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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

25 March 2020

PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT

di Raffaele Avico


                            “Per ciò che riguarda la psiche non posso dir molto di preciso: è certo che per molti mesi sono vissuto senza alcuna prospettiva, dato che non ero curato e non vedevo una qualsiasi via d’uscita dal logorio fisico che mi consumava. (…) mi pare di poter dire che questo stato d’animo non è ossessionante come nel passato. D’altronde esso non può cessare con uno sforzo di volontà; intanto dovrei essere in grado di fare questo sforzo, o di sforzarmi di sforzarmi ecc. A parole è semplice, nei fatti ogni sforzo conseguente diventa subito un’ossessione e un orgasmo. [..] Le allucinazioni sono completamente passate e anche è diminuita la contrazione o rattrazione degli arti, specialmente delle gambe e dei piedi”                       (Antonio Gramsci, Lettere dal carcere)

 

 

La psicologia della carcerazione può allo stato attuale delle cose offrire interessanti spunti di riflessione. Può essere utile comprendere quali siano gli strumenti di preservazione della salute mentale adottati da carcerati e persone costrette a un regime di costrizione non per settimane o mesi, ma per anni.

Leggendo qua e là un po’ di letteratura e lavori sul tema, ci si imbatte in contenuti più rigorosi con elencazioni di patologia psichiatriche sviluppate nel contesto chiuso della cella, ma non è semplice raccogliere e sistematizzare contenuti che abbiano come oggetto centrale il semplice: che fare?

Uno dei siti forse più istruttivi, è Ristretti.it, incentrato sulle testimonianze dirette di carcerati e reclusi, costretti a un lavoro di costante e faticoso adattamento alle restrizioni della vita carceraria.

Ricordiamo che il carcere è una delle istituzioni totali.

L’obbligo alla chiusura pone diversi problemi alla vita dell’individuo. Senza voler forzare la mano a un confronto troppo diretto tra una vita “da quarantena” e una vita in carcere, può essere utile chiedersi quali elementi contribuiscono alla preservazione di una buona salute mentale durante un periodo forzato di isolamento. Ristretti.it ci fornisce alcuni spunti interessanti. Si parla di carcerite (qui un approfondimento) , di prisonizzazione (a indicare una serie di sintomi mentali e fisici collegati allo stile di vita carcerario), deculturalizzazione (perdita di schemi di comportamento adeguati alla cultura dominante), alienazione (accomodazione patologica ad un ambiente che destruttura la personalità), acculturazione (acquisizione di ruoli, comportamenti, valori della cultura carceraria).

Goffman, autore di Asylum, osservava come la “prisonizzazione” fosse una conseguenza dello stile di vita dentro tutte le istituzioni totali (quindi anche ricoveri per anziani, ospedali psichiatrici, caserme, monasteri).

Ristretti.it ci offre molto materiale da prendere in esame. Troviamo sottolineati aspetti della vita del carcere che diventano rituali (o meglio che divengono, progressivamente, ritualizzati, come il chiudersi delle porte, il momento del pasto, elementi ricorrenti e connotanti come il rumore delle chiavi del secondini, fatte tintinnare apposta – la sensazione è che l’ambiente chiuso ricrei un ambiente da esperimento sociale di memoria pavloviana). Altre, molteplici problematiche (dai sintomi psicosomatici al rischio di deterioramento cognitivo, a un collasso della libido/sessualità) vengono citate come possibilità connesse allo stato d’isolamento – qui un approfondimento.

Laddove tuttavia l’istituzione impone il rituale e una vita consumata nella ripetizione, emergono elementi di possibile salvaguardia. In particolare su ristretti.it troviamo citate:

  • attività affermative (o di soggettivazione) di natura artistica: lavoratori di scrittura, di espressività, arteterapia, lettura, cucina (vd. Gambero nero)
  • la cura “ossessiva” dell’immagine proiettata, con funzione di contenimento. Poi: cura del vestiario, della pulizia, dell’igiene, degli ambienti in cui si vive. Corpi trascurati, corpi annullati 
  • cura dell’alimentazione, con forti radicalizzazioni -fino ad arrivare a una maniacalità sugli aspetti “salutistici”
  • cura dell’igiene del sonno: Ritretti.it fornisce un breve guida alla vita sana in carcere, dove il detenuto viene esortato a svegliarsi presto, a fare moto in cella, a non rimanere a letto e non dormire di giorno
  • colloqui (con operatori, psicologi, psichiatri, ma anche parenti) con funzione di detensione, contenimento, socializzazione..in una parola: connessione. I colloqui hanno funzione inoltre di “destrutturazione” identitaria in un contesto che al contrario tenderebbe al cristallizzare gli aspetti identitari dell’individuo. Questo vuol dire che il lavoro di uno psicologo, per esempio, in questi contesti, dovrebbe essere quello di favorire una decostruzione identitaria e un ripensamento di alcuni aspetti relativi a come l’individuo percepisce se stesso (proprio perché il carcere alimenta rispecchiamenti ricorsivi in grado di portare la persona a una cristallizzazione dell’identità)
  • la ritualità come doppia valenza: da un lato stringe l’individuo in una morsa di eventi ricorrenti, claustrofobici; dall’altro, rappresenta un importante riferimento ambientale in grado di sorreggere l’individuo nei suoi propositi auto-disciplinari. In questo lavoro etnografico, viene per esempio sottolineato come, nel contesto del carcere, uno degli elementi di maggiore impatto negativo sulla mente sia l’imprevedibilità, l’impossibilità di creare routines 
  • l’ambiente viene assorbito dal corpo: questo sia in positivo che in negativo. L’ambiente del carcere è un ambiente spesso molto “brutto”: il rischio è che questo pesi sulla psicologia delle persone. Qua avevamo già scritto sul rapporto tra psichiatria, psicologia e architettura, insieme a Maria Pia Amore. Questo elemento va considerato se si pensa al tema della cura del proprio spazio, alle “isole di ordine”, agli angoli personalizzati, alla presenza o meno di “safe places”.
  • attività fisica come necessaria distrazione, in grado di frammentare la consapevolezza a riguardo della pena in sè, rendendola più tollerabile. Nelle Lettere dal carcere, Gramsci descrive quella che lui chiama “ginnastica da camera”, “che non credo sia molto razionale, ma che tuttavia mi giova moltissimo, secondo la mia impressione. (…) Credo che questa innovazione mi abbia giovato anche psicologicamente, distraendomi specialmente dalle letture troppo insulse e fatte solo per ammazzare il tempo”.

Per quanto riguarda, per così dire, la fenomenologia del vissuto carcerario, ci viene in aiuto un lavoro di Vincenzo Gagliardo chiamato Dei dolori e delle pene (qui scaricabile per intero), in cui vengono portate alcune riflessioni sulla salute mentale e fisica del carcerato, con alcuni spunti interessanti, seppur estremi. In particolare, due capitoli del lavoro (“della mente” e “del corpo”) meritano un approfondiment0:

Il corpo ignorato smette però di reagire come un animale domestico. E l’animale in gabbia rivela – anche se sembrava domestico – caratteristiche fino ad allora poco conosciute. La prima scoperta da farsi è che il corpo ignorato non produce vuoto ma dolore: dolore fisico. Il dolore è una reazione all’ignoranza del corpo, serve a ricordarci che siamo un corpo. E’ l’aspetto assunto dal senso della realtà, criterio di verità che prova ad ancorare la mente al mondo, dicendoci che ne siamo parte. E’ la parola dei muti ai quali non è consentito il gesto. [..] Alla luce di una lunga esperienza personale mi sono formato una convinzione che forse scandalizzerà qualche liberale: in carcere la malattia psicosomatica è uno stato necessario del corpo. La malattia è la cura, anche se una cura pericolosa. Non si guarisce per non morire. Come disse un detenuto: comportarsi da normali in una situazione anormale sarebbe proprio da anormali. La malattia psicosomatica (artrite, gastrite, eczema ecc.) fa da barriera a un più grave grado d’intossicazione: la malattia degenerativa (o invecchiamento precoce, come si diceva più chiaramente una volta) o l’epidemia. E’ il piccolo male che ci protegge dai grandi mali sempre in agguato fra le mura, in noi e fuori di noi: il diabete o l’epatite, la malattia cardiovascolare o la tubercolosi, il tumore o …, ecc. La malattia da carcere che si sviluppa a partire dall’iniziale alterazione dei sensi, è omeopatia spontanea. E’ l’arma della tolleranza verso il corpo contro l’annientamento. La ragione più profonda della malattia omeopatica naturale in carcere è la necessità vitale di resistere contro l’esasperato dualismo di un ambiente organizzato per scindere il corpo dalla mente.

Si noti dalle riflessioni sopra come l’intero processo possa essere riletto usando come cornice la psicopatologia dei disturbi di natura conversiva o dissociativa. La malattia psicosomatica, in questo senso, interviene come “sintomo estremo” in ragione di un conflitto ulteriore, di fondo, intollerabile. Di fronte a questo conflitto e a un ambiente percepito come “impossibile”, la mente, secondo questa lettura, si organizza in senso difensivo prima auto-inducendosi uno stato simil-alterato di coscienza, quindi “producendo” sintomi di natura psicosomatica -con funzione, però, salvifica.

Addirittura Gagliardo ragiona su quanto esasperare la cura del corpo, possa essere nocivo -nel contesto del carcere- per la “tenuta” mentale:

Il prezzo di una troppo buona salute fisica rischia di essere la morte psichica. C’è un’abitudine che si sta diffondendo nella società (si pensi agli Stati Uniti) e che in carcere si è spesso vista da tempi più antichi: la dedizione maniacale al corpo di taluni attraverso diete rigorose ed esercizio fisico spaventoso. Il commento dei non-maniaci è bonario: «lo fa per non pensare, forse si è bevuto il cervello»

Il lavoro di Gagliardo (che, ricordiamolo, è un ex brigatista con molto carcere alle spalle), scava nella profondità psicologica dell’esperienza carceraria, parlando di conflitti intrapsichici spostati sul piano somatico, distorsioni della coscienza, stati para-deliranti.

Occorre riportare alcuni brani significativi del suo lavoro, per farcene un’idea più precisa:

  • Il prigioniero si ribella contro ciò che sente assurdo, proprio contro quelle imposizioni che gli sembrano «folli» e perciò tanto più umilianti da accettare. Ben presto però si accorge di essere puntualmente perdente in questo scontro. Potrà allora accettare la sconfitta permanente e il costo che ne deriva come prezzo della dignità secondo il noto ragionamento implicito in ogni battaglia di principio: l’importante non è vincere ma resistere. Anche in questo caso un compromesso tra la propria coscienza e il comportamento esteriore è inevitabile in certe situazioni, giacché quel che ognuno ritiene giusto fare per reagire dipende comunque più dal contesto collettivo in cui si trova che dalla propria volontà; ma ognuno allora, a seconda della sua storia, della sua cultura e del suo carattere decide dentro di sé qual è la soglia del cedimento oltre la quale la sua dignità è messa in pericolo

  • [..] Ma, a parte il relativo isolamento del senso della dignità per ciascun individuo (fatto in sé naturale e positivo dato che è rivelatore dell’unicità degli individui e, pertanto, del carattere insopprimibile del bisogno di libertà per gli esseri umani), abbiamo tutti a che fare con una difficoltà ancora più grande, questa volta sociale, di natura culturale e indubbiamente negativa: non siamo stati educati a vivere a lungo le contraddizioni. Una tale capacità, ovvero la resistenza interiore, richiede una forte modestia, un’accettazione cosciente dei propri limiti che cozza puntualmente con l’individualismo di cui i più vengono imbevuti fin da bambini. Può succedere allora che per esorcizzare la paura il cosciente compromesso sul comportamento si trasferisca pian piano in un compromesso della coscienza, spostando la soglia dell’invalicabile. E’ l’inizio della caduta sul cammino della disumanizzazione.
  • La falsa coscienza è essenzialmente un far di necessità virtù, una graduale rimozione della coscienza del conflitto, e della positività della sua esistenza all’interno della coscienza. La perdita dell’equilibrio interiore è una sorta di peccato d’orgoglio; si diventa incapaci di riconoscere i propri limiti e capaci invece di mentire a se stessi. L’individuo costruisce allora una falsa unità – falsa perché impossibile – tra coscienza e comportamento. Egli si rappresenta così un mondo sempre più fantastico, in una spirale solipsista che credo simile a quella del paranoico, dove gli altri diventano sempre più irreali o surreali, sempre più “strumenti” o “ostacoli”. Il confine tra fantasticheria e realtà si fa sottile e confuso, come quello fra bugia e autoinganno. Per esempio avviene spesso che tra una cella e l’altra il desiderio di qualcuno diventi una «voce» la quale per altri diventerà notizia sicura da diffondere fino a diventare illusione collettiva. In tutte le carceri di tutti i tempi e paesi si è sempre in attesa di un qualche progetto di clemenza o di un evento che farà comunque cambiar le cose in meglio.
  • [..] Molta produzione letteraria, cinematografica o televisiva si spreca per descrivere queste «esagerazioni comportamentali», esaltandole o deprecandole o facendone oggetto di satira su cui ridere. Tutti hanno letto o visto modi di fare «da boss», attribuendoli alla presunta naturalezza d’un certo ambiente illegale quasi che sia, sulla scia delle teorie di Lombroso, un dato biologico, un immutabile innato carattere antropologico di certe persone che non può non dar luogo alla formazione di quell’ambiente. Questa immensa produzione intellettuale suscita ormai in me una sensazione penosa. Presentando questa particolare subcultura come un modo di essere «contro» quella ufficiale, ci si sbaglia, non ci si accorge di descrivere in realtà quello che è il primo passo di un cedimento umano vissuto e costruito nella realtà oppressiva e ricattatoria del carcere: non ci si accorge di assistere a un processo d’imitazione della cultura ufficiale e che da lì condiziona alla fine un intero strato sociale (rinnovandolo di padre in figlio) costituito da tutti coloro che devono delinquere per sopravvivere
  • La nuova personalità dell’accasato non nasce da un’attiva volontà di dominio com’è nel sadico, ma dal colmo della rassegnazione prodotta da mille invisibili ferite; è più devastante del sadismo perché al posto di un principio attivo c’è l’autospegnimento dell’individuo, una passività creata da un vuoto di stimoli che ha raggiunto il colmo spezzando l’amore per la vita.
  • La cella, la sezione, il cortile sono organizzati come un garage per una macchina non più destinata alla circolazione, mentre il detenuto, per una ragione naturale, cercherà di trasformarli in spazio abitativo: luogo in cui si svolge gran parte dell’esistenza dell’essere umano, fatto di abitudini, di relazioni, di simboli. Questa impresa, irrinunciabile perché impressa nella natura umana, diventa un lavoro di Sisifo che si svolge in una resistenza per lo più pacifica, sotterranea.
  • […] E’ il caso di dire che ci sono cose che hanno tanto più valore quanto meno hanno prezzo: segnano il confine tra la vita concreta degli esseri umani in carne e ossa da una parte (le «persone») e le astrazioni e la merce dall’altra. La tesi non è semplicemente romantica; è fondamentale assumerla per capire che queste attività, questi spazi sociali, le abitudini e la cultura che ne conseguono sono la realtà esterna di quella realtà interiore di cui si è detto finora in queste pagine. In questi obbiettivi «casalinghi» si cela tutto ciò che ha a che fare con il senso della dignità personale, con i legami di vera solidarietà in una comunità, con il rispetto, l’amore.

A conclusione del capitolo “Della mente” del lavoro di Gagliardo, l’autore fa un riferimento all’aspetto che considera più centrale, inerente la sessualità:

 

Si arriva così vicino alla questione fondamentale per comprendere l’obbiettiva fragilità di ogni movimento prigioniero, al perché del rischio di crollo della personalità nel singolo murato da vivo. Nessuna misura repressiva potrebbe infatti avere successo in una simile impresa se non avvenisse su una base di cui si parla sì, ma sempre come se non fosse la base dell’intero edificio bensì un aspetto tra gli altri… Tabù dei tabù, non se ne parla come si dovrebbe neanche in pur apprezzabili studi di denuncia come quelli di Foucault o di Ignatieff; peggio ancora, lo si ignora quasi del tutto persino nelle proteste dei detenuti, lo si trascura tra gli abolizionisti. Se in questo capitolo quest’argomento viene dunque affrontato per ultimo è per meglio dimostrare la sua decisività nel distruggere la realtà interiore, sperando che un giorno sia il primo ad essere affrontato quando ci si occupi di critica delle prigioni; nell’attesa, la critica della prigione e del pensiero punitivo sarà sempre, a mio parere, viziata alla radice. Ecco l’ovvietà (centrale) diventata (periferico) mistero: non si dice mai che la persona reclusa è, anzitutto, un castrato sessuale o, se si preferisce, un sub-castrato dato che nessuno lo evira fisicamente.

Ristretti.it regala d’altronde molto altro materiale consultabile. Nell’opera per esempio “Il carcere immateriale” (scaricabile qui), Ermanno Gallo osserva come uno degli aspetti da considerare relativamente alla vita da carere, sia il senso di stravolgimento della percezione del tempo, che viene così descritto:

Esiste un legame stretto fra stress e modificazione della “percezione del tempo“. Già i benedettini, con la tipica scansione del tempo monastico, avevano tenuto conto del pericolo di quella che possiamo definire “malattia del tempo“. Alla fantasticheria mistica alternavano infatti il lavoro, il gioco, l’attività libera e anche la socialità, forse più mondanizzata e «aperta» di quanto si sia disposti a ritenere. La sofferenza legale si può considerare perciò non semplicemente malattia delle sbarre, ma malattia del tempo: «La menomazione dello spazio genera senza dubbio ansia, angoscia, senso di soffocamento, che possono sfociare nell’asma, nella stanchezza cronica, nell’astenia; ma la menomazione temporale, a mio avviso, è più grave. La mente, immersa in una dimensione del tempo innaturale, reagisce in modo imprevedibile. C’è chi non esce più dalla cella, neppure durante l’aria. Chi guarda la televisione di notte e dorme di giorno. Chi rifiuta di pensare e chi pensa troppo. Senza considerare le lacerazioni che non sono visibili e che si manifesteranno più tardi, dopo la scarcerazione»

Che fare, dunque?

Considerando come le ricadute depressive siano inevitabili, a riguardo degli elementi protettivi e di salvaguardia la letteratura e gli spunti prima citati ci permettono di fermarci su tre elementi principali:

  • la costruzione di routines
  • il mantenimento di uno stile di vita adeguato (alimentazione, igiene, sonno, moto)
  • la cura di forme alternative di connessione agli altri essere umani

Torniamo dunque agli aspetti essenziali della vita quotidiana dell’uomo, minacciati dallo stato di isolamento. Sul “che fare”, Open ha scritto un buon articolo a riguardo, da leggere.

Infine, va fatta una riflessione sull’”assetto cooperativo”. Giovanni Liotti, nei suoi lavori, osserva come la “posizione cooperativa” consenta, spesso, di svincolare posizioni soggettive bloccate in senso patologico. L’assetto cooperativo (fare qualcosa con qualcuno, insieme a qualcuno, o anche ragionare, dialogare in modo cooperativo, per un bene terzo, comune) sblocca stati di impotenza, crea significato, vivifica la relazione. Liotti lo considera l’espressione più alta dello sviluppo cognitivo umano. In una condizione deprivata come l’isolamento, cercarlo potrebbe regalarci apertura, ossigeno e benessere psichico.

Article by admin / Aggiornamento / psichiatria, psicoanalisi, psicologia, psicoterapia, psicotraumatologia, raffaeleavico

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  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA
  • SONNO, STRESS E TRAUMA
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.”
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE”
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI!
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA?
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF!
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO?
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA”
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRY EY
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO”
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE?
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA?
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI?
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE”
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI
  • SUL REHEARSAL
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI”
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA?
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO?
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA?
  • C’È UN EFFETTO DEL BILINGUISMO SULL’ESORDIO DELLA DEMENZA?
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA?
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA?
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE
  • IL PTSD IN VIDEO
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER?
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI?
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche?
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE?
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI?
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico)
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”.
  • IL CESPA
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017)
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI
  • IL CERVELLO TRIPARTITO: LA TEORIA DI PAUL MACLEAN
  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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