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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in psichiatria e psicoterapia

25 April 2020

LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA

di Raffaele Avico

Abstract

La ricerca sul funzionamento della memoria è stata, a partire dalla nascita della scienza psicologica, oggetto di profondo interesse e fonte di molteplici spunti di riflessione e dibattito.

Il modo però con cui gli scienziati si sono avvicinati allo studio delle suddette tematiche ha subito nel corso della storia notevoli cambiamenti, parallelamente alla nascita di nuovi filoni di ricerca (la neuropsicologia o la psicologia cognitiva, per esempio) e alla creazione di nuovi paradigmi teorici (Kuhn, 1979) che hanno complessificato l’argomento, rendendolo sempre più affascinante anche da un punto di vista clinico.

Sembra importante dunque risalire all’epoca in cui la memoria umana veniva considerata come una facoltà intellettiva in grado di conservare informazioni nel tempo (engrammi), osservabile a partire da informazioni sul comportamento e sui limiti dei soggetti (per esempio quante informazioni un individuo potesse codificare in un lasso di tempo definito), per delineare il percorso evolutivo che ha portato i ricercatori odierni a considerarla in modo più complesso e multicomponenziale, in relazione anche alla possibile influenza esercitata su di essa da fattori sociali, relazionali ed emotivi.

1880-1936

La memoria come singolo processo

Agli inizi del ‘900 la memoria veniva studiata attraverso esperimenti che testassero la capacità di ritenzione di informazioni posseduta dall’individuo. Potevano essere distinte, in Europa, tre tendenze di ricerca sulla memoria, indipendenti:

  • un primo filone si concentrava sullo sviluppo della memoria infantile. La ricerca era effettuata attraverso l’osservazione sistematica dello sviluppo dei bambini, nel tentativo di valutare se e in quale misura la sviluppo mnestico fosse legato all’età.

  • Un secondo filone di ricerca era derivato dagli esperimenti effettuati su soggetti adulti: si voleva valutare quanto i risultati e le scoperte sulla memoria relative a questi soggetti potessero essere generalizzabili a bambini di differenti età. Il confronto tra il funzionamento mnestico di soggetti adulti con quello di bambini di diverse età aveva anche l’obiettivo di sfatare alcuni pregiudizi dell’epoca sul funzionamento della memoria, secondo cui, per esempio, i bambini avrebbero ottenuto migliori performance rispetto agli adulti in termini di memoria grazie all’esercizio cognitivo quotidiano a scuola, o il pregiudizio sul miglior funzionamento mestico dei bambini maschi rispetto a quello delle femmine.

  • Il terzo filone di ricerca si inseriva nel campo di indagine relativa al funzionamento mnestico del bambino applicato alle scienze giuridiche: quanto cioè in sede di testimonianza i bambini fossero suggestionabili e quanto fedeli alla realtà fossero le immagini e i resoconti da loro portati.

I ricercatori erano interessati a valutare quanto la memoria influenzasse pragmaticamente la vita dell’uomo e in che modo fosse possibile migliorare il rendimento cognitivo dei pazienti affetti da patologie comportanti oblio (e di conseguenza scarso funzionamento sociale).

Il pioniere degli studi sulla memoria è considerato Ebbinghaus (Ebbinghaus, 1885).

Nei suoi primi esperimenti sulla rievocazione, effettuati su se stesso, Ebbinghaus utilizzava sillabe senza senso (consonante-vocale-consonante, come DAK, MIF, PIF) dette logotomi: l’autore era convinto che si dovesse utilizzare materiale totalmente artificiale per non influenzare o distorcere i processi di codifica, ritenzione, rievocazione e oblio dell’informazione.

Ebbinghaus si occupò inoltre di studiare la modalità con cui un’informazione potesse essere recuperata attraverso la presenza di un ausilio cognitivo (rievocazione guidata da indizi), per esempio chiedendo a un soggetto di memorizzare coppie di sillabe senza senso, e in seguito di rievocare la sillaba mancate nel momento in cui gli venisse mostrato solo il primo membro della coppia (se il soggetto aveva codificato la coppia DAK-VOP, gli veniva chiesto in seguito di rievocare VOP a partire dalla sillaba DAK).

Questi primi esperimenti sul funzionamento della memoria consistevano in una rievocazione verbale di uno specifico contenuto mestico: le ragioni del prevalere di questo tipo di studi (sul materiale verbale codificato in memoria) furono ipotizzate da un’importante studioso della memoria umana, Baddeley (1982); la prima è che la codificazione verbale delle informazioni in entrata svolge un ruolo estremamente importante della memoria umana:

“Persino quando si ricordano immagini presentate visivamente […] c’è una forte tendenza a integrare altri aspetti della memoria mediante la verbalizzazione […] trasformando il compito visivo in un compito combinato, visivo e verbale al tempo stesso.” (Ibidem)

La seconda ragione individuata dall’autore è che la ricerca per mezzo del materiale verbale appariva molto più accessibile e semplice rispetto a quella effettuata prendendo in considerazione stimoli visivi, uditivi o tattili.

Ciò che veniva studiato era quindi l’aspetto più epifenomenico del funzionamento mnestico dell’individuo, in linea con le tendenze epistemologiche dell’epoca (un’attitudine a pensare alla memoria e alla mente come ad un elaboratore di informazioni complesse, al fine di rilevarne limiti e potenzialità, e un’attenzione particolare rivolta all’esperienza percettiva non mediata e alle sue caratteristiche fenomenologiche).

Queste prime ricerche sulla memoria erano di natura osservativa e descrittiva: l’obiettivo primario era quello di descrivere i cambiamenti relativi al funzionamento della memoria lungo l’arco della vita.

Un secondo autore ricordato per il suo contributo allo studio del funzionamento in infanzia della memoria è certamente Preyer (Preyer, 1882), pionieristico nelle sue osservazioni sistematiche effettuate sul figlio nei primi tre anni di vita. Preyer compì osservazioni etologiche sul figlio relative a più caratteristiche cognitive, tra cui le competenze sensomotorie, la percezione, l’acquisizione delle competenze linguistiche, l’apprendimento, l’acquisizione della funzione riflessiva e la memoria.

Il paradigma di ricerca da lui utilizzato, basato sull’osservazione il più possibile etologica e obiettiva dell’oggetto di studio, insieme a quello adottato da Ebbinghaus, posero le basi per lo sviluppo di un metodo che avrebbe contraddistinto le ricerche relative al recupero di materiale mnestico fino agli inizi degli anni ’50.

In queste prime ricerche, la memoria veniva studiata soprattutto relativamente al recupero di materiale depositato da lungo tempo (memoria a lungo termine, nella definizione che ne avrebbero dato Atkinson e Shiffrin negli anni ’70), al riconoscimento di materiale mnestico a partire da appigli cognitivi ausiliari, e all’immaginazione. La ricerca sulla memoria a breve termine (ibidem) era non specifica e scarsamente sviluppata.

Gli studi sulla memoria a lungo termine avevano rivelato profonde differenze di performance a seconda dell’età dei soggetti coinvolti nelle ricerche, del tipo di compito proposto e del tipo di materiale di cui era richiesta la memorizzazione durante gli esperimenti. Rispetto alla velocità di immagazzinamento di un particolare stimolo, fu notato che i bambini parevano impiegare più tempo degli adulti a codificare un’informazione, ma che erano in grado di mantenerla in memoria per più tempo. Inoltre, stimoli verbali dotati di significato sembravano essere acquisiti più in fretta e ritenuti più a lungo (Preyer, 1882) .

Gli autori interessati alle suddette tematiche distinsero la memoria visiva da quella verbale, a partire da osservazioni effettuate sul comportamento di bambini di pochi anni (la cui memoria verbale, cioè la memoria che si serve del linguaggio per la codifica delle informazioni, appariva soggetta a maggiori variazioni e sviluppo rispetto a quella solamente visiva).

Gli autori inoltre concordavano nel ritenere più precoce lo sviluppo della memoria di riconoscimento (la memoria che permette di associare a uno stimolo X uno stimolo Y quando sia stata memorizzata l’associazione XY, e la cui nascita secondo gli autori avverrebbe già intorno ai 4 mesi di vita), rispetto allo sviluppo della memoria di rievocazione (la memoria cioè utilizzata senza l’ausilio di mediatori cognitivi, ma semplicemente attraverso uno sforzo di rievocazione, appunto, e la cui nascita avverrebbe intorno ai 4 anni nel bambino).

Ebbinghaus stesso (1897) si occupò nei suoi studi dello sviluppo della memoria in relazione all’età. L’autore scoprì che le differenze relative alle performance mnestiche di bambini di differenti età erano ridotte nel caso di utilizzo dei logotomi e di parole senza senso.

Successive ricerche da parte di altri autori (Netschajeff, 1902, e Lobsien, 1902) confermarono questi risultati, che sembravano suggerire un funzionamento della memoria verbale differente a seconda che fossero ricordate parole con o senza senso: i bambini studiati nelle ricerche sembravano trovare più semplice ricordare frasi composte anche da molte parole che non brevi liste di parole senza senso (Binet e Hanri, 1894). Altri ricercatori (Meumann, 1907) osservarono una capacità rievocativa più efficace in soggetti alle prese con liste di parole sensate e addirittura con liste di numeri (un numero possiede di per sé una valenza semantica).

Funzionamento mnestico, valenza semantica di ciò che è ricordato e primi riferimenti alla dimensione sociale della memoria

Gli sviluppi successivi della ricerca si indirizzarono sempre più verso l’integrazione della dimensione semantica del materiale di rievocazione.

La sensazione era che i primi ricercatori avessero tralasciato di considerare un aspetto fondamentale del funzionamento della memoria, l’influenza cioè del significato e della valenza affettiva di ciò che doveva essere ricordato.

I segnali di una tale necessità di cambiamento di metodo di ricerca erano emersi già negli studi sulla rievocazione di liste di parole, e trovarono piena conferma nelle successive ricerche sullo sviluppo della memoria, effettuate da molteplici autori. Brunswick, Goldsheider e Pilek (1932) effettuarono uno studio su larga scala relativo allo sviluppo cognitivo del bambino in età compresa tra i 6 e i 18 anni. Il campione, composto da 700 soggetti, fu osservato relativamente a diverse capacità cognitive (in particolare la memoria a breve e lungo termine), utilizzando parole con e senza senso, colori, numeri e poesie.

Sempre nel 1932 Brunswik et al. (1932) effettuarono una serie di esperimenti in seguito ai quali tentarono di teorizzare l’andamento di una curva di sviluppo generale della memoria, costruita unificando i risultati ottenuti nel campione alle diverse prove di memoria. I risultati indicarono migliori performance e un’impennata nell’andamento della curva nella fascia di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, con un plateau relativo alle performance nell’età della pre- e della prima adolescenza (ibidem). In accordo con gli studi precedenti, ci si aspettava inoltre che i bambini più piccoli si distinguessero all’interno del campione per un utilizzo più massivo della memoria non vincolata dal dato semantico (il cosiddetto mechanical learning), partendo dall’idea secondo cui l’utilizzo della logica e soprattutto l’attenzione da parte dell’individuo al dato semantico comparisse più tardivamente nel corso dello sviluppo. I risultati evidenziarono al contrario performance più basse relative alla memorizzazione e alla codifica di parole senza senso in tutti i soggetti del campione, con una curva di performance regolare e in crescita continua fino all’età di 18 anni.

Questo secondo i ricercatori poteva far pensare a una rilevanza dell’aspetto semantico in ciò che voleva essere ricordato già a partire dall’infanzia; in secondo luogo dimostrava, più generalmente, quanto l’evocatività e il significato del materiale da codificare giocassero un ruolo fondamentale nel processo di rievocazione.

Tali risultati avrebbero trovato successiva diffusa validazione in ambito di ricerca (Bartlett, 1932; Fetchner, 1965; Weinert, 1962).

L’importanza della dimensione semantica relativa al materiale implicato nei processi di memoria (codifica, ritenzione, recupero e oblio) fu approfondita nei primi anni ’30 da Bartlett (1932).

In uno dei suoi studi, Bartlett chiese ai soggetti del campione di leggere e tentare di memorizzare una storia breve ma molto complessa e bizzarra, “La guerra degli spettri”, sugli indiani della costa americana nord-occidentale. L’autore scelse questa storia in quanto sconosciuta ai più e proveniente da una cultura lontana: l’obiettivo dello studio era quello di scoprire se e in che modo le differenze culturali avrebbero influenzato il modo in cui i soggetti ricordavano la storia.

Bartlett notò che i soggetti del campione tendevano sistematicamente a distorcere, sottraendo o aggiungendo particolari, le caratteristiche della storia e il suo svolgimento, al fine di renderla meno strana e insolita (per esempio cacciare le foche poteva essere sostituito con andare a pescare, canoa poteva diventare barca, e così via). Bartlett osservò che nella rievocazione i soggetti procedevano a una sostanziale ricostruzione e rielaborazione del testo, in funzione del loro livello di comprensione e di particolari schemi cognitivi posseduti.

A tal proposito l’autore arrivò a considerare il ricordo più una costruzione immaginativa che non il risultato di un processo di rievocazione. Secondo Bartlett coloro che ritenevano di possedere una buona immaginazione sarebbero risultati più sicuri nella rievocazione, ma non necessariamente più aderenti al dato di realtà di ciò che voleva essere ricordato. L’autore inoltre fu anche uno dei primi sostenitori dell’intervento della dimensione sociale nello sviluppo della memoria: egli sosteneva che la rappresentazione del ricordo formulata dall’individuo fosse distorta dalle esigenze sociali più propriamente contestuali del soggetto.

Bartlett sosteneva infatti che la narrazione di un determinato ricordo sarebbe stata influenzata nel suo svolgersi da ciò che il frangente relazionale sembrava richiedere, acquisendo particolari caratteristiche al fine di rendere più semplice per l’individuo sentirsi partecipe di quella stessa situazione sociale (ibidem).

L’attenzione dei ricercatori stava lentamente spostandosi dalle caratteristiche dei processi implicati nella memoria umana all’ambito maggiormente rilevante dei suoi contenuti.

1936-1965

Questo periodo è ricordato come un periodo di relativa stabilità, se non di mancanza di evoluzione, della ricerca relativa ai processi cognitivi di memoria. Questa assenza di tensione di ricerca va contestualizzata soprattutto nella zona dell’Europa centrale (Shneider, 2000).

Importanti eccezioni si notarono tuttavia nella scena di ricerca statunitense e soprattutto in quella russa.

In America, negli anni dell’avvento della corrente comportamentista, gli studi sullo sviluppo della memoria erano finalizzati in prevalenza a descrivere il comportamento dei processi di codifica, ritenzione e oblio in soggetti di differenti età; gli studi condotti erano tuttavia spesso relativi a una sola fascia di età.

Fanno eccezione alcuni studi, come quello condotto da Koppenaal, Krul e Katz (1964) sui processi di interferenza osservabili durante utilizzo da parte dei soggetti della memoria di riconoscimento (altrimenti detta memoria logica o associativa). Gli autori considerarono un campione formato da bambini suddivisi per fasce d’età, a partire dai 4 fino agli 8 anni; l’ipotesi era che il grado di interferenza (intendendo per interferenza il disturbo sul processo di rievocazione causato dal ricordo di altre cose, tanto più nel caso in cui queste siano concettualmente legate al materiale da ricordare) sarebbe aumentato con il progredire dell’età. Gli studiosi avevano previsto l’esistenza di una correlazione tra il livello di interferenza e l’età dei bambini studiati, partendo dall’assunto secondo cui la maggiore quantità di informazioni posseduta dai bambini più grandi avrebbe reso più difficoltosi i loro processi di rievocazione. Queste ipotesi avrebbero trovato validazione empirica a fine ricerca (ibidem).

Altri autori americani dell’epoca (Bousfield, Esterson e Whitmarsh, 1958) si occuparono invece di studiare i processi di memoria non mediati (processi cosiddetti di free recall), arrivando a importanti risultati di ricerca relativi alla modalità di organizzare il materiale mnestico in funzione dell’età (l’organizzazione in clusters e la categorizzazione del materiale immagazzinato in memoria erano strategie cognitive sempre più utilizzate col progredire dell’età)(ibidem).

La scena russa dell’epoca presentava caratteristiche differenti, essendo più concentrata sugli aspetti relativi alla memoria in un contesto di sviluppo, con un’attenzione particolare rivolta all’integrazione della questione semantica e metodi di studio utilizzati differenti.

Le idee di Vigotskij erano state all’epoca già assimilate dalla comunità scientifica, avendo posto alcune questioni che parevano di grande importanza nello studio del funzionamento della memoria, soprattutto in relazione all’utilizzo del linguaggio e agli aspetti più sociali del suo sviluppo (1932). Altri autori dell’epoca, come Istomina (1948) e Korman (1944; 1945), puntavano invece a chiarire le differenze esistenti tra memoria involontaria (una memoria attivata senza la volontà del soggetto e relativa a materiale che non necessariamente si desiderava ricordare, più o meno attinente al contesto) e la memoria volontaria (attivata invece in modo cosciente dal soggetto e caratterizzata da più processi cognitivi funzionanti in parallelo). La maggior parte dei ricercatori dell’epoca sosteneva che le forme più evolute di memoria si sviluppassero proprio nel passaggio dalla memoria involontaria a quella controllata durante lo sviluppo dell’individuo, passaggio mediato dall’utilizzo di processi cognitivi ausiliari (come la categorizzazione, l’utilizzo di indizi o le mnemotecniche).

Leontjev, Smirnov e Zinchenco (in Schneider & Pressley, 1997) studiarono le dinamiche di funzionamento dei due tipi di memoria relativamente a differenti stadi evolutivi; nelle loro ricerche gli autori scoprirono che la memorizzazione involontaria di informazioni (per esempio, nel compito di memorizzazione di una storia, la codifica di informazioni di secondaria importanza) pareva garantire nei bambini in età prescolare (4-6 anni) performance migliori in compiti di rievocazione, in confronto a bambini di età superiore. In altre parole, la codifica di informazioni sembrava in questo stadio evolutivo avvenire in modo più o meno efficiente indipendentemente dal tipo di memoria implicata nei processi di codifica. Al contrario, bambini di età superiore ottenevano migliori performance se, nel momento in cui avessero dovuto memorizzare una certa quantità di informazioni, utilizzavano strategie di memorizzazione volontaria e in piena coscienza del compito richiesto (ibidem).

Gli studi di ricerca condotti in Russia tra il 1936 e il 1965 rappresentano il contributo più importante allo studio dello sviluppo della memoria dell’epoca. Fu implementata la conoscenza sul funzionamento della memoria nei bambini in età prescolare (ibidem), e particolare energia fu spesa nel tentativo di inserire nel campo d’indagine gli aspetti relativi all’utilizzo del linguaggio e alla dimensione più sociale dello sviluppo della memoria. Il periodo prescolare e il primo periodo scolare (tra i 4 e i 10 anni) fu consensualmente riconosciuto come il più critico nel percorso di sviluppo delle capacità cognitive relative alla memoria, in accordo con la letteratura precedente (Brunswik et al., 1932).

1965 – 1980

L’approccio storico allo studio della memoria era fortemente influenzato dal paradigma epistemologico dell’epoca, che si proponeva di osservare nel modo più naturalistico possibile i fenomeni, senza troppe mediazioni intellettuali. La memoria era quindi osservata nelle sue manifestazioni a livello di performance cognitive dei soggetti (quante informazioni riuscissero a memorizzare e quanto antichi potessero essere i ricordi di persone di differenti età, ecc.).

Negli anni ’60 tuttavia si impose agli occhi della comunità scientifica una corrente definita neo-comportamentista, nata come evoluzione di quella comportamentista, che abbandonava l’attenzione eccessiva per l’osservazione del comportamento e dei processi di stimolo-risposta (S-R) e ammetteva l’esistenza e l’azione di variabili intermedie, interne al soggetto e non direttamente osservabili, inserite nella catena delle associazioni S-R (S- mediazione cognitiva- R). I ricercatori che sostenevano questa nuova concezione della psicologia umana, antecedente alla creazione del paradigma cognitivista, prendevano spunto dalla scienza cibernetica per tentare di spiegare il funzionamento della mente, arrivando a paragonare il funzionamento psichico dell’uomo a quello di un computer, anche in relazione allo studio dei processi mnestici (processi legati all’hardware e al software dei sistemi di memoria, dove per hardware si intendeva la capacità di memoria e la velocità di processazione delle informazioni, e per software le strategia mnestiche utilizzate). La memoria cominciò inoltre a essere pensata come formata da sotto-sistemi deputati a specifiche attività, come l’elaborazione delle informazioni mnestiche sensoriali, la memoria a breve termine e quella a lungo termine (ipotesi che sarebbe stata successivamente confermata dagli studi di neuroimaging sulla differente attivazione di aree cerebrali a seconda del compito di memoria richiesto) (Schacter, 1992).

L’avvento di questa nuova corrente epistemologica provocò il riaccendersi dell’interesse per gli studi sulla memoria, e nuove correnti di ricerca si svilupparono in direzioni diverse.

Un autore che è impossibile non menzionare nell’ambito degli studi sulla memoria è Tulving, che nel 1972 teorizzò una sorta di disposizione concentrica di tre sistemi di memoria differenti: la memoria procedurale, la memoria semantica e la memoria episodica, relative a categorie di materiale ricordato differenti. Secondo l’autore, la memoria episodica consisteva in proposizioni riguardanti eventi singoli e specifici della propria esperienza personale; quella semantica era riferita invece al patrimonio di conoscenze possedute, ed era basata sul significato culturale delle informazioni; infine, la memoria procedurale consisteva nella conoscenza sul come fare qualcosa, e si sviluppava a partire dall’esercizio (Tulving, 1972).

Tulving sosteneva che la memoria semantica, insieme a quella episodica, andassero a costituire la cosiddetta memoria esplicita (o dichiarativa), la memoria cioè utilizzata attraverso proposizioni linguistiche implicanti una relazione fra due o più concetti in base ai criteri logici di verità, e funzionale alla rievocazione di nomi, luoghi, date, eventi. La memoria procedurale invece fu descritta dall’autore anche come memoria implicita, cioè non accessibile alla coscienza dell’individuo e implicata nella formazione degli schemi corporei e dei modelli operativi interni a partire da meccanismi di condizionamento classico (ibidem).

Secondo Tulving, la ricerca condotta sulla memoria fino agli anni ’70 era stata indirizzata in prevalenza verso lo studio della memoria episodica, a partire dagli studi pionieristici di Ebbinghaus. Per contro, gli studi di Bartlett (1932) avevano iniziato la tradizione di ricerca relativa alla memoria semantica che, insieme all’interesse dei ricercatori per la dimensione socio-relazionale, caratterizzano ancora oggi le tendenze di ricerca sul funzionamento mnestico.

Contributi importanti alla ricerca sulla memoria furono apportati da altri autori, sulla scia del rinato interesse verso lo studio della memoria che caratterizzò gli anni ’70 e l’avvento di nuovi paradigmi e modelli teorici trasversali alle scienze psicologiche.

Atkinson e Shiffrin (1971) teorizzarono la presenza di due tipologie di memoria, dando origine a una rappresentazione sociale tutt’ora in utilizzo: distinsero cioè una memoria a breve termine da una invece a lungo termine, caratterizzate da differenti capacità di immagazzinamento di materiale e diverse velocità di recupero. Molto conosciute, dei loro lavori, le intuizioni sui processi di reiterazione dell’informazione e la teoria multimodale della memoria, secondo la quale esisterebbero tre sistemi di memoria, con differenti caratteristiche (il registro sensoriale, la memoria a breve termine e quella a lungo termine)(ibidem).

DOPO IL 1980

La ricerca contemporanea sulla memoria, e in particolare sullo sviluppo della stessa, si presenta con le caratteristiche di una derivazione degli studi pionieristici sopra descritti. I mezzi di ricerca attuali, nell’ambito della psicologia cognitiva, hanno permesso di superare alcune difficoltà di metodo esistenti fino a poco tempo fa, soprattutto relative all’indagine sulla distinzione tra memoria esplicita ed implicita nei bambini (Rovee-Collier, 1995).

In particolare l’utilizzo di tecniche sperimentali innovative, come le prove di abitazione/disabituazione e le tecniche di condizionamento operante (Rovee-Collier, 1995) ha contribuito a facilitare lo studio dello sviluppo mnestico infantile, reso difficoltoso dall’impossibilità di usare il linguaggio verbale come mezzo di comunicazione, stimolando in modo vigoroso la ricerca relativa alle suddette tematiche.

La ricerca attuale si concentra sull’aspetto maggiormente dinamico dei processi cognitivi relativi alla memoria e sul suo funzionamento ecologico, calato cioè nel contesto sociale d’appartenenza.

Se per molto tempo la psicologia generale aveva considerato la memoria come un “deposito” in cui venissero depositati i cosiddetti engrammi, e aveva posto come centrale lo studio dei limiti della stessa (a che ritmo venissero dimenticati i dati in essa inseriti o quale fosse il grado di accuratezza), oggi è prioritario lo studio sui processi cognitivi implicati nel suo funzionamento e i fattori che possano influenzarlo.

Fornire un’immagine esaustiva del panorama di ricerca attuale appare molto difficile, essendosi complessificato il concetto stesso di memoria e specializzato lo studio dei suoi diversi processi e componenti.

Prima Infanzia (0-5 anni)

La memoria appare essere una facoltà cognitiva innata dell’individuo, presente già, in forma elementare, nel feto (DeCasper & Fifer, 1980). Gli studi dimostrano che attività di memoria basilari sono presenti nel bambino fin dalla nascita, come la capacità di distinguere tra stimoli vecchi e nuovi o quella di memorizzare l’associazione tra due stimoli (condizionamento operante). Bambini di 2 mesi persistono nel preferire la visione di stimoli nuovi anche dopo un periodo di abituazione a uno stesso stimolo di due settimane; altri studi hanno dimostrato invece la presenza di una memoria visiva per il movimento di oggetti in bambini di 3 mesi (Bahrick e Pickens, 1995).

Ulteriori studi hanno evidenziato la presenza di comportamenti imitativi in bambini di età compresa tra i 10 e i 20 mesi, a prova dello sviluppo in questo periodo delle capacità legate alla memoria a lungo termine (Meltzoff, 1995), soprattutto in termini di memorizzazione di scripts e sequenze di azioni stereotipate (Bauer, 1997).

Ciò che appare comunque rilevante e peculiare della tendenza di ricerca attuale è la maggiore attenzione agli aspetti sociali implicati nello sviluppo della memoria, già dopo la nascita.

Gli studi sulla memoria, a partire dagli anni ’70 e in concomitanza con il crescere di nuovi paradigmi teorici legati alla psicologia cognitiva e alle neuroscienze in generale, hanno inteso integrare lo studio dei processi mnestici, come le fasi di codifica, immagazzinamento e recupero (proseguendo quindi idealmente la linea di ricerca più tradizionale e comportamentista) con un’attenzione privilegiata all’influenza esercitata dal contesto sociale e dalle relazioni primarie intrattenute dal bambino nei primi anni di vita.

Il merito di aver complessificato l’argomento, oltre che di essersi opposto alla rigida regolamentazione intestina agli studi di laboratorio tradizionali, è consensualmente attribuito a Neisser (1978). Neisser fu uno dei primi studiosi della memoria a indagarne in modo approfondito la dimensione legata al linguaggio e alla narrazione.

Già Vigotskij (1932) aveva chiarito l’importanza dell’influenza del linguaggio sui processi cognitivi e sull’utilizzo della memoria, teorizzando la presenza di un linguaggio interno con funzione normativa e regolativa dei contenuti della mente. Neisser (1978) approfondì l’aspetto più legato alla somiglianza tra ricordare qualcosa e narrare una storia: dimostrò che, per esempio, l’attività del narrare un avvenimento pubblico veniva spesso mescolata a riferimenti alla vita personale dei narratori, come elaborando un secondo racconto, dettagliato e fornito di struttura narrativa e scenario (Neisser, 1982). Questo faceva pensare a una struttura narrativa della memoria, strettamente vincolata dall’utilizzo del linguaggio interno e funzionale alla gestione del materiale mnestico immagazzinato durante lo sviluppo.

Lo studio di queste dinamiche, sviluppato per lo più in ambito cognitivista e neuropsicologico, e relativo ai primi anni di sviluppo, è stato ulteriormente implementato dalle teorie riguardanti la memoria cosiddetta autobiografica, relativa cioè alle informazioni riferite al Sé (Brewer, 1986) e composta da narrazioni sulla propria storia di vita, considerata da alcuni autori come un sotto-sistema della memoria episodica teorizzata da Tulving, ma avente caratteristiche peculiari e aree cerebrali deputate proprie (Kapur, 1993).

La ricerca attuale sulla memoria dei bambini in fase di sviluppo ha dimostrato non solo l’esistenza di un funzionamento mnestico nel bambino a partire dall’osservazione di schemi e copioni motori imparati (e quindi memorizzati) dal bambino (Schank e Abelson, 1977): ha anche indagato i processi di memoria utilizzati dal bambino per ricordare episodi riferiti al Sé e crearne racconti coerenti (memoria autobiografica).

Rispetto allo sviluppo della memoria autobiografica, è stato notato che già intorno ai 16-18 mesi di età i bambini cominciano a conversare su episodi passati specifici (Eisenberg, 1985 e Harley & Reese,1999), tuttavia solo nel caso in cui accompagnati nella rievocazione del passato da una figura adulta. In questa fase dello sviluppo sarebbe l’adulto infatti a fornire la maggior parte del contenuto e della struttura del materiale rievocato, incoraggiando quindi o più in generale manipolando cognitivamente il bambino (quest’ultimo parteciperebbe semplicemente confermando, negando o ripetendo quanto detto dall’adulto). E’ stato osservato infatti che circa all’età di 3 anni il bambino arriva ad un livello di maturazione cognitiva tale da essere in grado di compiere accurate descrizioni di eventi passati, seppur ancor necessitando di un sostegno cognitivo da parte di una figura adulta funzionale al mantenimento della coerenza del racconto (Hamond & Fivush, 1991; Ornstein, 1995).

C’è consenso generale in ambito di ricerca sul ritenere l’acquisizione linguistica un passaggio evolutivo cruciale nello sviluppo della dimensione narrativa della memoria episodica e di quella autobiografica, a prova della grande influenza esercitata dal linguaggio verbale sull’organizzazione e sulla gestione dei ricordi.

Lo studio della memoria autobiografica si caratterizza da un’attenzione per gli aspetti narrativi della comunicazione (la modalità con cui il soggetto si descriva e organizzi i suoi ricordi in modo narrativo) e da un’osservazione della qualità e della natura del materiale ricordato (quanto accuratamente il ricordo sia recuperato e quali aspetti del ricordo siano maggiormente considerati, per esempio quelli contingenti alla situazione ricordata, o le sensazioni sperimentate, o altro).

Gli elementi di ricerca che si configurano come veramente innovativi nel panorama attuale, sono pertanto quelli relativi all’influenza del contesto sociale sul funzionamento della memoria, e in particolare della memoria autobiografica.

Lo studio sul funzionamento della memoria autobiografica è indicativo di un approccio più generale allo studio della memoria, più complesso e multi-fattoriale.

I ricercatori odierni studiano il funzionamento della memoria a partire dall’interazione non-lineare tra molte variabili, tra cui le dinamiche relazionali-affettive sperimentate dall’individuo, le competenze e le caratteristiche del linguaggio utilizzato dal soggetto (a partire per esempio dalle massime conversazionali di Grice o dalle teorie di Labov sulla natura dell’interazione verbale), le capacità cognitive possedute dall’individuo, le differenze di genere (Nelson, 1996; Davis, 1999; Flannagan, 1996; Fivush & Haden, 2003; Brody, 1999) e le capacità meta-mnemoniche possedute dal soggetto (Schneider, 1999).

Un autore di riferimento per gli studi sul funzionamento della memoria, e in particolare della memoria autobiografica, è oggi sicuramente Robyn Fivush.

La ricerca condotta da Fivush esplora le caratteristiche della memoria e del ricordo in bambini di differenti età, partendo dall’indagare in quale modo l’ambiente esterno possa influenzare il funzionamento della memoria stessa, con una particolare attenzione al contesto di comunicazione madre-bambino.

In un articolo del 2006 (Fivush, 2006), l’autrice descrive l’attività di ricordare come un fatto sostanzialmente sociale, co-costruito cioè nell’interazione con gli altri. La questione della comunicazione madre-bambino viene poi riletta alla luce di questo assunto e il ricordo, da questo punto di vista, viene posto come sempre costruito dalla madre insieme al bambino in fase di interazione verbale.

Fivush riprende e sviluppa le pur sporadiche teorie classiche che avevano approfondito l’aspetto della dimensione sociale del ricordo, in primo luogo le sopra citate ricerche di Bartlett (1932). Bartlett fu uno dei primi infatti a teorizzare che la costruzione di un ricordo potesse subire l’influenza di richieste culturali, contestuali all’ hic et nunc del soggetto. Le teorie formulate dall’autore illustravano come l’utilizzo della memoria e la rappresentazione (termine non scelto a caso) di un ricordo potessero essere distorti dall’utilizzo che, di questo stesso ricordo, il soggetto intendeva fare (ibidem).

Nel 2006, Fivush riprende queste considerazioni e allarga il campo d’indagine al funzionamento della memoria in ambito di sviluppo: considerando bambini in età prescolare (4-6 anni), l’autrice indaga come il processo di rievocazione di materiale mnestico si modifichi in funzione di variabili esterne, tra cui la qualità dei rapporti intrattenuti dal bambino con la madre e la sua cultura d’appartenenza (Fivush, 2006; Fivush e Haden, 2003).

Nell’ambito del funzionamento della memoria autobiografica del bambino, e al fine di studiarne i risvolti socio-relazionali, Fivush isola la questione sulla tipologia di stile narrativo utilizzato dalla madre nel comunicare con il figlio, in particolare nell’ambito della comunicazione su un evento che sia accaduto in passato ad entrambi (parent-child reminiscing o, in italiano, rievocazione congiunta).

L’autrice distingue due tipologie di stile narrativo utilizzato dalla madre insieme al figlio in ambito di rievocazione congiunta (dove per stile narrativo materno si intenda l’insieme delle caratteristiche che descrivono la modalità della madre di comunicare, in modo verbale e non, con il figlio): uno stile narrativo a bassa elaboratività ed uno ad alta elaboratività.

Secondo Fivush, una madre con uno stile narrativo a bassa elaboratività tenderebbe, nel comunicare con il figlio su un episodio di vita comune, a non stimolare o addirittura a bloccare il bambino al ricordo, per esempio non ponendogli domande, o svalutandolo. Una madre invece dotata di uno stile narrativo ad alta elaboratività tenderebbe, durante la comunicazione con il figlio, ad arricchire i contenuti del materiale rievocato dal bambino grazie a domande, approfondimenti e un’attenzione maggiore alla modalità del figlio di esporre il ricordo. Fivush ritiene inoltre che una madre ad alta elaboratività si preoccuperà di condurre il figlio a uno sforzo cognitivo maggiore, durante l’attività di rievocazione, rispetto a una madre non elaborativa, per esempio portandolo a focalizzare la sua attenzione sulle emozioni sperimentate nel là e allora dell’evento ricordato (ibidem).

Nei suoi esperimenti, Fivush dimostra che uno stile narrativo ad alta elaboratività influisce sulle capacità rievocative del bambino, potenziandole e rendendole più accurate (racconti più fedeli e completi sull’evento ricordato, con un maggior numero di riferimenti a vissuti interni ed emotivi); l’autrice sostiene inoltre che un maggior numero di riferimenti fatti dalla madre, in sede di rievocazione congiunta, a propri vissuti emotivi, “insegnerebbe” al bambino ad effettuare rievocazioni più complete e stimolerebbe lo sviluppo di una migliore teoria della mente nel bambino (Fivush & Fromhoff, 1988; Fivush, 1994, 2006; McCabe & Peterson, 1991; Reese, Haden & Fivush, 1993; Ruffman, Slade e Crowe, 2002).

Gli studi relativi alle suddette tematiche mostrano una tendenza attuale a considerare il funzionamento della memoria come profondamente influenzato da altri processi cognitivi, per esempio relativi al funzionamento sociale e allo stato emotivo di colui che ricorda.

Più che il processo singolo della memoria e i suoi limiti, si indaga oggi il funzionamento mnestico in relazione a molteplici fattori, ipotizzando che particolari situazioni a livello socio-relazionale ed emotivo possano migliorarne il funzionamento, cosa che in effetti è stato dimostrato negli esperimenti sul campo. In accordo con la teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1988; Thompson, 2000), questi studi dimostrano quanto la relazione madre-bambino, a partire dalle prime interazioni, sia di centrale importanza per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del bambino stesso lungo l’arco della vita (Cassidy, Shaver, 1999).

Lo sviluppo della memoria tra i 5 e i 15 anni

Se lo studio del funzionamento mnestico nel periodo neonatale e prescolare, da 0 ai 5 anni, come è stato scritto, si articola oggi in tendenze di ricerche relative a più fattori, di differente natura, considerati implicati nel funzionamento della memoria, la progressione delle capacità mnemoniche che si verifica dai 6 agli 11 anni è oggi spiegata tenendo in considerazione quattro fattori:

  1. In primo luogo, utilizzando la metafora cibernetica, l’hardware del sistema di memoria è considerato dai ricercatori attuali, in linea con le ricerche pionieristiche di Ebbinghaus, in espansione, con il progredire dell’età. Dempster (1981), effettuando prove di rievocazione su bambini di dai 2 ai 9 anni, ha mostrato come il numero di items ricordati dal bambino cresca con l’età, fino a stabilizzarsi sul “magico numero 7±2”, intorno ai 9 anni (ibidem). Inoltre, le informazioni immagazzinate in memoria sembrano essere processate dall’individuo con sempre maggiore velocità durante la crescita (Kail, 1991, 1993), anche se resta da chiarire se questo aumento di velocità sia provocato da una maggiore familiarità del soggetto nei confronti del materiale da ricordare o dall’utilizzo più frequente di strategie di memoria, oppure da un incremento della velocità di processazione delle informazioni slegato da fattori esterni (incremento di per sé della velocità di precessazione)(ibidem).

  2. Un secondo aspetto coinvolto nella crescita delle capacità di memoria è considerato essere l’utilizzo di strategie, da parte dei soggetti, durante le diverse fasi di codifica, ritenzione o rievocazione delle informazioni, osservato nel bambino, seppur con varianti individuali, a partire dai 5/6 anni di età (Kail, 1990; Scheider & Pressley, 1997). Una strategia di memoria è stata definita un comportamento intrapsichico o esterno al soggetto che ne favorisca l’utilizzo della memoria, potenzialmente conscio e controllato dall’individuo stesso (Flavell, Miller & Miller, 1993). Le strategie mnestiche si sviluppano dai 5 ai 10 anni di età (ibidem), e assumono forme diverse a seconda del meccanismo che ne sta alla base (la più comune, oltre ad essere una delle più studiate, è considerata la strategia di reiterazione; altre sono la strategia di organizzazione, quella di elaborazione, e altre)(McShane, 1991). C’è consenso diffuso nel ritenere che le differenze individuali nell’utilizzo di strategie mnestiche svolgano un ruolo importante nello sviluppo delle facoltà mnemoniche del bambino tra i primi anni di scuola elementare e quelli dell’adolescenza.

  3. Terzo fattore considerato implicato nella progressione delle capacità mnemoniche tra i 6 e gli 11 anni è sicuramente l’acquisizione della capacità meta-mnemonica, ovvero la capacità (dichiarativa o procedurale) di monitorare il proprio funzionamento mnestico, essendo in grado di descriverlo. Tale capacità è considerata essere influente sul funzionamento mnestico in genere e sulle strategie mnemoniche utilizzate dall’individuo (Schneider, 1999).

  4. Il quarto fattore considerato dai ricercatori è relativo alla cosiddetta domain knowledge, la conoscenza cioè posseduta dall’individuo relativamente a un determinato argomento (come per esempio il gioco degli scacchi o il cinema). I ricercatori hanno scoperto che una conoscenza approfondita di un determinato argomento facilita la codifica e il successivo recupero di informazioni semanticamente attinenti a quello stesso argomento, indipendentemente dall’utilizzo di strategie di memoria (Bjorklund, 1985).

In generale, c’è consenso nel ritenere l’aumento delle conoscenze specifiche possedute dall’individuo in fase di sviluppo predittivo di un miglioramento diffuso delle capacità di apprendimento e di memoria, anche in relazione all’utilizzo di strategie di memoria e allo sviluppo della meta-memoria (Siegler, 1998).

L’interazione tra molteplici fattori, a determinare la qualità delle performance cognitive dell’individuo, è stata enfatizzata nel model of good information processing, formulato negli anni ’90 da più autori (Pressley, Borkowski & Schneider, 1989; Schneider & Pressley, 1997), che sottolinea appunto l’interazione tra le capacità di base dell’individuo, anche a livello neurologico, la quantità di informazioni acquisite sul mondo, il suo utilizzo di strategie e l’aspetto motivazionale, nel determinare il grado di performance a compiti di memoria.

Nuove tendenze di ricerca

Negli ultimi decenni i ricercatori hanno osservato che i processi di memoria non sempre rispondono al controllo cosciente dell’individuo, ma che, al contrario, spesso ciò che è ricordato sembra essere frutto di un processo di codifica involontario (memoria cosiddetta involontaria e implicita) (Graf e Schacter, 1985; Glemberg, 1997). La prova dell’esistenza di un sotto-sistema di memoria non controllato coscientemente dall’individuo sembra palesarsi nel momento in cui affiorino alla coscienza ricordi o informazioni che il soggetto non aveva intenzione di ricordare. E’ stato notato infatti che molto di quello che bambini e adulti ricordano sembra essere immagazzinato in modo implicito nei sistemi di memoria, senza l’ausilio di risorse attentive controllate dal soggetto. Gli esperimenti sull’effetto di priming sembrano evidenziare questi processi (Ausley & Guttentag, 1993).

Il carattere involontario di tali processi di selezione delle informazioni, e la presenza di sotto-sistemi mnemonici in grado di auto-organizzarsi, ha fatto parlare di “sistema dinamico complesso non-lineare” in riferimento alla memoria (Siegel, 1999), accostando lo studio del funzionamento mnestico allo studio dei sistemi complessi.

Lo studio di queste dinamiche, relativo quindi a fattori non-strategici implicati nei processi di memoria, coinvolge una parte della scena attuale di ricerca, e ha portato a risultati interessanti: si è notato per esempio che lo sviluppo della memoria implicita sembra subire meno evoluzioni durante lo sviluppo rispetto a quella dichiarativa (l’effetto di priming, per esempio, non sembra essere dipendente dall’età del soggetto, cosa che farebbe pensare a una memoria implicita attiva già dalla nascita; al contrario si è notata per le funzioni più dichiarative della memoria, come l’utilizzo di strategie, una costante evoluzione con l’età) (Squire, Knowlton & Musen, 1993). Evidenze sperimentali dimostrano inoltre la presenza di aree deputate differenti per memoria esplicita ed implicita (Voss & Pallerm, 2007).

La questione dei fattori non-strategici implicati nei processi di memoria ha aperto la strada a un filone di ricerca che considera il funzionamento della memoria non solo regolato da processi lineari, ma anche da meccanismi di rievocazione di informazioni basati su criteri di somiglianza e convenienza. Reyna e Brainerd (1995), nella teoria delle cosiddette “tracce sfumate” (fuzzy-trace theory) sostengono per esempio che il carattere fluido e dinamico dei processi di memoria sarebbe caratterizzato da un’attivazione delle informazioni in modo parallelo, anziché sequenziale come nella logica, e da un successivo triage cognitivo compiuto implicitamente dal soggetto sulle diverse tracce relative ad uno stesso evento.

Parzialmente allontanandosi dalle ipotesi tradizionali, gli autori hanno inoltre ipotizzato un diverso funzionamento di base della memoria nel bambino e nell’adulto, quest’ultima considerata dagli stessi più influenzata dal fattore emotivo e semantico e nel complesso meno attendibile rispetto alla memoria del bambino, più diretta e “letterale”(ibidem).

Oltre ai processi non-strategici implicati nella memoria, attuale appare oggi l’interesse verso l’attendibilità dei resoconti portati in sede di testimonianza dai bambini (e quanto questi possano in definitiva essere suggestionabili), e l’acceso interesse verso lo studio della memoria autobiografica in relazione alla dimensione sociale.

Il dibattito sull’attendibilità dei resoconti portati dai bambini in sede legale si svolge tra i sostenitori delle teorie attuali derivate dalle scuole classiche (che per esempio individuano nel periodo prescolare la fase di maggiore suggestionabilità del bambino), e le ricerche più rivoluzionarie, come appunto quella delle “tracce sfumate”, che sostengono al contrario una maggiore attinenza al dato reale nei resoconti portati da bambini anche in età precoce (Reyna e Brainerd,1995).

INFLUENZA DELLA VITA RELAZIONALE SUI PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA

Come è stato detto, un filone di grande interesse nel panorama di ricerca attuale in psicologia cognitiva indaga lo sviluppo della memoria autobiografica del bambino in relazione alla vita relazionale da esso esperita all’interno del gruppo primario.

Questi studi fanno tesoro delle scoperte effettuate in ambito cognitivo relativamente ai processi di memoria, tradizionalmente considerati come facoltà distinte della mente, e col tempo pensati in relazione a fattori motivazionali, semantici e socio-relazionali.

Oggi, autori come Fivush, Low & Durkin (2001) e altri (Haden, Haine & Fivush, 1997), considerano il funzionamento della memoria autobiografica modulato nel bambino dalla tipologia di conversazione intrattenuta dallo stesso con la madre. Studi di ricerca dimostrano che madri dotate di uno stile narrativo altamente elaborativo consentirebbero ai propri figli di ricordare con maggiore precisione e completezza le vicende dalle propria autobiografia, insegnando loro a riferirsi a più aspetti del ricordo, e in particolare agli aspetti emotivi dello stesso. E’ stato dimostrato infatti che un maggior riferimento da parte della madre a emozioni di segno positivo e l’adozione di uno stile valutativo confermativo (Labov & Waletzky, 1997) durante la fase di parent-child reminiscing sembra accrescere le performance del bambino -in età prescolare- relativamente a compiti di rievocazione autobiografica (Fivush & Fromhoff, 1988; Fivush, 1994, 2006; McCabe & Peterson, 1991; Reese, Haden & Fivush, 1993).

I ricercatori coinvolti in questi studi propendono per collocare la nascita della memoria autobiografica nel contesto di interazione sociale dell’individuo (Fivush, 2006), e considerano il processo del ricordare come un costrutto interpersonale (Bretherton, 1993).

Gli studi sopra citati sottolineano inoltre che anche la tipologia di stile d’attaccamento costruito dal bambino verso la madre sembra essere correlata alla qualità dei resoconti autobiografici portati dal bambino in sede di parent-child reminiscing. Si sono osservate in particolare maggiori difficoltà nei bambini con stile d’attaccamento classificato come Disorganizzato (D) in compiti di narrazione di eventi autobiografici condivisi con la figura d’attaccamento, rispetto a quelli Sicuri (B) (ibidem; Reese e Farrant, 2003).

Alla questione dell’influenza esercitata sulla memoria dai rapporti di attaccamento con le figure primarie si affiancano gli studi relativi alle distorsioni dei ricordi provocati da particolari richieste sociali contestuali al soggetto. La memoria è stata recentemente definita una

“proprietà globale della nostra mente: la proprietà di leggere il presente in modo storico e dinamico, generando un’interpretazione della situazione/azione corrente che è contemporaneamente lettura del presente, ripristino delle situazioni/azioni che abbiamo esperito in passato e aspettativa di situazioni/azioni che potrebbero presentarsi in un tempo più o meno immaginario. Il nostro presente è dunque sempre sospeso tra un passato costantemente reinventato, riorganizzato e riutilizzato e un insieme di futuri possibili costantemente attesi, pianificati e rimaneggiati. Il passato, il futuro e i tempi possibili sono parte inestricabile del nostro comprendere il mondo e agire in esso, ma la memoria esiste solo nel presente.” (Carassa, Tirassa, 2005).

Si configura dunque una visione dei processi di memoria come in grado di generare significato nel presente a partire da un’attività di sintesi su informazioni relative al passato del soggetto.

Come è stato sopra evidenziato, quest’attività di sintesi (cioè il modo con cui si riportino alla mente una serie di informazioni, eventi, e come queste informazioni vengano organizzate dal soggetto) risulta essere suscettibile in particolari fasce d’età all’influenza delle richieste di agenti esterni, anche involontarie o implicite (per esempio gli studi sull’influenza dello stile narrativo materno sulla memoria autobiografica).

Ciò che viene però sottolineato da altri autori è il fatto che tale processo di sintesi possa subire, anche in età adulta, distorsioni (solitamente in termini di eccesso o difetto di informazioni ricordate) provocate dalla necessità dell’individuo di esibire socialmente un livello di confidence elevato (cioè il livello di fiducia di un soggetto verso le sue stesse capacità mnemoniche).

Questi autori sostengono che l’influenza della dimensioni relazionale influenzerebbe i processi di memoria sia distorcendo i contenuti a seconda dell’ambiente in cui il soggetto si trovi a interagire, sia modulando la quantità di informazioni attivate, sempre a seconda delle richieste dell’ambiente esterno (nel caso in cui, per esempio, ciò che dovesse essere ricordato non fosse importante, e non fosse necessaria l’aderenza “verbatim” ai dati di realtà, il soggetto eseguirebbe una ricerca poco raffinata, generalizzando o sintetizzando il materiale mnestico rievocato).

Le richieste provenienti dal contesto in cui l’individuo si trovi a interagire lungo tutto il percorso di sviluppo sembrano essere in grado dunque di influenzare la modalità con cui una certa informazione venga rievocata, e perfino di intaccarne i contenuti.

Si rendono necessari dunque ulteriori studi di ricerca che si muovano nella direzione di applicare queste conoscenze all’ambito psicoterapeutico, affinché il terapeuta non sottovaluti o banalizzi il problema delle evidenti ripercussioni provocate dalle dinamiche relazionali sul funzionamento mnestico, e nel tentativo di fornire al paziente quella protesi cognitivo-affettiva che gli consenta di recuperare una sua personale e indispensabile storia di vita (Veglia, 1999).

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  • L’EMDR: AGGIORNAMENTO, CONTROVERSIE E IPOTESI DI FUNZIONAMENTO 15 May 2025
  • NEUROCRIMINOLOGIA: ANNA SARA LIBERATI 6 May 2025
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI FLAVIO CANNISTRÀ 29 April 2025
  • L’UOMO SOVRASOCIALIZZATO. INTRODUZIONE AL PENSIERO DI Ted Kaczynski (UNABOMBER) 23 April 2025
  • RECENSIONE DI “CONVERSAZIONI DI TERAPIA BREVE” DI FLAVIO CANNISTRÁ E MICHAEL F. HOYT 15 April 2025
  • RICERCA E DIVULGAZIONE IN AMBITO DI PSICHEDELICI: 10 LINK 1 April 2025
  • INTERVISTA A MANGIASOGNI 24 March 2025
  • Introduzione al concetto di neojacksonismo 19 March 2025
  • “LE CONSEGUENZE DEL TRAUMA PSICOLOGICO”, UN LIBRO SUL PTSD 5 March 2025
  • Il ripassone. “Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea”, di Giorgio Nespoli 20 February 2025
  • PSICOGENEALOGIA: INTRODUZIONE AL LAVORO DI ANNE ANCELIN SCHÜTZENBERGER 11 February 2025
  • Henri Ey: “Allucinazioni e delirio”, la pubblicazione in italiano per Alpes, a cura di Costanzo Frau 4 February 2025
  • IL CONVEGNO DI BOLOGNA SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (dicembre 2024) 10 January 2025
  • Hakim Bey: T.A.Z. 8 January 2025
  • L’INTEGRAZIONE IN AMBITO PSICHEDELICO – IN BREVE 3 January 2025
  • CARICO ALLOSTATICO: UN’INTRODUZIONE 19 December 2024
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI, EMOZIONI IN CLINICA, LIOTTI: UN APPROFONDIMENTO (E UN’INTERVISTA A LUCIA TOMBOLINI) 2 December 2024
  • Una buona (e completa) introduzione a Jung e allo junghismo. Intervista ad Andrea Graglia 4 November 2024
  • TRAUMA E PSICOSI: ALCUNI VIDEO DALLE “GIORNATE PSICHIATRICHE CERIGNALESI 2024” 17 October 2024
  • “LA GENERAZIONE ANSIOSA”: RECENSIONE APPROFONDITA E VALUTAZIONI 10 October 2024
  • Speciale psichedelici, a cura di Studio Aegle 7 October 2024
  • Le interviste di POPMed Talks 3 October 2024
  • Disturbi da sintomi somatici e di conversione: un approfondimento 17 September 2024
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE: IL CONGRESSO ESTD DI OTTOBRE 2024, A KATOWICE (POLONIA) 20 August 2024
  • POPMed Talks #7: Francesco Sena (speciale Art Brut) 3 August 2024
  • LA (NEONATA) SIMEPSI E UN INTERVENTO DI FABIO VILLA SULLA TERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A LOSANNA 30 July 2024
  • L'”IMAGERY RESCRIPTING” NEL PTSD 18 July 2024
  • Intervista a Francesca Belgiojoso: le fotografie in psicoterapia 1 July 2024
  • Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria) 24 June 2024
  • KNOT GARDEN (A CURA DEL CENTRO VENETO DI PSICOANALISI) 10 June 2024
  • Costanza Jesurum: un’intervista all’autrice del blog “bei zauberei”, psicoanalista junghiana e scrittrice 3 June 2024
  • LA SVIZZERA, CUORE DEL RINASCIMENTO PSICHEDELICO EUROPEO 29 May 2024
  • Un’alternativa alla psicopatologia categoriale: Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP) 9 May 2024
  • INVITO A BION 8 May 2024
  • INTERVISTA A FEDERICO SERAGNOLI: IL VIDEO 18 April 2024
  • INCONSCIO NON RIMOSSO E MEMORIA IMPLICITA: UNA RECENSIONE 9 April 2024
  • UN FREE EBOOK (SUL TRAUMA) IN COLLABORAZIONE CON VALERIO ROSSO 3 April 2024
  • GLI INCONTRI DI AISTED: LA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A GINEVRA (16 APRILE 2024) 28 March 2024
  • La teoria del ‘personaggio’ nell’opera di Antonino Ferro 21 March 2024
  • Psicoterapia assistita da psichedelici: intervista a Matteo Buonarroti 14 March 2024
  • BRESCIA, FEBBRAIO 2024: DUE ESTRATTI DALLA MASTERCLASS “VERSO UNA NUOVA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE” 27 February 2024
  • CAPIRE LA DISPNEA PSICOGENA: DA “SENZA FIATO” DI GIORGIO NARDONE 14 February 2024
  • POPMED TALKS 5 February 2024
  • NASCE L’ASSOCIAZIONE COALA (TORINO) 1 February 2024
  • Camilla Stellato: “Diventare genitori” 29 January 2024
  • Offline is the new luxury, un documentario 22 January 2024
  • MARCO ROVELLI, LA POLITICIZZAZIONE DEL DISAGIO PSICHICO E UN PODCAST DI psicologia fenomenologica 10 January 2024
  • La terapia espositiva enterocettiva (per il disturbo di panico) – di Emiliano Toso 8 January 2024
  • INTRODUZIONE A VIKTOR FRANKL 27 December 2023
  • UN APPROFONDIMENTO DI MAURIZIO CECCARELLI SULLA CONCEZIONE NEO-JACKSONIANA DELLE FUNZIONI MENTALI 14 December 2023
  • 3 MODI DI INTENDERE LA DISSOCIAZIONE: DA UN INTERVENTO DI BENEDETTO FARINA 12 December 2023
  • Il burnout oltre i luoghi comuni (DI RICCARDO GERMANI) 23 November 2023
  • TRATTAMENTO INTEGRATO DELL’ANSIA: INTERVISTA A MASSIMO AGNOLETTI ED EMILIANO TOSO 9 November 2023
  • 10 ARTICOLI SUL JOURNALING E SUI BENEFICI DELLO SCRIVERE 6 November 2023
  • UN’INTERVISTA A GIUSEPPE CRAPARO SU PIERRE JANET 30 October 2023
  • CONTRASTARE IL DECADIMENTO COGNITIVO: ALCUNI SPUNTI PRATICI 26 October 2023
  • PTSD (in podcast) 25 October 2023
  • ANIMALI CHE SI DROGANO, DI GIORGIO SAMORINI 12 October 2023
  • VERSO UNA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE: PREFAZIONE 7 October 2023
  • Congresso Bari SITCC 2023: un REPORT 2 October 2023
  • GLI INCONTRI ORGANIZZATI DA AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione 25 September 2023
  • CANNABISCIENZA.IT 22 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST) 18 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA) 4 September 2023
  • POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni) 30 August 2023
  • DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO 23 August 2023
  • LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO 12 August 2023
  • NIENTE COME PRIMA, DI MANGIASOGNI 8 August 2023
  • NASCE IL “GRUPPO DI INTERESSE SULLA PSICOPATOLOGIA” DI AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione) 26 July 2023
  • Psychedelic Science Conference 2023 – lo stato dell’arte sulle terapie psichedeliche  15 July 2023
  • RENDERE NON NECESSARIA LA DISSOCIAZIONE: DA UN ARTICOLO DI VAN DER HART, STEELE, NIJENHUIS 29 June 2023
  • EMBODIED MINDS: INTERVISTA A SARA CARLETTO 21 June 2023
  • Psychiatry On Line Italia: 10 rubriche da non perdere! 7 June 2023
  • CURARE LA PSICHIATRIA DI ANDREA VALLARINO (INTRODUZIONE) 1 June 2023
  • UN RICORDO DI LUIGI CHIRIATTI, STUDIOSO DI TARANTISMO 30 May 2023
  • PHENOMENAUTICS 20 May 2023
  • 6 MESI DI POPMED, PER TORNARE ALLA FONTE 18 May 2023
  • GLI PSICOFARMACI PER LO STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) 8 May 2023
  • ILLUSIONI IPNAGOGICHE, SONNO E PTSD 4 May 2023
  • SI PUÓ DIRE MORTE? INTERVISTA A DAVIDE SISTO 27 April 2023
  • CENTRO SORANZO: INTERVISTA A MAURO SEMENZATO 12 April 2023
  • Laetrodectus, che morde di nascosto 6 April 2023
  • STABILIZZAZIONE E CONFINI: METTERE PALETTI PER REGOLARSI 4 April 2023
  • L’eredità teorica di Giovanni Liotti 31 March 2023
  • “UN RITMO PER L’ANIMA”, TARANTISMO E DINTORNI 7 March 2023
  • SUICIDIO: SPUNTI DAL LAVORO DI MAURIZIO POMPILI E EDWIN SHNEIDMAN 9 January 2023
  • SUPERHERO THERAPY. INTERVISTA A MARTINA MIGLIORE 5 December 2022
  • Allucinazioni nel trauma e nella psicosi. Un confronto psicopatologico 26 November 2022
  • FUGA DI CERVELLI 15 November 2022
  • PSICOTERAPIA DELL’ANSIA: ALCUNI SPUNTI 7 November 2022
  • LA Q DI QOMPLOTTO 25 October 2022
  • POPMED: UN ESEMPIO DI NEWSLETTER 12 October 2022
  • INTERVISTA A MAURO BOLOGNA, PRESIDENTE SIPNEI 10 October 2022
  • IL “MANUALE DELLE TECNICHE PSICOLOGICHE” DI BERNARDO PAOLI ED ENRICO PARPAGLIONE 6 October 2022
  • POPMED, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO IN AREA “PSI”. PER TORNARE ALLA FONTE 30 September 2022
  • IL CONVEGNO SIPNEI DEL 1 E 2 OTTOBRE 2022 (FIRENZE): “LA PNEI NELLA CLINICA” 20 September 2022
  • LA TEORIA SULLA NASCITA DEL PENSIERO DI WILFRED BION 1 September 2022
  • NEUROFEEDBACK: INTERVISTA A SILVIA FOIS 10 August 2022
  • La depressione come auto-competizione fallimentare. Alcuni spunti da “La società della stanchezza” di Byung Chul Han 27 July 2022
  • SCOPRIRE LA SIPNEI. INTERVISTA A FRANCESCO BOTTACCIOLI 6 July 2022
  • PERFEZIONISMO: INTERVISTA A VERONICA CAVALLETTI (CENTRO TAGES ONLUS) 6 June 2022
  • AFFRONTARE IL DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÁ 28 May 2022
  • GARBAGE IN, GARBAGE OUT.  INTERVISTA FIUME A ZIO HACK 21 May 2022
  • PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD 10 May 2022
  • MANAGEMENT DELL’INSONNIA 3 May 2022
  • “IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE 27 April 2022
  • “QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS 20 April 2022
  • Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati 11 April 2022
  • IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE 31 March 2022
  • L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR) 25 March 2022
  • IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO 21 March 2022
  • RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA) 20 March 2022
  • GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI 7 March 2022
  • FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto 1 March 2022
  • PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti) 14 February 2022
  • INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD 3 February 2022
  • SPIDER, CRONENBERG 26 January 2022
  • LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti) 17 January 2022
  • 24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE 10 January 2022
  • LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA 7 January 2022
  • La Supervisione strategica nei contesti clinici (Il lavoro di gruppo con i professionisti della salute e la soluzione dei problemi nella clinica) 4 January 2022
  • PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE” 21 December 2021
  • ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI 14 December 2021
  • LA SINDROME DI ASPERGER IN BREVE 7 December 2021
  • IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022) 2 December 2021
  • PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED) 29 November 2021
  • INTERVISTA A SIMONE CHELI (ASSOCIAZIONE TAGES ONLUS) 25 November 2021
  • TRAUMA: IMPOSTAZIONE DEL PIANO DI CURA E PRIMO COLLOQUIO 16 November 2021
  • TEORIA POLIVAGALE E LAVORO CON I BAMBINI 9 November 2021
  • INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO 3 November 2021
  • IT (STEPHEN KING) 27 October 2021
  • JUDITH LEWIS HERMAN: “GUARIRE DAL TRAUMA” 22 October 2021
  • ANCORA SU PIERRE JANET 15 October 2021
  • PSICONUTRIZIONE: IL LAVORO DI FELICE JACKA 3 October 2021
  • MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI: LE STRATEGIE DI CONTROLLO IN INFANZIA (PTSDc) 30 September 2021
  • OVERLOAD COGNITIVO ED ECOLOGIA MENTALE 21 September 2021
  • UN LUOGO SICURO 17 September 2021
  • 3MDR: UNO STRUMENTO SPERIMENTALE PER COMBATTERE IL PTSD 13 September 2021
  • UN LIBRO PER L’ESTATE: “COME ANNOIARSI MEGLIO” DI PIETRO MINTO 6 August 2021
  • “I fondamenti emotivi della personalità”, JAAK PANKSEPP: TAKEAWAYS E RECENSIONE 3 August 2021
  • LIFESTYLE PSYCHIATRY 28 July 2021
  • LE DIVERSE FORME DI SINTOMO DISSOCIATIVO 26 July 2021
  • PRIMO LEVI, LA CARCERAZIONE E IL TRAUMA 19 July 2021
  • “IL PICCOLO PARANOICO” DI BERNARDO PAOLI. PARANOIA, AMBIVALENZA E MODELLO STRATEGICO 14 July 2021
  • RECENSIONE PER PUNTI DI “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE” 8 July 2021
  • I VIRUS: IL LORO RUOLO NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE 7 July 2021
  • LA PLUSDOTAZIONE SPIEGATA IN BREVE 1 July 2021
  • COS’É LA COGNITIVE PROCESSING THERAPY? 24 June 2021
  • SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE 19 June 2021
  • É USCITO IL SECONDO EBOOK PRODOTTO DA AISTED 15 June 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche -con il blog Psicologia Fenomenologica. 7 June 2021
  • PSICHIATRIA DI COMUNITÁ: LA SCELTA DI UN METODO 31 May 2021
  • PTSD E SPAZIO PERIPERSONALE: DA UN ARTICOLO DI DANIELA RABELLINO ET AL. 26 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO ONLINE CON VALERIO ROSSO, MARCO CREPALDI, LUCA PROIETTI, BERNARDO PAOLI, GENNARO ROMAGNOLI 22 May 2021
  • MDMA PER IL PTSD: NUOVE EVIDENZE 21 May 2021
  • MAP (MULTIPLE ACCESS PSYCHOTHERAPY): IL MODELLO DI PSICOTERAPIA AD APPROCCI COMBINATI CON ACCESSO MULTIPLO DI FABIO VEGLIA 18 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO GRATUITO ONLINE (21 MAGGIO) 13 May 2021
  • BALBUZIE: COME USCIRNE (il metodo PSICODIZIONE) 10 May 2021
  • PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP) 7 May 2021
  • Psicologia digitale e pandemia COVID19: il report del Centro Medico Santagostino di Milano dall’European Conference on Digital Psychology (ECDP) 4 May 2021
  • SOLCARE IL MARE ALL’INSAPUTA DEL CIELO. Liberalizzare come terapia: il problema dell’autocontrollo in clinica 30 April 2021
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO” 25 April 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche 25 April 2021
  • 3 STRUMENTI CONTRO IL TRAUMA (IN BREVE): TAVOLA DISSOCIATIVA, DISSOCIAZIONE VK E CAMBIO DI STORIA 23 April 2021
  • IL MALADAPTIVE DAYDREAMING SPIEGATO PER PUNTI 17 April 2021
  • UN VIDEO PER CAPIRE LA DISSOCIAZIONE 12 April 2021
  • CORRELATI MORFOLOGICI E FUNZIONALI DELL’EMDR: UNA PANORAMICA SULLA NEUROBIOLOGIA DEL TRATTAMENTO DEL PTSD 4 April 2021
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE IN ETÁ EVOLUTIVA: (VIDEO)INTERVISTA AD ANNALISA DI LUCA 1 April 2021
  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE” 30 March 2021
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE 24 March 2021
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE 22 March 2021
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE 14 March 2021
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA 7 March 2021
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD 2 March 2021
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA 25 February 2021
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1) 21 February 2021
  • FLOW: una definizione 15 February 2021
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD) 8 February 2021
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI 3 February 2021
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA 1 February 2021
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION? 25 January 2021
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA) 15 January 2021
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO 11 January 2021
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT 6 January 2021
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO 2 January 2021
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum) 28 December 2020
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI 18 December 2020
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti 14 December 2020
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO 10 December 2020
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino 8 December 2020
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO 3 December 2020
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP 28 November 2020
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA 20 November 2020
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO) 16 November 2020
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm) 12 November 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento 7 November 2020
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING 2 November 2020
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING) 28 October 2020
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al. 24 October 2020
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO 21 October 2020
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO 18 October 2020
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè 13 October 2020
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 6 October 2020
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI 30 September 2020
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix 28 September 2020
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico 21 September 2020
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura” 15 September 2020
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo 10 September 2020
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI 2 September 2020
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO 31 August 2020
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI 27 August 2020
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza 26 August 2020
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO 7 August 2020
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO 31 July 2020
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia 27 July 2020
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO 20 July 2020
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF) 14 July 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius 10 July 2020
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA 3 July 2020
  • SONNO, STRESS E TRAUMA 27 June 2020
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI 23 June 2020
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO 11 June 2020
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace 5 June 2020
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE 3 June 2020
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY 28 May 2020
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID 26 May 2020
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL 20 May 2020
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.” 18 May 2020
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI 14 May 2020
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch 9 May 2020
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2 4 May 2020
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI 2 May 2020
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE” 30 April 2020
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE 25 April 2020
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY 25 April 2020
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA 25 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI! 22 April 2020
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA? 21 April 2020
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI 17 April 2020
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO 13 April 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3 10 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF! 6 April 2020
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI 4 April 2020
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO? 31 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2 27 March 2020
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT 25 March 2020
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO 16 March 2020
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI 12 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1 6 March 2020
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba 5 March 2020
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN 29 February 2020
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD 13 February 2020
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET 3 February 2020
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM 17 January 2020
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO 15 January 2020
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO 30 December 2019
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI 27 December 2019
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA 19 December 2019
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER 12 December 2019
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA” 24 November 2019
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRI EY 15 November 2019
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi 4 November 2019
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE 29 October 2019
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO” 18 October 2019
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA 24 September 2019
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING 20 September 2019
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD 13 September 2019
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA 9 September 2019
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO 14 August 2019
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE? 8 August 2019
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE 28 July 2019
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI 24 July 2019
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA? 16 July 2019
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY: PERCHÉ ABBIAMO DUE EMISFERI? 8 July 2019
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA 28 June 2019
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO 11 June 2019
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI? 6 June 2019
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare 4 June 2019
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 28 May 2019
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade 22 May 2019
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE” 18 May 2019
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI 14 May 2019
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI 7 May 2019
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA 3 May 2019
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI 30 April 2019
  • SUL REHEARSAL 15 April 2019
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO 12 April 2019
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI 3 April 2019
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA 29 March 2019
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI” 26 March 2019
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ 22 March 2019
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA? 19 March 2019
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE 15 March 2019
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI 12 March 2019
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA 8 March 2019
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE 5 March 2019
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO 19 February 2019
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA 15 February 2019
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO 11 February 2019
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES 1 February 2019
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE 28 January 2019
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA 25 January 2019
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE 22 January 2019
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO? 18 January 2019
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA 15 January 2019
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA? 12 January 2019
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO 7 January 2019
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA? 2 January 2019
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION 21 December 2018
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER 18 December 2018
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK 13 December 2018
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING 11 December 2018
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO 6 December 2018
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI 30 November 2018
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI 27 November 2018
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA? 23 November 2018
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE 20 November 2018
  • IL PTSD IN VIDEO 12 November 2018
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT 9 November 2018
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO 2 November 2018
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER? 30 October 2018
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI? 23 October 2018
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel 19 October 2018
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE 16 October 2018
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit 9 October 2018
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche? 4 October 2018
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS 2 October 2018
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE? 28 September 2018
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini 17 September 2018
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori 26 July 2018
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg 12 July 2018
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO 9 July 2018
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL 5 July 2018
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL 3 July 2018
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG 28 June 2018
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA 25 June 2018
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO 22 June 2018
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO 18 June 2018
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO 11 June 2018
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO 7 June 2018
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI 4 June 2018
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI? 31 May 2018
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA 28 May 2018
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE 24 May 2018
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ 21 May 2018
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK 17 May 2018
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI 15 May 2018
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico) 9 May 2018
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE 6 May 2018
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana 30 April 2018
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017 26 April 2018
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI 20 April 2018
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone 18 April 2018
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI 10 April 2018

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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