di Raffaele Avico
Il modello sulla coscienza di Liotti trova il suo testo di riferimento in La dimensione interpersonale della coscienza, del 1994.
In questo testo, Giovanni Liotti formula la teoria interpersonale della coscienza, muovendo dalla Teoria dell’Attaccamento di Bowlby (che Liotti stesso considerava suo maestro).
Sintetizzando al massimo, questo testo ci racconta di come, nel corso dello sviluppo di un bambino, non solo le sue funzioni corporee basiche (come la termoregolazione, la regolazione degli sfinteri, la gestione dell’attivazione neurofisiologica in condizioni di frustrazione e la nutrizione) ma anche le “forme” della sua coscienza, muovano da dinamiche interpersonali e congiunte. Ovvero, Liotti in questo saggio ci suggerisce come lo stato di coscienza di quella che chiama FDA (figura di attaccamento) possa determinare un corrispettivo stato di coscienza nel figlio, in termini sia di normalità che di patologia.
Per fare questo, Liotti procede da un’osservazione attenta della diade madre-bambino in interazione, in particolare nei casi in cui sia presente quello che la Teoria dell’Attaccamento definisce attaccamento D. In questi particolari casi, è possibile che uno stato iniziale di alterazione della coscienza portato dalla madre per propria storia personale, riverberi nella stato di coscienza del figlio per via di pattern di interazione “problematici”.
Sappiamo infatti che la caratteristica centrale dell’attaccamento di tipo D, è di forzare il bambino a far coesistere due predisposizioni comportamentali opposte (scappare e attaccarsi) in ragione del carattere traumatico/spaventante della FDA stessa. Questo produrrebbe nel bambino, come in un effetto domino, una contraddizione in termini di modelli di sè e una sostanziale molteplicità nella rappresentazione di sè, che risulterebbe in uno stato di coscienza alterato -anche nel bambino.
Questo, ci racconta Liotti, è perché, potremmo dire, la coscienza è un “oggetto” che si crea nell’interazione (da qui il termine “interpersonale” a indicare la dimensione della coscienza; la coscienza cioè si creerebbe in quest’ottica da un’interazione tra soggetti, non all’interno dell’individuo nel corso del suo sviluppo). La coscienza, in questo senso, “sta sotto la volta celeste, non sotto la scatola cranica”.
Da questa concettualizzazione iniziale, essendo vivo il conflitto interiore tra parti di sè/rappresentazioni di sè opposte, Liotti teorizza due tipologie di dissociazione: uno stato alterato di coscienza come il detachment (visibile per esempio in un bambino che, sgranando gli occhi, precipiti in una sorta di distacco dalla realtà o di assorbimento momentaneo), e una dissociazione più strutturale, avente a che fare con la personalità stessa. Liotti considerava il detachment (chiamandolo anche “trance ipnotica spontanea” come uno stato alterato di coscienza intervenuto a segnalare l’impossibile integrazione tra rappresentazioni divergenti di sè -quindi, per così dire, uno stato “transitorio”, di passaggio, propedeutico o minore rispetto alla dissociazione strutturale profonda, primeva). In quest’ottica lo stato di “trance ipnotica spontanea” andrebbe considerato quindi un “segno” di una presenza, in sè, di modelli rappresentazionali opposti e di difficile integrazione (in particolare Liotti parla dei conflitti ingenerati in un bambino da un attaccamento di tipo D con una figura d’attaccamento spaventante ma insieme necessaria alla sopravvivenza).
In aggiunta a questi aspetti, Liotti ragiona sulla comunicazione umana nelle sue diverse dimensioni e forme, elencando i “suoi” Sistemi Motivazionali Interpersonali (pattern di interazione da considerarsi come predisposizioni innate, trasversali a ogni cultura – attaccamento, accudimento, sessualità, agonismo ritualizzato, cooperazione paritetica, appartenenza), ragionando sulla cooperazione in quanto “punta di diamante” dell’interazione umana, esplicazione perfetta della coscienza come oggetto interpersonale, “alfa e omega” di ogni alleanza (psico)terapeutica.
L’alleanza terapeutica può essere considerato il leit motiv di tutta la produzione scritta in ambito clinico di Liotti, dato che attraverso di essa si esprimono molteplici “scopi” interpersonali e cognitivi (creazione di una base sicura da cui intraprendere l’esplorazione clinica specialmente nel caso di traumi protratti da esplorare, creazione di un “campo” di coscienza interpersonale e lucido, raffinamento della sintonizzazione interpersonale, empowerment del paziente). Partire da una solida alleanza e mirare costantemente all’assetto cooperativo (riportando il paziente ai suoi obiettivi, coinvolgendolo, forzandolo all’”auto-interpretazione”) permette, secondo Liotti, di superare diverse impasse cliniche (per esempio rovesciando rapporti troppo asimmetrici in cui il paziente si ponga in modo controllante o iper-richiedente, o troppo passivo).