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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in psichiatria e psicoterapia

20 August 2024

TRAUMA E DISSOCIAZIONE: IL CONGRESSO ESTD DI OTTOBRE 2024, A KATOWICE (POLONIA)

di Raffaele Avico

Dal 10 al 12 ottobre 2024, a Katowice, in Polonia, si terrà un importante evento organizzato dalla ESTD, la European Society For Trauma and Dissociation.

Su questo blog abbiamo spesso parlato di trauma e dissociazione, riferiendoci anche all’AISTED, l’Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione, affiliata all’ESTD stessa; la European Society For Trauma and Dissociation è un macro-contenitore che negli ultimi anni ha visto un alternarsi di differenti presidenti da molti stati europei, al fine di costruire un dispositivo divulgativo il più possibile “democratico” e rappresentativo del movimento psicotraumatologico.

Il movimento per lo studio del trauma ha negli ultimi anni ha preso forza radicandosi in Europa, aiutando psichiatri e psicoterapeuti a superare la visione “intrapsichica” della sofferenza mentale, verso una giusta collocazione dei pazienti dentro il loro ambiente. Si tratta di riabilitare l’ambiente nel processo di indagine eziopatogenetica, di andare a cercare adattamenti problematici a contesti difficili, attaccamenti insicuri o disorganizzati, abusi fisici o psicologici -unici e violenti o “piccoli” ma ripetuti-, sindromi post-traumatiche e relative ricadute sul corpo, al fine di meglio inquadrare (e trattare) i disturbi stessi, nel modo più integrato possibile.

Il convegno avrà luogo a Katowice e sarà facilmente raggiungibili da Cracovia, durerà dal giovedì al sabato (dal 10 al 12 ottobre), e sarà anticipato da una giornata (il mercoledì) dedicata, per chi vorrà, a visitare i luoghi di interesse della zona, compreso il vicino campo di concentramento di Auschwitz/Birkenau, o quartieri di interesse storico in Katowice, come il Nikiszowiec. Dal giovedì al sabato, poi, si alterneranno nelle diverse sale del convegno, molteplici riferimenti europei (ed extraeuropei) in ambito psicotraumatologico, portando testimonianze e informazioni aggiornate sulla diagnosi e il trattamento delle più comuni forme di trauma e dissociazione.

Tra gli altri saranno presenti:

  • Eli Somer, lo scopritore del maladaptive daydreaming, una forma peculiare di disturbo dissociativo di cui qui avevamo scritto
  • Anabel Gonzalez, che negli ultimi anni ha rappresentato un riferimento per gli studiosi del trauma di tutta europa, oltre a esercitare ruoli di responsabilità per la ESTD
  • Sandra Baita, per  il trattamento delle sindromi post-traumatiche in età infantile
  • Suzette Boon, per le sindromi dissociative e la scala TADS-I, che presenteranno insieme ai nostrani Matteo Cavalletti e Maria Paola Boldrini (prossima presidente ESTD).

L’occasione si rivelerà importante per chi voglia approcciarsi al tema trauma in modo rigoroso e soprattutto integrato, potendo toccare con mano la complessità delle ricerche negli ultimi anni sviluppate, e “vedere” il mosaico di approcci al problema che i relatori potranno presentare durante le sessioni del convegno.

Non mancheranno, come prima accennato, riferimenti ai progressi della psichiatria psichedelica anche in relazione al trattamento del trauma: come sappiamo sono in corso studi sull’utilizzo di farmaci psichedelici per forme acute di PTSD resistente; in alcune aree del mondo come la Svizzera, già vengono impiegate sostanze psichedeliche a questo scopo.

Qui il programma in italiano.

Possono accedere anche non-membri dell’ESTD. Il costo pieno (per soci ESTD) è di 550€ dal vivo, e 350€ online: ci si può iscrivere qui.

Article by admin / Formazione / PTSD

3 August 2024

POPMed Talks #7: Francesco Sena (speciale Art Brut)

di Raffaele Avico

Francesco Sena è un artista contemporaneo con una lunga esperienza alle spalle in ambito di lavoro con pazienti psichiatrici e una vasta conoscenza in termini di storia e attualità della cosiddetta arte irregolare (Art Brut o Outsider Art).

In questa intervista ci ha parlato del suo lavoro per la struttura psichiatrica Il Porto di Moncalieri, della sua idea di lavoro con l’utenza psichiatrica, dell’importanza del “fare” arte senza troppo vincolarsi ai dettami -a volte rigidi- dell’arte terapia, e dei progetti che attualmente segue (come la galleria GliAcrobati di Torino).

Meritano un approfondimento alcuni degli spunti che Sena ci ha fornito nel corso dell’intervista, tra cui:

  • il progetto Gugging di Vienna
  • il lavoro di Tea Taramino
  • il lascito artistico di Giuliano “spasmo” Addari
  • il riferimento a una delle più conosciute opere di arte irregolare al mondo, conservata (ma non visibile) a Torino

La comunità terapeutica Il Porto ha negli anni contribuito alla diffusione delle opere generate dall’atelier aperto da Sena, attraverso diverse mostre aperte per lo più sul territorio torinese.

Dal catalogo pubblicato in occasione di una di queste (“Malamente”), estraiamo queste indicazioni scritte da Metello Corulli (fondatore del Porto insieme a Raffaella Bortino) sui “luoghi” da visitare per introdursi al tema “art brut”.

Corulli, venuto a mancare qualche anno fa, teneva in grande considerazione l’importanza di dotarsi di strumenti di simbolizzazione artistico/espressiva, al fine di meglio elaborare il disagio psichico.

Scrive (indicando luoghi da visitare in ambito Art Brut):

  1. Collezione Prinzhorn presso la Clinica psichiatrica dell’Università di HeidelbergLa Collezione conserva un patrimonio di dipinti ed opere realizzate da pazienti di ospedali psichiatrici tra 1°800 ed il 900, messa a punto dallo storico dell’arte e medico presso l’istituto di psichiatria dell’Università di Heidelberg, Hans Prinzhorn ( 1886 – 1933 ) tra il 1919 ed il 1921.
    La raccolta comprende circa 5.000 pezzi, prevalentemente disegnati a matita e pastello, ma anche dipinti con colori ad acqua ed a olio, lavori su tessuti, collage, testi scritti e sculture in legno. Si possono ammirare le espressioni artistiche di 435 pazienti/artisti di tutte le età, classi sociali e professioni, tra cui 80 donne, ricoverati con la diagnosi prevalente di “schizofrenia” in istituti psichiatrici della Germania, Svizzera ed Austria. Anche Italia ha contribuito alla collezione con opere provenienti da l’Aquila, Ceccano e da Roma. La collezione divenne subito nota tra gli artisti delle avanguardie: Paul Klee, Kubin, Max Ernst…
  2. Museo Waldau a Berna, fondato dal dr. Morghentaler per i lavori dei suoi pazienti.Paul Klee è stato tra i primi artisti ad accordare valore creativo a queste opere. Nel 1912, nei suoi Diari – tra i primi visitatori del museo – scrive “nell’arte si può ricominciare da capo […] Anche i bambini conoscono l’arte e vi mettono molta saggezza! Quanto più sono maldestri, tanto più ci offrono esempi istruttivi …. Fenomeni analoghi sono le creazioni dei malati di mente: sarebbe un insulto parlare in questi casi di ingenuità o di pazzia…”. Adolf Wolfli, considerato fra i più importanti artisti storici, ha vissuto 35 anni nella Clinica psichiatrica di Waldau
  3. Ospedale Psichiatrico Maria Gugging, Casa degli artisti, Klosterneuburg, (circa 20 km da Vienna ).Nel 1981 Leo Navratil giovane laureato ha aperto un padiglione all’interno dell’ospedale psichiatrico. Inizialmente egli riteneva che la produzione artistica di alcuni suoi pazienti (disegni, dipinti, sculture) potesse essere utilizzata a fini diagnostici e terapeutici; ben presto propende nel ritenere una modalita di espressione emozionale: La Galerie Nachst St. Stephen, una delle più importanti gallerie di Vienna ha ospitato la prima mostra degli “artisti del Gugging” Attualmente i loro lavori sono esposti in 180 musei in tutto il mondo e contesi da collezionisti privati. Attualmente la casa degli artisti è diretta dal Dr. Johann Feillacher. Ognuno degli ospiti che vi è stato ricoverato ha lasciato la propria impronta sui muri esterni e nelle stanze interne, che sono stati affrescati a più riprese.
  4. Museo di Antropologia ed Etnografia di TorinoFondato nel 1923 da Giovanni Marro (1875 – 1952), ex Direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Coregno, e fondatore dell’istituto di Antropologia dell’Ateneo Torinese, archeologo nelle campagne di scavi in Egitto. II Museo raccoglie numerose opere dei pazienti dell’Ospedale Psichiatrico di inizio secolo, tra cui un capolavoro dell’arte irregolare: Francesco Toris, brigadiere dei carabinieri, ricoverato con la diagnosi di paranoia, compie una imponente scultura di centinaia di ossa nell’arco di cinque anni, ossa provenienti dai pranzi della mensa, finemente cesellate in figure fantastiche e decorazioni, assemblate assieme. Per anni lo psichiatra chiede al paziente un qualche significato fino a quando Francesco, in una lettera, scrive: la rappresentazione del nuovo mondo.
  5. Collezione de l’Art Brut, LosannaLa ricerca iniziata nel 1945 da Jean Dubuffet di opere al di fuori dei circuti culturali e di tendenze alla moda è diventata negli anni sempre più corposa. Anche grazie all’attività della Compagnie de l’Art Brut, fondata dallo stesso Dubuffet assieme ad Andre Breton, Jean Paulhan e Michel Tapié. Dopo essere stata ospitta in Francia e negli Stati Uniti, dal 1975 la Collezione ha sede stabile a Losanna. Dubuffet ha anche coniato il termine Art Brut per indicare un arte praticata da coloro che, per una ragione o un’altra, sono sfuggiti al condizionamento culturale e al conformismo sociale: individui solitari, disadattati, ricoverati di ospedali psichiatrici, detenuti, emarginati… che comunque hanno prodotto opere altamente originali per contenuti ed opere.

Buon ascolto!

[-> continua su POPMed per l’intervista]


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Formazione / interviste

30 July 2024

LA (NEONATA) SIMEPSI E UN INTERVENTO DI FABIO VILLA SULLA TERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A LOSANNA

di Raffaele Avico

La neonata SIMEPSI ha da poco pubblicato un video sul suo canale youtube in cui il direttivo presenta la Società Scientifica, e invita uno psichiatra italiano e formatosi in Svizzera e ora di ruolo a Losanna, Fabio Villa, a raccontare la sua esperienza in ambito di terapia assistita da psichedelici. Interviene anche, nella fase finale del webinar, Henrik Jungaberle della Mind Foundation di Berlino, a proposito della formazione in PAP (psicoterapia assistita da psichedelici) erogata da Mind.

Presenti anche Gjergj Cerri (che aveva già scritto questo su questo blog) e Matteo Buonarroti, vicepresidente di SIMEPSI che qui avevamo intervistato.

L’intervento di Fabio Villa si configura come il più formativo e ricco di spunti.

Interessanti le osservazioni che Villa porta a proposito del “livello” di intervento del farmaco psichedelico, che sembra riuscire a intervenire sugli aspetti pre-simbolici e pre-linguistici di alcuni disturbi.

Chi lavora con pazienti affetti da disturbi gravi di ansia o da PTSD, si rende perfettamente conto di come i sintomi del disagio psichico persistono nonostante il paziente abbia razionalmente compreso le cause e ogni aspetto del disturbo stesso. Nonostante il lavoro sulla metacognizione sia eseguito alla perfezione, non sembra sufficiente per scardinare le risposte “automatiche” e “autonomiche” che alcuni disturbi portano con sé. Il farmaco psichedelico sembra intervenire su un livello più emotivo o come direbbero gli strategici percettivo/reattivo, inerente le risposte del corpo, senza passare dal linguaggio o dal semplice “pensiero a proposito del disturbo stesso”. La differenza che esiste insomma tra il “parlare” di un disturbo dell’attaccamento  -per esempio-, e vivere un’esperienza correttiva con qualcuno che ci possa far sperimentare dal vivo un modo “diverso”, e farcelo interiorizzare.

Ci troviamo all’interno di un luogo, di un ambito di “intervento” della psicoterapia non necessariamente misurato dal linguaggio, che ricorda la “psicoterapia con l’emisfero destro” di Schore, le metafore/aneddoti “terapeutici” di Milton Erickson, le suggestioni degli strategici, gli interventi sul corpo per il PTSD. Non sempre infatti la razionalità aiuta nel rileggere in modo terapeutico i disturbi: il potere della cura passa a volte da altro, da altre esperienze, dallo sperimentare modalità nuove, dal rileggere la propria situazione per via di metafore e immagini potenti (pensiamo solo all’immagine/concetto del confine interpersonale), dall’esporsi a situazioni temute (e qui rimandiamo agli articoli a proposito del lavoro di Emiliano Toso che su questo blog abbiamo più volte citato). Avevamo scritto in precedenza a proposito dell’inconscio non rimosso, il luogo di “deposito” delle esperienze primarie inerenti l’attaccamento, non rimosse perché pre-cognitive e pre-linguistiche, “incarnate” senza passare dal pensiero. I farmaci psichedelici promettono di poter “arrivare” anche lì in senso psicoterapico, “bypassando” per certi versi il pensiero stesso.

Estremamente interessanti le osservazioni fatte dai relatori a proposito della “ego death”, e su come il disturbo venga – a volte- fatto proprio dal paziente, e diventi un aspetto della sua identità/personalità: il lavoro con gli psichedelici aiuterebbe -anche- a lasciarlo andare, o a promuovere una dis-identificazione dallo stesso.

Qui il video:

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Article by admin / Formazione / psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale, PTSD

18 July 2024

L'”IMAGERY RESCRIPTING” NEL PTSD

di Raffaele Avico

PREMESSA: questo breve articolo è estratto da POPMed

60 pazienti diagnosticati con PTSD primario, trattati solamente con la tecnica dell’Imagery Rescripting. Quali risultati? Facciamo un passo indietro e diamo una definizione di Imagery Rescripting: si tratta di uno strumento della psicoterapia CBT finalizzato a cambiare la risposta emotiva alle memorie traumatiche modificando il contenuto delle immagini associate ad esse.

Si basa sull’idea che le memorie traumatiche siano immagazzinate sottoforma di immagini e che queste immagini possano essere accessibili e modificate attraverso tecniche di visualizzazione.

L’applicazione del protocollo prevede di guidare il paziente a immaginare l’evento traumatico in modo diverso, al fine di ridurre la risposta emotiva (la fear response) associato alla memoria, con l’obiettivo di creare una nuova immagine meno disturbante che possa essere utilizzata come alternativa alla memoria originale.

Al di là dei risultati dello studio in sé, troviamo riassunte nell’articolo che vi proponiamo le fasi dell’Imagery Rescripting, che sono 3 (da un’immagine tratta dall’articolo, tradotta):

  • Fase 1: i pazienti vengono invitati a immaginare un’esperienza traumatica dell’infanzia con gli occhi chiusi il più vividamente possibile dal punto di vista del bambino. Non appena vengono attivate forti emozioni legate al trauma, il terapeuta e il paziente passano alla fase successiva.
  • Fase 2: i pazienti entrano nell’immagine come adulti che assistono alla situazione e vengono incoraggiati a intervenire e fare ciò che ritengono necessario.
  • Fase 3: in cui i pazienti immaginano la scena nuovamente come un bambino e sperimentano l’intervento dell’adulto sviluppato nella Fase 2 dal punto di vista del bambino. 

Trovate qui l’articolo: Imagery Rescripting as a stand-alone treatment for posttraumatic stress disorder related to childhood abuse: A randomized controlled trial

PS sulle tecniche immaginative da usare per il trattamento del trauma, si veda anche questo. Sul trauma invece in generale, qui.

Article by admin / Formazione / PTSD

1 July 2024

Intervista a Francesca Belgiojoso: le fotografie in psicoterapia

di redazione POPMed

Abbiamo intervistato Francesca Belgiojoso, psicoanalista, a proposito dell’utilizzo dello strumento “fotografia” in ambito clinico.

Francesca ha svolto un periodo di formazione con Judy Weiser (di cui avevamo qui scritto in modo più esteso), e si occupa attivamente di formazione sul tema, sia in Italia che all’estero. Utilizza inoltre abitualmente la fotografia nel lavoro dal vivo e online: per queste ragioni ci è sembrato utile e interessante intervistarla.

La fotografia è un dispositivo che lo psicoterapeuta può utilizzare in differenti modi: come approfondisce la Belgiojoso in questa puntata di POPMed Talks, una delle modalità più utilizzate consiste nel chiedere al o alla paziente di scegliere alcune fotografie che abbiano per lui/lei un certo grado di salienza affettiva, un “punctum” che sappia triggerarlo/a per via di un impatto emotivo, e aiutarlo/a nel contesto della terapia a creare un contesto e una cornice di significato a quella stessa fotografia.

Una fotografia contiene molti elementi evocativi, dal contesto alla posa dei personaggi in essa contenuti, al panorama sullo sfondo, al momento in cui fu scattata, all’epoca in cui fu scattata, all’espressione degli individui ritratti, alla storia della fotografia stessa (chi la conserva? in che formato è stampata?).

Usare le fotografie internamente al lavoro di psicoterapia può rappresentare un valido strumento per complessificare gli argomenti affrontati con il/la terapeuta, per spingere a riflessioni ulteriori.

[continua su POPMed]

Article by admin / Formazione / interviste

24 June 2024

Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria)

PREMESSA: un approfondimento a cura di Andrea Zagaria dell’Università di Trento sul concetto di “attaccamento traumatico”, ovvero sulle consueguenze di “esperienze emotivamente soverchianti all’interno di una relazione di attaccamento”. Interessante osservare come si parli non solo di età infantile, ma anche di età adulta: “un’esperienza soverchiante in una relazione di attaccamento adulta può avere conseguenze simili alle esperienze soverchianti vissute da bambini”. (R. Avico)

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Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria)

A chiunque di noi è capitato di pensare di avere dei “traumi infantili”. Nella lingua parlata, l’espressione è ormai diventata di uso comune, spesso anche ironico: “Questa cosa mi ha fatto venire un trauma!” o “Lei deve avere proprio tanti traumi, se si comporta così!”.

In effetti, una delle principali scoperte della psicologia clinica è che le esperienze traumatiche, specie se situate con le figure importanti della nostra vita (es. madre, padre, partner, fratello, sorella), possono avere una grande ripercussione sulla nostra vita adulta. Janet, Breuer, Charcot e Freud, tra i principali fondatori della moderna psicologia clinica a fine Ottocento, si sono tutti dedicati, in diversi modi, allo studio delle esperienze traumatiche infantili e dei loro effetti.

L’assunzione che le esperienze infantili siano fondamentali per determinare la nostra salute mentale è rimasta un bagaglio teorico della psicologia clinica attraverso tutto il Novecento. Tuttavia, è solo dagli anni ‘80, e specificatamente dagli anni ‘90, che la ricerca scientifica ha cominciato a riprendere sul serio il concetto di trauma, e in particolare il trauma infantile.

Negli ultimi anni, in particolare, si è diffuso un nuovo concetto: quello di attaccamento traumatico, ossia di trauma legato al sistema di attaccamento. Definiremo precisamente cos’è più avanti; per ora ci basti sapere che indica una serie di conseguenze psicologiche derivanti da un’esperienza soverchiante che si verifica in una relazione in cui siamo vulnerabili, dipendenti e bisognosi di aiuto (una relazione di attaccamento, appunto). Il fatto che siamo “aperti” e “vulnerabili” e che ci aspettiamo aiuto e comprensione, ma riceviamo invece “indietro” qualcosa di disturbante, soverchiante e spaventoso, determina delle conseguenze disastrose sulla nostra salute mentale.

I modi in cui l’attaccamento traumatico si rende evidente da adolescenti ed adulti sono i più disparati: disturbi da dipendenza di sostanze, disturbi d’ansia, disturbi dell’umore tra cui depressione, disturbi post-traumatici, disturbi alimentari, disturbi di personalità… Insomma, un insieme molto eterogeneo.

I professionisti sanno bene che, tra gli altri, autori come Giovanni Liotti, Alan Schore, Jon Allen, Peter Fonagy, Patricia Crittenden e Julian Ford hanno parlato di attaccamento traumatico.

Tuttavia, questa nozione è per ora solo un’euristica clinica, ossia un concetto utile ai terapeuti che cercano di aiutare i loro pazienti. Vale a dire: i terapeuti che investigano le vite di coloro che soffrono molto da adulti spesso scoprono che queste persone sono state esposte a esperienze traumatiche quando erano molto giovani. Ed emerge anche che se si “aggiusta” il funzionamento del sistema di attaccamento attraverso la relazione terapeutica, queste persone stanno meglio.

Tuttavia, non è chiaro se, oltre ad essere un concetto clinico “retrospettivo”, l’attaccamento traumatico sia qualcosa di misurabile oggettivamente, qualcosa che può essere messo al vaglio della ricerca scientifica.

Chi scrive questo articolo ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a studiare il concetto di attaccamento traumatico.

Come ne hanno parlato i ricercatori? Come lo hanno reso misurabile? Che cosa ci dice, in sintesi, la letteratura scientifica a riguardo?

Abbiamo da poco pubblicato una rassegna proprio su questo argomento, sul giornale European Journal of Trauma and Dissociation, l’outlet ufficiale dell’European Society for Trauma and Dissociation. Dopo aver investigato in modo approfondito la letteratura, abbiamo scoperto qualcosa di inquietante e affascinante allo stesso tempo: nessuno è d’accordo su questo tema. La confusione regna sovrana.

Tutti sembrano parlare della stessa cosa o di fenomeni molto simili tra loro. Eppure, ognuno sa cosa accade esclusivamente nel proprio “giardinetto” e, nel migliore dei casi, ignora cosa viene fatto in un campo di ricerca “fratello”. Nel peggiore, lo conosce ma lo critica.

E così troviamo diversi concetti collegati tra di loro, come l’attaccamento disorganizzato nei bambini, lo stato della mente non risolto negli adulti, l’attaccamento “spaventato” misurato attraverso i questionari auto-compilati; ma anche il disturbo post-traumatico complesso, le esperienze infantili avverse, e infine la biologia e le neuroscienze del trauma. Per non parlare della teoria del trauma da tradimento, il trauma interpersonale, il trauma relazionale precoce…

Tuttavia, raramente qualcuno all’interno di queste tradizioni di ricerca cita o si rivolge a concetti nati in altre tradizioni “parenti”. Insomma, una sorta di “campanilismo” scientifico, che è tutto fuorché raro in Psicologia!

Il risultato? Una schiera di risultati in qualche senso connessi, eppure frammentari, contrastanti e in sostanza incommensurabili, cioè non “sommabili” l’uno con l’altro dal punto di vista della misurazione.

Una vecchia favola buddhista, risalente al VI secolo a.C., sembra descrivere bene la situazione.

La storia racconta di alcuni uomini ciechi alla nascita che vengono condotti a conoscere un elefante. Nessuno di loro ha mai potuto toccare o sentire parlare di un elefante prima di quell’occasione, quindi la loro conoscenza di questo animale è nulla. Dopo che si sono avvicinati, ogni cieco ha occasione di toccare una parte diversa del pachiderma. Ciascuno trae dunque le sue conclusioni, basandosi esclusivamente sulla parte che riesce a esplorare con le proprie mani.

Il primo tocca la zampa e conclude che un elefante è simile a un tronco d’albero; un altro tocca la coda e pensa che sia come un serpente; un terzo tocca l’orecchio e lo descrive come un enorme ventaglio, e così via. Le discussioni tra i diversi uomini ciechi su cos’è un elefante diventano quindi molto accese, ed essi finiscono per insultarsi l’un l’altro, arrivando talvolta alle mani.

Le tradizioni di ricerca sembravano apparire proprio come questi uomini ciechi.

Studiando ciascuna di queste diverse linee di ricerca, io e i miei colleghi abbiamo deciso di provare a chiarire chi stava studiando cosa. Chi è e come si chiama l’uomo che sta tendendo stretta la zampa? Che cosa significa, nell’economia della comprensione dell’elefante, tenere stretta solo la zampa? E come devono essere interpretati i racconti dell’uomo che è sopra l’elefante e sta toccando solo il suo orecchio?

Ovviamente, pensare di aver trovato l’elefante attraverso l’analisi accurata dei racconti di ognuno dei ciechi sarebbe trionfalistico e un po’ narcisistico. Qualcuno potrebbe anche accusarci una sorta di “apofenia”, ossia la tendenza di vedere collegate cose tra loro che in realtà non lo sono. Rispettosamente, dissentiamo.

Quello che speriamo di aver fatto è innanzitutto chiarire che ci sono sei uomini diversi, che spesso ignorano addirittura l’esistenza dei loro compagni, anche se l’oggetto di ricerca è sostanzialmente lo stesso.

In particolare, questi sei uomini sono stati categorizzati come segue.

Le prime tre linee, collegate alla tradizione dell’attaccamento, sono:

  1. L’attaccamento disorganizzato infantile, operazionalizzato nella Strange Situation Procedure (SSP)
  2. Lo stato mentale adulto non risolto/disorganizzato, emergente nelle trascrizioni dell’ Adult Attachment Interview (AAI)
  3. L’attaccamento adulto spaventato (“fearful”) della psicologia dellapersonalità/sociale, valutato tramite questionari auto-compilati

Le restanti tre linee di ricerca sono collegate agli studi sul trauma:

  1. Gli studi sul Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso (cPTSD), una sindrome clinica associata all’esposizione prolungata e sistematica a traumi cumulativi
  2. La linea di ricerca che studia le esperienze infantili avverse, prevalentemente tramite l’uso di questionari
  3. I lavori neuroscientifici e psicofisiologici riguardo la psicologia del trauma e specialmente del trauma relazionale precoce

Riconoscere questi “sei uomini” e evidenziare che essi potrebbero stare guardando lo stesso problema da sei angolature diverse è si è configurato come un primo significativo passo in avanti.

In secondo luogo, abbiamo cercato di chiarire quale parte dell’elefante ognuna di queste linee stava analizzando, cioè in che modo queste tradizioni di ricerca erano simili e in che modo erano diverse tra loro. Proprio grazie a questa opera di integrazione concettuale abbiamo cercato di delineare una possibile silhouette dell’elefante (fuor di metafora: l’attaccamento traumatico) e di offrirne una definizione.

La nostra nuova definizione di attaccamento traumatico recita così:

“Variabili e durature conseguenze biologiche, psicologiche e relazionali derivanti da una mancata codificazione e integrazione di esperienze emotivamente soverchianti all’interno di una relazione di attaccamento.”

La definizione può apparire complessa, e infatti va analizzata parola per parola, come abbiamo fatto nella nostra review. Ognuno di questi termini reca con sé un universo concettuale da spiegare e delimitare molto dettagliatamente. Purtroppo, questa sede non offre il necessario spazio per tale operazione, ma il lettore interessato potrà trovarla direttamente nel paper originale in inglese.

Tuttavia, vale la pena notare che abbiamo delimitato il costrutto di trauma a quello di “conseguenze”. In letteratura (anche tra esperti) vige la confusione più assoluta riguardo all’accezione di questo termine. Non è ben chiaro se esso indichi l’evento traumatico, l’emozioni soggettive esperite durante questo evento (es. terrore), o le conseguenze evidenziabili a breve, medio e lungo termine sul sistema psicosomatico dell’individuo (es. flashback, pensieri intrusivi, disregolazione affettiva, etc).

In questa definizione di attaccamento traumatico, abbiamo delimitato il concetto di trauma a quello di conseguenze.

Dopotutto, l’etimologia di trauma è proprio quella di “ferita”, e in questo senso il termine viene usato in medicina. Perché non utilizzare anche la stessa accezione in psicologia?

Un altro conundrum da sciogliere in letteratura era quello della delimitazione concettuale del sistema di attaccamento, ossia la motivazione profonda in ciascuno di noi a monitorare la presenza di qualcuno di fidato attorno a noi e a rivolgerci allo stesso per chiedere aiuto quando ci sentiamo minacciati.

Alcuni psicologi dello sviluppo pensano che questa motivazione sia investigabile quasi esclusivamente nei bambini e meno negli adulti. Altri, tra cui molti psicologi della personalità e alcuni clinici, pensano che invece sia presente anche negli adulti. Dopo avere analizzato il sistema di attaccamento dal punto di vista evoluzionistico, ontogenetico, biologico e cognitivo, abbiamo supportato la scelta che vede il sistema di attaccamento attivato – anche negli adulti! – qualora l’individuo si senta minacciato e sia incapace di porre fine alla minaccia in modo indipendente.

Per riassumere, la definizione proposta di attaccamento traumatico tenta di conciliare le diverse sfumature concettuali evidenziate da differenti filoni della letteratura, attraverso le due macro-tradizioni dell’attaccamento e del trauma.

L’attaccamento traumatico (“Variabili e durature conseguenze biologiche, psicologiche e relazionali derivanti da una mancata codificazione e integrazione di esperienze emotivamente soverchianti all’interno di una relazione di attaccamento”) è stato dunque inquadrato come un insieme diversificato di adattamenti a esperienze emotivamente soverchianti verificatesi all’interno di una relazione di attaccamento.

Una caratteristica distintiva dell’attaccamento traumatico è che esso implica divisione, o, in altre parole, dissociazione strutturale. Ossia, i ricordi traumatici sono dissociati peri- traumaticamente, ossia nel momento dell’esperienza traumatica, quando vengono codificati in parallelo nella memoria, in due sistemi non comunicanti (la memoria sensoriale/emotiva e memoria contestuale/cognitiva). Essi rimangono dis-integrati tra di loro a medio e lungo termine, esercitando il loro potere angosciante tramite la re-intrusione coatta nella coscienza proprio perché non comunicanti tra loro!

Le linee di ricerca collegate all’attaccamento disorganizzato e allo stato della mente non risolto dimostrano chiaramente come le memorie dissociate determinino i comportamenti infantili osservabili nella Strange Situation Procedure e i lapsus osservabili nei trascritti dell’Adult Attachment Interview.

Il conflitto avvicinamento-allontanamento e la paura dell’intimità mostrati negli individui con attaccamento “impaurito”/fearful studiati nella tradizione della psicologia della personalità, d’altro canto, sono facilmente ricollegabili anch’essi a tendenze compartimentate (“mi voglio avvicinare…ma voglio anche scappare!”).

La sezione sui correlati biologici del trauma dettaglia in profondità come la disintegrazione/dissociazione della memoria e del sé sia associata a una vasta gamma di correlati psicofisiologici, come un’attivazione abnormale del sistema ortosimpatico e parasimpatico, una sovrelevata attivazione dell’asse ipolatamico-ipofisario-adrenale, una mancata comunicazione tra le aree prefrontali e quelle limbiche, un malfunzionamento dei large-scale-networks collegati al senso di sé, alla attribuzione della salienza degli stimoli, e alla pianificazione dei compiti, e ad un’abnormale produzione di oppioidi ed endocannabinoidi. Per citarne solo alcuni.

Le conseguenze (traumatiche) – che si estrinsecano in un’ampia gamma di risultati a seconda delle variabili individuali e ambientali, tra cui il sesso, l’età di esposizione, il supporto sociale, il tipo di trauma (es. deprivazione o minaccia), etc.- possono essere ricondotte sotto lo stesso ombrello (l’attaccamento traumatico) a causa della natura evoluzionistica e biologica del legame di attaccamento. Quello che riunisce concettualmente queste esperienze insieme è che derivano tutte dalla disintegrazione della stessa relazione determinata evoluzionisticamente – il sistema di attaccamento!

La natura dell’attaccamento stabilisce infatti gli schemi interpersonali che guidano lo sviluppo della personalità – i famosi Modelli Operativi Interni (MOI). Se tali schemi sono dissociati, la vita dell’individuo ne è profondamente influenzata. Ne segue, logicamente, che l’attaccamento traumatico è concepito come una caratteristica strutturale e duratura di una persona.

Alcuni clinici sono tentati di applicare il concetto di attaccamento traumatico prevalentemente alla popolazione clinica. Tuttavia, riteniamo che questa nozione non debba essere confinata esclusivamente alla “patologia”. Gli approcci e evoluzionistici delle esperienze di vita precoce avverse sottolineano come l’AT possa essere inquadrato anche come un adattamento. L’attaccamento traumatico può essere vantaggioso in determinate circostanze, anche se tipicamente associato ad alti costi per la salute mentale di chi ne è affetto. Quello che succede tipicamente è che adattamenti efficaci in alcune fasi di vita (es. infanzia, adolescenza) diventano improduttivi, se non nocivi, in età adulta.

Inoltre, sosteniamo che, sebbene il paziente “tipico” con attaccamento traumatico sia colpito pervasivamente, potrebbero esistere forme “puntiformi” o “isolate” di questo fenomeno che non sono necessariamente legate a un funzionamento globalmente compromesso.

In seguito, dopo aver proposto la nostra nuova definizione di attaccamento traumatico, abbiamo dimostrato come esso potrebbe configurarsi come un nuovo paradigma di ricerca.

Come prima cosa, abbiamo proceduto nel chiarire come ognuna delle linee di ricerca si rivolge a questo primo da diverse prospettive.

Per esempio, l’attaccamento disorganizzato sembra essere esclusivamente una manifestazione comportamentale infantile dell’attaccamento traumatico.

Entrambi i concetti, tuttavia, mantengano la loro autonomia. Infatti, contrariamente a una diffusa vulgata, l’attaccamento disorganizzato (DA) è esclusivamente un set di comportamenti osservati sperimentalmente dai 12 ai 20 mesi di età e non una caratteristica diagnostica o un tratto che può persistere nell’età adulta. L’attaccamento traumatico, invece, rappresenta un concetto più ampio, e racchiude al suo interno le conseguenze psicobiologiche dovute a un’esperienza soverchiante avvenuta in una relazione di attaccamento, ed è collegato, ma indipendente, rispetto ai pattern infantili di approccio-evitamento e di paura del caregiver tipici dell’attaccamento disorganizzato.

Allo stesso modo, abbiamo cercato di chiarire tutte le altre sei linee di ricerca.

Il lettore può trovare tutte le distinzioni emerse dalla nostra review integrative nel paper online.

Infine, abbiamo proceduto a dimostrare come il concetto di attaccamento potrebbe portare a nuove predizioni empiriche.

Ricordiamo che, avendo definito il sistema di attaccamento come operante sia nei bambini sia negli adulti, ne consegue, almeno teoricamente, che alcune istanze di attaccamento traumatico possono avere radici non nell’infanzia, ma esclusivamente in relazioni di attaccamento adulte.

Proprio a questo riguardo esiste una forma di cPTSD non esplicitamente legata a traumi infantili, ma derivante dalla violenza subita da o agita verso un partner romantico (Intimate Partner Violence; IPV).

Le evidenze empiriche sembrano indicare che l’IPV non sia collegabile in modo inequivocabile a traumi infantili. Ossia: si può subire o agire IPV senza essere stati abusati durante l’infanzia (e in una quota considerevole di casi!).

Sebbene questo possa sembrare confondente a prima vista rispetto a tutto quanto abbiamo detto finora, è in realtà una prova a sostegno della nostra riconcettualizzazione di attaccamento traumatico. Un’esperienza soverchiante in una relazione di attaccamento adulta può avere conseguenze simili alle esperienze soverchianti vissute da bambini.

Alcune evidenze preliminari sembrano supportare la nostra previsione. Un recente studio mostra come i sintomi del cPTSD nelle vittime di IPV siano significativamente predetti dall’abuso nelle relazioni di attaccamento adulte, ma non dai traumi precedenti. Ovviamente, futuri studi dovrebbero approfondire la questione.

Per concludere: il concetto di attaccamento traumatico, come definito in questo documento (“conseguenze biologiche, psicologiche e relazionali variabili e durature derivanti dall’incompleta codifica e integrazione di esperienze emotivamente travolgenti all’interno di una relazione di attaccamento“), sembra non solo riconciliare con successo un insieme eterogeneo di tradizioni di ricerca, ma anche chiarire le loro differenze.

Riteniamo che la nostra formulazione abbia molti punti di forza:

  1. Si basa su un concetto biologico ed evoluzionistico: il sistema motivazionale dell’attaccamento. L’architettura biologica ed evoluzionistica dell’attaccamento è ciò che fa risaltare il concetto di attaccamento traumatico rispetto alle sue alternative (trauma relazionale, trauma da tradimento, ecc.) in termini di solidità e potere esplicativo.
  2. Non è centrata esclusivamente sulla patologia ma sottolinea anche il lato adattativo dell’attaccamento traumatico. Sebbene esso sia di norma una condizione indesiderabile legata a molte conseguenze negative, il suo lato adattativo va anche sottolineato.
  3. Implica una nuova predizione empirica, ossia la separazione concettuale tra l’attaccamento traumatico che si verifica nell’infanzia e quello che si verifica nell’età adulta. Anche se alcune evidenze sembrano sostenere la nostra visione, futuri lavori empirici dovrebbero indagare più a fondo quanto sia sostenibile.
  4. Infine, la nostra formulazione fa da ponte a linee di ricerche tradizionalmente separate e mira ad aprire il campo a un nuovo programma di ricerca. Questo programma aspira ad avvicinare la teoria dell’attaccamento e la teoria del trauma.

L’attaccamento traumatico è conosciuto da lungo tempo nella pratica clinica, sotto questo o altri nomi. Sebbene la pratica clinica abbia da tempo riconosciuto l’importanza fondamentale di questo concetto, la ricerca sembra non aver ancora catturato accuratamente questa intuizione. Con questo paper, speriamo di aver fornito un contributo in questa direzione.

Riferimenti Andrea Zagaria: Ig/tunonseimicanormale/, zagaria.andrea@gmail.com


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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10 June 2024

KNOT GARDEN (A CURA DEL CENTRO VENETO DI PSICOANALISI)

di Raffaele Avico

Riportiamo di seguito un estratto da un PDF in free download erogato dal Centro Veneto di Psicoanalisi.

Il Centro Veneto di Psicoanalisi da un po’ di tempo pubblica degli Ebook chiamati “Knot Garden”.

Il nome Knot Garden evoca una tipologia di giardino inglese, caratterizzato da molti sentieri tra di loro intersecati:

“Viaggiando per la Gran Bretagna si possono visitare alcuni knot (nodo) garden ricostruiti sulla base di disegni ed antecedenti di epoca elisabettiana. Si tratta di piccoli giardini costruiti in modo da poter essere percorsi in modo continuo in innumerevoli catene di vie: specie di labirinti senza un unico punto d’arrivo; intrecci di sentieri tra basse aiuole che possono essere percorsi senza mai perdere di vista l’insieme delle altre possibili strade”.

Il Centro Veneto di Psicoanalisi ha da anni avviato la pubblicazione di questi free ebook di pregevole fattura, e ricchi nei contenuti. In precedenza aveva pubblicato un lungo approfondimento su Melanie Klein, reperibile qui.

L’ultima loro fatica esplora il mondo della musica, comprese le tendenze più recenti, in rapporto al mondo dell’adolescenza e alle sue metamorfosi identitarie, spesso dolorose. Lo si può scaricare qui. Di seguito ne pubblichiamo un estratto a proposito della poetica dei Nirvana e di Kurt Cobain, suicidatosi 30 anni fa.

[..]

Rock e brandelli di sé

Faccio ora un salto in avanti di una quindicina d’anni, per parlare di due opere prime di gruppi che hanno fatto la storia degli anni Novanta, i Nirvana e i Cranberries, e dei loro leader, Kurt Cobain, morto suicida a ventisette anni, e Dolores O’Riordan, annegata a quarantasette anni in una vasca piena d’acqua, sola e ubriaca in una stanza d’albergo londinese.

Sono anni di grande fermento musicale: la nascita del grunge offre una nuova via identitaria al rock e, al contempo, molte cantanti si affermano grazie alla loro voce e alla loro capacità compositive; Kurt Cobain e Dolores O’Riordan sono i massimi esponenti di questi due fenomeni del mondo rock.

Nella loro storia di vita l’arte è un tentativo di prendersi cura di sé, di cercare in essa e nell’ascolto offerto dai fans un vello d’oro che possa alleviare il dolore causato dalle ferite traumatiche.

Bleach, il disco d’esordio dei Nirvana, raccoglie nella sequenza dei brani lo spirito degli adolescenti di quegli anni, attraverso quella distruttività e quella rabbia che sono l’essenza del grunge; ma la passione e il coinvolgimento che Cobain mette in ogni brano è il tentativo di “ricucire i brandelli di un sé” (Spagnolo e Northoff, 2022, 96) fragile che non reggerà il peso della vita e la pressione futura dello show business. Un giro di basso oscuro e claustrofobico apre l’album e Blew, una canzone abrasiva dove il sofferto cantato di Cobain, magistralmente supportato da un sound cupo e distorto, offre un’immediata risonanza musicale-affettiva del giovane cantante e dei suoi dolori, radicati nella traumatica separazione dei genitori e in un’adolescenza caratterizzata dallo sviluppo di gravi e persistenti dolori di stomaco – di probabile origine psicosomatica – e abuso di sostanze, in una realtà di provincia che generava il senso claustrofobico che pervade non solo questa canzone ma tutta la breve discografia dei Nirvana.

Kurt Cobain e tutto il movimento grunge esprimono il senso di disillusione, cinismo e rabbia della cosiddetta generazione X, quella dei figli dei figli dei fiori ma, a mio parere, questo non è sufficiente a spiegare la forza espressiva della loro musica, a partire da Bleach, un disco che è il tentativo di prendersi cura di sé attraverso l’arte, recuperando “qualche elemento traumatico in modo da poterlo assimilare in una struttura rappresentazionale e simbolica più evoluta. Ma se la struttura del sé è sfilacciata dalle troppe discontinuità vissute nel corso dell’esistenza, questo movimento di recupero fallisce continuamente” (Spagnolo e Northoff, 2022, 100). Assimilare il trauma in una rappresentazione: questo è stato il tentativo di artisti come Jim Morrison e Kurt Cobain e di molte altre rockstar morte troppo presto o all’apice del successo, troppo fragili come personalità per poter elaborare i traumi attraverso il solo processo di rappresentazione. Cobain utilizzò nel corso degli anni dell’adolescenza la scrittura e il disegno nel tentativo di contenere e dare una forma al suo malessere: in questi diari, scannerizzati e pubblicati nel 2003, caratterizzati da una modalità stream of consciousness – come si può vedere nell’immagine riportata qui sotto – si trovano anche le prime bozze dei testi di alcune canzoni che verranno messe in musica e pubblicate in seguito: la musica rock, con la compresenza di più forme d’arte (scrittura, musica, canto), viene pensata come uno spazio transizionale più resistente del semplice diario; come uno spazio multidimensionale in cui offrire una forma elaborativa più profonda alla sofferenza.

Nella sua lettera d’addio Kurt scriverà che era dall’età di sette anni che provava odio verso tutti gli umani: a quel periodo risale la separazione dei suoi genitori, vissuta con profonda vergogna e intensa rabbia dal figlio; perché Kurt Cobain “non era una rockstar, era un ragazzo che contro la sua volontà era diventato un simbolo” (Vites, 2022, 85), tentando di trovare quel contenimento affettivo, vissuto e poi perduto in infanzia, attraverso la sua opera creativa.

“Mi è andata bene, molto bene, e ne sono grato, ma da quando ho sette anni, sono diventato pieno di odio verso l’umanità in generale. Solo perché sembra così facile per la gente andare d’accordo. Solo perché amo e mi dispiace troppo per le persone probabilmente. Grazie a tutti dal profondo del mio bruciante nauseato stomaco per le vostre lettere e la preoccupazione negli anni passati. Sono un bambino troppo incostante e lunatico!” (Brano tratto dalla lettera d’addio di Kurt Cobain).


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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3 June 2024

Costanza Jesurum: un’intervista all’autrice del blog “bei zauberei”, psicoanalista junghiana e scrittrice

di Raffaele Avico

Nel corso di questa nuova puntata di POPMed Talks, intervistiamo Costanza Jesurum del blog “bei zauberei”.

Costanza è una psicoanalista junghiana formatasi nel contenitore dell’AIPA, appassionata di studi di genere, autrice di diversi volumi (raccolti qui).

Le abbiamo chiesto a proposito del suo blog, di come possa essere -il blog- uno strumento in aiuto del lavoro dell* psicoterapeuta, di come “scrivere aiuti a studiare”, e quali teorie psicodinamiche trovasse più utili nel suo operare quotidiano.

[qui l’intervista su POPMed]

 

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29 May 2024

LA SVIZZERA, CUORE DEL RINASCIMENTO PSICHEDELICO EUROPEO

di Raffaele Avico

É stato da pochissimo pubblicato un documento che contiene le linee guida per la psicoterapia assistita da psichedelici in Svizzera, a cura del Gruppo di Interesse Svizzero Terapia Assistita da Psichedelici. 

Il Gruppo di Interesse Svizzero Terapia Assistita da Psichedelici si è formato nel 2023 dalla fusione di tre realtà svizzere già esistenti, l’Association Professionnelle Suisse pour les Psychédéliques en Thérapie (ASPT), la Société Suisse de Médecine Psychédélique (SSMP) e l’Associazione Medica Svizzera per la Terapia Psicolitica (SÄPT), che esiste dal 1985.

Sulla realtà svizzera avevamo qui intervistato Federico Seragnoli: al momento rappresenta -la Svizzera- uno dei 3 luoghi al mondo dove la psicoterapia può in effetti essere integrata con farmaci a base psichedelica. Gli altri due sono -per ora- il Canada e l’Australia.

Il documento rappresenta una buona introduzione alla realtà svizzera, essendo molto ben chiarito il contesto (anche storico) e le prospettive future del “rinascimento psichedelico” europeo; contiene inoltre le considerazioni provvisorie che gli addetti ai lavori si spingono a fare in senso clinico.

Viene anche ben sviluppato il tema “formazione” in ambito di psichedelia (qui per approfondire).

Riportiamo qui di seguito uno stralcio delle linee guida, tradotte in italiano da Christine Meier e Luigi Pintus, reperibili qui per intero: Raccomandazioni_di_trattamento_PAT

In fondo, un estratto dalle linee guido a proposito dell'”integrazione“, un processo di ri-lettura e “assunzione” delle esperienze fatte durante il “trip” psichedelico.

[…]

Uso terapeutico degli psichedelici in Svizzera

Tra il 1988 e il 1993, alcuni medici – tutti membri della SÄPT – sono stati autorizzati dall’UFSP a trattare i pazienti con LSD e MDMA (Gasser, 1996). Dopo una lunga pausa, nel 2014 la Svizzera è diventata l’unico Paese al mondo a consentire all’autorità sanitaria nazionale (Ufficio federale della sanità pubblica, UFSP) di autorizzare, caso per caso, il trattamento con LSD e MDMA e, dal 2021, anche con la psilocibina.

La base è costituita da un articolo di esenzione della legge sugli stupefacenti (articolo 8, comma 5 della NarcA), secondo il quale l’autorizzazione può essere concessa in casi eccezionali per le sostanze che rientrano nel livello di divieto più elevato (lista d), se si tratta di un “uso medico limitato” di malattie gravi. La PAT non è un trattamento di prima scelta, ma viene presa in considerazione solo per le persone che si sono già sottoposte a diverse altre terapie psicoterapeutiche o psicofarmacologiche senza successo duraturo.

In alcuni casi, per questi trattamenti, è stato utilizzato anche il termine “uso compassionevole”, in quanto vengono utilizzati solo dopo aver esaurito i metodi abituali e spesso in pazienti con malattie minacciose o terminali. In termini normativi, tuttavia, il termine uso compassionevole si riferisce all’uso temporaneo di un medicinale non ancora autorizzato in pazienti al di fuori di uno studio di autorizzazione parallelo. Per questo tipo di trattamento, lo sponsor dello studio (l’azienda farmaceutica) deve presentare la domanda di utilizzo a Swissmedic. Tuttavia, l’uso medico limitato degli psichedelici non avviene generalmente in parallelo a uno studio di autorizzazione parallela (in Svizzera) e non viene effettuato su richiesta di uno sponsor e approvato dall’UFSP.

In termini normativi, la PAT in Svizzera è un “uso medico limitato” di una sostanza altrimenti vietata, basato su un’autorizzazione eccezionale dell’UFSP. Dal punto di vista terapeutico utilizziamo il termine “terapia assistita da psichedelici” (PAT). Oltre alla sua adeguatezza in termini di contenuto, la PAT ha il vantaggio che questo termine si sta affermando a livello internazionale.

Attualmente (autunno 2023), la PAT legale al di fuori degli studi approvati è possibile nel mondo solo in Svizzera, Australia (dal 1° luglio 2023, terapisti selezionati, uso dell’MDMA per il PTSD e della psilocibina per la depressione) e Canada (terapisti selezionati, uso della psilocibina per il trattamento palliativo dei pazienti oncologici). In Messico e in Canada esistono anche cliniche specializzate nell’uso dello psichedelico atipico ibogaina per il trattamento della dipendenza da op- pioidi, e in alcuni Paesi del Sud America sono stati creati centri che combinano l’uso sciamanico- indigeno o sincretico legale dell’ayahuasca con approcci psicoterapeutici.

In Svizzera, dal 2014 sono state rilasciate più di 1000 licenze per uso medico limitato a circa 60 medici. Si stima che siano stati effettuati circa 2000-3000 trattamenti psichedelici con MDMA, LSD e psilocibina. Attualmente sono disponibili dati concreti per gli anni dal 2016 al novembre 2023 incluso: Durante questo periodo, ci sono state in totale 1051 autorizzazioni (autorizzazioni iniziali e prosecuzioni), di cui 351 per l’MDMA, 338 per l’LSD e, negli anni 2021-2023, 362 per la psilocibina (informazioni dell’UFSP, al dicembre 2023).

Le autorizzazioni sono valide per un paziente e per una sostanza specifica per un periodo di un anno, con possibilità di proroga se il processo terapeutico lo richiede e viene concessa una nuova autorizzazione. La decisione sul dosaggio della sostanza, sulla frequenza delle sedute psichedeliche, sul setting e sulla forma e intensità della psicoterapia di accompagnamento, spetta al titolare dell’autorizzazione eccezionale e al suo progetto terapeutico individuale.

Da quasi dieci anni l’UFSP rende possibile l’esecuzione di trattamenti assistiti da psichedelici in Svizzera su una scala non trascurabile. Nel 2019 l’UFSP ha commissionato un rapporto di esperti che fornisce informazioni sullo stato e sugli scenari di sviluppo del trattamento con psichedelici (Liechti, 2019).”

[…]

Integrazione

L’integrazione delle esperienze psichedeliche è stata oggetto di grande attenzione solo negli ultimi anni, e in alcuni casi le relative conoscenze vengono insegnate in seminari appositamente creati. In sostanza l’obiettivo è quello di utilizzare un’esperienza psichedelica approfondendone la comprensione e trasferendola nella vita quotidiana. In particolare, le esperienze difficili (talvolta definite colloquialmente “bad trip”), i processi emotivi incompiuti, l’intensificazione delle paure, la disperazione, la frustrazione, il dolore intenso, la rabbia, o simili, necessitano di un lavoro terapeutico per essere compresi e classificati. L’integrazione può essere intesa anche come un processo di cambiamento nel tempo, che a volte può avvenire in modo inconsapevole. I processi di integrazione e di elaborazione iniziano già durante l’esperienza psichedelica quando, verso la fine dell’effetto acuto, il pensiero razionale, analitico e categorizzante torna in primo piano rispetto al pensiero associativo, creativo e intuitivo precedentemente predominante. I pazienti iniziano a ricapitolare e a riflettere su ciò che hanno sperimentato. In determinate circostanze possono anche verificarsi conversazioni più brevi o più lunghe con il terapeuta o con altri partecipanti al gruppo.
Questo processo può essere sostenuto e reso consapevole, almeno in parte, dalla psicoterapia di accompagnamento e da vari metodi di centratura e di calma, come la meditazione, il tempo trascorso nella natura, o qualsiasi processo creativo (come dipingere, fare musica). I pazienti possono anche essere incoraggiati a scrivere un diario e un riassunto descrittivo subito dopo l’esperienza psichedelica, che potrà essere discusso in terapia.

[..]

Qui per il documento: PDF.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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9 May 2024

Un’alternativa alla psicopatologia categoriale: Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP)

PREMESSA: su questo blog avevamo già parlato di HiTOP qui. Qui invece un’intervista fatta a Simone Cheli a fine 2021, su questi temi e altro. (R. Avico)

di Simone Cheli (PhD; Department of Psychology, St. John’s University, Roma)

Tra tutti i tentativi di rispondere alla crisi dei modelli diagnostici in psicopatologia, il Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP) è uno dei più recenti.

HiTOP nasce infatti meno di 10 anni fa (Kotov et al., 2017: Cicero et al., 2024) come un gruppo di ricercatori interessati a supportare una prospettiva dimensionale. In breve, l’idea di fondo (che ritroviamo anche nel modello alternativo di diagnosi dei disturbi di personalità del DSM-5) è quella di soppiantare le diagnosi basate su un modello tradizionalmente medico con una prospettiva nuova

Prendiamo due esempi. La Corea di Hungtington è attribuibile ad un profilo sintomatologico preciso e confermata solo e soltanto dalla presenza di una mutazione del gene IT15. Queste caratteristiche permettono chiaramente di identificare una categoria diagnostica discreta (sì o no) e totalmente ripetibile (almeno da chiunque sia in grado di sequenziare il gene in questione). Se invece io devo formulare un profilo diagnostico di un paziente con prominenti sintomi depressivi, rischio di aprire il vaso di Pandora. Può sussistere una depressione maggiore conseguente ad un disturbo di adattamento alla fine di una relazione. Oppure i sintomi in questione (e la possibile diagnosi di depressione maggiore) corrispondono allo stato di vuoto di un paziente con disturbo narcisistico di personalità, ma al contempo quello stesso disturbo di personalità può essere in comorbidità con un disturbo evitante di personalità che esacerba tali sintomi attraverso meccanismi fobico-sociali…

Tutti noi che ci siamo progressivamente uniti ad HiTOP Consortium riteniamo che una prospettiva basata su dimensioni organizzate gerarchicamente sia non solo più utile al clinico, ma anche più coerente con i dati ad oggi raccolti.

Da un lato, molti clinici riconoscono sempre di più come esistano dei profili “macro” che possono spiegare l’eterogeneità e variabilità dei sintomi. Si pensi a come almeno un paziente su due con sintomi depressivi abbia anche sintomi ansiosi. Questo ha portato autori come David Barlow a sviluppare protocolli terapeutici transdiagnostici per i disturbi emotivi nel suo insieme e ad individuare un tratto di personalità trasversale e duraturo che corrisponde al nevroticismo (Sauer-Zavala & Barlow, 2024) Dall’altro lato, i numerosi studi meta-analitici condotti da HiTOP e altri gruppi di ricerca suggeriscono come esistano delle dimensioni latenti a tutti i sintomi psicopatologici e queste dimensioni sono organizzabili gerarchicamente in macro-fattori (definiti spectra o super-spectra).

Nel linguaggio di HiTOP abbiamo a che fare con lo spettro internalizzante (pazienti che internalizzano la sofferenza mostrando primariamente disturbi emotivi), lo spettro esternalizzante (pazienti che esternalizzano la sofferenza mostrando primariamente forme di disregolazione), i disturbi del pensiero o il super-spectrum psicosi (riferibili a disturbi in cui è a rischio l’esame di realtà) e simili.

Tutte queste dimensioni convergerebbero su quello che da molti è stato definito il fattor p, ovvero un generale rischio di manifestare psicopatologia.

Per quanto le analisi condotte lascino ancora spazio a numerose interpretazioni (e non siamo tutti concordi su queste!), è interessante notare come siano sempre di più le convergenze tra studi clinici e studi meta-analitici.

Gli spectra di HiTOP sono facilmente sovrapponibili alle dimensioni del modello alternativo del DSM-5, al Five Factor Model, nonché ai modelli di concettualizzazione e trattamento dei disturbi in età evolutiva. Non solo, sempre più clinici sviluppano protocolli spectrum-specifici come Barlow e colleghi per il nevroticismo, il nostro gruppo di ricerca per la schizotipia e tanti altri (Cheli & Lysaker, 2023).

Infine, il costrutto di fattore p è stato più volte ripreso da autori come Fonagy e Bateman e messo in relazione a fattori di funzionamento come la mentalizzazione o la fiducia epistemica.

In futuro è da augurarsi che la ricerca si concentri su due ambiti. Il primo è quello dello sviluppo di strumenti di assessment basati su modelli dimensionali come HiTOP (è in corso di validazione il protocollo HiTOP Self Report o HiTOP-SR). Il secondo corrisponde invece all’uso di HiTOP e altri modelli dimensionali e gerarchici nella pratica clinica a partire da protocolli validati sino ad uno uso pragmatico da parte dei singoli clinici nel loro quotidiano.

Bibliografia

Cheli, S. & Lysaker P.H. (2023). A dimensional approach to schizotypy. Conceptualization and treatment. Springer.

Cicero, D. C., Ruggero, C., Balling, C., Bottera, A. R., Cheli, S., Elkrief, L., … Thomeczek, M. L. (2024). State of the Science: The Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP). Behavior Therapy, Online publication. Qui il link

Sauer-Zavala, S., & Barlow, D.H. (2024). Nevroticismo. Una nuova concernice per i disturbi emotivi e il loro trattamento (A cura di S. Cheli). Fioriti Editore.

Kotov, R., Krueger, R. F., Watson, D., Achenbach, T. M., Althoff, R. R., Bagby,… Zimmerman, M. (2017). The Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP): A dimensional alternative to traditional nosologies. Journal of abnormal psychology, 126(4), 454–477. https://doi.org/10.1037/abn0000258

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18 April 2024

INTERVISTA A FEDERICO SERAGNOLI: IL VIDEO

di Raffaele Avico

Il gruppo di interesse sulla psicopatologia di Aisted ha organizzato un incontro con Federico Seragnoli, psicologo e dottorando a Ginevra, a proposito della psicoterapia assistita da psichedelici.

Seragnoli descrive la realtà di Ginevra, il rationale di intervento per i pazienti in cura, come accedere a un servizio di questo tipo (offerto solo ai cittadini svizzeri), le sue impressioni su questo tipo di pratica.

Offre inoltre molti spunti di riflessione e approfondimento sul tema.

Per chi volesse, il video è qui sotto disponibile.


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3 April 2024

UN FREE EBOOK (SUL TRAUMA) IN COLLABORAZIONE CON VALERIO ROSSO

di Raffaele Avico

In collaborazione con Valerio Rosso, abbiamo pubblicato un free ebook sul Trauma e sulla dissociazione, con diversi link di approfondimento, e la grafica realizzata da Andrea Pisano.

Qui l’indice, e in fondo il link per poterlo scaricare.

Qui per scaricarlo (sul blog di Valerio Rosso).

Article by admin / Formazione / psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia, PTSD

28 March 2024

GLI INCONTRI DI AISTED: LA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A GINEVRA (16 APRILE 2024)

di Raffaele Avico

Il 16 aprile 2024 alle 19 via Zoom e accessibile a tutti, AISTED ha organizzato un incontro con Federico Seragnoli, psicologo e dottorando presso Hôpitaux Universitaires de Genève (HUG), a proposito dell’uso terapeutico delle sostanze psichedeliche.

Attualmente in Svizzera (e in pochi altri luoghi in Europa) viene usata la psicoterapia assistita da psichedelici: come sappiamo l’MDMA è studiato da anni come possibile aiuto farmacologico nel contesto della cosiddetta “fase 2” del trattamento delle sindromi post-traumatiche, essendo in grado di predisporre la mente a un miglior lavoro di esposizione ai ricordi traumatici, mitigando le risposte di allarme.

Federico ci racconterà della sua esperienza in Svizzera, delle sue osservazioni a riguardo, del suo lavoro come psicologo in quel contesto.

L’incontro verterà sulle seguenti domande:

  • Federico, ci racconti chi sei e di cosa ti occupi? Quali sono i progetti che porti avanti con il tuo gruppo di lavoro?
  • Parliamo del tuo lavoro in ambito psichedelico: Ginevra sembra essere l’unico luogo in Europa dove la psicoterapia assistita da psichedelici è erogata al pubblico. Ci spieghi com’è possibile e come funziona l’iter?
  • Come si svolge, nel concreto, una sessione? Ci racconteresti qualcosa di un caso da te seguito?
  • Quali sono i professionisti coinvolti in un percorso di psicoterapia assistita, e quali sono i razionali di intervento (disturbi-target, principio di funzionamento della PAP, e risultati attesi?)
  • Ci daresti un parere personale sulla psicoterapia assistita da psichedelici, e sul rinascimento psichedelico in generale?
  • Spunti di approfondimento (siti, film, libri, articoli, gruppi di lavoro in ambito di ricerca, etc.)?

Qui la pagina per iscriversi sul sito AISTED.


Altro su questo blog a proposito di psichedelia e psichedelici:

  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO)
  • VERSO L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL PTSD
  • RUBRICA: TERAPIE PSICHEDELICHE
  • PHENOMENAUTICS

Article by admin / Formazione / neuroscienze, psichiatria

21 March 2024

La teoria del ‘personaggio’ nell’opera di Antonino Ferro

di Raffaele Avico

Antonino Ferro è uno dei pochi psicoanalisti che in Italia hanno sviluppato e approfondito una teoria del personaggio che sia funzionale in modo diretto all’ambito clinico.

I personaggi che cita Ferro, come si vedrà, hanno il compito di esemplificare attraverso il loro modo di essere situazioni emotive confuse (come quando per esplicitare un clima molto teso in seduta immagina alcuni cowboys in un saloon), oppure possono essere considerati come proiezioni di oggetti interni che descrivono ciò che il paziente sente emotivamente durante la seduta.

L’utilizzo del personaggio occupa buona parte della teoria elaborata da Ferro; nelle sue opere emerge l’importanza attribuita a questo strumento teorico: si ha l’impressione che l’intera impostazione dell’analisi venga largamente influenzata e indirizzata dal fattore personaggi.

Il tema dell’utilizzo del personaggio viene qui ripreso a partire da come essi furono pensati dalle origini della psicoanalisi, cioè da Freud in poi.

Successivamente l’attenzione si focalizza sulle modalità con cui Ferro considera il personaggio all’interno del campo d’analisi; al termine di questa lettura vengono proposti cenni di esempi clinici, per illustrare in pratica la funzionalità di questo strumento terapeutico.

Tracce storiche riguardo all’utilizzo del personaggio

La psicoanalisi ha per lungo tempo evitato di occuparsi dell’utilizzo del personaggio in ambito clinico.

Nella teoria di Antonino Ferro, come si è visto, è spesso sottolineato quanto l’ambito della narratologia e quello della psicoanalisi siano legati dall’utilizzo di strumenti clinici comuni, come le storie terapeutiche, la metafora o appunto il personaggio.

La narratologia ha compiuto un percorso relativo al personaggio legato allo studio della fiaba e della favola: è stata progressivamente sottolineata l’importanza del “ruolo” del personaggio e della sua “funzione” all’interno dell’intreccio narrativo.

In ambito clinico il personaggio assume peculiare importanza già dagli inizi – per esempio nelle opere di Freud – , ma è considerato in modo molto differente da come viene attualmente teorizzato: con il maturare delle teorie psicoanalitiche, infatti, assumerà molteplici sfaccettature e significati differenti.

Nella teoria di Antonino Ferro viene analizzata l’evoluzione dell’utilizzo del personaggio in psicoanalisi: l’Autore propone tre principali “tappe” di questo percorso (Ferro stesso sottolinea che in realtà una distinzione così netta sia da considerarsi artificiosa, anche se utile); le tre fasi proposte da Ferro sono:

  • modello freudiano
  • modello kleiniano
  • modello relazionale insaturo.

Il modello freudiano

Ferro descrive la modalità con cui storicamente il padre della psicoanalisi considerava i personaggi che prendevano vita durante la seduta psicoanalitica.

La tecnica terapeutica degli inizi era orientata principalmente sulla necessità, da parte dell’analista, di ricostruire e portare al ricordo del paziente una serie di situazioni traumatiche che erano state rimosse. Il terapeuta si presentava quindi come una sorta di archeologo con il compito di analizzare il materiale rimosso affiorato a livello dell’Io (la nevrosi per Freud era da collocare nell’affiorare indistinto e confuso del materiale rimosso a livello dell’Io).

Nella teoria di Freud, all’interno del racconto portato dal paziente, i personaggi emersi dovevano essere considerati come “nodi in una rete di rapporti storici”, cioè erano funzionali all’analisi delle dinamiche interpersonali passate del paziente.

Si vede quindi come in quest’ottica essi assumano la valenza di persone reali con cui il paziente ha avuto un qualche rapporto in passato.

Il personaggio da questo punto di vista è come una “persona viva” a cui vanno attribuiti tratti psicologici e caratteriali ben definiti.

Ferro fa notare inoltre che questo tipo di approccio “fortemente realistico” si inserisca nella tendenza narratologica dell’epoca secondo cui il personaggio era da considerarsi come detentore di un’esistenza propria nella fabula (in questa visione la narrazione e i suoi personaggi riproducono in modo fedele la realtà).

L’analista (Freud) deve quindi ricondurre tutti i personaggi che nascono dal contesto terapeutico alla realtà passata del paziente. Ferro cita il caso clinico dell’Uomo dei lupi, in cui Freud riconduce i personaggi/lupo osservati in sogno alla scena primaria vissuta molti anni prima dal piccolo paziente. Si vede quindi come l’approccio freudiano debba ricondurre tutti i personaggi (compresi quelli del sogno) a persone reali coinvolte in avvenimenti accaduti nel passato.

A proposito del sogno, Ferro sottolinea che

“Il traguardo ermeneutico è raggiunto quando il personaggio diventa, a tutti gli effetti, persona: quando cioè cade la finzione narrativa e il re, finalmente, come nella fiaba, appare nudo” (Ferro A., 1999, p. 99).

Se nel sogno compaiono dei personaggi, essi devono essere considerati come finzioni narrative, e necessitano dell’interpretazione dell’analista per “spogliarsi”, riprendendo così il loro statuto reale, storico.

Ferro propone una riformulazione della definizione di modello freudiano: parla di modello a forte impronta realistica delle comunicazioni (ibidem, p. 101).

Una riflessione interessante è fatta dall’Autore in proposito alla natura del personaggio, che da antropomorfo passa lentamente – in narratologia come in psicoanalisi – ad assumere forme differenti: può diventare “qualsiasi elemento figuratizzativo a livello superficiale che si pone come unità sintattica profonda” (ibidem, p. 101).

Naturalmente un personaggio non antropomorfo verrebbe ricondotto nella prospettiva di Freud ad una persona in carne ed ossa esistita nella realtà storica del paziente.

Il modello kleiniano

Il secondo modello a cui Ferro fa riferimento, riguardo l’utilizzo del personaggio, è quello da lui stesso definito kleiniano.

In questa visione il personaggio che entra in seduta appartiene al mondo interno del paziente, e lì deve essere ricondotto.

Questo tipo di concezione del personaggio si riferisce come è intuibile all’approccio terapeutico adottato da Melanie Klein a riguardo all’introiezione di oggetti “buoni” o “cattivi” a partire dalle relazioni esterne. Qui le problematiche del paziente sono da analizzare a livello di oggetti interni introiettati, che “appaiono” esteriormente attraverso proiezioni difensive.

Questo aspetto della teoria della Klein si traduce in termini di teoria del personaggio nel senso che essi devono essere considerati in realtà come dei “doppi da ricondurre all’unità”, cioè proiezioni di vissuti emotivi interni.

Questa seconda modalità di concepire il personaggio in seduta, originata da una ripresa della teoria kleiniana, trova il suo corrispettivo in narratologia nelle opere attinenti al tema del doppio o dell’alter ego (Ferro cita l’interesse per la dimensione dell’ombra nella fiaba di Andersen, il Sosia di Dostoevskij o il Clandestino di Conrad).

Nell’ambito della psicoanalisi è chiaro come considerando il personaggio un oggetto interno al paziente (o anche all’analista, se si considera il campo come prodotto da entrambi), emerga la necessità di creare un codice comunicativo più generalizzabile (Ferro, 1997).

Il personaggio comincia ad essere considerato come possibile strumento comunicativo nel campo d’analisi.

Se si considera il primo modello, freudiano, e il secondo, kleiniano, i personaggi possono essere definiti come rispettivamente referenziali e commutatori.

Queste due definizioni si trovano nell’opera di Hamon (1972), anche se sviluppate in ambito narratologico: i personaggi pensati da Freud sarebbero referenziali in quanto appartenenti al mito e alla storia e dotati di un coefficiente di realtà assai elevato; quelli kleiniani invece commutatori in quanto spie dell’autore e delle sue idee (in questo caso l’autore del personaggio sarebbe in analisi il paziente stesso).

Ferro ridefinisce il termine approccio kleiniano, e parla di modello a forte impronte fantasmatica focalizzata sul mondo interno del paziente (Ferro, 1999).

Compito dell’analista sarà quello di tradurre le fantasie inconsce, poiché i personaggi ad esse rimandano, e non di costruire una storia in cui questi siano nodi relazionali o cause scatenanti di conflitti.

Il modello relazionale insaturo

Ferro rintraccia le origini storiche di quest’ultimo approccio alla teoria del personaggio nel pensiero di Bion e dei coniugi Baranger.

Nelle teorie di questi autori, ripresi nel loro aspetto più propriamente relazionale, è rilevabile un utilizzo del personaggio come indicatore del funzionamento della relazione emotiva attuale analista – paziente.

Secondo Ferro, Bion e i Baranger prenderebbero in seria considerazione la necessità per la coppia analitica di comunicarsi in tempo reale l’andamento della relazione a livello comunicativo / affettivo.

Da questo punto di vista la natura del personaggio che compare in seduta può essere pensata come una riproduzione “artistica” della relazione.

Ferro fa notare che nel considerare i personaggi come ologrammi affettivi si viene a creare una situazione comunicativa in cui il paziente e soprattutto analista non sono vincolati dalla necessità di interpretare ciò che accade in seduta.

Nella prospettiva freudiana e kleiniana, infatti, il paziente invia un messaggio all’analista che deve interpretare “in direzione della realtà”. A questo obiettivo primario sottostanno necessariamente le altre dinamiche analitiche.

Da questo terzo vertice osservativo, invece, paziente e analista lanciano entrambi dei messaggi relativi alla comunicazione che si risolvono poi nell’emergere in seduta di un personaggio.

Ê quindi una relazione maggiormente paritetica, poiché “sia il paziente che l’analista sono contemporaneamente emittenti e destinatari” (Ferro, 1999, p. 105) del messaggio analitico.

Essi sono in questa prospettiva entrambi “padri” del personaggio che emerge nel campo: è un personaggio

“Privo di un aspetto dato, oggettivo, in quanto viene articolato progressivamente attraverso il reciproco gioco dialogico e proiettivo del paziente e dell’analista” (Ferro A., 1999, p. 106).

Si configura una situazione analitica di cooperazione interpretativa, poiché la storia che si crea nel campo assume molteplici aspetti grazie al continuo alternarsi di personaggi e alla plasticità di questi.

Ferro a questo proposito sottolinea come il testo psicoanalitico sia aperto a infinite negoziazioni di significato e, a differenza di quello letterario che nello svilupparsi perde aperture e possibilità narrative, con il procedere dell’analisi nuovi personaggi entreranno sicuramente in gioco aprendo la strada a nuovi “mondi” possibili.

É interessante la definizione data dall’Autore a questa dinamica letteraria:

“[…[Tanto stimolante quanto delicata, contemporaneamente ricca e precaria, e soprattutto libera dalla necessità di giungere a un traguardo narrativo definitivo” (Ferro A., 1999 p. 108).

Il personaggio è creato a “quattro mani”, e questo gli conferisce maggiore mutevolezza: diviene uno spazio importante di proiezione e allo stesso tempo solidifica la relazione terapeutica, poiché ci si “allea” attraverso il parlare di qualcun altro (o qualcos’altro, nel caso di un personaggio non antropomorfo).

La definizione di approccio relazionale insaturo si riferisce all’impossibilità per analista e paziente di caratterizzare in modo definitivo lo statuto del personaggio, che non diventa mai “reale” o “troppo finito”, ma si trasforma con le dinamiche relazionali della coppia analitica.

Riprendendo una definizione data da Ferro, si può dire che

“Il personaggio diventa fluida fantasmatizzazione di coloriture emotive e affettive, di emergenze orografiche e di onde della geografia trasformazionale del campo” (Bezoari, Ferro, 1990, 1991, Ferro, 1994, 1996, in Ferro A., 1999, p. 109).

Ferro aggiunge che è possibile pensare questa teoria del personaggio, oltre che presente all’interno della relazione analista-paziente, anche all’interno della dinamica di gruppo; in questo caso nel campo gruppale si attiveranno dinamiche psichiche da cui poi prenderanno vita particolari personaggi.

Il personaggio in narrazione e psicoanalisi

Nell’introduzione storica all’utilizzo del personaggio si è visto come la psicoanalisi abbia progressivamente modificato ed esteso il modo di utilizzare in seduta questo strumento teorico narrativo.

Tuttavia lo sviluppo della teoria del personaggio in ambito psicoanalitico è sempre stato in coda a quello delle teorie del personaggio in ambito narrativo-narratologico.

Come si è visto Ferro parla di tre principali tendenze in ambito narratologico: una prima tendenza si riferisce allo studio psicologistico del personaggio, che ha un proprio spessore emotivo.

Un secondo raggruppamento è costituito dagli autori che studiano il personaggio all’interno delle leggi di funzionamento del testo, cioè ne visualizzano la funzione e il ruolo subordinati alla trama. Infine, secondo Ferro, esiste una terza tendenza narratologica che pensa il personaggio come prodotto dell’interazione tra testo e lettore (nel senso che quest’ultimo partecipa alla costruzione e alla “significazione” del testo).

La teoria di Ferro prende necessariamente ispirazione da come viene considerato il personaggio in ambito narratologico.

Può essere utile fare un confronto tra la visione del personaggio nei due diversi ambiti, psicoanalitico e letterario.

Innanzitutto è da sottolineare che il personaggio utilizzato in letteratura assume importanza in base a ciò che fa: sono vincolanti per costruire il romanzo le azioni dei personaggi. In psicoanalisi invece il paziente parla di personaggi che si muovono, ma il terapeuta considererà fondamentali più che altro le motivazioni che stanno alla base di queste dinamiche narrative. É più importante svelare ciò che sta dietro all’azione, in modo poi da leggere il romanzo storico sotto una luce differente.

Un fattore che differenzia ulteriormente i due ambiti è il fatto che le vicende in cui si muovono i personaggi letterari hanno schemi mutevoli e ruoli che si modellano a seconda delle esigenze narrative.

Nell’ambito della psicoanalisi invece è la nevrosi stessa a impedire che i personaggi modifichino il proprio ruolo e assumano funzioni differenti nel contesto narrativo: il testo in seduta si presenta come più rigido e inizialmente immobile poiché “quello psicoanalitico è un racconto che pare non avere soluzioni, e che è in attesa di un senso” (Arigoni. e Barbieri, 1998).

A proposito dei ruoli che intercorrono tra i personaggi nell’ambito psicoanalitico e in quello letterario è possibile trovare una terza e importante differenza rispetto a come si modificano gli schemi narrativi a riguardo.

L’obiettivo primario della psicoanalisi è infatti quello di formulare una nuova gestalt che annulli gli schemi narrativi presenti nel setting, nel senso che deve essere cancellato – in quanto patologico – il modo di pensare al rapporto tra i vari personaggi nel campo.

In ambito letterario invece questi schemi non vogliono essere demoliti e ricostruiti, ma modificati a seconda della trama.

In altre parole, quello fatto in analisi è un intervento più massiccio che riformula i rapporti tra i vari personaggi: essi verranno pensati in un’ottica nuova che permetta al paziente di attribuire un senso alla sua sofferenza. Nell’ambito letterario invece i personaggi e il rapporto tra essi mantengono una plasticità che in ogni caso non può e non deve essere stravolta.

La teoria del personaggio pensata da Antonino Ferro

Antonino Ferro propone una teoria del personaggio che si rifà ai modelli teorici presentati nell’introduzione storica (freudiano, kleiniano e relazionale).

Il personaggio che entra nel campo viene considerato da Ferro come potenzialmente visualizzabile alla luce di tre prospettive: può rimandare al romanzo familiare del paziente, al suo mondo interno o alla relazione attuale analista – paziente.

Il primo approccio fa sì che si possa pensare al personaggio da un vertice storico–referenziale: se una paziente in seduta portasse un vissuto di frustrazione legato all’impossibilità di raggiungere l’orgasmo, per esempio, da questo punto di vista la problematica verrebbe analizzata nel suo aspetto più concreto, cioè legato alla fisicità della coppia e senza rimandi alle dinamiche oggettuali interne. Questo primo approccio rimanda alla teoria freudiana e al suo considerare i personaggi in seduta come nodi relazionali o cause di conflitti interpersonali nel passato del paziente.

Accanto a questa modalità “esterna” di considerare il personaggio in seduta, Ferro colloca il vertice osservativo kleiniano, quello cioè che focalizza l’attenzione sul mondo interno del paziente.

Per riprendere l’esempio di prima, è plausibile pensare che il personaggio “orgasmo con penetrazione” (in questo caso il personaggio non assume natura antropomorfa), rimanderebbe all’aspetto dei “rapporti intimi profondi”, e l’ ”impossibilità di raggiungere l’orgasmo” verrebbe interpretata dall’analista come una difficoltà a provare piacere all’interno di questi ultimi.

Si nota come il problema sessuale esterno possa essere considerato, in questo secondo approccio, interno al paziente, cioè attinente alle sue dinamiche intrapsichiche.

Questa modalità di considerare il personaggio utilizzata da Antonino Ferro rimanda al modello storico kleiniano: il personaggio è una proiezione di un oggetto interno (una madre svalutante potrebbe essere pensata in questa prospettiva come una tendenza svalutante del paziente: una madre in realtà interna, introiettata), così come un conflitto o un problema legato al personaggio è in realtà legato a una problematica psichica profonda.

Ferro sottolinea come questi vertici osservativi debbano essere accostati e posti su uno stesso livello di efficacia clinica: sarebbe irrealistico pensare l’esistenza di un’interpretazione più “vera” di un’altra.

É interessante sottolineare che nel campo entrano anche il paziente e l’analista stessi, come personaggi: “il paziente che racconta” e l’ ”analista che ascolta”, l’ ”analista che si impone” o il “paziente che non accoglie i rimandi”, e così via.

Il terzo vertice osservativo da cui Ferro considera il personaggio è quello relativo alla relazione analista-paziente in seduta.

In questo caso l’Autore sostiene che l’analisi debba essere considerata come una sorte di pieces teatrale ideata a quattro mani dalla coppia analitica, e i personaggi in seduta i protagonisti di questo evento narrativo.

Il personaggio viene inserito all’interno di uno spazio “terzo”, virtuale, che funziona da spazio proiettivo: in base alle proiezioni portate nel campo l’analista potrà ipotizzare l’andamento emotivo della seduta.

Secondo Ferro l’utilizzo del personaggio permette di utilizzare la seduta come un esteso sogno di controtransfert (va ricordato che Ferro, riprendendo Bion, considera l’attività del sogno operativa anche durante la veglia).

Questo significa che la seduta, come un sogno, permette di “rivelare” dinamiche psichiche appartenenti al paziente e proiettate sull’analista e di descrivere il campo in termini emotivo-relazionali. Com’è intuibile la modalità di analisi di questo materiale controtransferale avverrebbe in modo privilegiato attraverso l’analisi dei personaggi.

Si è visto a proposito dell’approccio relazionale (storicamente riferito alle teorie di Bion e dei coniugi Baranger), che i personaggi sono pensati come ologrammi affettivi o nodi sincretici emotivi nel campo. Ferro a queste definizioni aggiunge quella di aggregato funzionale .

Ferro ricorre a questa riformulazione teorica contrapponendola al concetto storico di parte personificata utilizzato dalla Klein, per cui inevitabilmente il personaggio apparterrebbe a solo uno dei membri della coppia analitica. Questa definizione permette di sospendere il giudizio sull’appartenenza all’analista o al paziente del personaggio in seduta.

Si vede quindi come Ferro riprenda i tre approcci teorici storici sulla teoria del personaggio (Freud / Klein / Bion-Baranger).

L’innovazione rispetto al passato è che l’Autore propone di utilizzare insieme i tre approcci così da scegliere di volta in volta, e in base al contesto del campo, come interpretare lo statuto del personaggio.

Prima di intervenire con un’interpretazione – che magari saturerebbe il significato in modo prematuro – è necessario pensare al personaggio come ad un attivatore di significati e storie diverse.

Si vede quindi come la segnalazione di un vettore emotivo relazionale nel campo avvenga attraverso dialetti differenti, ognuno con personaggi diversi al suo interno (può avvenire per esempio attraverso un dialetto legato al “posto di lavoro” o a un “rapporto amoroso” o ancora a una “cronaca di viaggio”, e così via).

Ferro aggiunge ai tre approcci narrativi sopra citati un quarto livello osservativo, che si riferisce appunto a un essere “senza memoria e senza desiderio” (Bion, 1962), cioè un approccio aperto a più letture e combinazioni possibili rispetto al significato del personaggio.

Se questo venisse considerato aprioristicamente come persona reale appartenente al passato, per esempio, si creerebbe una situazione di colonizzazione e saturazione del testo (Ferro, 1996): è necessario aspettare che sia lo stesso paziente, attraverso il suo dialetto, a condurre l’analista verso l’approccio più fecondo per quel determinato frangente analitico.

Ferro sostiene infatti che il non aderire aprioristicamente a un modello interpretativo rende

“[…]Impossibile la decodificazione di un messaggio e possibile solo la costruzione di una storia, che avrà la caratteristica di essere necessaria alle due menti” (Ferro A., 1996 p. 40).

Tutto questo avviene solo se l’analista si pone in un atteggiamento di ascolto ed è disponibile a lasciarsi trasportare dalle emozioni e dalle esigenze relazionali del paziente.

In questo modo i personaggi che quest’ultimo porta nel campo sono lasciati liberi di muoversi e di assumere una forma definita che espliciti il “senso” di cui sono portatori.

Nella seduta assume quindi importanza l’aspetto del silenzio dell’analista, che non è più solamente funzionale all’ascolto e alla comprensione del paziente ma riveste un ruolo importante per la “liberazione” e lo “svelamento” del dialetto del paziente.

Ferro, parlando in prima persona, descrive situazioni analitiche in cui rinuncia all’interpretazione per lasciare spazio al dialetto del paziente: sceglie di tacere.

Il silenzio diventa uno spazio importante anche per la liberazione dei già citati flash visivi, cioè allucinazioni “allo stato nascente” che il paziente porta nel campo in forma pittografica (elementi a non elaborati, per utilizzare i termini di Bion).

Si vede quindi come l’Autore proponga un modello analitico basato sulla non colonizzazione del testo del paziente e sull’ ascolto dell’ascolto (si configura un’analisi controtransferale fatta attraverso i personaggi portati in seduta).

Un’ulteriore definizione data da Ferro al personaggio è legata al concetto di analista come “catalizzatore” di elementi b: da questo punto di vista il personaggio sarebbe una nominazione delle identificazioni proiettive del paziente, quindi uno “sfogo” di elementi b che nel campo vengono metabolizzati o “condensati” in un personaggio, per poi emergere nella seduta.

É possibile pensare che il paziente riversi nel campo una quota di elementi b, che questa venga assimilata dall’analista, e che poi il prodotto di questa dinamica prenda forma visibile e narrabile in seduta.

Se questo processo di assunzione (rêverie in termini bioniani) non avviene in modo proficuo, il campo lo segnalerà attraverso l’entrata in scena di un certo tipo di personaggio.

Il personaggio assume in questo caso la funzione di segnalatore delle fratture della comunicazione, o più spesso comunica quando c’è stata in analisi ciò che Ferro definisce un’ “ipersaturazione” del senso.

Ferro porta molti esempi clinici a riguardo: per esempio racconta di come, a seguito di un suo intervento da egli stesso definito “accademico” e iper-saturante, una paziente di quindici anni avesse portato in scena l’immagine di “un uomo con i baffi che con un grosso bastone colpiva e feriva un cucciolo fino ad ucciderlo”; in questo caso la paziente attraverso il personaggio segnala un’attività interpretativa eccessiva, che genera persecuzione.

Si vede come la funzione del personaggio sia assimilabile per certi aspetti a quella del derivato narrativo; va ricordato che nel campo il personaggio si crea a partire da elementi a allo stato grezzo che assumono una forma; questa è anche la genesi del derivato narrativo.

Esempi di utilizzo del personaggio nella pratica clinica di Ferro

Ferro inserisce nei suoi lavori molteplici casi clinici che illustrano e chiarificano alcuni dei suoi concetti teorici più importanti, come l’importanza di un’interpretazione insatura o appunto l’utilizzo del personaggio.

Nell’articolo apparso sulla «Rivista Italiana di Psicoanalisi» Due autori in cerca di personaggi (1992), Ferro porta un esempio clinico che contiene l’utilizzo di questo strumento clinico da parte dell’analista per superare una situazione di impasse in seduta.

La paziente racconta una storia di vita difficile: ha svolto per molti anni la professione di prostituta d’alto bordo; infine si è sposata, ma vive nel timore che il marito lo abbia fatto per interesse, poiché lei ora è molto ricca e in passato è stata mantenuta da più uomini.

La paziente non riesce inoltre a riconoscere il marito come padre di suo figlio, avuto da una precedente relazione.

Ferro racconta a questo punto di aver portato sulla scena analitica una serie di personaggio legati al mondo di Topolino (il “dialetto” di Topolino): utilizza il personaggio Paperone per l’ “avarizia”, Paperino per le “sfortunate vicissitudini” e i Bassotti per i “temuti furti”; sceglie questo “genere” narrativo per dare un riconoscimento alla parte bambina della paziente, che sembra addormentata (l’utilizzo del personaggio è in questo caso volto a modificare una parte interna).

Insieme alla paziente riscrive poi la storia legata al suo romanzo familiare, cosa che permette a questa di ricordare una serie di situazioni in cui il marito aveva inaspettatamente manifestato interesse per il figlio e per un lavoro comune in una fattoria.

Questo sbloccherà nel tempo la situazione di impasse.

L’Autore racconta di aver messo in discussione nell’ambito di questo caso clinico la teoria per cui “un’analisi è comunque tentabile, purchè vi sia una richiesta”, a causa di forti vissuti di frustrazione.

Col procedere della terapia e l’uscita dall’impasse rileggerà questa sua “tendenza a cambiare modo di vedere” come un’assunzione delle identificazioni proiettive provenienti in realtà dalla paziente.

É da sottolineare che qui è l’analista a mettere in gioco nel campo alcuni personaggi; molto spesso questi emergono da soli o provengono dal paziente. In questo caso il personaggio è utilizzato sia per ricostruire la storia di vita della paziente che per risvegliare un oggetto interno addormentato.

Un cenno tratto da un secondo caso clinico può esemplificare ulteriormente la modalità con cui Ferro utilizza i personaggi: l’Autore propone un’esercitazione interpretativa a partire dal frammento “mia madre non vuole prendere il cane perché ha troppo da lavorare”.

I personaggi sono la “madre”, il “cane” il “troppo lavoro”, la “paziente che racconta”e l’ ”analista a cui è rivolto il racconto”.

Distinguendo i tre approcci presenti nella teoria di Ferro, nel primo modello la “madre” è quella reale esterna, il “cane” quello reale esterno e il “lavorare” si riferisce all’attività professionale della madre. La paziente si lamenta del fatto che sua madre non abbia disponibilità per il cane.

Nel secondo modello (kleiniano) la “madre” e il “cane” potrebbero essere pensati come parti della paziente, immagini interne proiettate: quindi la “madre impegnata” verrebbe considerata come la capacità materna della paziente inadeguata rispetto alle aspettative, e il “cane” come la sua parte più animale. Il “troppo lavoro” sarebbe una modalità di lavorare dell’analista, ritenuta inadeguata agli aspetti più primitivi (il cane).

Infine, prendendo in considerazione il terzo vertice osservativo, la “vignetta” clinica presentata rimanderebbe a un’incapacità da parte dell’analista di farsi carico degli aspetti della relazione più primitivi, cioè legati a emozioni non ancora metabolizzate.

Si vede quindi come a partire dallo stesso testo si possa interpretare utilizzando tre modelli differenti: l’importante per Ferro è che essi vengano considerati come aventi la stessa importanza ed efficacia clinica.

Importante sarà per l’analista riuscire a passare da un modello all’altro senza perdere elasticità ed eclettismo interpretativo, a scapito dei miglioramenti clinici del paziente (Ferro parla di “combinatorie narrative assolutamente esponenziali”).

Un tentativo di mappatura dei personaggi

Ferro propone un pratico espediente clinico per riuscire a visualizzare l’alone semantico delle interpretazioni fatte in seduta dall’analista.

L’Autore propone di assegnare ad ogni personaggio emerso in seduta una tesserina (porta come esempio Il castello dei destini incrociati di I. Calvino, 1973), in modo da rilevare chiaramente il numero e la natura dei personaggi che compaiono nel corso del colloquio.

L’analista dovrà poi assegnare per ogni personaggio/tesserina una striscia di colore differente a seconda che interpreti rifacendosi al primo, al secondo o al terzo modello (quindi interpretando come reale, interno o relazionale il personaggio/tesserina considerato).

Una volta attribuiti a ogni personaggio una tessera e un colore (Ferro suggerisce il rosso per aver interpretato il personaggio come reale, giallo per un oggetto interno e verde per un personaggio relazionale – ologramma affettivo), l’analista potrà farsi un’idea della maggiore o minore presenza di un certo colore, e quindi cogliere tutti i mondi possibili “occlusi”.

Questo consentirebbe una sorta di semaforizzazione delle letture della seduta, un capire come essa è stata “siglata” più frequentemente.

Ferro sottolinea in questo modo la necessità per l’analista di monitorare costantemente la sua stessa attività interpretativa, così da non “fissarsi” troppo a lungo su un solo stile interpretativo.

Tornando all’aspetto “pratico” di questo tentativo di mappatura, Ferro propone di aggiungere per ogni tesserina una S o una I in base alla natura dell’interpretazione, cioè Satura o Insatura.

Attraverso la combinazione di questi tre elementi – cioè la tesserina, il colore e il tipo di interpretazione S/I – , l’Autore sostiene si possa ottenere l’indice di relazionalità del campo, cioè un’immagine chiarificata di quanto paziente e analista effettivamente “comunichino” in seduta.

La sessualità come personaggio

Un aspetto particolare della teoria psicoanalitica di Antonino Ferro si riferisce alla possibilità di considerare la sessualità come un personaggio.

In questo senso le comunicazioni inerenti alle problematiche sessuali vengono considerate nella teoria dell’Autore come “narrazioni dell’accoppiamento tra le menti” (Ferro, 1999).

Ferro si propone di utilizzare le comunicazioni di sessualità come tramite per approfondire il funzionamento della mente umana: sottolinea come nella maggioranza dei casi all’interno della stanza d’analisi vengano portati racconti inerenti alla sessualità (non considerando l’aspetto dei transfert eroticizzati o degli agiti sessuali in seduta).

Sottolinea inoltre come nell’ambito della psicoanalisi la sessualità abbia sempre conservato un posto privilegiato sia per ragioni storiche (a Vienna, negli anni della nascita della psicoanalisi, la sessualità era ciò che veniva più condannato e rimosso), che per ragioni “di setting” (analista e paziente fanno in analisi, utilizzando le parole di Ferro, “solo e continuamente sesso”, nel senso che si rapportano l’uno con l’altro attraverso una modalità di funzionamento ♀♂).

La sessualità viene considerata nella teoria di Ferro come personaggio o articolazione tra personaggi, e può essere pensata come attinente a tre ambiti

  • può riferirsi alla sessualità esterna agìta dal paziente, o a quella infantile (quindi si rifà al “prima “ e all’ ”altrove”)
  • può essere considerata come un aspetto interno al paziente (sessualità reale interna)
  • può essere vista come una narrazione all’interno del campo sul campo: un visualizzare attraverso un racconto sulla sessualità l’andamento emotivo relazionale della coppia analitica.

Ferro riprende quest’ultimo punto di vista e lo approfondisce: parla infatti di una sessualità come incontro tra gli elementi β portati dal paziente e la funzione α contenitiva dell’analista.

Si riferisce quindi alla dinamica ♀♂, cioè al rapporto tra oggetto e contenitore: l’aspetto interessante di questa concettualizzazione è che i personaggi legati alla sessualità che appaiono in seduta sono rinarrazioni di questo funzionamento, cioè rimandano alla gestione dei pensieri da parte dell’analista e alla comunicazione di essi attraverso le oscillazioni PS-D (Ferro, 1999).

Per fare un esempio clinico, Ferro porta come personaggi una vagina asciutta ed un’eiaculazione precoce, che potrebbero rimandare in seduta rispettivamente a una “possibile asciuttezza del campo e quindi a un rapporto doloroso” e ad un’ ”esplicitazione di significati precipitosa che tolga il gusto della condivisione”.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Formazione

14 March 2024

Psicoterapia assistita da psichedelici: intervista a Matteo Buonarroti

di Raffaele Avico

Abbiamo intervistato Matteo Buonarroti, primo medico italiano – per ora – ad aver completato il training, organizzato dalla Mind foundation a Berlino, sulla psicoterapia assistita da psichedelici..

Matteo ci ha raccontato di aver deciso per una “svolta” in senso professionale in area salute mentale, dopo alcuni anni di pratica come Medico di Medicina Generale. L’interesse per l’area psichedelica e per la psichiatria d’avanguardia, lo hanno portato poi a frequentare un corso di due anni a Berlino, il cui programma può essere recuperato qui.

In Europa, al momento, non esistono altre realtà che erogano training certificato della durata di due anni: negli Stati Uniti sono più presenti, per esempio il corso organizzato da CIIS, o da NAROPA.

Buonarroti ci ha fatto notare che il corso è stato incentrato sugli aspetti teorici e “preparatori” inerenti l’uso di psichedelici in psicoterapia, tenendo conto che non è ancora previsto che la psychedelic therapy si possa applicare su pazienti al di fuori dei contesti di ricerca -tranne in pochi paesi come l’Australia, la Svizzera e qualche stato in USA.

Al momento, come prima accennato, l’unico luogo in Europa dove la psicoterapia assistita da psichedelici è praticata su soggetti umani, è la Svizzera, a Ginevra (si veda questa intervista a Federico Seragnoli).

Matteo ci ha inoltre fornito di alcuni spunti per poter introdurre alla questione e approfondire, tra cui Magic Medicine su Netflix, e il documentario La Sostanza – Storia dell’Lsd.

Ci ha inoltre raccontato dei più attivi e seri gruppi di ricerca sul tema, come il gruppo della John Hopkins University (il più antico) o quello del King’s College a Londra (documentato nel prima citato documentario Magic Medicine, in cui compare anche il “famoso”” tossicologo David J. Nutt, ci cui abbiamo già parlato qui su POPMed).

La puntata è riservata agli iscritti al servizio POPMed, e la si recupera qui.

Qui altro sul “rinascimento psichedelico”.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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  • Il ripassone. “Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea”, di Giorgio Nespoli 20 February 2025
  • PSICOGENEALOGIA: INTRODUZIONE AL LAVORO DI ANNE ANCELIN SCHÜTZENBERGER 11 February 2025
  • Henri Ey: “Allucinazioni e delirio”, la pubblicazione in italiano per Alpes, a cura di Costanzo Frau 4 February 2025
  • IL CONVEGNO DI BOLOGNA SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (dicembre 2024) 10 January 2025
  • Hakim Bey: T.A.Z. 8 January 2025
  • L’INTEGRAZIONE IN AMBITO PSICHEDELICO – IN BREVE 3 January 2025
  • CARICO ALLOSTATICO: UN’INTRODUZIONE 19 December 2024
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI, EMOZIONI IN CLINICA, LIOTTI: UN APPROFONDIMENTO (E UN’INTERVISTA A LUCIA TOMBOLINI) 2 December 2024
  • Una buona (e completa) introduzione a Jung e allo junghismo. Intervista ad Andrea Graglia 4 November 2024
  • TRAUMA E PSICOSI: ALCUNI VIDEO DALLE “GIORNATE PSICHIATRICHE CERIGNALESI 2024” 17 October 2024
  • “LA GENERAZIONE ANSIOSA”: RECENSIONE APPROFONDITA E VALUTAZIONI 10 October 2024
  • Speciale psichedelici, a cura di Studio Aegle 7 October 2024
  • Le interviste di POPMed Talks 3 October 2024
  • Disturbi da sintomi somatici e di conversione: un approfondimento 17 September 2024
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE: IL CONGRESSO ESTD DI OTTOBRE 2024, A KATOWICE (POLONIA) 20 August 2024
  • POPMed Talks #7: Francesco Sena (speciale Art Brut) 3 August 2024
  • LA (NEONATA) SIMEPSI E UN INTERVENTO DI FABIO VILLA SULLA TERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A LOSANNA 30 July 2024
  • L'”IMAGERY RESCRIPTING” NEL PTSD 18 July 2024
  • Intervista a Francesca Belgiojoso: le fotografie in psicoterapia 1 July 2024
  • Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria) 24 June 2024
  • KNOT GARDEN (A CURA DEL CENTRO VENETO DI PSICOANALISI) 10 June 2024
  • Costanza Jesurum: un’intervista all’autrice del blog “bei zauberei”, psicoanalista junghiana e scrittrice 3 June 2024
  • LA SVIZZERA, CUORE DEL RINASCIMENTO PSICHEDELICO EUROPEO 29 May 2024
  • Un’alternativa alla psicopatologia categoriale: Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP) 9 May 2024
  • INVITO A BION 8 May 2024
  • INTERVISTA A FEDERICO SERAGNOLI: IL VIDEO 18 April 2024
  • INCONSCIO NON RIMOSSO E MEMORIA IMPLICITA: UNA RECENSIONE 9 April 2024
  • UN FREE EBOOK (SUL TRAUMA) IN COLLABORAZIONE CON VALERIO ROSSO 3 April 2024
  • GLI INCONTRI DI AISTED: LA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A GINEVRA (16 APRILE 2024) 28 March 2024
  • La teoria del ‘personaggio’ nell’opera di Antonino Ferro 21 March 2024
  • Psicoterapia assistita da psichedelici: intervista a Matteo Buonarroti 14 March 2024
  • BRESCIA, FEBBRAIO 2024: DUE ESTRATTI DALLA MASTERCLASS “VERSO UNA NUOVA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE” 27 February 2024
  • CAPIRE LA DISPNEA PSICOGENA: DA “SENZA FIATO” DI GIORGIO NARDONE 14 February 2024
  • POPMED TALKS 5 February 2024
  • NASCE L’ASSOCIAZIONE COALA (TORINO) 1 February 2024
  • Camilla Stellato: “Diventare genitori” 29 January 2024
  • Offline is the new luxury, un documentario 22 January 2024
  • MARCO ROVELLI, LA POLITICIZZAZIONE DEL DISAGIO PSICHICO E UN PODCAST DI psicologia fenomenologica 10 January 2024
  • La terapia espositiva enterocettiva (per il disturbo di panico) – di Emiliano Toso 8 January 2024
  • INTRODUZIONE A VIKTOR FRANKL 27 December 2023
  • UN APPROFONDIMENTO DI MAURIZIO CECCARELLI SULLA CONCEZIONE NEO-JACKSONIANA DELLE FUNZIONI MENTALI 14 December 2023
  • 3 MODI DI INTENDERE LA DISSOCIAZIONE: DA UN INTERVENTO DI BENEDETTO FARINA 12 December 2023
  • Il burnout oltre i luoghi comuni (DI RICCARDO GERMANI) 23 November 2023
  • TRATTAMENTO INTEGRATO DELL’ANSIA: INTERVISTA A MASSIMO AGNOLETTI ED EMILIANO TOSO 9 November 2023
  • 10 ARTICOLI SUL JOURNALING E SUI BENEFICI DELLO SCRIVERE 6 November 2023
  • UN’INTERVISTA A GIUSEPPE CRAPARO SU PIERRE JANET 30 October 2023
  • CONTRASTARE IL DECADIMENTO COGNITIVO: ALCUNI SPUNTI PRATICI 26 October 2023
  • PTSD (in podcast) 25 October 2023
  • ANIMALI CHE SI DROGANO, DI GIORGIO SAMORINI 12 October 2023
  • VERSO UNA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE: PREFAZIONE 7 October 2023
  • Congresso Bari SITCC 2023: un REPORT 2 October 2023
  • GLI INCONTRI ORGANIZZATI DA AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione 25 September 2023
  • CANNABISCIENZA.IT 22 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST) 18 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA) 4 September 2023
  • POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni) 30 August 2023
  • DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO 23 August 2023
  • LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO 12 August 2023
  • NIENTE COME PRIMA, DI MANGIASOGNI 8 August 2023
  • NASCE IL “GRUPPO DI INTERESSE SULLA PSICOPATOLOGIA” DI AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione) 26 July 2023
  • Psychedelic Science Conference 2023 – lo stato dell’arte sulle terapie psichedeliche  15 July 2023
  • RENDERE NON NECESSARIA LA DISSOCIAZIONE: DA UN ARTICOLO DI VAN DER HART, STEELE, NIJENHUIS 29 June 2023
  • EMBODIED MINDS: INTERVISTA A SARA CARLETTO 21 June 2023
  • Psychiatry On Line Italia: 10 rubriche da non perdere! 7 June 2023
  • CURARE LA PSICHIATRIA DI ANDREA VALLARINO (INTRODUZIONE) 1 June 2023
  • UN RICORDO DI LUIGI CHIRIATTI, STUDIOSO DI TARANTISMO 30 May 2023
  • PHENOMENAUTICS 20 May 2023
  • 6 MESI DI POPMED, PER TORNARE ALLA FONTE 18 May 2023
  • GLI PSICOFARMACI PER LO STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) 8 May 2023
  • ILLUSIONI IPNAGOGICHE, SONNO E PTSD 4 May 2023
  • SI PUÓ DIRE MORTE? INTERVISTA A DAVIDE SISTO 27 April 2023
  • CENTRO SORANZO: INTERVISTA A MAURO SEMENZATO 12 April 2023
  • Laetrodectus, che morde di nascosto 6 April 2023
  • STABILIZZAZIONE E CONFINI: METTERE PALETTI PER REGOLARSI 4 April 2023
  • L’eredità teorica di Giovanni Liotti 31 March 2023
  • “UN RITMO PER L’ANIMA”, TARANTISMO E DINTORNI 7 March 2023
  • SUICIDIO: SPUNTI DAL LAVORO DI MAURIZIO POMPILI E EDWIN SHNEIDMAN 9 January 2023
  • SUPERHERO THERAPY. INTERVISTA A MARTINA MIGLIORE 5 December 2022
  • Allucinazioni nel trauma e nella psicosi. Un confronto psicopatologico 26 November 2022
  • FUGA DI CERVELLI 15 November 2022
  • PSICOTERAPIA DELL’ANSIA: ALCUNI SPUNTI 7 November 2022
  • LA Q DI QOMPLOTTO 25 October 2022
  • POPMED: UN ESEMPIO DI NEWSLETTER 12 October 2022
  • INTERVISTA A MAURO BOLOGNA, PRESIDENTE SIPNEI 10 October 2022
  • IL “MANUALE DELLE TECNICHE PSICOLOGICHE” DI BERNARDO PAOLI ED ENRICO PARPAGLIONE 6 October 2022
  • POPMED, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO IN AREA “PSI”. PER TORNARE ALLA FONTE 30 September 2022
  • IL CONVEGNO SIPNEI DEL 1 E 2 OTTOBRE 2022 (FIRENZE): “LA PNEI NELLA CLINICA” 20 September 2022
  • LA TEORIA SULLA NASCITA DEL PENSIERO DI WILFRED BION 1 September 2022
  • NEUROFEEDBACK: INTERVISTA A SILVIA FOIS 10 August 2022
  • La depressione come auto-competizione fallimentare. Alcuni spunti da “La società della stanchezza” di Byung Chul Han 27 July 2022
  • SCOPRIRE LA SIPNEI. INTERVISTA A FRANCESCO BOTTACCIOLI 6 July 2022
  • PERFEZIONISMO: INTERVISTA A VERONICA CAVALLETTI (CENTRO TAGES ONLUS) 6 June 2022
  • AFFRONTARE IL DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÁ 28 May 2022
  • GARBAGE IN, GARBAGE OUT.  INTERVISTA FIUME A ZIO HACK 21 May 2022
  • PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD 10 May 2022
  • MANAGEMENT DELL’INSONNIA 3 May 2022
  • “IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE 27 April 2022
  • “QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS 20 April 2022
  • Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati 11 April 2022
  • IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE 31 March 2022
  • L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR) 25 March 2022
  • IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO 21 March 2022
  • RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA) 20 March 2022
  • GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI 7 March 2022
  • FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto 1 March 2022
  • PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti) 14 February 2022
  • INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD 3 February 2022
  • SPIDER, CRONENBERG 26 January 2022
  • LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti) 17 January 2022
  • 24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE 10 January 2022
  • LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA 7 January 2022
  • La Supervisione strategica nei contesti clinici (Il lavoro di gruppo con i professionisti della salute e la soluzione dei problemi nella clinica) 4 January 2022
  • PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE” 21 December 2021
  • ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI 14 December 2021
  • LA SINDROME DI ASPERGER IN BREVE 7 December 2021
  • IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022) 2 December 2021
  • PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED) 29 November 2021
  • INTERVISTA A SIMONE CHELI (ASSOCIAZIONE TAGES ONLUS) 25 November 2021
  • TRAUMA: IMPOSTAZIONE DEL PIANO DI CURA E PRIMO COLLOQUIO 16 November 2021
  • TEORIA POLIVAGALE E LAVORO CON I BAMBINI 9 November 2021
  • INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO 3 November 2021
  • IT (STEPHEN KING) 27 October 2021
  • JUDITH LEWIS HERMAN: “GUARIRE DAL TRAUMA” 22 October 2021
  • ANCORA SU PIERRE JANET 15 October 2021
  • PSICONUTRIZIONE: IL LAVORO DI FELICE JACKA 3 October 2021
  • MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI: LE STRATEGIE DI CONTROLLO IN INFANZIA (PTSDc) 30 September 2021
  • OVERLOAD COGNITIVO ED ECOLOGIA MENTALE 21 September 2021
  • UN LUOGO SICURO 17 September 2021
  • 3MDR: UNO STRUMENTO SPERIMENTALE PER COMBATTERE IL PTSD 13 September 2021
  • UN LIBRO PER L’ESTATE: “COME ANNOIARSI MEGLIO” DI PIETRO MINTO 6 August 2021
  • “I fondamenti emotivi della personalità”, JAAK PANKSEPP: TAKEAWAYS E RECENSIONE 3 August 2021
  • LIFESTYLE PSYCHIATRY 28 July 2021
  • LE DIVERSE FORME DI SINTOMO DISSOCIATIVO 26 July 2021
  • PRIMO LEVI, LA CARCERAZIONE E IL TRAUMA 19 July 2021
  • “IL PICCOLO PARANOICO” DI BERNARDO PAOLI. PARANOIA, AMBIVALENZA E MODELLO STRATEGICO 14 July 2021
  • RECENSIONE PER PUNTI DI “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE” 8 July 2021
  • I VIRUS: IL LORO RUOLO NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE 7 July 2021
  • LA PLUSDOTAZIONE SPIEGATA IN BREVE 1 July 2021
  • COS’É LA COGNITIVE PROCESSING THERAPY? 24 June 2021
  • SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE 19 June 2021
  • É USCITO IL SECONDO EBOOK PRODOTTO DA AISTED 15 June 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche -con il blog Psicologia Fenomenologica. 7 June 2021
  • PSICHIATRIA DI COMUNITÁ: LA SCELTA DI UN METODO 31 May 2021
  • PTSD E SPAZIO PERIPERSONALE: DA UN ARTICOLO DI DANIELA RABELLINO ET AL. 26 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO ONLINE CON VALERIO ROSSO, MARCO CREPALDI, LUCA PROIETTI, BERNARDO PAOLI, GENNARO ROMAGNOLI 22 May 2021
  • MDMA PER IL PTSD: NUOVE EVIDENZE 21 May 2021
  • MAP (MULTIPLE ACCESS PSYCHOTHERAPY): IL MODELLO DI PSICOTERAPIA AD APPROCCI COMBINATI CON ACCESSO MULTIPLO DI FABIO VEGLIA 18 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO GRATUITO ONLINE (21 MAGGIO) 13 May 2021
  • BALBUZIE: COME USCIRNE (il metodo PSICODIZIONE) 10 May 2021
  • PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP) 7 May 2021
  • Psicologia digitale e pandemia COVID19: il report del Centro Medico Santagostino di Milano dall’European Conference on Digital Psychology (ECDP) 4 May 2021
  • SOLCARE IL MARE ALL’INSAPUTA DEL CIELO. Liberalizzare come terapia: il problema dell’autocontrollo in clinica 30 April 2021
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO” 25 April 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche 25 April 2021
  • 3 STRUMENTI CONTRO IL TRAUMA (IN BREVE): TAVOLA DISSOCIATIVA, DISSOCIAZIONE VK E CAMBIO DI STORIA 23 April 2021
  • IL MALADAPTIVE DAYDREAMING SPIEGATO PER PUNTI 17 April 2021
  • UN VIDEO PER CAPIRE LA DISSOCIAZIONE 12 April 2021
  • CORRELATI MORFOLOGICI E FUNZIONALI DELL’EMDR: UNA PANORAMICA SULLA NEUROBIOLOGIA DEL TRATTAMENTO DEL PTSD 4 April 2021
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE IN ETÁ EVOLUTIVA: (VIDEO)INTERVISTA AD ANNALISA DI LUCA 1 April 2021
  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE” 30 March 2021
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE 24 March 2021
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE 22 March 2021
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE 14 March 2021
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA 7 March 2021
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD 2 March 2021
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA 25 February 2021
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1) 21 February 2021
  • FLOW: una definizione 15 February 2021
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD) 8 February 2021
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI 3 February 2021
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA 1 February 2021
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION? 25 January 2021
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA) 15 January 2021
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO 11 January 2021
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT 6 January 2021
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO 2 January 2021
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum) 28 December 2020
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI 18 December 2020
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti 14 December 2020
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO 10 December 2020
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino 8 December 2020
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO 3 December 2020
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP 28 November 2020
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA 20 November 2020
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO) 16 November 2020
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm) 12 November 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento 7 November 2020
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING 2 November 2020
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING) 28 October 2020
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al. 24 October 2020
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO 21 October 2020
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO 18 October 2020
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè 13 October 2020
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 6 October 2020
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI 30 September 2020
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix 28 September 2020
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico 21 September 2020
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura” 15 September 2020
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo 10 September 2020
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI 2 September 2020
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO 31 August 2020
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI 27 August 2020
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza 26 August 2020
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO 7 August 2020
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO 31 July 2020
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia 27 July 2020
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO 20 July 2020
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF) 14 July 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius 10 July 2020
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA 3 July 2020
  • SONNO, STRESS E TRAUMA 27 June 2020
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI 23 June 2020
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO 11 June 2020
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace 5 June 2020
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE 3 June 2020
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY 28 May 2020
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID 26 May 2020
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL 20 May 2020
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.” 18 May 2020
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI 14 May 2020
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch 9 May 2020
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2 4 May 2020
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI 2 May 2020
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE” 30 April 2020
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE 25 April 2020
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY 25 April 2020
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA 25 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI! 22 April 2020
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA? 21 April 2020
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI 17 April 2020
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO 13 April 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3 10 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF! 6 April 2020
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI 4 April 2020
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO? 31 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2 27 March 2020
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT 25 March 2020
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO 16 March 2020
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI 12 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1 6 March 2020
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba 5 March 2020
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN 29 February 2020
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD 13 February 2020
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET 3 February 2020
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM 17 January 2020
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO 15 January 2020
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO 30 December 2019
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI 27 December 2019
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IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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