di Raffaele Avico
Sul signore delle mosche è già stato detto molto. L’autore costruì un impianto narrativo sottoforma di favola per adulti, per rappresentare, a suo stesso dire, l’oscurità della natura umana. La trama si dipana nelle vicende di un gruppo di bambini naufraghi su di un’isola deserta, in assenza di figure adulte, sospinti a una sopravvivenza urgente e terrificante al cospetto di una natura insofferente, indifferente e neutrale.
Ogni elemento narrativo può essere letto su diversi piani: lo stesso autore ammette, nella postfazione all’edizione edita da Mondadori, il suo intento, in fin dei conti “ammonitivo”, di prevenzione verso possibili derive “oscure” dettate dalla parte “in ombra” dell’animo umano (lo sviluppo di totalitarismi in primo luogo).
L’Autore visse a cavallo delle due guerre mondiali, patendone la violenza morale e tentó, con questo libro, di illuminarne alcuni aspetti “psicologici” in primo luogo pertinenti al singolo individuo, ma anche alla “massa”.
Il libro è spaventosamente attuale.
In primo luogo, la mancanza di persone adulte sull’isola, vuole rappresentare lo stato di assenza di “idoli” dell’età moderna, consumatosi l'”omicidio di dio” a opera dello stesso uomo. I bambini (che siamo noi) si trovano scaraventati in una natura selvaggia e brutale, in un primo tempo percepita di una bellezza abbacinante, in seguito riconosciuta come estremamente minacciosa e in grado di produrre timori irrazionali e infantili. Subito il gruppo si costituisce in tribù, eleggendo un capo carismatico e buono e assurgendo a talismano una conchiglia bianca, a simbolizzare l'”anima buona” e la tensione alla libertà e alla verità dell’animo umano.
Al dilagare tuttavia di paure di maggiori dimensioni in seno al gruppo di bambini (a seguito dell’incontro con una “bestia” immaginata pericolosa, che in realtà scopriremo essere un paracadutista rimasto impigliato in una roccia con il suo paracadute), il gruppo si scinderà in due, rovesciando la democrazia e costituendosi in una dittatura regressiva e violenta, che si opporrà a un ristretto gruppo di “fedeli all’antica idea” della preservazione del fuoco.
Vedremo qui come il rovesciamento della dittatura (in ragione di una sopravvivenza resasi più che mai necessaria e a causa di una serie di paure generate dalla stessa isola), verrà fomentato e rinforzato dalla creazione di un “idolo negativo” contro il quale il gruppo si schiererà e compatterà, opposto all’idolo/feticcio originario (la bianca conchiglia). Sull’altare dell’idolo negativo (una testa di maiale impalata su una picca pervasa da nugoli di mosche: il Signore delle Mosche), verranno sacrificati due personaggi importanti della storia: Simon l’epilettico (l’unico a sapere che la “bestia” era in realtà un semplice uomo con il suo paracadute, quindi l’unico depositario della verità e intenzionato a rivelarla agli altri, che ne sarebbero stati salvati), figura -a detta dello stesso autore-cristologica, e Piggy il razionale (unica figura pseudo-adulta del gruppo portatore di buonsenso e razionalità).
Osserveremo a seguito di questi eventi un processo di radicalizzazione della violenza e un funzionamento del gruppo sempre più regressivo, che verrà interrotto solo dall’arrivo di un “adulto” sull’isola, a terminare il gioco perverso divenuto, per la mente dei bambini, terribilmente reale.
Cosa ci vuole dire Golding con questo lavoro? Il libro è di una potenza devastante in termini simbolici, e acutissimo in termini psicoanalitici; alcuni aspetti da tenere a mente per capire il libro sono:
- la scissione del gruppo e la radicalizzazione verso la violenza, rispondono a potenti spinte centripete interne al gruppo stesso, costretto a stringersi intorno a qualunque capo/padre/idolo che funzioni da contenitore/rassicuratore. L’indifferenza ogni volta rinnovata di una natura fredda e bellissima, spinge l’uomo a fare gruppo per non soccombere a paure irrazionali
- queste paure irrazionali sono in parte considerate “vere” dal gruppo, in parte sono usate attivamente da una parte del gruppo per instaurare un totalitarismo con funzione di scioglimento dei timori atavici; prevale la logica della forza
- la morte di Simon, l’unico a conoscere la verità (sul fatto che la natura di per sè NON contenga al suo interno elementi terrorizzanti e sovrannaturali), è strumentale a garantire il mantenimento della scissione verticale del gruppo; contemporaneamente, con Simone muore la “tensione alla verità”. A seguito della sua morte, il percorso di radicalizzazione subirà un’accelerata improvvisa, con la morte prima di Peggy, poi con il tentato omicidio di Ralph.
- caduta la democrazia, cambieranno gli idoli: se in una prima fase l’obiettivo unico del gruppo era alimentare il fuoco (per poter essere salvati), instauratasi la dittatura l’obiettivo sembra spostarsi sulla “carne”, cioè sul cibo, come a indicare una sopraggiunta miopia sul futuro, un restringimento del campo cognitivo sul qui e ora, e in fin dei conti una regressione a modalità di funzionamento primitive dell’essere umano, governate dalla logica del “tutto e subito”
- l’avvento del capitano sulla spiaggia, e il ritorno degli adulti, spezzerà il gioco, evidenziando al contempo come lo stesso gioco fosse il risultato di una dinamica forzata, drammatizzata, generatasi come a seguito di una serie di “cortocircuiti” ed escalation di bias cognitivi, interpretazioni (errate) e paure irrazionali portate ai limiti; l’impressione sarà quella di un ritorno alla realtà, come il risveglio da un incubo
L’autore ci vuole mettere in guardia, con questo lavoro, dall’avvento di ogni fascismo, narrandocelo come il risultato di un movimento in fin dei conti regressivo e istintuale, primordiale in quanto “svuotato” della cultura (intendendo la cultura come un dispositivo simbolico finalizzato a imbrigliare e governare la natura stessa). Sono frequenti i riferimenti al mondo del “prima dell’isola” dei bambini, ancora governato da leggi simboliche e culturali con funzione ritualizzante e di “limite”.
L’avvento dell’uomo adulto è di complicata interpretazione.
Sicuramente uno dei possibili significati simbolici della sua comparsa, è quello del “ritorno” al pensiero razionale, usato come strumento di comprensione e normalizzazione della brutalità del reale; oppure ancora, il ritorno a qualunque forma di idolatria (per via di un Dio qualunque, di un totem buono, di un oggetto assunto a divinità). Infine, Golding ci mette in guardia rispetto alla capacità di accettazione e comprensione della nostra stessa natura brutale, sfidandoci a saperla governare in assenza di un “dispositivo religioso” (discorso aperto e approfondito da Nietzsche quando parlò di un oltreuomo, cioè di un senzadio auto-determinato e completo), nella prospettiva di un futuro tutto da inventare e, in fin dei conti, “aperto”.