di Raffaele Avico
Abbiamo nella prima parte di questo articolo cercato di approfondire alcuni aspetti psicologici della carcerazione prendendo spunto dal sito, molto ricco, ristretti.it
Sempre su questo sito troviamo delle tesi, pubblicate intere, svolte da studenti o studiosi di diritto, psicologia, sociologia e altre discipline, a proposito della vita in carcere e dei suoi risvolti sulla psiche e le relazioni.
Tra queste troviamo una tesi in sociologia del Diritto scritta da Carmelo Musumeci, egli stesso incarcerato a vita, dal titolo “Vivere l’ergastolo“.
Musumeci scrive:
“La pena dell‘ergastolo non è un deterrente, non migliora l’uomo, non ha niente di ragionevole e istituzionalizza la vendetta attraverso la sofferenza, rispondendo alla violenza criminale con la violenza legale”
Il suo proposito è indagare il vissuto dei carcerati “fine pena mai”. In questo lavoro si propone di eseguire un’indagine allargata su alcuni aspetti della vita da ergastolano, attraverso alcune domande mirate da far rispondere a più persone possibile.
La tesi è di estremo interesse perchè ci consente di gettare uno sguardo diretto sull’esperienza portata da un campione di individui -suddivisi in questo modo, su più carceri: Opera (Milano) 1 questionario, Novara 1, Prato 2, Sollicciano (Firenze) 1, Livorno 4, Volterra 1, Fossombrone 10, Rebibbia (Roma) 3, Sulmona 4, L‘Aquila 1, Carinola 8, Melfi 1, Palmi 1, Trapani 1, Bicocca (Catania) 1, Ucciardone (Palermo) 1, Trapani 1, Nuoro 6.
Ecco un estratto dal lavoro.
A domanda fatta (in grassetto) si susseguono le risposte date dai diversi intervistati (indicati con Q46, Q35, etc.), in corsivo.
- La sofferenza della pena dell’ergastolo e l’esperienza del carcere, a tuo parere, ti ha cambiato in meglio o in peggio?
- Q46 “La sofferenza dell’ergastolo è qualcosa di davvero indescrivibile, ti stordisce, ti lascia il segno per tutta la vita, stravolge la tua esistenza a tal punto che non sai se è stato un cambiamento peggiore o migliore, solo l’esperienza del carcere ti lascia capire il tuo cambiamento”.
- Q16 “La sofferenza della pena dell’ergastolo e l’esperienza del carcere non mi hanno certo cambiato in meglio, con la soppressione non si migliorano le persone; quello che mi ha totalmente cambiato è stato l’amore della mia famiglia che mi ha dimostrato in questo periodo particolare”.
- Q10 “Come è noto la sofferenza fa crescere interiormente, ti fa avere un concetto del mondo diverso rispetto a quando la tua vita era libera dalle catene”.
- Q1 “La sofferenza indurisce e chi soffre spesso diventa egoista ed individualista, quindi credo anche se in minima parte di essere peggiorato.”
- Q5 “Sicuramente la detenzione non influisce positivamente sul carattere di alcuna persona, difatti porta inesorabilmente ad uno stato di sottomissione parziale, nonché perenne nei casi degli ergastolani.”
- Q40 “Il carcere non fa altro che aggiungere male al male”
- Q39 “Sono più consapevole della vita, ma credo che questo dipenda dall’età. Il carcere se non sai affrontarlo può abbrutirti o rincretinirti”.
- Q30 “Questo carcere non può cambiare niente, solo aggiungere dolore.”
- Q24 “Certamente in meglio, dopo tanti anni di carcere riesci ad apprezzare tutto ciò che ti offre la vita.”
- Q41 “Credo in meglio perché conosco il dolore… non vorrei che il mio prossimo avesse la stessa la sorte.”
- Q37 “Nella sofferenza s’imparano tante cose… il tutto è saperli mettere in pratica poi, purtroppo, non tutti ci riescano però. La gente cosiddetta per bene discrimina il detenuto… Fa male! Guai se il mondo si dividesse in buoni e cattivi, sarebbe la fine.
- Q32 “Questo lo dovrebbero giudicare gli altri; io so solo che vorrei vivere da eremita.”
- Q23 “Sicuramente mi ha insegnato a conoscere meglio le persone, a dominare l’impulsività, a conoscere meglio me stesso e cosa voglio veramente dalla vita.”
- Q13 “In peggio.”
- Q9 “L’esperienza del carcere non ti cambia in meglio specie quando è afflittiva, ci vorrebbe poco per migliorarla”.
- Q20 “Sicuramente mi ha fatto riflettere su molti aspetti della propria persona, e sicuramente mi ha cambiato in meglio”.
- Q4 “La sofferenza dell’ergastolo e l’esperienza del carcere ha rafforzato il mio carattere, mi ha cambiato in meglio, almeno credo”.
- Q12 “Per certi versi in peggio”.
- Q19 “In peggio”.
- Q27 “Mi porta a riflettere sul mio passato”.
- Q28 “Mi hanno fatto conoscere la grandezza e la miseria umana. Non so se sono cambiato in meglio o in peggio, non riesco a giudicarmi”.
- Q38 “Sicuramente in peggio”.
- Q35 “Non lo so …, a volte mi faccio forza per dirmi che in fondo anche questa nuova esperienza tragica … è un segno positivo…”.
- Q29 “Sicuramente in peggio! Il carcere può tirarti fuori solo quello”.
- Q34 “In peggio perché non solo danno ergastoli con molta facilità ma poi in carcere c’è pure chi se la gode”.
- Q33“Mi ha migliorato sotto l’aspetto culturale, fuori non avevo tempo di leggere tanti libri. Mi ha fatto conoscere di più la cattiveria umana. Sono cambiato in meglio”.
- Q43“Lo valuterò un giorno che avrò l’occasione di confrontarmi con il mondo esterno”.
- Q45 “Non so se sono cambiato in meglio o in peggio, so solo che la sofferenza ha il sopravvento su tutto.”
- Hai oggi disturbi psicofisici come: difficoltà a dormire, paure, manie, problemi riguardanti il cibo… ecc.?
- Q46 “Maggiormente sono i problemi psicofisici che in questi lunghi anni di detenzione mi hanno colpito di più, quello che più mi tormenta e mi fa disperare è la difficoltà a dormire. Da anni soffro di una grave forma d’insonnia, una sofferenza che ha aggravato di molto il mio stato detentivo
- Q16 “No, non ho disturbi psicofisici, per dormire ci riesco bene perché durante il giorno mi stanco moltissimo tra sport, artigianato, ecc. manie non per niente, paure no, forse più che la paura è la preoccupazione quando i miei vengono a trovarmi, caso mai succeda qualcosa durante il tragitto. Per il cibo ripeto che problemi si possono avere o mangi quello che passano o che ti permettono di comprare, sempre che uno abbia disponibilità economica, o stai a digiuno, dalla finestra non ti puoi buttare, ci sono le sbarre.”
- Q10 “Ho difficoltà a dormire, questi sono gli effetti devastanti che ha il carcere sul tuo sistema nervoso, il quale è sottoposto quotidianamente ad una “buona” dose di stress.”
- Q1 “Non ho difficoltà, tranne il fatto che ormai dormo pochissimo massimo 4, 5 ore.”
- Q5 “Niente di tutto questo, a parte un po’ di insonnia.”
- Q40 “Ho sempre la paura, tutte le mattine, di svegliarmi in carcere e quando la sera mi chiudono il blindato (la seconda porta) mi sento in trappola…”
- Q39 “Si, ma nulla che non riesca a controllare.”
- Q30 “Ho solo problemi con alcuni cibi, il latte e le melanzane.”
- Q24 “Sono fissato per l’ordine e l’igiene.”
- Q32 “Ho solo il desiderio di morire presto.”
- Q23 “Non ho particolare problemi di dormire… ho comunque anch’io le mie paure, le mie ansie, come tutti, ed in periodi in cui si accentuano, ne risento un po’ di più, ma in linea di massima riesco a stare abbastanza tranquillo”
- Q7 “No, certo con l’avanzare degli anni dormo un po’ di meno, manie non me ne vedo, ma su di me, sono sempre stato poco critico.”
- Q3 “Difficoltà nel dormire “
- Q11 “Sì, per mangiare posso mangiare poche cose e qui dentro è un problema dato che da mangiare non danno nulla”
- Q31 “No, me ne frego di tutto e di tutti negli ultimi anni. Fino a metà pena cioè ai 12 anni di carcere, avevo dei problemi a dormire e nervosismo”.
- Q9 “Difficoltà a dormire, problemi riguardanti il cibo, paure interiori”.
- Q4 “Sì, oggi dopo tanti lunghi anni di galera ho difficoltà di dormire”.
- Q21 “Sì, a volte quando mi spoglio ho degli incubi”.
- Q27 “I problemi più duri sono il cibo, infatti spesso mi cucino da me per i miei problemi di stomaco.”
- Q38 “In linea di massima non avverto ansia immotivata a parte quando magari i miei familiari ritardano al colloquio”.
- Q35 “Difficoltà nel dormire…se lo spioncino del blindo resta aperto… per via della luce…e la luce della torcia… alla conta.”
- Q34 “Ho problemi con il cibo a causa di problemi allo stomaco”.
- Come vive e pensa un ergastolano?
- Q46 “L’esistenza di un ergastolano, a mio modo di vedere, vive e pensa in modo del tutto particolare: è meno incline a crearsi amicizie, è un po’ chiuso in se stesso, intrattiene pochi rapporti sociali, sceglie con cura quei pochi amici che lo circondano è molto diffidente verso tutti, caratterialmente è molto forte, cerca sempre di adattarsi ad ogni situazione, coordina tutto con eccessiva cura, dedica molto tempo alla cura della sua persona, analizza tutto ed è più razionale dei detenuti che devono scontare una pena temporale”.
- Q44 “ Pieno di angosce per il futuro”
- Q2 “Un ergastolano vive una vita normale come altri detenuti, ma pensa diversamente dagli altri, la sua è una pena che deve scontare per tutta la vita, mentre gli altri possono pensare ad un fine pena e fare progetti.”
- Q16 “Io personalmente vivo alla giornata e le uniche cose che penso sono se la mia famiglia sta bene, se ai miei manca qualcosa, se possono mangiare e la sera dopo la preghiera ringrazio Dio perché un altro giorno è trascorso e mi chiedo: ma quanti altri? Una vita.”
- Q1 “Credo che nei primi 10 – 15 anni di carcerazione la sua vita sia pressoché uguale a quella degli altri detenuti, forse con un po’ più di attenzione verso il prossimo. Da quella data in poi in tanti subentra una specie di metamorfosi e si tende ad incarognirsi cioè a curare il proprio orticello.”
- Q5 “L’ergastolano vive con una marcia in meno e pensa di non poter sperare nemmeno tanto.”
- Q40 “Nella maggioranza dei casi un ergastolano non vive, non pensa ma vegeta ripetendosi sempre che la speranza è l’ultima a morire e così facendo muore tutti i giorni…perché la tortura della speranza è un meccanismo perverso e sadico che il legislatore ha messo in opera. La speranza è la forma più struggente che il diritto potesse escogitare per far soffrire un condannato all’ergastolo.”
- Q39 “Vive accontentandosi delle piccole cose che riescono a farlo sentire vivo e cerca di pensare in modo positivo, nel senso che spera di avere una altra opportunità.”
- Q30 “Vivo una quotidianità sempre uguale, il pensiero che impera è di uscire un giorno.”
- Q24 “Vive con la speranza che aboliscano l’ergastolo e danno una scadenza alla condanna. I pensieri sono sempre gli stessi, la famiglia, la libertà una vita diversa ecc.”
- Q41 “Se pensi da ergastolano non tiri sera!”
- Q37 “Principalmente pensa al futuro che non può più avere e cerca di farsene una ragione; ognuno poi vive secondo le proprie forze e com’era sistemato fuori… individualmente ci creiamo un nostro mondo e col tempo ci si abitua. Alcuni addirittura arrivano ad istituzionalizzarsi rifiutando il mondo esterno.”
- Q32 “Credo che questo sia soggettivo, io penso che respiro e va bene così.” Q23 “Sperando!”
- Q13 “In funzione dell’ambiente circostante.”
- Q7 “Io vivo e penso solo ad uscire, il più presto possibile.”
- Q22 “Posso dire come penso io con l’ergastolo. Sono entrato per fare sei mesi, e sono da 31 anni in carcere, la colpa non è solo mia ma anche dell’istituzione, loro non mi mollano, cosa devo pensare, che Dio che li aiuti.”
- Q3 “Con il massimo della fantasia”.
- Q15 “Vive sempre con la speranza che un giorno l’angoscia del fine pena mai finisca, pensa come una persona consapevole di aver una grossa condanna da scontare senza perdere mai la speranza che un giorno possa riabbracciare la propria famiglia.”
- Q8 “Alla giornata”
- Q31“Io, con odio”.
- Q9 “L’ergastolo più che vivere ti fa stare in uno stato vegetativo, pensa al momento del risveglio, non arriva a pensare al giorno seguente”.
- Q20 “In diversi modi nella speranza e vive nei ricordi della propria vita”.
- Q4 “Come si vive la pena di un ergastolano: bisogna avere tanta pazienza e tanta fede e pensare positivo ed affrontare la vita giorno per giorno, quello che ci offre nostro Signore”.
- Q19 “Si tira avanti, giorno per giorno senza pensare alle cose tristi”.
- Q21 “Vive da pena e pensa di non morire in carcere”.
- Q27 “Un ergastolano non pensa e non vive, ma sopravive e basta”.
- Q28 “Ogni persona pensa e vive a modo suo, la condizione di ergastolano non accomuna il modo di vivere e di pensare”.
- Q6 “Vivo poco e penso poco”.
- Q38 “Vive male, pensa sempre in negativo, diciamo una vita da cani”.
- Q29 “Giorno per giorno”.
- Q34 “L’ergastolano vive alla giornata e più che pensare spera sempre che arrivi il giorno per uscire”.
- Q33 “Io non ho mai accettato l’ergastolo non riesco ad immedesimarmi”.
- Q43 “Che ci sarà un giorno nel quale anche io potrò essere dichiarato libero di vivere!” Q45 “Vive la giornata e pensa molto poco per disilludersi.”
- Q42 “Vive alla giornata. Pensa…”
- Ci sono stati dei cambiamenti in te stesso che hai notato in questi ultimi anni di carcere?
- Q46 “Ci sono stati molti cambiamenti in me in questi anni di carcere. Il primo cambiamento che posso constatare è stata la graduale maturità, una trasformazione totale (sono entrato in carcere che ero un ragazzo); la seconda cosa, un nuovo modo di pensare e di vedere le cose, riflettere su tutto, in breve, tutte cose che si notano quando senti che in te c’è stato un cambiamento.”
- Q47 “Si ho valutato la vita e non rifarei gli errori fatti”.
- Q16 “Sì, negli ultimi 3 anni ho dato un’intera svolta alla mia vita, ho proprio voltato pagina e sono cambiato in meglio, mentalmente tanto che spesso non ci credo neppure io, mi stupisco da solo.”
- Q10 “Sono diventato più riflessivo, razionale, ma questo è dovuto all’età!”
- Q1 “Sicuramente sono molto più riflessivo, poi mi sono adeguato a non dire sempre quello che penso, cioè a fingere.”
- Q5 “I cambiamenti che maggiormente fanno paura non sono quelli che ogni mattina si possono vedere attraverso lo specchio, ma l’evoluzione psicologica che spesso ci porta a farci perdere la fiducia in noi stessi e la costante paura di un futuro incerto.”
- Q40 “Solo i sassi non cambiano anche se con il tempo e le intemperie cambiano anche loro. Ho notato che sono cresciuto interiormente accettando la mia sensibilità non più come un difetto ma come un pregio…per il resto il carcere così com’è non rieduca nessuno.”
- Q39 “Sono diventato più riflessivo e accomodante.”
- Q30 “Solo gli stupidi non cambiano mai. Sono cresciuto e di molto, ho compreso chi ho incontrato, sono stato me stesso.”
- Q24 “Sono diventato molto più riflessivo e paziente, ero molto istintivo, questo mi ha sempre creato problemi.”
- Q41 “Sicuramente si muta molto di più interiormente, è capitato a me.”
- Q37 “Sì, ho maturato la convinzione che l’Italia non è mai uscita da quell’infame regime fascista…ha cambiato solo pelle. In un paese democratizzato un cittadino che “devia” va aiutato e guidato sulla retta via e non represso con un tipo di carcere fine a se stesso.”
- Q32 “Che non mi frega niente, tanto è tutto relativo.”
- Q23 “Passano gli anni e si ha tanto tempo per pensare, è inevitabile che si cambi. Soprattutto si cambia ripensando alle conseguenze del proprio passato.”
- Q13 “Il tempo modifica sempre le persone, il luogo ne accudisce le peculiarità.‖
- Q7 “Più vecchio e meno disposto a subire prepotenze.
- Q22 “Uno cambia nella vita quando fa cose storte, se vive nel giusto per il giusto e con il giusto, non può mai dire di aver fatto errori.”
- Q15 “Si, i tantissimi anni di lunga e sofferente detenzione mi hanno portato a meditare e a farmi riflettere su alcuni episodi della mia vita, sono certo di avere la volontà di comprendere quale strada dovrò intraprendere per stare in una società sana e civile”.
- Q11“Si, qui dentro sono arrivato a capire bene cosa vuol dire famiglia, cosa vuol dire essere padre, dato che avevo 22 anni quando sono entrato qui”
- Q8 “Sì, arrabbiato”
- Q31 “Sì, più maturità dopo 22 anni e 6 mesi di vita in carcere”.
- Q4 “Sì, ho visto molti cambiamenti in me stesso in questi anni di galera, parecchi, una per tutte l’affetto dei miei cari, la mia personalità verso gli altri più umana”.
- Q21 “Sì, sono più riflessivo e meno permaloso”.
- Q23 “Il primo cambiamento che noto è che sto invecchiando, ho tutti i capelli bianchi”.
- Q28 “Sì, anche se non fossi stato in carcere sarei cambiato, anche se indubbiamente tale condizione ha influenzato il cambiamento”
- Q38 “Più sensibilità e maturità: sono certo però che sarei migliorato anche fuori”.
- Q34 “Certamente sono invecchiato prima per la sofferenza mia e dei miei cari”.
- Q45 “Più maturità e tanta pazienza.”
- Q42 “Sicuramente, il tempo cambia le persone, ovunque esse si trovino.”
- Come percepisci il tempo che trascorri in carcere? É per te un tempo vuoto, un tempo perso o comunque un tempo di vita?
- Q8 “L‘ergastolo c‘è ma non c‘è ma se non c‘è perché c‘è? La vita dell‘ergastolano è proprio una lunga marcia attraverso la notte e si avanza al buio per tutta la vita”
- Q6 “Il tempo in carcere è difficile da percepire, si dilata andando oltre il vero tempo reale. Non si avverte il trascorrere effettivo di esso ma tutto si riduce ad un qualcosa di aspettativa, sembra tutto fermo, si parla di anni come se si discutesse di giorni, lo si estende e lo si altera. Ma, come sia, lo percepisco sempre come un’esistenza di vita”.
- Q2 “Credo che dopo aver perso i primi anni di carcerazione a questo punto diventa un tempo di vita da trascorrere il meno duro possibili.”
- Q10 “A mio avviso, il tempo in carcere è vuoto, perso. Se pure mi applichi per utilizzarlo al meglio delle mie possibilità.”
- Q1 “In generale il carcere è vita persa però in tanti cerchiamo di tenerci occupati svolgendo varie attività che il più delle volte vengono ostacolate da chi è preposto alla custodia. È comunque un tempo di vita.”
- Q5 “In questi posti il tempo non è un concetto ben definito ma se dovessi esprimere tale emozione, potrei certamente dire che si tratta di un tempo di vita drasticamente perso.”
- Q40 “Sinceramente, grazie al mio attivismo, un tempo di vita.”
- Q39 “Penso che nonostante tutto oltre a vegetare, ci sono momenti di vita, soprattutto quando vediamo i nostri cari e quando riusciamo in qualcosa.”
- Q30 “È tempo perso stando chiusi qui dentro, ma lo vivo come vita reale.”
- Q24 “La detenzione è un” vivere fuori dal mondo” pertanto sicuramente un tempo perso, purtroppo senza recupero.”
- Q41 “Se non c’è speranza si affaccia solo il “borderline”.
- Q37 “Occupo le mie giornate facendo piccoli lavoretti artigianali… poi vengono le guardie e me li rubano e mi fanno incazzare … Anche questo è un modo per trascorrere qualche momento diverso…”
- Q32 “Per me il tempo è relativo perché prima o poi finisce con la morte.”
- Q23 “Ho sempre vissuto il tempo in carcere come una “risalita” che veniva premiata con graduali “scatti” di libertà infraumana ma in questo carcere mi sento tornato ai tempi della custodia cautelare.”
- Q13 “Il tempo è vuoto ovunque ci sia l’ozio. Tempo perso (no) se mai rubato ai miei cari, è un tempo di vita in quanto occupa uno spazio in un determinato tempo.”
- Q7 “Il tempo passa per lo più vuoto, e in ogni modo, è un tempo di vita.”
- Q22 “Nel carcere il tempo non è vuoto ma è super vivo.”
- Q15 “Lo percepisco del tutto simile alla vita dell’uomo condannato”.
- Q11 “Per me è un tempo vuoto”.
- Q8 “Comunque tempo di vita”.
- Q9 “Cerco di riempire il vuoto, per quel che si può è un passaggio obbligato, imposto, ma guardo oltre con speranza”.
- Q12 “È un tempo perso ma di vita”.
- Q19 “Come un tempo di vita, anche se ripetitiva.”
- Q21 “Lo percepisco studiando e per me è un tempo di vita”.
- Q27 “Per me è un tempo vuoto ma è manche un tempo di vita a vuoto”.
- Q6 “Sempre vita è”.
- Q38 “Inutile, sicuramente un tempo perso”.
- Q35 “Un tempo di sofferente vita”.
- Q29 “Nessun tempo penso che sia perso, anche se mi manca qualcosa”.
- Q34 “In carcere il tempo è morto di monotonia, insomma non si vive ma si sopravvive”.
- Q43 “E’ un tempo di vita che cerco di vivere malgrado tutto!”
- Q45 “Sicuramente un tempo di vita, ma dentro di noi lo sentiamo come perso.”
- Q42 “Sicuramente potrei sfruttarlo molto meglio. Comunque un tempo di vita.”
- Q33 “Cerco migliorare nel mio povero bagaglio culturale.”
OSSERVAZIONI
- l’esperienza del carcere è l’esperienza del limite. Rappresenta in questo senso quanto di più prossimo al lutto esista: il lutto arriva imponendosi come “limite” invalicabile, separazione tra il prima e il dopo, evento esterno o deus ex machina totalmente al di fuori del controllo individuale da parte del soggetto. Inoltre, il carcere è un limite fisico, “reale”. Auto-indursi dei limiti tramite pratiche di rinuncia o auto-disciplina, presuppone una scelta ragionata da parte dell’individuo e la libertà di poter sgarrare alle stesse regole a cui ci si assoggetta. Qui invece parliamo di un limite posto da qualcosa di esterno, un intervento “genitoriale” radicale eseguito su un bambino impotente. É un limite in grado di produrre regressione a stati mentali infantili, il più verosimile degli “interventi paterni”.
- Nelle risposte alle domande sopra svolte, il tema della riflessione e della “produzione” di pensiero entro un regime di “punizione” mette in luce il razionale stesso di intervento giuridico relativo alla coercizione che, oltre a basarsi sul “preservare la società da individui pericolosi”, mira a promuovere “riflessione“ e “redenzione” dei soggetti tramite auto-osservazione e ascolto “interiore”, un po’ come fa la comunità terapeutica (a metà tra custodia e terapia), ma in modo più totalizzante. Per un approfondimento sulla comunità terapeutica e il ruolo degli operatori di comunità, si veda qui.
- il problema dell’igiene del sonno sembra dilagante (almeno, in questo campione ristretto). Alcune osservazioni:
- Il sonno è complicato da una condizione di assenza di “sicurezza percepita”; il percepire l’ambiente in cui si dorme come non totalmente sicuro altera il livello di arousal, frammentando il sonno, favorendo poi una condizione psicologica di prostrazione cronica e di abbattimento delle performance cognitive. Ma le spiegazioni all’origine dell’insonnia potrebbero essere più complesse, più varie.
- Occorrerebbe in questo senso fare un’indagine sugli effetti della deprivazione sociale: quali sono gli effetti sul sistema nervoso autonomo della deprivazione sociale? Le situazioni di confinamento sono spesso correlate all’insonnia, come approfondito in questo articolo.
- la scomparsa della fatica fisica, un corpo obbligato alla stasi e alla non attività, non si stanca e riposa peggio.
- Interessante notare la quantità di volte che viene sottolineato il fatto che, seppur passato in carcere, il tempo di un “fine pena mai” venga vissuto in ogni caso come un “tempo di vita”, in grado di esprimere un suo valore intrinseco, al di là di come un individuo utilizzi il tempo stesso.
- in generale, viene osservato come l’intervento carcerario non rappresenti un vero intervento riabilitativo per il singolo, ma più un intervento atto a preservare la società stessa dalla “pericolosità sociale” dell’individuo.
Qui la prima parte di questo articolo.
Il sito da cui è tratto il materiale presente su questo articolo è il già citato ristretti.it
Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA.