di Raffaele Avico
La mindfulness è una disciplina meditativa importata in Europa da un pioniere nell’ambito: Jon Kabat-Zinn, biologo statunitense (nato nel 1944) con una profonda conoscenza delle filosofie e psicologie orientali (per esempio la psicologia buddista) e autore del manifesto/”fiamma pilota” del fenomeno mindfulness, ovvero Vivere momento per momento.
La pratica quotidiana della mindfulness ha effetti positivi sulla capacità di regolazione neurofisiologica: ovvero, permette di sentirsi più in armonia con sè stessi e meno soggetti a sbalzi umorali (si abbassa l’intensità della rabbia sperimentata, ci si sente più “centrati”, più a contatto con il momento presente e meno depressi).
Viene usata in psicologia clinica nel trattamento del dolore cronico, per contrastare tendenze ansiose, per risolvere stati di iper-eccitazione nervosa che impediscono lo svolgimento dei normali compiti quotidiani, oppure per addestrare la mente a stare semplicemente nel presente o per contrastare gli effetti nefasti dell’overload cognitivo.
Il termine mindfulness significa letteralmente “pienezza di mente”, ovvero presenza a sè, “sensazione di mente piena”, etc. É uno strumento di educazione dell’attenzione, una sorta di modalità con cui impariamo a concentrare la nostra attenzione sul momento presente. É come voler educare la propria stessa mente a vivere, appunto, “momento per momento”, attraverso esercizi mirati rubati alle pratiche meditative più tradizionali.
La pratica della mindfulness ha l’obiettivo di farci dis-identificare dai nostri pensieri: noi NON siamo la nostra ansia, NON siamo la nostra tristezza: la tristezza ci passa attraverso, così come l’ansia, e poi se ne va. Per usare una metafora, è come se la nostra mente fosse un cielo blu, e i nostri pensieri e le nostre emozioni, le nuvole. Si tratta quindi di “de-fonderci” (cioè separarci, differenziarci) dalle nostre stesse emozioni (sia positive che negative) e dai nostri pensieri, considerandoli come graditi ospiti.
Per fare questo dobbiamo stare ancorati al momento presente, e per farlo, la mindfulness suggerisce di concentrarsi sul flusso del proprio respiro e di osservare i propri stessi pensieri avvicinarsi al proprio “cielo”, come dei testimoni oculari dei propri stessi pensieri.
La tecnica quindi propone di visualizzare il proprio respiro come un flusso dapprima inspirato, poi emesso, e di concentrare l’attenzione su di esso. Ogni qualvolta dovessero avvicinarsi pensieri negativi o ansie, lasciare che si avvicinino e poi gentilmente lasciarli andare, tornando a mantenere l’attenzione focalizzata sul respiro. Intanto si dovranno percepire i rumori ambientali, gli odori e gli stimoli visivi.
Un’altra immagine usata come metafora per chiarire lo stato mentale di mindfulness è quella del gatto impegnato a controllare l’uscio della tana del topo. Focalizzato sull’uscio nel muro, non eviterà tuttavia di percepire gli stimoli ambientali, e si volterà a osservare ciò che gi succede intorno, rimanendo però attento a eventuali movimenti del topo.
Questo, è per la mindfulness, stare nel presente in piena consapevolezza.
Ma da dove cominciare?
Un buon inizio può essere il libro “Qui e ora” di Ronald Siegel. Questo volume, corposo, rappresenta un compendio efficacissimo e scritto in maniera semplice per approcciarsi alla mindfulness.
È inoltre un manuale adatto sia a persone che vogliano introdursi al tema, sia a terapeuti che vogliano implementare la propria prassi clinica.
Vediamone alcuni punti:
- Siegel ha una capacità comunicativa molto efficace, usando spesso immagini chiare ed esemplificative; a inizio libro descrive la mente come un “cucciolo da educare”, ponendo l’accento sulla distraibilità stessa della mente (alcuni usano la formula “mente-scimmia”, a indicare l’estrema volatilità del pensiero); l’obiettivo della mindfulness è quello di educare l’attenzione a riportarsi, momento per momento, al presente e allo stato “attuale” del corpo; si lavora per “assestare” la mente
- a proposito di questo, Siegel osserva come la nostra mente sia spesso in balìa di reazioni automatiche in risposta a pericoli spesso solo immaginati; il risultato di questi automatismi è una mente proiettata sempre altrove nel tentativo di “prepararsi al peggio”; questo meccanismo è alla base dell’ansia, e fino a una certa soglia ha valore adattativo, dato che rappresenta un esercizio di coping e di risoluzione dei problemi della mente; oltre a “quella “soglia, diviene dispersione energetica e stress.
- esistono tre modalità di praticare la mindfulness: informale (nei tempi morti della vita quotidiana, integrandola ad altri gesti quotidiani come mangiare o camminare), formale (con sessioni quotidiane strutturate) e attraverso esperienze di ritiro (per esempio i ritiri “in silenzio”, della durata di 7 giorni)
- uno degli obiettivi della pratica di mindfulness, è la dis-identificazione dal proprio vissuto: dis-identificazione quindi dai proprio pensieri (io non sono il mio pensiero ossessivo) e dalle proprie emozioni (io non sono questa rabbia che sento); per favorire questo processo, vengono usati degli esercizi di body-scan (scandagliare il proprio corpo con l’attenzione) e di “nomenclatura” emotiva (come una sorta di affect labeling, di cui abbiamo qui già scritto)
- la pratica della mindfulness va a braccetto con l’ACT – Acceptance and Commitment Therapy; entrambe queste pratiche tendono a portare l’individuo a sviluppare compassione per sé stesso (per esempio nella depressione, in cui spesso troviamo un dialogo interno auto-critico molto violento)
Siegel, in questo libro, esplora diversi ambiti di sofferenza, dall’ansia/paura, alla depressione clinica, alle separazioni difficili. L’intero volume è pieno di esercizi da svolgere in modo autonomo, anche in solitaria. Il punto centrale del volume, è un cambio di prospettiva a riguardo dei sintomi: la mindfulness non insegna tanto a risolverli, quanto ad attraversarli/accettarli (per questo viene spesso usata nei casi di disturbo ossessivo-compulsivo).
Occorre ricordare tuttavia che la mindfulness andrebbe appresa sul campo, facendola, magari nel contesto di un corso dal vivo; con l’ausilio di un istruttore, l’apprendimento risulterebbe più duraturo e “incarnato”. Tuttavia, “Qui e ora” di Ronald Siegel rappresenta una potenzialmente perfetta premessa teorica alla pratica.
NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)