di Raffaele Avico
In questa introduzione di Giuseppe Craparo a un’edizione della rivista Psichiatria e Psicoterapia incentrata sulla figura di Pierre Janet, vengono illustrate le caratteristiche principali del lavoro teorico dello stesso Janet, contrapposte a quelle freudiane. Craparo giunge a una conclusione integrativa: non occorrerebbe infatti “superare” la metapsicologia freudiana, ma poterla ripensare come integrata alla visione janetiana, ormai non più accantonabile data la sua “estrema attualità”.
La questione centrale che differenzia i due autori, come qui si legge, è la diversa concettualizzazione dei modelli di mente: nella visione freudiana, la metafora “archeologica”( la visione cioè di una mente costruita per livelli sovrapposti in senso orizzontale, di fatto organizzata da un movente “ecologico” incentrato sul meccanismo di “rimozione”), si opporrebbe alla visione invece janetiana per così dire “scissionale”, incentrata su un primario meccanismo dissociativo utile a difendere l’omeostasi mentale da contenuti troppo attivanti originati da traumi “reali”:
“L’autore francese ribadisce infatti che l’origine dei sintomi isterici non riguarda un conflitto inconscio, ma la mancata sintesi di diversi gruppi psichici separati per effetto di emozioni veementi in associazione a memorie di eventi traumatici reali (1889): le memorie di questi eventi consistono nella formazione delle cosiddette idee fisse, ovvero di “stati emotivi persistenti, di stati della personalità” che non si modificano, non favorendo l’adattamento richiesto dalle situazioni ambientali”
La differenza tra i due modelli è sottile ma sostanziale: da un lato (quello freudiano) troviamo un contenitore (quello dell’inconscio) entro il quale contenuti di pensiero e conflitti intrapsichici furono storicamente sospinti; scrive la stesso Freud:
“si può assumere la rimozione come punto di partenza centrale cui poi riallacciare tutte le altre parti della teoria psicoanalitica. Ma prima di procedere desidero fare una considerazione di carattere polemico. Stando all’opinione di Janet, le donne isteriche sono povere creature, che a causa di una debolezza costituzionale, sono incapaci di tener coesi i loro atti psichici; esse soccombono perciò alla scissione psichica e alla restrizione della sfera cosciente. Stando ai risultati delle ricerche psicoanalitiche, invece, questi fenomeni sono il risultato di fattori dinamici, di un conflitto psichico e di una avvenuta rimozione.”
Dall’altro (quello janetiano) osserviamo come il modello di mente preveda come primo, necessario elemento costituente, l’unità o, per usare le parole dello stesso Janet, la “sintesi” mentale tra “parti” o aree della mente che, nei soggetti “nevrotici” -comprese le isteriche-, sembrava impossibile. In tutto questo va considerato che Janet considerava imprescindibile la presenza di traumi “reali”, avvenuti cioè in seno a relazioni vissute realmente, in ambito per lo più -ma non solo- famigliare (qui sta il punto di contatto tra la teoria di Janet e la Teoria dell’Attaccamento).
L’idea di inconscio per Janet, in tutto questo, andrebbe ripensata come ripulita da elementi simbolici o conflitti intrapsichici perversi, e fondata su “memorie relazionali” profonde da “integrare” nel campo della coscienza: da una logica organizzativa dunque “orizzontale”, a una prospettiva “verticalistica” incentrata sul concetto di “sintesi”. Su questo punto, esiste un articolo di Giovanni Liotti articolato e completo.
Come Capraro sottolinea nel suo scritto, per Freud la rimozione è da considerarsi genealogicamente precedente alla dissociazione; per Janet, è il contrario.
Capraro conclude infine invitando a un lavoro, ancora, di integrazione:
“In virtù di questa breve, e incompleta, disamina delle differenze fra Janet e Freud, ritengo che sia necessario, chiaramente per chi ha a che fare, come il sottoscritto, con la psicoanalisi, operare non un superamento della metapsicologia freudiana, così come affermano i detrattori di Freud, ma un lavoro di arricchimento che prenda in considerazione, in maniera complementare, sia il modello freudiano, centrato sulla rimozione, sia quello janetiano, centrato sulla dissociazione. Ciò non significa negare l’invenzione freudiana dell’inconscio rimosso, ma considerare, in termini evolutivo-relazionali, l’idea che quanto affermato da Freud abbia a che fare con un modello della mente linguisticamente strutturato (linguaggio da intendere anche nella sua valenza relazionale) alla cui base si pongono però la dimensione affettiva e i meccanismi dissociativi descritti da Janet”