di Raffaele Avico
Viktor Frankl è stato uno psichiatra austriaco di origine ebraica, internato per più di 3 anni ad Auschwitz. Frankl affrontò gli anni della prigionia con uno spirito da ricercatore, un po’ come il nostrano Primo Levi, con un approccio però più incentrato sugli stati interni dei deportati, come traiamo dalla lettura del suo famoso “Uno psicologo nei lager”.
Frankl, nel riferirsi alla sua logoterapia (una terapia basata sul senso), cita la famosa massima di Nietzsche “Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come”. Negli anni del secondo dopoguerra la logoterapia trovò tantissimi seguaci, ed è ancora oggi viva e vitale (pensiamo all‘Alaef – Associazione di Logoterapia e Analisi Esistenziale Frankliana, qui il sito).
Nel saggio “Uno psicologo nei lager” Frankl descrive la reazione degli individui alle condizioni di vita estreme del campo, traendone importanti conclusioni in termini di psicologia individuale (soprattutto relative alla ricerca e al bisogno di senso e significato, e alla possibilità di trascendere il quotidiano).
L’intelligenza artificiale ci aiuta a elencare i 7 principi fondanti della logoterapia, come segue:
- Volontà di significato (Will to Meaning): Il principio fondamentale della logoterapia è che la forza motivante primaria nella vita umana è la ricerca di significato. Frankl afferma che anche nelle circostanze più difficili, gli individui possono trovare un senso e un significato alla propria esistenza.
- Libertà di volontà (Freedom of Will): La logoterapia sottolinea la libertà individuale di scelta. Gli individui hanno la capacità di scegliere la propria attitudine nei confronti delle circostanze, anche quando non possono controllare gli eventi stessi.
- Volontà di potenza (Will to Power): Frankl non si riferisce al concetto di “volontà di potenza” come una ricerca di dominio sugli altri, ma piuttosto come una spinta interiore a realizzare il proprio potenziale e a perseguire obiettivi significativi nella vita.
- La triade noetica (Noetic Triad): Frankl distingue tre dimensioni del significato: il significato creativo (realizzare il proprio potenziale), il significato esperienziale (trarre significato dalle esperienze della vita) e il significato attitudinale (affrontare la sofferenza con una prospettiva positiva).
- Sofferenza inevitabile e sofferenza senza significato (Inevitable Suffering and Meaningless Suffering): Frankl riconosce che la sofferenza fa parte della vita, ma sottolinea che anche nella sofferenza più profonda, è possibile trovare significato. La sofferenza diventa insensata solo quando non viene accompagnata dalla ricerca di un significato
- Attitudine nei confronti della sofferenza (Attitude Toward Suffering): Gli individui hanno il potere di scegliere la propria attitudine nei confronti della sofferenza. La logoterapia promuove la resilienza e la crescita personale attraverso la scelta di affrontare le sfide con una prospettiva positiva.
- Realizzazione attraverso l’amore e il servizio (Achievement Through Love and Service): La logoterapia sottolinea l’importanza dell’amore e del servizio agli altri come vie significative per realizzare il proprio scopo nella vita.
In questo articolo troviamo altri punti che riguardano la logoterapia: vi si introduce il concetto frankliano di nevrosi noogena, ovvero inerente l’aspetto noetico, derivante “dallo spirito”, cioè dagli aspetti più alti dell’esperienza umana, concernenti il senso e il significato. Frankl, in quanto psichiatra, sembra confrontarsi con problematiche ai limiti dell’esperienza umana, soprattutto quando alcuni fattori contingenti all’uomo nel suo vivere siano spinti agli estremi: come trovare un senso alla propria vita dopo la perdita di 6 figli nelle camere a gas (nel caso di un rabbino seguito come psichiatra dallo stesso Frankl)? Come arrivare a un significato e a un senso di pienezza esistenziale, quando sia soddisfatta ogni pulsione alla sopravvivenza e quando si permanga in una zona di assoluto comfort, evento pressoché quotidiano per ogni cittadino europeo moderno? Frankl risponde consigliando l’auto-trascendenza e il lavoro sul significato; non tutte le sofferenze umane devono essere quindi spiegate in termini di pulsioni da scaricare, o da conflitti difficilmente integrabili: alcune forme di sofferenza deriveranno da un’assenza di tensione al significato, tensione in grado di giovare ad altre “aree di vita” del paziente stesso. Lo stesso Frankl usa il termine noodinamica per indicare quel gioco di spinte inerenti il significato in grado di influenzare l’esperienza dell’individuo.
FRANKL PSICOTERAPEUTA
Frankl diede però anche molti altri spunti alla psicoterapia, prendiamo per esempio questo articolo, scritto a proposito di quella che Frankl chiamò intenzione paradossa, di fatto parente (parliamo di 100 anni fa) delle moderne tecniche controparadossali della psicoterapia strategica nardoniana.
Il principio che sta alla base di questa metodologia psicoterapeutica è più volte chiamato da Nardone “saturazione transmarginale“, che Nardone stesso riferisce essere un principio cardine della psicologia, anche se in effetti non se ne trova traccia in rete. L’idea è che esista un meccanismo di “implosione” delle emozioni, e in particolare della paura patologica, in effetti molto simile a quello che su questo blog abbiamo più volte citato, il modello a dente di sega o a cascata (in riferimento però al trauma), differente però nella sua espressione (dato che nella formulazione di Nardone non vengono citati i sintomi dissociativi, frequenti nel trauma). Dicevamo, il principio che sta alla base di questo esercizio terapeutico, è quello di portare l’espressione di un’emozione a un livello più alto di quanto la sua stessa espressione, di per sé, implichi. Si tratterebbe di autoprescriversi uno stato di sofferenza superiore rispetto a quello che già non si sperimenti, con il fine paradossale di procurare una saturazione e un successivo collasso dell’emozione stessa. Queste tecniche sono chiamate da Nardone e dagli psicoterapeuti strategici “paradossali”, e sono mutuate da vecchi (ma attuali) principi della psicologia aderente alla scuola di Palo Alto (dove usavano appunto la “prescrizione del sintomo”).
Ma: perchè funzionano? Per tre ordini di motivi:
- auto-prescriversi un sintomo sposta il paziente dalla posizione di voler controllarlo: si passa da una logica di conflitto, a una logica di scelta. Molti disturbi sono mantenuti in vita dal tentativo che fa il paziente di controllare le emozioni a esso soggiacenti. Pensiamo per esempio al panico. È il tentativo di controllare la paura e le sensazioni corporee a essa connesse, che aumenta la paura stessa, proprio perché stiamo tentando di controllare razionalmente qualcosa che fisiologicamente è alle “dipendenze” del sistema nervoso autonomo, che non risponde alla volontà cosciente dell’individuo. Aumentare di proposito un sintomo, porta il paziente a smettere istantantaneamente di controllarlo, e questo toglie potere al sintomo stesso
- auto-evocare il sintomo, porta il paziente a passare attraverso l’oggetto che più teme: parliamo dunque di un atto di esposizione estrema, una sorta di terapia d’urto. Il fatto che questo esercizio di esposizione avvenga nel contesto di un rapporto solido con il terapeuta, entro un protocollo “regolamentato”, crea quello spazio “sicuro” utile al paziente per esporsi. Nelle parole di Robert Frost: “la via d’uscita è attraverso”.
- predisporsi al sintomo, auto-evocando scenari di fallimento o di rischio, produce una ristrutturazione cognitiva che permette al paziente di relativizzare il rischio stesso, mettendolo maggiormente in prospettiva, de-assolutizzandolo
Riprendendo l’articolo prima citato, Frankl definisce così l’intenzione paradossa: “Bene, questo è precisamente quello che deve fare l’intenzione paradossa, la quale può essere definita come e un processo dal quale il paziente è incoraggiato a fare o a desiderare le cose di cui egli ha paura (la prima cosa si applica a paziente fobico, la seconda quello ossessivo-compulsivo)”.
Frankl continua citando due ulteriori aspetti correlati al tema dell’interazione paradossa, che in effetti rappresentano due dei punti centrali della logoterapia stessa:
- auto-distanziamento, che Frankl definisce come la capacità di prendere distanza dai propri contenuti di pensiero e comportamento, per mezzo -anche- del senso dello humor
- auto-trascendenza, che l’autore definisce come la capacità di trovare uno scopo superiore. Nel suo famoso “uno psicologo nei lager”, Frankl diverse volte cita la possibilità di trascendere dall’esperienza quotidiana, in quel caso rappresentata dal terribile periodo di internamento: il suo scopo divenne quello di testimoniare e di indagare, come -di nuovo- il nostro Primo Levi.
Nel 1947 Frankl propone una visione “strategica” della psicoterapia, assolutamente moderna:
“Tutte le psicoterapie di orientamento psicoanalitico sono principalmente interessate a scoprire le condizioni originarie del «riflesso condizionato », in base al quale è possibile capire anche il tipo di nevrosi e, cioè, la situazione, interna ed esterna, in cui un dato sintomo nevrotico è insorto la prima volta. Chi scrive sostiene, tuttavia, che la nevrosi, ormai giunta a piena maturazione, è causata non soltanto dalle condizioni originarie, ma anche da condizionamenti secondari. Questo rinforzo a sua volta, è causato dal meccanismo di feedback, chiamato ansietà anticipatoria. Perciò, se vogliamo condizionare ulteriormente un riflesso condizionato, dobbiamo scardinare il circolo vizioso formato dall’ansia anticipatoria ed è questo il vero lavoro compiuto dalla nostra tecnica dell’intenzione paradossa.“
Se pensiamo all’origine di un attacco di panico e a come quest’ultimo venga mantenuto vivo e vitale da un processo di feedback, possiamo facilmente comprendere come la sua visione sia di fatto la stessa che oggi viene adottata contro la paura patologica nella scuola di Nardone, come esposto nel video seguente:
NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)