La vita sotto PTSD diviene, gradualmente, un incubo da svegli, popolato da fantasmi e pensieri disturbanti da cui sembra difficilissimo emanciparsi. I pensieri che hanno a che vedere con il trauma, si ripresentano alla coscienza e producono cambi del colorito emotivo, veri e propri intrusi che hanno il potere di smontare la “coreografia” del presente per farci tornare alla realtà del nostro trauma.
Rendiamoci conto che la sintomatologia del PTSD è forse una delle più disturbanti e allo stesso tempo facili da riconoscere, di tutta l’ampia gamma della psicopatologia per come la conosciamo. Il PTSD è una sindrome dai contorni molto nitidi: non è nè un disturbo d’ansia in senso stretto (seppur porti con sè senso di panico e accelerazione, cosa che potrebbero far pensare a un disturbo d’ansia) nè un disturbo dell’umore (seppur porti con sè viraggi e sbalzi del tono emotivo): ha più a che vedere con l’alterazione dello stato della coscienza, che diviene permeabile ai contenuti traumatici.
Osserviamo il tentativo che qui è stato fatto per rappresentare, in senso soggettivo, il PTSD. Il video tenta di raccontare cosa succede a chi attraversa un periodo potentemente traumatico:
Nel suo romanzo breve Le notti bianche, Fedor Dostoevskij, fine conoscitore della psicologia umana, racconta di quattro notti e di un mattino trascorse dal suo personaggio senza nome (“Il sognatore”) alle prese con una relazione sentimentale appena nata ma già destinata a finire. A seguito di appunto quattro notti trascorse nella speranza di aver infine risolto il suo stato di mancata appartenenza e solitudine (grazie a una donna incontrata, una notte, a St.Pietroburgo), nel rendersi conto che l’amata è in realtà già destinata a qualcun altro, il sognatore immagina la scena terribile di lui stesso, quindici anni più tardi, nel medesimo stato di isolamento sofferto nel momento presente: Dostoevskij descrive qui un vero viraggio in senso depressivo dello stato emotivo, simile tuttavia a ciò che succede a chi, soffrendo di PTSD, forzosamente venga costretto a “tornare” con la mente al terribile contenuto traumatico.
Nel PTSD, anche un solo pensiero, il ricordo di qualcosa di doloroso o spaventoso, diviene la porta, il “trigger” che ci ripiomba nell’insicurezza e nella paura, tanto da divenire un vero e proprio persecutore interno, al cospetto del quale ci sentiamo sempre impotenti e indifesi (pensiamo alle vittime di stalking o bullismo, e a come la paura parta da qualcosa di “esterno” per entrare dentro e divenire generalizzata e costante). Leggiamo cosa vive il sognatore:
Come è stato giustamente notato, Dostoevskij qui (ma anche altrove), usa in modo molto frequente l’avverbio “improvvisamente” per raccontare l’andamento apparentemente irrazionale del flusso dei pensieri, dalle più alte vette di felicità e unione mistica fino ai baratri dello sconforto e della solitudine esistenziale vissuta dai personaggi dei suoi lavori. È molto vivida, in questa descrizione, la sensazione dello “sbalzo” emotivo prodotto dalla visione del sè futuro -isolato e solo-, e la ri-significazione in chiave depressiva della realtà da lui esperita, come se la stessa venisse svuotata di vita.