di COSTANZO FRAU*, DIEGO GIUSTI**
*Studio di Psicoterapia e Ricerca Trauma & Dissociazione, Cagliari
**Studio di Psicoterapia, Progetto Evoluzione Psicologica, Parma
Una delle conseguenze meno evidenti ma piú deleterie del trauma psicologico é legata alla traccia mnestica bloccata (si veda qui). Le nuove strumentazioni utilizzate in campo neuroscientifico sono ormai capaci di darci una fotografia di come il cervello mantenga a distanza di tempo gli effetti negativi del trauma (McGowan et al. 2009; Hopper et al. 2002; Daniels et al. 2010).
Il trauma impatta negativamente in modo trasversale su tutti i sistemi di regolazione psicofisica (De Bellis & Zisk, 2014). Nello specifico ha un effetto sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, sul sistema catecolaminergico, su quello serotoninergico e dell’ossitocina. Gli effetti si manifestano anche sull’attività del sistema immunitario. Infatti i recettori dei glucocorticoidi agiscono come fattori di trascrizione regolando l’espressione genica per il metabolismo e il funzionamento immunitario. I livelli elevati di cortisolo conseguenti al trauma, sono in grado di sopprimere il sistema immunitario, la gluconeogenesi e inibiscono la loro stessa produzione con un feedback negativo ai recettori situati nell’ippocampo. Il trauma ha inoltre degli effetti negativi sul funzionamento neuropsicologico e sullo sviluppo cognitivo (sappiamo che i recettori dei glucocorticoidi sono molto importanti per lo sviluppo del cervello e le funzioni cognitive).
Qui ci siamo limitati ad accennare ai danni sui sistemi biologici sapendo che gli effetti del trauma su ognuno di questi sistemi meriterebbero un maggiore approfondimento.
Il libro “Neurobiology and treatment of traumatic dissociation – Toward an embodied self” (presto disponibile in lingua italiana) di cui Frank Corrigan é coautore, permette di approfondire con una lente neurofisiologica gli effetti del trauma sul nostro cervello. Il clinico e ricercatore scozzese, ha dedicato molti anni della sua carriera allo studio dei correlati neurobiologici del trauma e della dissociazione. Attualmente sta collaborando ad un progetto di ricerca con la Dott.ssa Ruth Lanius, che ha l’obiettivo di esplorare con il brain imaging i meccanismi neurali sottesi al trauma complesso.
Nei suoi studi sugli effetti del trauma sui circuiti cerebrali Corrigan ha promosso una modalità di trattamento efficace che ha definito Deep Brain Reorienting (DBR). Questo metodo si pone come obiettivo quello di lavorare sui residui traumatici che molto spesso rimangono attivi e non permettono una riconsolidazione delle memorie traumatiche.
Il modello verrá presentato a Parma il prossimo 12 Ottobre 2019 quando Frank Corrigan sará ospite del Progetto “Evoluzione Psicologica” di Diego Giusti.
Il DBR è il risultato di anni di studi e ricerche e può essere considerato un piccolo ma importante passo in avanti nel mondo della psicoterapia del trauma e della dissociazione. Quali sono i suoi punti di forza?
Innanzitutto è un metodo che considera la struttura della dissociazione; talvolta infatti, se questa non viene presa in considerazione, l’utilizzo di un metodo efficace per il trattamento del trauma può slatentizzare stati dissociativi. Il DBR è concepito al fine di evitare queste situazioni. Un altro pregio del DBR è che a differenza di altri metodi che nascono dalla pratica clinica per giungere ad un correlato neurobiologico, il DBR nasce direttamente dallo studio dei circuiti cerebrali e in particolare dallo studio delle circuitazioni mesencefaliche, garantendo così forti basi scientifiche al trattamento clinico.
Un’altra caratteristica distintiva è la sua origine stessa. Frank Corrigan, dopo essersi formato in diversi metodi e dopo anni di pratica clinica, ha notato che spesso la rielaborazione del trauma attraverso metodi evidence-based non era così efficace. Talvolta il miglioramento dei sintomi può essere debole e a breve termine e queste persone tendono spesso ad essere più facilmente ri-traumatizzabili rispetto agli stessi stimoli traumatici. In breve, i metodi efficaci di rielaborazione del trauma possono portare ad un miglioramento o ad una elaborazione del vissuto traumatico lasciando tuttavia delle tracce implicite residue. Focalizzandosi proprio sui circuiti del mesencefalo ha concettualizzato un metodo di intervento sui residui traumatici resistenti.
Il DBR si differenzia da altri metodi poiché cerca di agire sui precursori del trauma. Ma per rendere più chiari questi concetti è utile spendere qualche parola in più sulla sua componente neurobiologica.
Sappiamo che l’effetto del trauma si manifesta, tra le varie cose, attraverso un anomalo consolidamento della memoria a livello ippocampale. Queste circuitazioni sono infatti responsabili del consolidamento delle memorie a lungo termine con un meccanismo neuronale, ovvero attraverso un processo di potenziamento che ha come mediatore il glutammato. Alcune delle afferenze all’ippocampo provengono dalla corteccia (es. per le immagini visive, auditive, etc.) e altre dall’amigdala (attivazione emotiva). Se le attivazioni glutammatergiche provenienti dall’amigdala sono eccessive, come nel caso di eventi traumatici, la traccia di memoria ippocampale tenderà a consolidarsi in modo anomalo (evento registrato in modo parziale e frammentato) generando in molti casi sintomi intrusivi come ad esempio flashback, incubi, sensazioni somatiche spiacevoli. Grazie a tecniche specifiche di rielaborazione del trauma possiamo ridurre l’attività dell’amigdala associata a quelle tracce corticali generando una ri-trascrizione ippocampale della traccia di memoria. Nel ripensare all’evento non sará più presente il vissuto emotivo spiacevole e di paura che era presente prima dell’intervento.
In molti casi le tracce somatosensoriali rimangono bloccate ad un livello più basso dell’amigdala, ossia nel mesencefalo. Frank Corrigan ha definito la specifica sequenza neurofisiologica che mantiene queste informazioni nel tronco encefalico.
Il DBR, quindi, ha come obiettivo quello di riorientare l’attività del cervello agli stimoli che hanno generato il trauma o che lo mantengono nel tempo.
Se consideriamo per esempio l’EMDR, grazie alla stimolazione bilaterale alternata si avrebbe un’attivazione dei collicoli superiori i quali agirebbero, attraverso il nucleo medio-dorsale del talamo, sull’amigdala portando ad una riduzione della sua attività. Nel DBR si agirebbe proprio ad un livello più profondo, ossia sul circuito collicolo superiore – grigio periacqueduttale.
Un articolo di Baek et al., dal titolo “Neural circuits underlying a psychotherapeutic regimen for fear disorders”, comparso a Febbraio sulla rivista Nature, sembra corroborare l’importanza del collicolo superiore nella riduzione della paura. Nello studio di laboratorio fatto sui topi utilizzando la stimolazione sensoriale bilaterale alternata (alternating bilateral sensory stimulation, ABS), gli autori hanno messo in evidenza i circuiti neurali coinvolti nel processo di riconsolidamento che avverrebbe tramite l’EMDR. Un processo ben diverso da quello dell’estinzione giá descritto in letteratura. L’ABS aumenta l’attivitá del nucleo medio-dorsale del talamo (mediodorsal thalamus MD) che di conseguenza manda dei segnali al complesso basolaterale dell’amigdala (Basolateral complex of amygdala BLA) tramite il circuito MD-BLA. Questi segnali sono inibitori e modificano la trasmissione sinaptica riducendo l’attivazione dell’amigdala a lungo termine.
In questo percorso un ruolo centrale sarebbe svolto dal collicolo superiore, che assieme al grigio periacqueduttale rappresentano delle stazioni centrali del mesencefalo sulle quali il Deep Brain Reorienting di Frank Corrigan focalizza l’attenzione.
Per riferimento bibliografici: sapcc.sa@gmail.com