di Andrea Escelsior, medico, specializzando in psichiatria, Università di Genova
“Alla fine liquidò gli affari e portò la famiglia a vivere lontano dal mare, in un villaggio di indios pacifici situato sui contrafforti della sierra, dove fece costruire a sua moglie una stanza da letto senza finestre in modo che i pirati dei suoi incubi non avessero da dove entrare”. (Gabriel García Márquez, “Cent’anni di solitudine”; 1982)
“È dunque il timore la causa che genera, mantiene ed alimenta la superstizione”. (Baruch Spinoza, “Trattato teologico-politico”; 1670)
La paralisi del sonno
La paralisi del sonno è una parasonnia, che consiste nell’insolita esperienza di svegliarsi nella notte senza la possibilità di muoversi. La persona coinvolta esperisce uno stato di coscienza alterato, che combina il sonno REM con elementi di veglia. A tale fenomeno si associano solitamente sensazioni di paura e disagio estremi (Denis and Poerio, 2017). Le allucinazioni ipnagogiche (all’addormentamento) e ipnopompiche (al risveglio) sono spesso associate alla paralisi del sonno (Kompanje, 2008). Sebbene si tratti di un fenomeno relativamente comune, a tutt’oggi è disponibile solo una scarna letteratura in merito.
La predisposizione allo sviluppo delle paralisi del sonno è legata a diversi fattori quali genetica, specifiche caratteristiche di personalità, avere credenze anomale, giovane età, disturbi del sonno, malattie fisiche e disturbi psichiatrici. Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e il disturbo da attacchi di panico sono disturbi predisponenti in ambito psichiatrico. Gli episodi sono inoltre legati all’esposizione a fattori ambientali, quali uso di sostanze o fattori stressanti e traumatici, oppure lo svolgere specifiche mansioni lavorative, come nel caso dei turnisti e del personale infermieristico (Cox, 2015; Davies, 2003; Denis et al., 2018).
La paralisi del sonno è un fenomeno che riguarda il 7,6% circa della popolazione generale. L’epidemiologia evidenzia inoltre come nel 31,9% dei pazienti psichiatrici sia stato riscontrato almeno un episodio di paralisi del sonno, in modo particolare nei pazienti con disturbo da attacchi di panico (34,6%). I pazienti spesso attribuiscono il manifestarsi delle paralisi del sonno a stati particolari di fatica, stress e altri fattori psicosociali (Sharpless and Barber, 2011; Yeung et al., 2005). Un aumento dell’incidenza nella popolazione psichiatrica si può tuttavia verificare a seguito di specifiche situazioni storiche, come nel caso dei rifugiati cambogiani. In questa popolazione le incursioni notturne del khmaoch sângkât (“il fantasma che spinge giù” in lingua khmer) si presentava con il 42% di prevalenza nell’arco di un anno. In questi casi sono particolarmente frequenti le allucinazioni visive durante il fenomeno (91%) e di attacchi di panico (100%) (Hinton et al., 2005). Non sembrerebbero esistere invece significative differenze di prevalenza legate alla geografia, in uno studio comparativo è risultata infatti pari al 26,2% a Boston e al 23,3% a Shanghai (Yeung et al., 2005).
La paralisi del sonno nella letteratura
Il fenomeno è stato storicamente reso celebre da alcuni autori letterari. Descrizioni di episodi di paralisi del sonno si ritrovano ad esempio ne “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij (1881), nel dialogo notturno tra Ivan Fëdoroviè ed il diavolo, apparso nella camera del protagonista durante un incubo durante un accesso febbrile (Stefani et al., 2017):
“[..] Per questa volta agirò onestamente e ti spiegherò ogni cosa. Ascolta: nei sogni, e soprattutto negli incubi, a causa di una indigestione o di qualcos’altro, gli uomini a volte hanno visioni artistiche, vedono una realtà così complessa e vivida, assistono a eventi tali e persino a un intero mondo di eventi collegati tra loro da una trama così ricca di particolari inattesi – a cominciare da manifestazioni superiori per finire con l’ultimo dei bottoni di un polsino – che, ti giuro, neanche Lev Tolstoj sarebbe capace di immaginare; eppure questi sogni vengono fatti da persone normalissime, impiegati, giornalisti, pope, e non già da scrittori di professione… La questione è un enigma bello e buono: un ministro mi ha persino confessato che le idee migliori gli vengono in sogno, quando dorme. Be’, proprio come adesso, ammettiamo pure che io sia una tua allucinazione, ma un’allucinazione che, come in un incubo, ti dice cose originali che a te non sono mai venute in mente fino a questo momento. Per questo non ripeto i tuoi pensieri, ma sono soltanto il tuo incubo e niente di più”.
Prima ancora se ne ritrovano descrizioni ne ”L’ Horla” (1887) di Maupassant (Miranda and Högl, 2013) in “Belli e dannati” di Francis Scott Fitzgerald (1922), ne “Il braccio avvizzito” di Thomas Hardy (1888) (Davies, 2003) e in “Moby Dick” (1851) di Melville (Herman, 1997). Così Melville fa raccontare al suo personaggio principale, Ismaele:
“Per parecchie ore rimasi disteso, completamente sveglio, e mi sentivo peggio assai che non mi sia mai successo, neanche nelle maggiori disgrazie che ho avuto in seguito. Infine caddi, immagino, in un torpore penoso da incubo; e uscendone a poco a poco, ancora mezzo affogato nei sogni, apersi gli occhi e la camera già assolata era adesso avvolta nel buio della notte. Subito mi sentii percorrere tutto da una scossa. Non si vedeva niente, non si sentiva niente; ma mi parve che una mano soprannaturale mi stringesse la mano. Il mio braccio pendeva lungo la coperta, e la forma o fantasima silenziosa, indefinibile, inimmaginabile a cui apparteneva la mano pareva sedermi vicino sulla sponda del letto. Per ciò che mi parve una durata di secoli e secoli stetti così, agghiacciato dalle paure più tremende, e non osavo ritirare la mano, eppure pensavo continuamente che, solo a poterla muovere di un pollice appena, l’orribile incantesimo si sarebbe spezzato. Non so come questa sensazione, alla fine, svanì via. Ma svegliandomi al mattino; di colpo ricordai tutto con un brivido, e per giorni e settimane e mesi mi perdetti in tentativi angosciosi di spiegare quel mistero. Perfino oggi mi capita di ricominciare a pensarci”.
La paralisi del sonno tra storia e folklore
Trattandosi di un fenomeno trasversale e comune, non sorprende come possa essere entrato nella tradizione popolare che trova riscontro in diverse parti del mondo, identificato usando decine di termini differenti grammaticalmente ma di significato analogo. I termini Lilitu (lei-demone) o Lilith, presenti nella lista dei re sumeri del 2400 a.C., costituiscono il primo riferimento a una creatura disturbatrice del sonno, responsabile degli episodi di paralisi. Lilith era considerata una vampira e una prostituta, in grado di irretire gli uomini e trattenerli con sé per sempre. Nelle derivazioni ebraiche, si trattava invece della prima moglie di Adamo, che invece di” obbedire” divenne un demone. Sia nelle derivazioni ebraiche che sumeriche, Lilith era solitamente associata al diavolo, avendo le sembianze corporee di serpente, scorpione o drago (Cox, 2015).
Alcuni dei successivi termini più noti per descrivere il fenomeno sono quelli greci di pan-ephialtes (Pan che salta sopra), graia e mora (mostro, orco, spirito, ecc.), quelli romani di incubo (presenza che preme o schiaccia) e lamia, i tedeschi mar/mare, hexendrücken (strega che preme) e Alpdruck (elfo che preme), il ceco muera, il polacco zmora, il russo kikimora, il francese cauchemar, gli inglesi maere ed hagge; il norvegese mara, l’irlandese mar/more e lo spagnolo pesadilla (Cheyne et al., 1999). Nella provincia canadese di Terranova, l’incubo viene definito “la vecchia strega”, mentre nell’isola caraibica di Saint Lucia, la creatura si chiama Kokma, ed è lo spirito di un bambino morto e non battezzato che attacca le persone nei loro letti e interrompe il loro respiro saltando sul loro petto e afferrandole alla gola (Cox, 2015). Nel folklore brasiliano troviamo invece la Pisadeira, descritta come una vecchia con le unghie lunghe che si annida sui tetti di notte e calpesta il petto di chi dorme a stomaco pieno e con la pancia in su. In Egitto, il fenomeno viene attribuito agli attacchi dei Jinn (demoni) (Jalal et al., 2015). Nella tradizione giapponese, la paralisi del sonno è dovuta a uno spirito vendicativo che soffoca i suoi nemici mentre dormono, mentre in quella nigeriana viene attribuita a un demone femminile che attacca durante i sogni e provoca la paralisi. Per gli Inuit invece il fenomeno è dovuto agli incantesimi degli sciamani o a spiriti maligni, che attaccano l’anima dell’individuo, più vulnerabile durante il sonno e il sogno (de Sá and Mota-Rolim, 2016; Law and Kirmayer, 2005). Nell’Italia moderna troviamo invece diverse figure, quali la Pandafeche in Abruzzo, sorta di strega che secondo la tradizione avrebbe un buco nella mano che, qualora si adatti al naso del dormiente, consentirebbe l’avvio di un attacco (Jalal et al., 2015) o del Laurieddhu nel Salento, folletto dispettoso che si divertirebbe a fare ogni sorta di dispetto al malcapitato dormiente.
La quasi totalità delle interpretazioni tradizionali chiama in causa il mondo soprannaturale. Rara eccezione è costituita dal mondo greco-romano, che si caratterizzò per la presenza di posizioni inclini ad attribuire un significato soprannaturale al fenomeno e di spiegazioni di tipo fisiologico. Così, mentre il fondatore della scuola metodica di medicina Temisone di Laodicea (I secolo a.C.) inquadrò il fenomeno in termini soprannaturali, per Galeno (129 d.C. –201 d.C. circa) la paralisi del sonno era dovuta a una varietà di disturbi gastrici dovuti a cibo indigesto, eccesso di cibo o abbondante consumo di alcool (Golzari et al., 2012).
Tra le interpretazioni soprannaturali inoltre è presente una varietà di chiavi di lettura del fenomeno. Mentre nella maggior parte dei casi le paralisi del sonno vengono lette in chiave di aggressione fisica nei confronti del soggetto, il mondo greco ne presenta una interpretazione di tipo positivo, chiamando in causa la sessualità. Come scrive Artemidoro di Daldi (II secolo) nel suo libro “L’interpretazione dei sogni”, durante gli ephialtes il dio Pan poteva avere rapporti sessuali con il sognatore, e questo significava una promessa di una grande fortuna futura.
Questo legame positivo con l’atto sessuale verrà tuttavia rovesciato con l’avvento dell’era cristiana, i cui principi comprendevano lo stretto controllo degli istinti sessuali (de Sá and Mota-Rolim, 2016). Sarà lo stesso Sant’Agostino (354 d.C.- 430 d.C.) a condizionare la successiva percezione ed interpretazione del fenomeno della paralisi del sonno legandone la natura al peccato carnale, scrivendo: “Ed è notizia assai diffusa e molti confermano di averlo sperimentato o di avere udito chi l’aveva sperimentato che i silvani e i fauni, i quali comunemente sono denominati “incubi”, spesso sono stati sfacciati con le donne e che hanno bramato e compiuto l’accoppiamento con loro”. (Sant’Agostino d’Ippona, De Civitate Dei, XV,23). Come fa notare la storica medioevale Chiara Frugoni, nel medioevo “Il tempo notturno è anche quello dell’amore, ma a volte all’uomo si sostituisce il diavolo, soprattutto il diavolo incubo [..] che nelle miniature o nei racconti traduce visivamente pulsioni e censure di natura sessuale” (Chiara Frugoni, “Vivere nel medioevo: donne, uomini e soprattutto bambini; 2017). Le fa eco Umberto Galimberti, che rileva però come all’incubo “[..] corrisponde succuba, demone femminile responsabile delle polluzioni notturne degli uomini” (Umberto Galimberti, “I miti del nostro tempo”; 2013). È suggestivo l’accostamento con la definizione psicoanalitica dei sogni d’angoscia fatta da Freud: “Il sogno d’angoscia è spesso lo scoperto appagamento di un desiderio, naturalmente non di un desiderio accettato, ma di un desiderio respinto” (Sigmund Freud, “Introduzione alla psicoanalisi”, 1917).
Nella Persia medioevale il clima culturale era invece diverso, come evidenziato dal lavoro del medico Akhawayni Bokhari (?–983 d.C.), che nel suo trattato di medicina (Hidayat al-muta’allemin fi al-Tibb) riprenderà il lavoro di Galeno sul legame tra paralisi del sonno e aumento di vapori dallo stomaco al cervello, ritenendo inoltre il disturbo caratteristico delle persone con temperamento freddo. Ma Akhawayni andrà oltre, evidenziando l’associazione tra paralisi del sonno ed epilessia, anticipando in questo Avicenna (980 d.C.-1037 d.C.) e i medici del tardo Rinascimento. Questo aspetto è interessante perché, benché la medicina moderna non abbia trovato una correlazione tra disturbi gastrici e paralisi del sonno, riconosce invece una complessa relazione con l’epilessia (Golzari et al., 2012).
Sempre la dottoressa Frugoni fa notare come già nel medioevo sia presente una vasta iconografia riguardante gli incubi, come ad esempio ne “Il diavolo incubo” di Robert de Borron (1450-1455), che rappresenta il concepimento di Merlino, risultato dell’accoppiamento di una donna ed un demone incubo. Tuttavia, la rappresentazione più famosa del fenomeno sarà realizzata nel 1781, con il dipinto “L’incubo” di Johann Heinrich Füssli.7
La prima descrizione clinica moderna della paralisi del sonno fu pubblicata nel 1664 da medici olandesi, venendo indicata con il termine Incubus o Night-Mare, ma il termine “paralisi del sonno”, come tale, fu usato per la prima volta nella letteratura medica solo a partire dal 1928 (Cox, 2015).
Ancora al giorno d’oggi, le esperienze di paralisi del sonno nella maggior parte dei casi contengono caratteristiche assimilabili ai sistemi di credenze pre-moderni, che coinvolgono demoni e fantasmi, come evidenziato da uno studio statunitense (Hufford, 2005). Tuttavia, come già successo in passato, i cambiamenti del contesto storico-culturale si sono accompagnati a variazioni nei contenuti riferiti. Una manifestazione paradigmatica di questi cambiamenti nell’ambito della modernità è la relazione tra paralisi del sonno e il fenomeno dei rapimenti alieni.
Incubi del quarto tipo
Non che la figura dell’alieno sia necessariamente un attributo specifico della modernità, già il materialista Lucrezio nel suo “De Rerum Natura” (I secolo a.C.) speculava intorno alla possibilità di esistenza di vita e di coscienze al di fuori della Terra:
“Pertanto dobbiamo capire che esistono altri mondi in altre parti dell’Universo, con tipi differenti di uomini e di animali”.
Tali ipotesi, successivamente osteggiate a partire dall’avvento del Cristianesimo, ripresero corpo solo a partire dalla fine del XVI secolo. Il neoplatonico Giordano Bruno annoverò tali convincimenti nel suo corpus filosofico, in un libro peraltro importante come “De l’infinito, universo e mondi” (1584), come si evidenzia nel Dialogo III tra i personaggi Burchio e Fracastorio:
“Burchio: Cossì dunque gli altri mondi sono abitati come questo?
Fracastorio: Se non cossì e se non megliori, niente meno e niente peggio”.
Anche per questi convincimenti sarà arso sul rogo, 16 anni più tardi. Da quel periodo in poi, complice l’invenzione della stampa, si svilupperà una crescente letteratura di fantascienza, che troverà il suo culmine nell’’800, con l’introduzione delle prime storie di extraterrestri moderne, con H. G. Wells (1866 – 1946).
A partire dai primi del novecento, fu senz’altro l’opera dello scrittore americano H.P. Lovecraft (1890-1937) a fondere indissolubilmente i sentimenti di paura e terrore propri del genere horror con la fantascienza. I suoi racconti sono stati spesso ispirati ai suoi incubi, con descrizioni di fenomeni riconducibili a paralisi del sonno, sogni lucidi e terrori notturni (Bulkeley, 2016). I suoi sonni disturbati sono esplicitamente associati al terrore dell’ignoto, come emerge dalla poesia “Fantasmi”:
Era l’ora innominabile della notte / In cui le illusioni in un nembo delirante / Intorno al silenzioso dormiente, ondeggiano / E si muovono furtive nelle sue visioni inconsce
I mass media amplificheranno e popolarizzeranno il fenomeno, a partire dalle trasmissioni radiofoniche, quali il celebre adattamento radiofonico di Orson Wells del libro la “Guerra dei mondi” (1938). Più tardi la televisione farà il resto. Allo stesso tempo, prenderà le mosse il cosiddetto fenomeno degli avvistamenti “dischi volanti” (1947), ai quali sarà popolarmente attribuita un’origine extraterrestre.
Il motivo di questa lunga digressione è presto detto. È infatti proprio all’interno di un clima culturale favorevole e a presumibilmente a seguito del condizionamento implicito indotto dai mass media che esperienze soggettive quali le paralisi del sonno potranno essere reinterpretate in chiave aliena.
Tutti questi ingredienti sono probabilmente compresenti nella storia di Barney e Betty Hill (1961), che darà il via al fenomeno delle abductions (rapimenti alieni). All’interno della storia si ritrovano già in nuce i paradigmi di moltissime storie successive, ovvero la presenza di spaventosi incubi terrifici (dei quali fu vittima Betty Hill) ed il ricorso alla tecnica pseudoscientifica dell’ipnosi regressiva, nota per la capacità con la quale induce falsi ricordi. L’ipnosi regressiva, sebbene ampiamente screditata, è ancora utilizzata da “esperti” del settore, più o meno noti e più o meno in buona fede. Proprio da quelle sedute emergerà la classica descrizione degli intrusi alieni, i classici “grigi”, presunta razza aliena umanoide avente caratteristici corpi grigi sottili, teste grandi e occhi scuri.
E il ruolo dei mass media? È presto detto. Come ha acutamente notato Martin Kottmeyer nel suo articolo “Entirely Unpredisposed: The Cultural Background of UFO Abduction Reports” il 10 febbraio 1964 venne proiettato in televisione l’episodio della famosa serie di fantascienza The Outer Limits “The Bellero Shield”, nella quale figura un alieno molto simile a quello che Barney Hill evocherà per la prima volta durante la prima seduta di ipnosi regressiva, avvenuta appena 12 giorni dopo.
Al contrario sua moglie Betty, nel 1961, descriveva le figure che venivano a farle visita durante i suoi incubi come ragazzi di bassa statura, dai capelli neri e con nasi alla “Jimmy Durante”, come fa notare lo scrittore scettico Brian Dunning nell’articolo “Betty and Barney Hill: The Original UFO Abduction”.
Gli argini erano però già caduti, e di lì a poco il cosiddetto “fenomeno delle abductions” esploderà letteralmente così come quello dell’attribuzione delle esperienze di paralisi del sonno a creature aliene. I rapitori saranno perlopiù gli ormai tradizionali grigi di Zeta Reticuli (dalla costellazione di origine dei visitatori dei coniugi Hill), ma diverse razze faranno in seguito la loro comparsa. Diverse ma non strane, perché saranno tutte associate da una comune caratteristica. La straordinaria somiglianza all’uomo.
Mentre per i normali soggetti moderni sarebbe problematico credere nella realtà di essere attaccati da uno spirito malvagio durante la notte, il passaggio da una chiave di lettura mistico-religiosa ad una tecnologica rende più credibile l’esperienza (Hufford, 2005). I rapimenti alieni vengono spesso riferiti in un contesto notturno, accompagnati da risveglio con incapacità di muoversi durante e allucinazioni visive degli alieni (de Sá and Mota-Rolim, 2016). Il contenuto allucinatorio comprende di solito vedere esseri alieni nella stanza da letto, sensazioni elettriche (a volte dolorose), vedere luci lampeggianti o oggetti luminosi e la sensazione di levitare dal letto. La maggior parte degli addotti (come si definiscono i soggetti rapiti) aveva sperimentato più episodi. Le allucinazioni solitamente avvengono in una delle due modalità (ad esempio visiva) o in più modalità (ad esempio visiva, tattile, uditiva). La maggior parte degli addotti inoltre nel periodo successivo all’esperienza, sottoponendosi alla pratica pseudoscientifica dell’ipnosi regressiva recuperano pseudo-ricordi dell’esperienza, che solitamente risultano fortemente influenzati dagli stereotipi inerenti i rapimenti alieni (McNally and Clancy, 2005). In letteratura non c’è consenso riguardo a quante persone credano di essere vittime di rapimento alieni. In ambito americano, Bullard (1994) intervistò 13 investigatori di fenomeni UFO e riportò che questi avevano i dettagli solo di circa 1700 casi. Tuttavia, le cifre portate sono di solito molto più alte, dalle centinaia di migliaia ai 15 milioni tra uomini, donne e bambini. È caratteristico che molte esperienze di incontri alieni sono associate al sonno (quasi il 60%). In questo senso, il sondaggio Roper sulle esperienze anomale svolto nei primi anni ’90 in un campione casuale di 5947 adulti americani stima una cifra di 3,7 milioni di persone che avrebbe vissuto esperienze di questo tipo, ciò che è interessante è che questa stima non proveniva dalle segnalazioni di rapimenti consapevolmente ricordati, ma era un’estrapolazione basata sull’incidenza di sintomi abbastanza comuni di paralisi del sonno (Holden and French, 2002). A partire dagli anni ’80, intorno al fenomeno è andato progressivamente sviluppandosi un fiorente mercato, alimentato da libri e serie televisive popolari, che ha chiaramente aumentato la tendenza degli sperimentatori di paralisi del sonno a prendere seriamente l’opzione. Ad esempio, un libro che ha contribuito a lanciare il genere è “Communion: una storia vera“” (sic!) di Whitley Streiber (1987), nel quale l’autore descrive molti casi del tutto indistinguibili da fenomeni di paralisi del sonno (Hufford, 2005).
La storia di Barney e Betty Hill fu indubbiamente la capostipite moderna di questo fenomeno. Questa storia si lega ad un elemento fondamentale e spesso ignorato. I coniugi Hill erano una delle prime coppie interraziali in un contesto sociale e culturale apertamente ostile a queste unioni. Appena poco tempo prima, con il Civil Rights Act (1957) gli afroamericani avevano ottenuto il diritto di voto. Nel 1961 i movimenti contro la segregazione razziale erano appena sul nascere, con le contestazioni contro le politiche di segregazione negli autobus e nelle tavole calde. La Marcia per lavoro e libertà di Martin Luther King avverrà ad appena due anni di distanza, ma era ancora inimmaginabile all’epoca. Il 1961 di Barney e Betty Hill coincise anche con l’ingresso, sancito con sentenza della Corte Suprema, dello studente afroamericano James Meredith nell’Università dello Stato del Mississippi. Per far comprendere il clima dell’epoca basta sottolineare come il rettore dell’Università, con l’aperto appoggio del governatore dello Stato si schiererà davanti alle porte dell’ateneo per impedirne l’ingresso in aperta opposizione alla sentenza.
Fu Barney ad accusare maggiormente il peso di questo contesto. A partire dal 1962, incominciò a soffrire di stati depressivi accompagnati da insonnia, ipertensione e da un’ulcera duodenale. Il Dr. D. Stephens, a cui si rivolse inizialmente, dopo una lunga serie di analisi imputò ai problemi di Barney una probabile causa di ordine psicologico. Venne sottoposto il caso ad uno dei migliori psichiatri di Boston, il Dr. Benjamin Simon. Il Dr. Simon concluse che Barney Hill probabilmente estrapolò dall’ascolto delle storie inerenti gli incubi della moglie il suo racconto dell’abduction. Il racconto di Barney, che darà il via a tutti i racconti “canonici” sui rapimenti alieni, sarebbe invece da addebitare secondo il Dr. Simon ad uno stato di forte ansia legato alla sua situazione personale di afroamericano sposato con una donna bianca in un contesto sociale manifestamente sfavorevole, usando la definizione di “racial paranoia”.
Seguendo le acute conclusioni del Dr. Simon sul caso, si potrebbe sotto alcuni aspetti aggiornare ai rapimenti alieni questa frase tratta dal “Leviatano” (1651) di Thomas Hobbes:
“Da questa incapacità intellettuale a distinguere i sogni e simili fole della fantasia dalla visione e dal senso, scaturì la maggior parte delle antiche religioni pagane, che promulgavano il culto dei Satiri, dei Fauni e delle Ninfe, e simili; e su di essa si fonda oggi la credenza del popolino nelle Fate, negli Spettri, nei Folletti e nel potere delle Streghe”.
Il potere delle Streghe
I fenomeni di paralisi del sonno sono ampiamente entrati nella storia della caccia alle streghe. Nei processi per stregoneria, probabili esperienze di paralisi del sonno sono state variamente utilizzate come prova di un intervento demoniaco nelle vicende umane. Ad esempio nel processo per stregoneria di Olive Barthram (Inghilterra, 1599), una delle sue presunte vittime, Joan Jorden testimoniò che “una spessa sostanza scura alta circa un piede e bianca sulla cima” inviata dalla Barthram, le avrebbe dato il tormento durante la notte. In un’altra occasione la Jorden testimoniò come lo spirito fosse nuovamente apparso, questa volta nella forma di un gatto. Testimonianze analoghe sono emerse dagli atti dei celebri processi alle streghe di Salem (New England, 1692). Il testimone Robert Downer ad esempio, accuserà la presunta strega Susan Martin di essere volata, con fattezze di un gatto, all’interno della sua camera mentre era sdraiato nel suo letto, stringendolo poi alla gola e gravandogli sul petto fin quasi ad ucciderlo. Un’analoga testimonianza contro la stessa Susan Martin la fece Bernard Peach; Peach dichiarò che una notte, “sentì uno scroscio alla finestra, poi vide Susan Martin entrare e saltare sul pavimento, afferrargli i piedi e sollevare il suo corpo per poi sdraiarsi su di lui per circa due ore, in tutto il tempo non ha potuto né parlare né muoversi [..] Quando finalmente la paralisi cominciò a svanire, morse le dita della Martin e lei uscì dalla camera, giù per le scale, fuori dalla porta“. Nell’accusare Bridget Bishop, il testimone Richard Coman dichiarò che otto anni prima, mentre era a letto, la donna lo avrebbe “oppresso in modo tale da non permettergli né di muoversi, né di svegliare qualcuno, e che la notte dopo venne molestato allo stesso modo“. Nei processi alle streghe del ‘600 in Germania la situazione non fu molto diversa. Resoconti similari vennero fatti prevalentemente da parte di donne gravide o che avevano appena partorito. Nel 1666, la testimone Anna Cramer si lamentava che una strega la tormentava di notte sdraiandosi sul suo corpo gravido. Nel 1685, Georg Schmetzer testimoniò che sua moglie si lamentava di una presenza notturna che gravava sul suo corpo. Sospettò quindi della sua cameriera accusandola di essere una strega.
Anche in Italia troviamo riferimenti alle paralisi del sonno, in questo caso nelle carte processo della Santa Inquisizione ai Benandanti (1575-1675), appartenenti ad un culto pagano-sciamanico contadino nel Friuli del XVI-XVII secolo. Le congreghe dei Benandanti si occupavano principalmente di proteggere i raccolti dai malefici e di curare le persone colpite dal malocchio. Indicati come stregoni affiliati al demonio dalla Chiesa, vennero duramente perseguiti. Durante il suo interrogatorio (1580) Paolo Patavino così tentò di difendersi dalle accuse: “chi ti ha portato ad entrare in compagnia di questi Benandanti? Lui rispose: L’angelo di Dio. Quando è apparso questo angelo? Lui rispose: Di notte, a casa mia, forse durante la quarta ora della notte, al primo sonno. Come è apparso? Egli rispose: Un angelo apparve davanti a me, tutto fatto d’oro, come quelli sugli altari, e mi chiamò, e il mio spirito uscì” (Davies, 2003).
Come inquadrare il legame tra caccia alle streghe, inquisizioni e paralisi del sonno? Ci può venire incontro Lovecraft, che nel suo bel saggio “Supernatural Horror in Literature” (1927) afferma “La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”. La paura dell’ignoto, come un horror vacui terrificante e inaccettabile, necessita di prendere forma al di fuori di noi. Prima ancora che nella sua opera, queste parole di Lovecraft si intrecceranno con la sua vita, il terrore dell’ignoto si tradurrà infatti in convinzioni personali di stampo fortemente razzista e xenofobo (Bulkeley, 2016). Solo nel suo racconto “L’estraneo”, passerà dalla proiezione esterna delle sue paure a una repentina presa di coscienza, culmine di un climax di crescente tensione nel quale un personaggio in cerca di risposte intorno alla natura del proprio mondo scopre la vera origine del suo sentimento di terrore ed estraneità in sé stesso (1921).
Lo stesso meccanismo proiettivo si è tradotto storicamente in accuse e nella colpevolizzazione degli elementi sociali più stigmatizzati e fragili come gli appartenenti a classi sociali inferiori, i malati mentali o chi professava religioni o filosofie differenti da quelle maggiormente diffuse. Gli stranieri erano spesso i primi accusati, come nel caso della schiava caraibica Tituba da cui partì l’osceno processo di Salem (per una ricostruzione narrativa degli eventi del processo si veda il bel libro dello scrittore autodidatta Bruno Sebastiani “Le streghe di Salem”). Paura del diverso e dello straniero insomma. Ma un altro tratto tipico delle manifestazioni di isteria di massa di questo tipo è di essere avvenute in periodi storici caratterizzati dall’incertezza (il clima di repressione sessuale e la difficile vita dei primi insediamenti New England puritano, la Guerra dei Trent’anni in Germania).
La caratteristica generale di questi fenomeni è che si sono verificati ogni volta che alla mancata conoscenza delle cause di un fenomeno sconosciuto e inatteso come può essere la paralisi del sonno si sia affiancato un clima di incertezza sociale e di domanda di sicurezza. Questa è purtroppo una regolarità universale della psicologia delle masse, che prescinde il contesto specifico (ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti inerenti la contemporaneità è puramente voluto).
L’utilizzo dei fenomeni di paralisi del sonno come prova nelle accuse di stregoneria, peraltro già iniziato ad essere messo in discussione da alcuni inquisitori, verrà definitivamente meno con l’età dei lumi. La filosofia razionalista, avanzando assieme agli eserciti rivoluzionari, relegherà la credenza nella stregoneria stessa, nel posto che da quel momento le spetta, cioè nel museo delle antichità. E le esperienze di paralisi del sonno rientreranno dopo secoli definitivamente nell’alveo dell’indagine medica.
Per dirla con Voltaire:
“Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”.