartenenza a una qualunque sub-cultura (che si tratti di un gruppo amicale, politico, religioso, culturale, ecc.) conferisca dignità ontologica al complesso di atti, abitudini, riti e usanze che a quella stessa cultura fanno riferimento, mettendo in atto i quali il singolo ricalca e solidifica la sua identità. L’appartenenza sembra dunque avere –aspetto, quest’ultimo, già ampiamente indagato dalle discipline antropologiche e sociologiche– , ripercussioni sulla costruzione dell’identità individuale (Swann Jr., Gömez, Jetten,Whitehouse, Bastian, 2012).
TEMI DI VITA
A riguardo invece dei temi di vita, questi sono stati indagati nel contesto dello studio della psicologia narrativa, disciplina nata dall’incontro tra la psicologia e la narratologia e potentemente promossa dal lavoro clinico e teorico di J. Bruner (Bruner, 2002), secondo il quale la mente si nutre di narrazioni, pertanto, un individuo che non riesca a creare un quadro narrativamente coerente della propria storia, sarà perso in un sofferto eterno presente, privo di senso e significato in quanto “interrotto”. Gli studi di Bruner hanno fornito prezioso materiale clinico alla ricerca inerente la psicologia narrativa.
Il pensiero narrativo, così nei bambini –la cui partecipazione psicologica alle storie narrate si attiva a prescindere dalla comprensione logica delle stesse– come negli adulti, sembra essere di vitale importanza per la strutturazione coerente di un’identità e un senso solido di sé.
I temi di vita sono nello specifico potenti “attrattori” di narrazioni, presenti in modo trasversale in tutte le culture, e resistenti nel tempo. Sono tematiche intorno alle quali, narratologicamente parlando, si sono concentrate nella storia innumerevoli questioni letterario/filosofiche, esistenziali e di ricerca, al di là del contesto e della cultura di riferimento, dacché si ipotizza che tali temi siano problematici in un’accezione nucleare, ovvero che la comprensione delle loro implicazioni sul vissuto personale risulti di vitale importanza. Essi sono: l’amore, il valore, la libertà, la verità, la giustizia e il potere (ai quali a volte viene incluso il tema della morte, spesso però considerato trasversale e congiunto agli altri temi in una sorta di servo-meccanismo).
A livello psicoterapeutico lavorare sui temi critici significa esplorare le convinzioni e i significati attribuiti dal paziente a ognuno di essi, per capire dove possano esserci nodi problematici, rigidità o bias cognitivi che possano essere discussi e approfonditi in sede di terapia.
L’articolo di recente pubblicazione, di Fabio Veglia e Giulia di Fini, approfondisce ed esplica, in modo dettagliato, la questione inerente i Temi di Vita: ve ne consigliamo vivamente la lettura.
Bibliografia
- Julia Schuler, Veronika Job, Stephanie M. Frohlich, Veronika Brandstatter, 2008, A high implicit affiliation motive does not always make you happy. A corresponding explicit motive and corresponding behavior are further needed, Motivation and Emotion 01/2008
- Kaesornsamut, Phuangphet; Sitthimongkol, Yajai; Williams, Reg Arthur; Sangon, Sopin; Rohitsuk, Wajjanin; Vorapongsathron, Thavatchai, Effectiveness of the BAND Intervention Program on Thai Adolescents’ Sense of Belonging, Negative Thinking and Depressive Symptoms, 2012, Pacific Rim Int J Nurs Res 2012 ; 16(1) 29-47
- Jay J. Van Bavel, Jillian K. Swencionis, Rachel C. O’Connor, William A. Cunningham, Motivated social memory: belonging needs moderate the own-group bias in face recognition, 2012, Journal of Experimental Social Psychology, Volume 48, Issue 3, May 2012, Pages 707–713
- Turner L., Mclaren S., Social Support and Sense of Belonging as Protective Factors in the Rumination–Depressive Symptoms Relation Among Australian Women, 2011, Women Health. 2011 Mar;51(2):151-67
- Swann Jr., Gömez, Jetten,Whitehouse, Bastian, 2012, When Group Membership Gets Personal: A Theory of Identity Fusion, Psychological Review Advance online publication. doi: 10.1037/a0028589
- Liotti G.,2001, Le opere della coscienza: Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista. Milano: Raffaello Cortina Editore
- Bruner J. S., 2002, La fabbrica delle storie, Laterza, Bari