di Raffaele Avico, Luca Proietti
In questa video intervista fatta ad Andrea Vallarino, vengono approfonditi alcuni aspetti della clinica del disturbo di panico. Il disturbo di panico è un disturbo che si struttura a seguito di uno o più episodi di “ansia parossistica” (cioè l’attacco di panico in sè, che ha durata limitata nel tempo –circa 10 minuti come qui approfondito dal nostro collega Andrea Iengo– ma ha profonde ripercussioni sulla vita dell’individuo).
Il disturbo di panico è una “paura della paura” che si protrae nel tempo, anche per anni a seguito anche solo di un singolo episodio di panico.
La psicoterapia breve strategica (che trova il suo epicentro culturale nel Centro di Psicoterapia Breve e Strategica di Arezzo, intorno alla figura di Giorgio Nardone, “maestro” dello stesso Vallarino qui intervistato) per trattare questo tipo di problema usa modalità e strumenti innovativi, che consentono una presa in carico rapida e spesso una remissione veloce di questo tipo di sintomo.
La scuole di psicoterapia strategica ha trovato un folto numero di detrattori (soprattutto tra le schiere degli psicoanalisti ortodossi) convinti che, prendendo in carico un problema attraverso questo tipo di approccio, si escluderebbero dalla “scena” psichica dell’individuo importanti elementi di indagine come le memorie infantili, l’inconscio, lo stile di attaccamento.
Il fatto che manchino evidenze solide in termini di ricerca in ambito di Psicoterapia Breve Strategica è, ai fatti, un dato reale. Abbiamo in precedenza approfondito alcuni aspetti teorici dell’approccio, recensendo Change.
Il problema grosso, nei disturbi di panico e negli attacchi di panico, sembra essere il comprenderne la causa. Qui le diverse scuole lanciano ipotesi esplicative (dal ritorno di materiale rimosso alle cadute “identitarie” o “di appartenenza” in ambito psicoanalitico, a un disturbo sperimentato in concomitanza con un’interruzione immaginata di un attaccamento, per la CBT): purtroppo nessuna di queste scuole è in grado di spiegarne in maniera convincente una causa unica. Supporre un evento rimosso o immaginare una “rottura dell’attaccamento” rappresentata dal soggetto, sembra più una narrazione costruita a posteriori per dare senso a un evento casuale, che non una spiegazione realistica costruita su basi teoriche solide: sposta il problema su qualcosa di lontano ed esterno, come una sorta di proiezione. Sembra cioè una rappresentazione fatta per il terapeuta, poco utile al paziente. Tante, raffinate spiegazioni sui meccanismi causali, sembrano convergere su un unico problema centrale: del panico, se ne possono comprendere le manifestazioni quando questo sia già avvenuto. Ma sul perchè si presenti, su cosa l’abbia indotto, resta un punto interrogativo.
La psicoterapia strategica sposta quindi il problema non tanto sul come si originò, ma su come, nel momento presente, questo venga mantenuto. Dal perchè, quindi, al come. Vallarino parla in questa intervista di un evento “casuale”, di fatto slegato dal passato o da elementi costituenti del soggetto. Non tutti i soggetti infatti colpiti da panico, sono individui con un passato difficile, o con deficit metacognitivi. Anzi: spesso sono individui con grandi capacità intellettive e portati al ragionamento introspettivo.
In questa intervista, Vallarino ragiona sul disturbo di panico, aprendo con una riflessione sulle tentate soluzioni messe in atto dal paziente nel tentativo, iniziale, di auto-gestirsi il problema.
Le tentate soluzioni, sono 3:
- evitamento (di tutto ciò che abbia a che fare con il disturbo, i luoghi, le atmosfere che lo possano riportare alla memoria del soggetto con il rischio che il panico riaccada)
- la creazione di “angeli custodi” che consentano al soggetto di fare cose solo se accompagnato
- il controllare il pensiero e il corpo. Sul controllo abbiamo scritto un approfondimento qui.
Il controllo, come vedremo nell’intervista, è il punto centrale intorno al quale si struttura il disturbo di panico.
Al di là della causa unica che sta dietro al primo attacco di panico (qualcuno è in grado di trovarla?), quello che sembrerebbe risultare problematico in questa sindrome, è l’affaticamento vissuto dal soggetto colpito dal panico, nel periodo successivo al suo presentarsi. Un affaticamento giunto nel tentativo di controllare ogni manifestazione naturale non solo del pensiero, ma anche del corpo. Questi soggetti, sembrano diventare infatti perfetti ascoltatori del loro corpo, e gonfiare a dismisura le proprie competenze meta-cognitive, nel tentativo di controllare il loro stesso pensiero, così scongiurando -in teoria- il presentarsi di un nuovo attacco di panico.
Nella videointervista a Vallarino, vengono inoltre discussi altri punti intorno a questo tema:
- il panico può essere considerato un evento traumatico, e il disturbo di panico uno stress post-traumatico?
- cos’è la causalità circolare?
- cos’è il paradosso e perchè in questi casi si dovrebbe intervenire in modo contro-paradossale?
- le tecniche di rilassamento funzionano per il disturbo di panico?
- esistono psicofarmaci efficaci per il disturbo di panico?
- dove approfondire in termini bibliografici e sitografici?
Un ultimo punto da sottolineare su questi aspetti, è il tema del paradosso. Il disturbo di panico, infatti, sembra rispondere a una logica paradossale: più cerco di controllare, più perdo controllo. Sembra infatti, in questo caso, un “controllo che fa perdere il controllo”. Per rompere questo circolo vizioso, il soggetto dovrebbe quindi tentare di abbandonare il controllo, operando quello che Vallarino chiama azione contro-paradossale.
Il tema del paradosso, pur sfuggente, sembra essere estremamente pertinente in psicologia clinica. La mente sembra, nell’ambito di alcuni disturbi più che in altri -per esempio il disturbo di panico appunto, o alcune forme di DOC- avvitarsi in gabbie logiche di difficile risoluzione. Il disturbo di panico, in particolar modo, sembra seguire questa logica paradossale. Per approfondire.
Qui di seguito il video:
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