di Raffaele Avico
Su questo blog abbiamo già parlato di panico, facendo riferimento al modello sul controllo.
Abbiamo inoltre approfondito un articolo sulla concettualizzazione del panico inteso come di “momento di rottura (rappresentata) di un attaccamento”.
Il disturbo di panico è conseguente ai primi, pseudocasuali attacchi di panico reali: la persona rimane incastrata nella paura di ritornare ad aver paura, e la cosa può andare avanti per molto tempo.
Il disturbo di panico non coincide dunque con il panico, ma si crea in conseguenza all’aver vissuto uno o più attacchi di panico “veri” nella fase iniziale del disturbo.
In tutto questo, come si accennava, il problema del controllo è centrale. Si tratta in questi casi di un controllo che fa perdere il controllo.
Abbiamo a proposito di questi temi intervistato Andrea Iengo, curatore del servizio Panico.help, su alcuni aspetti generali e di terapia inerenti il disturbo di panico.
Quindi seguito l’intervista:
- Andrea, cos’è un attacco di panico? Si può manifestare in diverse forme?
L’attacco di panico è una reazione psico-fisiologica, cioè una reazione fisica, molto forte, attivata dalla mente. Potremmo definirlo come una sorta di ‘corto circuito’ tra mente e corpo, in cui la mente cerca di controllare le reazioni del corpo, ad esempio le reazioni di paura (tachicardia, sudorazione, respirazione, tensione muscolare), e più ci prova più queste vanno fuori controllo, aumentando quindi la paura stessa, in un circolo vizioso che termina nella ‘scarica’ corporea dell’attacco di panico.
Da manuale esistono alcune caratteristiche che devono presentare gli attacchi di panico per potersi dire tali, ma è importante sottolineare come, moltissime persone che soffrono di un disturbo da attacchi di panico, dopo aver avuto un primo attacco di panico in gioventù, abbiano strutturato la propria vita per evitare gli attacchi di panico per paura di poterne avere nuovamente uno. Queste sono situazioni in cui, anche se tecnicamente non sono presenti attacchi di panico, osserviamo condizioni di vita che sono pesantemente compromesse da questa paura.
Attenzione: parlando di attacchi di panico è importante differenziare le situazioni in cui ci troviamo davanti ad un ‘panico primario‘ e quando invece il panico è un sintomo ‘secondario’ di un altro disturbo.
Un esempio che ho incontrato piuttosto di frequente sono i disturbi ossessivo compulsivi con attacchi di panico, in cui il paziente, quando non riesce ad eseguire correttamente le proprie compulsioni finisce con l’avere degli attacchi di panico. Situazioni analoghe possono sussistere anche con i dubbi ossessivi (vedi ad esempio il DOC da relazione). Un’altra condizione frequente negli attacchi di panico è la preoccupazione per le malattie, molto di frequente quelle cardiache.
Esistono diverse forme in cui possono manifestarsi gli attacchi di panico, nella definizione del DSM-5 un attacco di panico si presenta come un periodo preciso di intensi paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:- palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia
- sudorazione
- tremori fini o a grandi scosse
- dispnea o sensazione di soffocamento
- sensazione di asfissia (mancanza d’aria)
- dolore o fastidio al petto
- nausea o disturbi addominali
- parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
- brividi o vampate di calore.
- sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
- derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi)
- paura di perdere il controllo o di impazzire
- Andrea, in che modo il problema del controllo si collega al problema del panico?
Il panico è l’esasperazione del tentativo di controllare le proprie sensazioni fino ad arrivare ad una situazione in cui queste sensazioni corporee siamo noi stessi ad alimentarle. È quindi proprio il controllo ad essere alla base del panico. - Andrea, solitamente quali sono i passaggi con cui il ddp si struttura?
Parliamo qui degli attacchi di panico ‘primari’ poichè quelli legati ad altri disturbi vanno inquadrati a partire dal disturbo principale per poter essere compresi.
Si stima che l’13,2% della popolazione generale abbia avuto almeno un attacco di panico nel corso della propria vita, ma di questi solo il 12,8% soddisfa i criteri del DSM-5 per un disturbo da attacchi di panico (1). Che cosa fanno di diverso le persone che non sviluppano un disturbo rispetto a chi lo sviluppa? In base alla mia esperienza la differenza principale tra queste due categorie di persone è la spiegazione che danno a quell’evento. Chi trova una spiegazione non patologizzante a quell’evento (ad esempio “forse avrò mangiato una cosa che mi ha fatto male”) tenderà a dimenticarsi dell’accaduto dopo pochi giorni e non svilupperà alcun disturbo, chi invece troverà una spiegazione ‘patologizzante’ (“mi sono sentito male perchè ero in uno spazio aperto, quindi sono agorafobico”) tenderà a sviluppare un disturbo.
Ricordo il caso di un giovane paziente che si è rivolto a me dopo qualche mese dal suo primo attacco di panico. In quell’occasione era scaturito probabilmente da un abuso di alcool (e forse altro) ad una festa, da quel momento in poi si era interrogato tantissimo su quella situazione e aveva letto su internet che gli attacchi di panico sono spesso legati alla paura di prendere i mezzi pubblici (ricordiamo che a lui era accaduto ad una festa, nulla a che vedere con mezzi pubblici). In seguito a questa sua interpretazione degli eventi aveva iniziato a sviluppare quindi un evitamento e successivamente una vera e propria fobia per i mezzi pubblici.
Quindi, tornando alla domanda, un disturbo da panico si struttura solitamente secondo questa scaletta:- Primo episodio di panico
- Analisi delle possibili cause
- Evitamento delle situazioni che potrebbero causarlo
- Strutturazione di una vita basata su evitamenti e richieste di aiuto
- Questo porta all’aumento della paura e alla riduzione sempre maggiore dei propri margini di movimento
- Esistono ovviamente situazioni in cui il meccanismo principale non è l’evitamento, e la persona affronta comunque le situazioni, stando però molto male ed organizzandosi in modo da prendere precauzioni di vario genere o chiedendo aiuto a delle altre persone, che queste siano o meno consapevoli del problema.
- Anche questi comportamenti contribuiscono alla cronicizzazione del disturbo.
- Andrea, quali sono le linee guida più autorevoli al momento pubblicate, per il suo trattamento?
Le linee guida internazionali per il trattamento degli attacchi di panico prevedono l’utilizzo di terapia espositiva, in cui i pazienti vengono messi di fronte agli stimoli che provocano attacchi di panico, e la terapia cognitivo comportamentale, in cui invece si insegna al paziente a riconoscere e controllare i propri pensieri distorti (2). Purtroppo però alcune categorie di pazienti abbandonano questi tipo di terapia perché non riescono a reggere l’impatto emotivo delle esposizioni oppure dichiarano di sapere bene che quei pensieri sono distorti, ma di non riuscire a fare altrimenti. Negli ultimi 30 anni presso il Centro di terapia strategica di Arezzo è stato sviluppato e sperimentato un protocollo per il trattamento degli attacchi di panico che mira a superare le criticità della terapia dell’esposizione e della terapia cognitivo comportamentale, nello specifico si parte dal presupposto che per ottenere dei risultati in terapia è prima di tutto necessario minimizzare le resistenze del paziente, che altrimenti non seguirà affatto le indicazioni. Per questo le esposizioni e le spiegazioni razionali vengono utilizzate solo dopo aver fatto toccare con mano alla persona il fatto che, con l’utilizzo di tecniche specifiche, è in grado di controllare i suoi attacchi di panico. Si parte quindi prima dall’esperienza diretta, per poi spiegare alla persona come usare quell’esperienza per superare il proprio problema (3). - Andrea, andando sul tuo lavoro, quali prassi hai trovato più utili e soprattutto efficaci?
Nello specifico mi occupo di terapia breve strategica online, per cui parlerò di questa modalità di intervento. La tecnica sicuramente più efficace che abbia sperimentato nel trattamento degli attacchi di panico è quella della peggiore fantasia, che consiste nel chiedere alla persona di evocare volontariamente le cose che la spaventano di più per ottenere l’effetto paradossale che più provano ad evocarle meno ci riescono. So bene che questa tecnica sembri ‘incredibile’ nel senso che si fa fatica a credere che funzioni, e ammetto di essere stato anche io fortemente scettico nei confronti di questa metodologia finchè non ho avuto modo di verificare in prima persona quanto effettivamente fosse efficace. Un altro aspetto che non bisogna, a mio avviso, mai sottovalutare per il trattamento del disturbo da attacchi di panico, è il coinvolgimento familiare: molto spesso la famiglia convivente è fortemente condizionata da questo disturbo e, sebbene non ce ne si renda conto, contribuisce ad alimentarlo. Nello specifico le due dinamiche più dannose che si mettono in atto sono quelle del parlare continuamente del problema e quella di accorrere in aiuto sostituendosi alla persona che soffre di panico. Così facendo infatti il disturbo diventa completamente invalidante in poco tempo. Per questo motivo trovo molto utile coinvolgere i familiari, anche direttamente, nelle prime fasi del trattamento, per accordarci su delle modalità più corrette di gestione del problema. - Andrea, hai qualche film, documentario o libro da suggerire?
Il libro che suggerisco di leggere a chi soffre di questo disturbo è La terapia degli attacchi di panico: Liberi per sempre dalla paura patologica di Giorgio Nardone.
NOTE
- De Jonge, P., Roest, A. M., Lim, C. C., Florescu, S. E., Bromet, E. J., Stein, D. J., … & Scott, K. M. (2016). Cross‐national epidemiology of panic disorder and panic attacks in the world mental health surveys. Depression and anxiety, 33(12), 1155-1177.
- https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-psichiatrici/ ansia-e-disturbi-correlati-allo-stress/attacchi-di-panico-e-disturbo-di-panico
- Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico: Liberi per sempre dalla paura patologica. Ponte alle Grazie.
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