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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

28 September 2020

FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix

di Raffaele Avico


Perchè guardare, su Netflix, The Social Dilemma?

The Social Dilemma è un documentario che intreccia due filoni di narrazione: contiene in sè sia una parte di documentario con interviste a ex programmatori/informatici di Facebook, Pinterest, Google, quindi direttamente coinvolti nella stessa nascita di questi social media, sia una parte più narrativa con la storia di un ragazzo “pilotato”, “radicalizzato” dai social media.

Il messaggio che ne è esce è chiaro: “we have to“, “dobbiamo” cambiare qualcosa nel modo di fruire dei Social, visto che questi stessi Social sembrano sempre più programmati per “pilotarci” in senso comportamentale a fini sia commerciali, che politici. Tutto questo, sfruttando meccanismi paleopsicologici, atavici, come l’induzione di panico, o la gratificazione mediata da dopamina.

Vedere questo documentario consente una presa di consapevolezza, per tentare di mettere in atto comportamenti di “difesa”.

É stato osservato come, ogni qualvolta all’interno del mercato tecnologico venga inserito un nuovo strumento, le persone assumano due posizioni stereotipiche che vedono da una parte gli entusiasti/ottimisti, dall’altra i catastrofisti/luddisti. Spesso il tutto prende una connotazione politica, a seconda che si decida di appoggiare o meno una posizione “liberale”, con l’individuo più o meno responsabile di sè nella società del consumo. In questi ultimi anni, con la nascita dei Social Network, sembra essersi riproposta la stessa dinamica: da una parte gli entusiasti, dall’altra gli scettici/catastrofisti/reazionari. Nelle discussioni accademiche -o anche cliniche- si arriva a una conclusione che è sempre la stessa: sarà necessario, nel tempo, normalizzare l’uso dei social attraverso un’educazione al buon uso: questo però ha come presupposto e assunto fondamentale il fatto che la responsabilità dell’uso di uno strumento di così forte impatto -Facebook o qualunque altro social, come Tik Tok- dipenda esclusivamente dal singolo cittadino. Il problema, in questi termini, non sarebbero tanto Facebook nè TikTok in sé, quanto l’uso che se ne fa. Così come si fa con un bambino che viene educato al buon consumo del cibo, si tratterebbe di fornire al cittadino gli strumenti per difendersi dai rischi dei social media/Facebook, cosicchè in autonomia possa auto-limitarsi, imparare a controllarsi.

Spostiamo per un attimo la questione e allarghiamola, confrontando il problema dell’uso dei Social con la questione sull’uso improprio di armi dove queste siano di facile accesso. Oppure proviamo a metterlo a paragone con il problema del gioco d’azzardo, il gambling. Il problema diviene subito prettamente politico e ruota intorno alla questione se lo Stato debba impegnarsi o meno per proteggere la cittadinanza da sé stessa, cioè dai propri impulsi più basici (rabbia, paura dell’ignoto, questioni di tipo territoriale).

Se assumiamo che la cittadinanza abbia pieno controllo di sé e dei propri impulsi, facciamo forse un errore di sopravvalutazione delle risorse degli individui: il problema del gambling in Italia, o la questione dell’uso di armi negli USA, per esempio, hanno sollevato la questione sul libero accesso alle “fonti” (slot-machines, armi), soprattutto quando ad accedervi siano persone con difficoltà sociali, magari provenienti da contesti a rischio. Se ci arrendiamo al fatto che i cittadini non sempre siano in grado, da soli, di controllare i propri impulsi -razionalizzandoli, “sublimandoli” o “intellettualizzandoli”-, l’utilizzo di social come Facebook, Instagram o TikTok non diviene più solamente una questione di libertà e controllo individuale, divenendo un problema politico nel senso più ampio del termine, ovvero di “gestione della collettività” che dovrebbe essere in particolar modo considerato in relazione alla cittadinanza con meno risorse personali, ovvero ai soggetti più deboli.

I PIANI DEL RISCHIO

Come si osserverà a seguito della visione di The Social Dilemma, la natura controversa di strumenti come TikTok o Facebook (Facebook viene descritto come particolarmente nefasto in quanto a strumento di comunicazione: sappiamo tra l’altro che è ormai in pieno declino, soprattutto tra i più giovani) ha quindi piani diversi che riguardano:

  1. la questione della dipendenza e dell’accesso a uno strumento estremamente dipendentogeno (cioè in grado di provocare assuefazione e grande dipendenza): c’è da chiedersi quanto la persona sia realmente libera di controllare i propri impulsi, generati su bisogni altrettanto basici, come l’appartenere, o il sedurre. Se rispondiamo a questa domanda (quanto la cittadinanza è in grado di padroneggiare i propri impulsi?), su cui non possiamo essere neutrali e su cui è importante interrogarci, dobbiamo per forza di cose schierarci a favore o contro, di fatto assumendo una posizione educativa, come un genitore fa istintivamente, per esempio, ogni qualvolta al figlio di 5 anni venga messo in mano un tablet o un device tecnologico. L’istinto che muove un padre a proteggere il figlio dall’uso di uno strumento come Internet -e i Social- dovrebbe farci riflettere su quanto tutti noi ci si renda conto, anche se ingenuamente, di quali pericoli di assuefazione e dipendenza rechi con sé uno strumento come Facebook, o qualunque altro social. Come sappiamo, la dipendenza si crea dove c’è gratificazione.
  2. In senso più sociale e interpersonale, l’assenza di moderatori conduce, come osserviamo tutti i giorni, a una libertà di parola totale con le conseguenze inevitabili di un “aprire le gabbie”: pensiamo per esempio al revenge-porn, o al cyber-bullismo (che da virtuale diviene paurosamente incarnato e reale). In questo caso Facebook -ma anche gli altri social- sono un’agorà virtuale in cui vale tutto, all’interno della quale permettiamo ai nostri avatar di confrontarsi in modo spietato, salvo poi accorgerci che questi stessi avatar qualcosa di noi hanno e che le parole hanno un loro peso, che rimane anche una volta spento lo schermo. Raffaele Alberto Ventura ne parla nel suo “La guerra di tutti” a proposito dell’effetto “mimesi”, ovvero quando lo spettacolare deborda nel reale, contaminandolo.
  3. Al di là del problema dell’uso dipendentogeno dei Social e in particolar modo di Facebook, la discussione a proposito della qualità dell’informazione ha messo al centro dell’attenzione un ulteriore piano di pericolo, questa volta a proposito dei contenuti e in particolare a riguardo delle bolle informative e delle fake news. Queste ultime sono da interpretarsi come operazioni, strumenti di marketing (un giornalista, in accordo con la redazione per cui lavora, modifica a piacimento la notizia al fine di renderla più appetibile al grande pubblico, al fine di conquistare più audience, e quindi più click e più soldi): niente di nuovo in termini di media. Giornalismo ed entertainement si confondono. Quello che però appare come un fenomeno relativamente nuovo è quello appunto delle bolle informatiche, questione che va pensata a partire dal tema ormai noto, più ampio, di come sono manipolati i contenuti dei Social e dei motori di ricerca che usiamo quotidianamente a fini commerciali. Esistono, come sappiamo, algoritmi e software che, dopo aver tracciato un profilo di ciò che siamo a livello di consumatori web, ci propongono risultati e avvertimenti pubblicitari che si confanno al nostro gusto, a fini sempre di (web) marketing. Questo rende la nostra conoscenza ricorsiva, mai veramente aperta a ciò che è diverso dal nostro gusto personale. In questo senso si parla di “bolla informativa”: immaginiamo un bozzolo di risultati Google e advertisement Facebook che ci avviluppa costruito a nostra immagine e somiglianza e pensato per far sì che noi ci si avvicini a ciò che si confà ai nostri gusti. É facile capire quanto questo precluda uno sguardo più ampio sulla realtà e quanto rappresenti una minaccia alla democrazia mediatica (questo aspetto è forse il più evidenziato da The Social Dilemma)

Su queste tematiche diversi soggetti, in rete, stanno tentando un lavoro di prevenzione, come Tlon (qui un intervento molto lungo e denso sul libro “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social” di Jaron Lanier), o alcuni youtuber come Federico Pistono.

“WE HAVE TO”

Così come è accaduto nei decenni scorsi per le operazioni giganti di prevenzione ai rischi connessi al mondo del tabacco (ci sono voluti decenni), ciò che va fatto è prendere coscienza in pieno dei rischi di questo strumento, per poi (tentare di) abbandonarlo come si fa con una cattiva abitudine (chi progressivamente, chi operando un taglio netto). I soggetti più a rischio, come evidenzia The Social Dilemma, sono coloro i quali possiedono meno strumenti protettivi in termini di rischio di dipendenza e manipolabilità (i bambini, adolescenti con funzioni esecutive deboli -più predisposti a sviluppare addiction-, i deprivati, le persone con meno rete sociale o pochi familiari di supporto, in generale i fragili): Facebook, insieme agli altri Social, li troverà pronti e affamati.

É probabile che su questo l’opinione pubblica dovrà fare alcuni step, con lo stesso iter che già osservammo per altri oggetti di dipendenza nei decenni scorsi: novità, “coolness”, assenza di consapevolezza, prodromi (fase in cui siamo ora), sintomi, presa di coscienza, diagnosi, problematizzazione e infine (ri)posizionamento.

Siamo solo all’inizio.


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Article by admin / Editoriali / psichiatria, psicoanalisi, psicologia, psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia, raffaeleavico

15 September 2020

IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura”

di Raffaele Avico, Gianluca D’Amico


INTRODUZIONE

Basaglia diceva che è necessario, in qualsiasi opera di cambiamento sociale, essere dei buoni inventori e dei buoni narratori. Si tratta dell’annosa questione della relazione tra teoria e pratica. È sufficiente ragionare e ragionare insieme per cambiare la realtà oppure è sufficiente tuffarcisi dentro alla realtà per cambiare, per sentirne la puzza, per attraversarne le contraddizioni?

È chiaro come entrambi i momenti siano strettamente necessari, ma la questione di fondo è come decliniamo il rapporto tra questi due momenti. Basaglia, nella sue due anime da grande psicopatologo e da grande distruttore di vecchie istituzioni e di inventore di nuove istituzioni (costruite con l’intenzione di distruggerle all’infinito per crearne sempre di nuove), ci insegna che il nostro fine di operatori della salute mentale non è tanto quello di vincere e quindi di raggiungere un determinato obbiettivo che ci eravamo prefissi a scapito di altri che la pensano diversamente da noi, ma piuttosto è quello di convincere: di dimostrare che un altro modo di stare con l’Altro è possibile, che possiamo inventarci altri modi di costruire la salute delle persone, con le persone.

Aprire le pratiche e la teoria a possibilità diverse, fare un passo indietro e di lato rispetto al si-fa-così-perchè-si-è-sempre-fatto-così; fare epochè, che semplicemente significa mettersi in discussione, farsi travolgere, di fronte all’Altro, dal dubbio, farci assediare dal nostro balbettio, prendere distanze e tempo al fine di costruire, sempre con l’altro, un modo diverso di fare salute.

Dicevamo, non ci interessa il fine, non ci interessa raggiungere uno standard migliore (qualsiasi cosa significhi) nei nostri servizi di salute mentale; da qui il mio personale dubbio sull’utilizzo del termine “modello”. Nella mia testa un modello (seppur in scienza e coscienza) ha le caratteristiche della completezza e della compiutezza ed è per questo che mi restituisce un’idea di staticità.

Esiste un modello triestino? Le Microaree rappresentano il modello triestino? Non lo so e pare (per fortuna) che nemmeno chi ci lavora abbia le risposte a quelle domande.

Mi pare, al netto dell’ambiguità del termine “modello”, che le Microaree abitino a pieno le contraddizioni del territorio triestino e che non si siano fatte travolgere (questo lo intuisco dalle parole degli operatori) dalla smania di dover tutto codificare, tutto matematizzare e tutto staticizzare. Mi pare che il progetto delle Microaree incarni quello spirito di eterna innovazione e invenzione che portò ad una legge stupenda che è la legge 180 del 1978; mi pare che gli operatori che hanno inventato e ragionato queste istituzioni oscillino elegantemente e con consapevolezza tra il desiderio di reinventare e reinventarsi continuamente e il desiderio (il pericolo) di aver raggiunto, una volta per tutte, il modo migliore per fare salute mentale -un modello appunto. (G.D.)


LE MICROAREE: INTERVISTA A MARIAGRAZIA COGLIATI DEZZA

Con i colleghi e amici di Psicologia fenomenologica abbiamo voluto approfondire il modello triestino (cosa lo differenzia dal restante territorio italiano, in termini di presa in carico di persone in difficoltà -e in particolare utenti psichiatrici?).

Il nostro podcast ha l’obiettivo di creare dei confronti tra modelli di gestione e presa in carico, tra paesi diversi (Italia vs Belgio, per esempio, o Italia vs Svizzera). In questo caso abbiamo fatto un’eccezione, decidendo di addentrarci meglio nel lavoro dell’area di Trieste.

A questo fine abbiamo intervistato Maria Grazia Cogliati Dezza, psichiatra, curatrice del libro La città che cura, che abbiamo qui recensito, ex dirigente dell’azienda sanitaria triestina e promotrice del progetto Microaree, su cui l’intervista si è focalizzata.

Le microaree sono una realtà unica in Italia: nascono nel 2004/2005, in ragione della necessità di copertura sociosanitaria di alcune zone della città di Trieste altamente sofferenti e segnate da profonde diseguaglianze interne. Come si ascolta nell’intervista, le microaree nacquero dal convergere degli intenti di 3 enti territoriali, uniti in nome di una medicina (più) territoriale:

  1. azienda sanitaria locale
  2. comune di Trieste
  3. ATER di Trieste (ente per l’assegnazione delle case popolari della città)

..con dieci obiettivi iniziali:

  1. Realizzare il massimo di conoscenza sui problemi di salute delle persone residenti nelle Microaree.
  2. Ottimizzare gli interventi per la permanenza nel proprio domicilio ove ottenere tutta l’assistenza necessaria (e contrastare l’istituzionalizzazione)
  3. Elevare l’appropriatezza nell’uso di farmaci.
  4. Elevare l’appropriatezza per prestazioni diagnostiche.
  5. Elevare l’appropriatezza per prestazioni terapeutiche (curative e riabilitative).
  6. Promuovere iniziative di auto-aiuto ed etero-aiuto da parte di non professionali (costruire comunità).
  7. Promuovere la collaborazione di enti, associazioni e organismi profit e no profit per elevare il ben-essere della popolazione di riferimento (mappatura e sviluppo).
  8. Realizzare un ottimale coordinamento fra servizi diversi che agiscono sullo stesso individuo singolo o sulla famiglia.
  9. Promuovere equità nell’accesso alle prestazioni (più qualità per cittadini più vulnerabili).
  10. Elevare il livello di qualità della vita quotidiana di persone a più alta fragilità (per una vita attiva ed indipendente).

Per dare forma al progetto, nato nell’idea iniziale di sviluppare comunità, vennero create delle sedi dedicate (portierati sociali) coordinate da un referente dissociato dell’azienda sanitaria (spesso un infermiere), che sarebbero state frequentate in seguito da utenti di varia estrazione (ex tossicodipendenti, utenti psichiatrici, utenti “sociali”, anziani del luogo, bambini) ma strettamente legati al luogo.

Ogni microarea, infatti (allo stato attuale ne esistono 17), risponde a un bacino di cittadini specifico: la sua giurisdizione, o la sua copertura, si rivolge a un numero limitato di persone, che abitano quella parte di città.

Qui l’intervista:


IL DOCUMENTARIO “LA CITTÁ CHE CURA”

Già qui avevamo scritto a proposito del libro la città che cura, a proposito del concetto di microaree di Trieste.

Il film/documentario che su quel libro è stato costruito e diffuso, la cui regia è di Erika Rossi, intreccia due filoni narrativi distinti: l’attività di Monica (operatrice di una microarea di Trieste) sul territorio, impegnata a seguire diversi soggetti colpiti da diverse problematiche tali da necessitare un monitoraggio continuo fatto in modo domiciliare, e lo svolgersi di un’equipe di lavoro proprio tra operatori delle microaree, che discutono a proposito del loro stesso lavoro.

Va chiarito che il modello per microaree è unico in tutta Europa, come specificato a fine film, se non del mondo. Il modello triestino è per questo riconosciuto a livello internazionale come “punta di diamante” tra i modelli psichiatrici diffusi, che in Italia diremmo ispirati al lavoro di Basaglia verso una psichiatria maggiormente democratica.

Vediamo per punti quali sono gli aspetti salienti del modello triestino e cosa emerge dalla visione del film:

  • il lavoro di Monica non è solo quello di presiedere e aprire il portierato sociale (o microarea) del quartiere in cui lavora a Trieste: il suo lavoro è un lavoro domiciliare in senso reale, con visite fatte quotidianamente a casa di pazienti in carico a diversi servizi (dai CSM ai Sert) che in altro modo non sarebbero stati tenuti in carico, probabilmente destinati a “scomparire” agli occhi dei servizi
  • quello che si osserva è un luogo, quello della microarea, in cui convergono diversi tipi di utenti di provenienza differente: è quindi, la microarea, un luogo ibrido e aperto a persone anziane e magari sole, ex tossicodipendenti, pazienti psichiatrici, bambini
  • la microarea, come questa intervista fatta a Roberta Balestra (ex dirigente SerD Trieste) per il nostro podcast ben chiarisce, è un luogo di ascolto, un luogo di ricezione dei bisogni del quartiere, un anello tra il territorio e l’ASL, destinato a introdursi in modo capillare nelle pieghe di un tessuto sociale complesso come quello dei quartieri difficili di Trieste. La     microarea si costituisce in questo modo come l’ultimo passaggio di una filiera sanitaria, una catena di servizi che va dall’ospedale all’abitazione di un potenziale utente;
  • viene evidenziato in un passaggio del film, durante la riunione di equipe tra operatori delle microaree, come il modello stesso spesso sia difficilmente sintetizzabile, rappresentabile e narrabile. Di fatto, al momento, è un modello non conosciuto e soprattutto poco riconosciuto, a rischio di essere, come sottolinea un operatore ripreso nel film, “inchiodato” da statistiche e numeri in grado di, così, farlo “morire”. Si tratta di un modello che fornisce assistenza particolareggiata e presenza costante degli operatori in quartieri e zone che altrimenti non sarebbero raggiunti dai servizi territoriali.
  • L’operatore (lo si osserva dal lavoro di Monica nel film) si costituisce come figura ibrida, ausiliaria del soggetto, in grado di aiutare il paziente su più livelli, un po’ come fa un operatore di comunità residenziale, ma sul territorio; di fatto le ASL erogano anche altrove, non solo a Trieste, assistenza domiciliare: la differenza del modello triestino è appunto la presenza di luoghi in cui gli stessi bisogni vengono meglio intercettati e presi in carico in modo più puntuale

Quali sono dunque i punti di forza del modello triestino?

Abbiamo attraverso il Podcast de Il Foglio Psichiatrico iniziato un lavoro di raffronto dialettico tra modelli di presa in carico psichiatrica in paesi diversi. Per ora, abbiamo intervistato psichiatri provenienti da contesti molto diversi (Belgio, USA, Svizzera): il nostro obiettivo è valutare il modello italiano in confronto con i modelli stranieri, per capirne le caratteristiche e le aree di miglioramento.

Quello che sembra emergere è una sostanziale sovrapposizione per quanto riguarda ciò che avviene all’interno degli ospedali: qui, si lavora, bene o male, allineati su linee guida generali e senza  differenze sostanziali. La differenza, così sembra, la fa il territorio, quello che avviene nel momento in cui un paziente venga dimesso dall’ospedale e ritorni a casa, le modalità insomma del suo inserimento.

Troviamo qui molteplici differenze, a seconda del grado di territorializzazione della presa in carico psichiatrica di un determinato soggetto.

Il modello triestino non si limita in questo senso a predisporre un certo numero di colloqui, per esempio, di psicoterapia, da effettuare da parte del paziente quando questi sia tornato a casa, per un certo periodo, così da monitorare la situazione ed effettuare costanti follow-up.

Qui l’idea (e da qui il titolo del film documentario, La città che cura) è costruire un apparato infrastrutturale pervasivo, realmente presente, realmente supportivo, al fianco delle persone, restituendo così l’individuo alla sua comunità, nell’idea di una più utile domiciliarizzazione dei servizi.

Un aspetto che emerge dall’intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza, è la volontà da parte dei promotori del progetto di mettere insieme una filiera di servizi “forte”, che riuscisse a produrre un miglior livello di assistenza sul territorio per pazienti psichiatrici, così limitando le cronicizzazioni (quello che chiamamiamo lungodegenze, spesso inevitabili -pi che altro per mancanza di alternative); la forza di questi stessi servizi, Cogliati Dezza sottolinea, consta di un’attenzione particolare ai luoghi stessi in cui questi servizi vengono erogati (con sedi “dignitose”), una maggiore copertura in termini di orario (ricordiamo che a Trieste i CSM sono aperti 7 giorni su 7 e contengono posti letto per effettuare ricoveri brevi -fino a 7 giorni), un generale ripensamento dell’idea di “fare salute” mettendo al centro il paziente nel “suo” ambiente.

Anche per questo, il modello triestino può essere annoverato tra gli strumenti reificati, tra le idee “messe a terra” a partire dall’impulso teorico di Basaglia, insieme ad altre buone pratiche come il reinserimento eterofamiliare assistito (IESA), qui descritto, presente invece in tutta Italia.


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Article by admin / Editoriali / interviste, psichiatria, psicoanalisi, psicologia, psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia, raffaeleavico

2 May 2020

RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI


di Raffaele Avico

Psychiatry On Line compie, questo maggio, 25 anni: al suo interno conta più di 8400 pezzi scritti e più di 1800 video a tema psichiatria, psicoterapia, psicologia clinica e neuroscienze. La maggior parte degli accessi al sito di Psychiatry On Line, avviene via Google, tramite parole chiave a tema salute mentale, psicoterapia o psichiatria in generale. L’homepage del sito (che quest’anno verrà rinnovata, insieme al sito stesso), tuttavia, pubblica ogni giorno articoli inediti a opera di tanti operatori della salute mentale da tutta Italia, impegnati con la redazione in un “lavoro culturale” senza scopo di lucro a tema “psy” a partire dal 1995.

L’archivio video rappresenta, è bene ricordarlo, una risorsa per portata e quantità di contenuti senza eguali al mondo. Non esiste nessun altro contenitore che accorpi così tanto materiale in ambito di psichiatria e psicologia: l’archivio video spazia da interventi ripresi nel corso di conferenze, a interviste mirate, a rubriche individuali di grande interesse culturale a tema salute mentale. Vi si trovano interviste e speech ai più autorevoli rappresentanti del movimento psichiatrico e della psicologia clinica degli ultimi 20 anni, oltre che a ospiti di eccezione come Otto Kernberg, Antonio Damasio, Liliana Cavani.

Alcuni filoni o rubriche da riscoprire, sono:

  • il lavoro di approfondimento dell’opera di Jacques Lacan nelle parole di Antonio Di Ciaccia, uno dei più importanti lacanisti in Italia (tra l’altro al momento impegnato nella realizzazione di una serie proprio su Lacan )
  • le interviste a Eugenio Borgna
  • gli interventi di Vittorio Gallese (neuroni specchio)
  • un’intervista in tre parti a Giovanni Abbate Daga (disturbi alimentari)
  • gli approfondimenti di Jacco Seikkula sull’Open Dialogue
  • l’enorme playlist di video per l’evento genovese organizzato per il quarantesimo anno dalla legge Basaglia (180×40)
  • lo speciale Otto Kernberg
  • l’intervista a Benedetto Farina su “Sviluppi Traumatici” (trauma)
  • il vocabolario psicoanalitico di Franco de Masi (più di 120 video su parole/concetti chiave del corpus teorico psicoanalitico)
  • molteplici riprese di interi convegni SIP e SOPSI

Qui l’archivio delle Playlist create.

Ma Psychiatry on line è ancora, ovviamente, un archivio di più 8000 di testi raccolti in più di 25 anni. Per esempio (scelti da Francesco Bollorino):

  1. LETTERA A UN GIOVANE SPECIALIZZANDO IN PSICHIATRIA di Gilberto Dipetta
  2. VENGO A PRENDERTI IN DIREZIONE DEL SOLE di Maria Ferretti
  3. Una favola psichiatrica di Antonio Alberto Semi
  4. L‘AFFAIRE MILLER VERSUS RECALCATI. Intervista a Sarantis Thanopulos di Francesco Bollorino

Questa sera stessa (sabato 2 maggio 2020), inoltre, alle 20:30 verrà svolto un seminario online sul Canale Youtube della Rivista, su tema “salute mentale e coronavirus”. Qui la presentazione:

NOTA BENE: se ti interessano la psicotraumatologia, la clinica del trauma e le avanguardie di ricerca, abbiamo attivato un Patreon per fornire contenuti mensili su queste tematiche. Trovi qui i nostri reward!

Article by admin / Editoriali / neuroscienze, psichiatria, psicoanalisi, psicologia, psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia, raffaeleavico

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  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE”
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1)
  • FLOW: una definizione
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD)
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION?
  • PSICOFARMACOLOGIA STRATEGICA: L’UTILIZZO DEGLI PSICOFARMACI IN PSICOTERAPIA (FORMAZIONE ONLINE)
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA)
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum)
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO)
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm)
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING)
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al.
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura”
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF)
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA
  • SONNO, STRESS E TRAUMA
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.”
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE”
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI!
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA?
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF!
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO?
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA”
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRY EY
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO”
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE?
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA?
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI?
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE”
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI
  • SUL REHEARSAL
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI”
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA?
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO?
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA?
  • C’È UN EFFETTO DEL BILINGUISMO SULL’ESORDIO DELLA DEMENZA?
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA?
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA?
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE
  • IL PTSD IN VIDEO
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER?
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI?
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche?
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE?
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI?
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico)
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”.
  • IL CESPA
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017)
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI
  • IL CERVELLO TRIPARTITO: LA TEORIA DI PAUL MACLEAN
  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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