di Raffaele Avico
Niente come prima è un libro sulla salute mentale. Racconta le vicende di due ragazzi di all’incirca 25 anni, alle prese con la delicata fase della svincolo dalla famiglia di origine. Edoardo e Rebecca, cresciuti nello stesso paesino di provincia, vivono in due grandi città, presi ognuno da angosce e paure diverse. Rimandiamo a chi voglia leggere il libro il resto della trama, cercando qui di trarne alcuni spunti di riflessione:
- il libro è ambientato in luoghi di fantasia: città di fantasia, quartieri e fermate della metropolitana di fantasia: questo rende universale, metafisica la vicenda, un po’ come nei libri di Dino Buzzati, anch’essi ambientati in luoghi irreali, utilizzati a fare da cornice a vicende tutte interiori/psicologiche
- le vicende raccontate nel libro procurano un estremo senso di rispecchiamento: si ha l’impressione che ciò che accade ai protagonisti, possa accadere a chiunque di noi in qualsiasi luogo, e soprattutto nell’epoca attuale. É in fondo un libro sulla società dell’oggi: le vicende di Edoardo e Rebecca raccontano di una generazione di neo-laureati alle prese con un mondo del lavoro ossessionato dalla produttività, nelle mani di manager e figure adulte nevrotiche e aggressive, vissute dai ragazzi in modo persecutorio. Spesso viene descritto il senso di incomunicabilità tra una generazione (quella degli adulti) ferma a una rappresentazione ormai superata di una società basata sull’equazione impegno=risultato, e la generazione dei giovani, costantemente interconnessi in modo virtuale ma estremamente soli, spaventati dalle richieste degli stessi adulti -poco in grado di comprendere a fondo una società all’apparenza troppo veloce
- Procedendo nella lettura del romanzo viene spontaneo chiedersi quanto il problema si strutturi all’interno dell’individuo (pensiamo per esempio a Edoardo) o quanto al suo esterno. Il problema sembra essere: il senso di spaesamento e impotenza di Edoardo, dipende dalla sua difficoltà di esporsi a un mondo troppo aggressivo, o è la società stessa, con le sue richieste, a essersi trasformata in qualcosa di mostruoso/inarrivabile? L’autore sembra porre maggiormente l’accento su questa seconda opzione: il libro raccoglie in sé molti dei messaggi lanciati da Mangiasogni (l’autore) sulla sua pagina instagram, con pesanti critiche al concetto di superlavoro, di hustle culture (ne avevamo parlato qui), al rischio di overload cognitivo, al bisogno costante di performare. Come avevamo scritto a proposito del lavoro di Byung Chul Han, nella “società della performance” la pressione alla performatività sembra essere così tanto pervicace, così tanto interiorizzata, da diventare una parte interna dell’individuo, costretto ad auto-sfruttarsi e portato ad autopunirsi.
- Edoardo, giovane professionista vessato/mobbizzato dal suo capo in una blasonata azienda della “city”, vive una vita come “dissociata in verticale”: la sua settimana si struttura in modo routinario, con i giorni della settimana spesi alienandosi al lavoro e il weekend trascorso al paesino di origine, dedicato a quelli che definisce “rituali riumanizzanti”. Interessante la presenza di figure genitoriali putative (la professoressa del liceo, il macellaio), veri e propri “sacerdoti del passaggio”, punti fermi utili a Edoardo nella sua tempesta emotivo/esistenziale inerente il suo processo di svincolo. Il passaggio dal paese/famiglia di origine al contesto città/vita adulta viene eseguito per step, in modo graduale.
- Quello che accomuna i due giovani, Edoardo e Rebecca, sembra essere il peso delle aspettative proiettate su di essi dai genitori: Edoardo vive la sua vita come una sorta di riscatto vissuto per interposta persona eseguito dai suoi genitori; Rebecca ha aderito docilmente alle indicazioni della madre a riguardo di quella che avrebbe dovuto essere la sua vita professionale. C’è dunque il tema dello svincolo, di nuovo, intrecciato però alla questione “aspettative genitoriali”. A un certo punto del romanzo, la scelta di fronte a Edoardo sembra essere senza scampo, una sorta di doppio legame senza vie di uscita: da un lato l’alienazione della città, dall’altra la regressione del paese/ambiente genitoriale; in questa situazione di stallo, la figura di Raudo sembra rappresentare, per un po’, una terza via percorribile: la creazione di qualcosa di proprio, la modalità “imprenditoriale” vissuta come possibilità di svincolo/affermazione. Per quanto riguarda Rebecca, sarà la morte della madre a consentirle, finalmente, di riappropriarsi della sua individualità, pur nel paradosso di una libertà ottenuta a prezzo di un lutto.
- Il “mostro” che compare nelle vite dei due giovani, è la rappresentazione figurata di una parte interna dei protagonisti, che emerge quando questi riescono ad “abbassare un po’ le difese” in modo da lasciarla esprimere. In esso vengono incarnati i dettami del sistema famiglia (devi fare quello che ti diciamo, non devi tradirci) e del sistema società (devi produrre, se vuoi puoi, è colpa tua se non sai cosa fare della tua vita), un senso di colpa invincibile, la “tensione verso l’aggressione” degli altri e di sè.
- non esiste un verso scontro generazionale, tuttavia: i ragazzi sembrano “orfani”, ovvero, percepiscono le generazioni precedenti come non in grado di comprendere la velocità e le pressioni del mondo attuale. In questo romanzo le figure adulte tentano di “vendere” un’idea di realtà, una rappresentazione di “come dovrebbero andare le cose” che ai ragazzi sembra anacronistica; a tratti si ha anche l’impressione che questi ultimi non vogliano comprarla, quell’idea di mondo, rifiutandola a priori, “per una questione di principio”. Questa frattura, il sentirsi orfani, questo scollamento getta i ragazzi in un vuoto di senso, in un deserto senza segni e simboli all’interno del quale sembra impossibile visualizzare un orizzonte (o un futuro). Allo stesso tempo, i surrogati e i diversivi offerti dall’iper-produzione mediatica, dal continuo esporsi al confronto sociale attraverso internet, sembrano solo voler capitalizzare su quello stesso disagio, acutizzandolo. Sembra esserci un’unica cosa da fare: chiedere aiuto, dare un nome al malessere, narrarlo.
- Troviamo un po’ ovunque alcune altre tematiche estremamente attuali: l’eco-ansia (paura del futuro/paura dei disastri ambientali), la fomo (paura di perdere occasioni) e soprattutto la pervasività degli input mediatici, così come il confronto sociale e le emozioni negative ad esso collegate.
Nel complesso, il romanzo di Mangiasongi descrive una realtà dai tratti distopici che potrebbe tranquillamente essere la quotidianità per un qualunque “stagista” di una grande città come Milano o Torino. È nel suo insieme una profonda critica alla hustle culture, al culto per la performance, alla tendenza a disumanizzare, descrive lo stallo della “classe disagiata” e soprattutto il senso di tradimento vissuto da una generazione che sembra aver perso fiducia nelle promesse fatte dalle figure adulte.
Qui Niente come prima su Amazon.
—
NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)