di Raffaele Avico
Il libro CRONOFAGIA di Davide Mazzocco è una lettura molto corta, ma molto istruttiva e densa di contenuti. L’approccio ideologico è chiaro: marxista e anti-capitalista, ma non per forza estremizzato o radicale. La tesi da cui parte l’autore è che il neoliberismo di cui la nostra società è impregnata, abbia raggiunto quote di pervicacia e presenza nelle nostre vite tali, da arrivare a erodere anche gli ultimi avamposti di spazio che, fino a poco tempo fa, sembravano esserci rimasti: il tempo libero e il sonno.
Sul problema del tempo libero speso a pubblicare contenuti sui social, di fatto lavorando per le piattaforme -nell’idea però di stare lavorando per sè e il proprio “progetto imprenditoriale”-, oppure sul problema del tempo impiegato a rispondere a mail e chiamate di lavoro anche al di fuori dei confini temporali lavorativi canonici, ne hanno scritto in diversi (tra cui Silvio Lorusso in Entreprecariat).
In Cronofagia, l’autore lo esprime in modo molto chiaro: il “produrre”, e in generale il consumare non possono fermarsi se vogliamo che la macchina (il “Leviatano che si nutre di dati”) continui a reggere sul suo peso. Le leggi non scritte del libero mercato, i suoi diktat, dal suo punto di vista sarebbero introiettati ora come mai furono in passato. Perchè introiettati? L’autore osserva come l’idea -meglio, l’imperativo- di produrre e mantenersi proattivi in senso auto-imprenditoriale, abbia così tanto scavato a fondo nel nostro terreno culturale, da essere stato introiettato, avendo in qualche modo intaccato il nostro Super io.
Il risultato è, nella sua visione, un senso latente di colpa per qualunque forma di spreco di tempo: nei tempi morti, appunto, saremmo forzati a “produrre contenuti”, a osservare contenuti prodotti da altri sulle piattaforme social (vero scempio di cronofagia, secondo Mazzocco), sentendoci in questo modo “attivi” in senso (auto)imprenditoriale -a scapito tuttavia di immaginazione, rapporti reali, creatività e -in generale- libere associazioni e pensiero.
Questa lettura del comportamento umano e del suo rapporto con il sistema economico in cui è immerso, è una lettura che potremmo definire, in qualche modo, paranoidea. Presuppone cioè che esista un’entità, una macchina, un “sistema” pensato per rubarci tempo ed attenzione. Sposare una visione di questo tipo significa immaginare l’uomo come facile preda di impulsi basici, condizionabile e soggetto a manipolazioni mediatiche in grado di creare dipendenza; i detrattori di una visione di questo tipo, oppongono in ultima istanza la presenza di un libero arbitrio che ci renderebbe sempre liberi di scegliere. Che posizione prendere? The Social Dilemma ha messo in luce questa doppia lettura del fenomeno, arrivando a conclusioni radicali, evidenziando il rischio di un furto non solo di dati, ma di quote di attenzione e, anche qui, di tempo. Lo abbiamo qui recensito.
L’autore chiude il suo breve libro immaginando forme diverse, nuove e più sostenibili, di vita (dall’economia circolare, al riuso, al DIY, alle banche del tempo, al tema della semplicità volontaria -su questo, si veda il progetto Smettere di lavorare).
Cosa trarre, in senso psicologico, da questa lettura? Osserviamo alcune questioni:
- la psicoterapia sempre più dovrà occuparsi, anche, di questi temi. Stando alle premesse prima delineate, occorrerà una visione di insieme che contempli la quotidiana lotta del cittadino contro la tendenza della macchina a erodere il suo tempo libero mentale. La moda della mindfulness ci racconta del bisogno di emanciparsi dal sistema da parte di individui “stanchi”, prostrati da questa battaglia. Uno psicoterapueta dovrà quindi spingere affinchè il suo paziente si legittimi a “non fare”: la battaglia si giocherà su un terreno etico, super-egoico, completamente interiore
- pur non costituendosi in forme psicopatologiche conclamate, l’esaurimento derivante da uno stile di vita da prosumer (cioè da produttore e consumatore insieme di contenuti in rete, lavoratore non pagato), si affaccerà sempre più di frequente allo studio di un terapeuta: il problema sarà capire come tornare a momenti di “ristoro”, di riposo energizzante; il tema sarà dunque lo “stile di vita”, in generale; completamente inutile, in questa battaglia, il ricorso a farmaci
- il problema dell’igiene del sonno è già centrale: potrebbe diventarlo sempre di più; l’uso di schermi, forme di stress negativo indotte da un giornalismo sensazionalistico a scopo di lucro, l’attrazione invincibile per le piattaforme, l’assenza di contatto con la natura, potrebbero ostacolare ulteriormente il riposo notturno
- parlare di salute solamente individuale, sarà una coperta sempre più corta: si impongono ragionamenti più ampi, che riguardino la salute collettiva
- centrale diventerà il discorso del management energetico. Il ricorso a metodiche di rilassamento che potremmo definire bottom up, come la mindfuness, lo Yoga, l’attività fisica usate come fonte di ristoro energetico, devono essere considerate come parte del problema: nient’altro che tamponi posti ad arginare un’emorragia incontenibile. Il vero problema, la sua radice, rimane l’iperattività, la saturazione dello spazio, la cronofagia, l’adesione “interiore” ai diktat del sistema capitalistico. Il pretendere meno -invece che produrre di più- potrà condurre a forme di vita svincolata da logiche di produzione obbligata, con più tempo vuoto, più relazioni e in generale più..pensiero.
In linea con questi ragionamenti, l’autore propone e consiglia il film distopico In Time (Netflix).
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