di Matteo Respino
In un interessante editoriale pubblicato a dicembre 2018 sull’American Journal of Psychiatry, dal titolo “Is there really nothing new under the sun? Is low-dose ketamine a fast-acting antidepressant simply because it is an opioid?”, Mark George approfondisce i risultati di alcune recenti ricerche sull’uso della ketamina nel trattamento della depressione maggiore. Numerosi studi hanno mostrato come la ketamina abbia un effetto importante e rapido nel ridurre i livelli di depressione in acuto, offrendosi come potenziale nuovo trattamento per le forme gravi o resistenti (Serafini et al., 2014).
Nonostante tale evidenza, il meccanismo di efficacia della ketamina non è del tutto chiaro. Data l’azione di blocco dei recettori per il glutammato NMDA mediata dalla molecola, un ruolo dell’azione antiglutammatergica risulterebbe l’ipotesi più logica nello spiegare gli effetti della ketamina, ma probabilmente tale meccanismo non è sufficiente a giustificarne gli effetti antidepressivi. Mark George, un esperto di neurostimolazione, approfondisce i risultati di un recente lavoro di Williams et al. (2018) che avrebbe mostrato come l’azione antidepressiva della ketamina sia bloccata dal concomitante utilizzo del naltrexone, un antagonista dei recettori per gli oppiacei. Sostanzialmente, in tale studio si è mostrato come in pazienti depressi l’uso concomitante di naltrexone blocchi nettamente l’efficacia antidepressiva della ketamina, rispetto a un gruppo di controllo placebo + ketamina. L’interpretazione più ovvia di questi risultati è che l’efficacia antidepressiva della ketamina sia mediata quantomeno dal combinato antagonismo di recettori NMDA e agonismo per gli oppiacei. In altre parole, l’effetto antidepressivo di questa nuova molecola potrebbe necessitare l’attivazione del sistema degli oppioidi.
Perché tale scoperta è rilevante? Mark George sostiene vi siano al momento 3 grandi “epidemie” nella psichiatria (riferimento soprattutto a quella americana, ma in certa misura mondiale): depressione, suicidio e dipendenza dagli oppioidi. Si chiede (un poco provocatoriamente) se, anche alla luce dei risultati del lavoro di Williams et al., nel tentativo di risolvere alcune di queste crisi (e.g., depressione) non si rischi di peggiorarne altre (in questo caso, egli fa ovviamente riferimento alla dipendenza da oppiodi). L’Autore sostiene infatti “Should emergency departments that are considering using intravenous ketamine as an antisuicide measure pause, as they may now be making depressed patients opioid addicts?” . Tale provocazione mira a far ragionare sulla cautela che è necessario utilizzare, in quanto la ricerca sui meccanismi d’efficacia della ketamina è lungi dall’essere conclusa.
Il riferimento dell’Autore, ed il suo invito alla cautela, è in particolar modo rivolto alle numerose cliniche per la somministrazione di ketamina che stanno emergendo negli USA. Infine, Mark George, da esperto in ambito di neurostimolazione, ci ricorda che esistono altri trattamenti estremamente efficaci, ed oggi sicuri, per la depressione grave o resistente, come la terapia elettroconvulsivante (di cui abbiamo scritto qui).
Link all’editoriale qui.
Mark GS. Is there really nothing new under the sun? Is low-dose ketamine a fast-acting antidepressant simply because it is an opioid? The American Journal of Psychiatry, 2018.
Serafini G et al. The Role of Ketamine in Treatment-Resistant Depression: A Systematic Review. Curr Neuropharmacol, 2014 Sep; 12(5): 444–461.
Williams N et al. Attenuation of antidepressant effects of ketamine by opioid receptor antagonism. The American Journal of Psychiatry, 2018.