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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

14 December 2021

ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI

di Raffaele Avico

PREMESSA: questo post fa parte di una serie di articoli a tema “operatori di comunità”. La rubrica raccoglie riflessioni a proposito del lavoro di comunità, tema poco esplorato soprattutto usando il punto di vista di chi ci lavori o ci abbia lavorato. Il mestiere dell’operatore di comunità comprende una serie di mansioni quasi mai raccontate. Il ruolo non è d’altronde riconosciuto né valorizzato a livello sociale: la sua importanza è tuttavia centrale in una macchina complessa come quella di una struttura psichiatrica di tipo comunitario. Il ruolo dell’operatore di comunità è oggi ricoperto da educatori professionali o più spesso psicologi non psicoterapeuti iscritti ad albi speciali attraverso cui attestano una pregressa carriera in ambito di psichiatria di comunità. Si tratta di un ruolo ibrido che tiene insieme componenti normativo/educative, aspetti di holding psicologico (espresso attraverso colloqui di supporto psicologico e diversi altri strumenti), aspetti organizzativo/disciplinari e una visione di lavoro in equipe. Un ruolo complessissimo cui andrebbe riconosciuto maggiore valore, essendo centrale sul territorio in ambito psichiatrico. Qui la rubrica.


Il trattato Asylums di Goffman è considerato un classico sulla letteratura sui rischi delle istituzioni totali. È composto da diversi saggi, tra i quali il più importante e conosciuto è il primo, che apre il libro, dal titolo “Sulle istituzioni totali”.

Il saggio si configura come un’opera miliare di sociologia delle istituzioni, per la brillantezza degli approfondimenti dell’autore, impegnatosi per più di un anno in un’opera di osservazione diretta di un ospedale psichiatrico americano con più di 7000 degenti, e per la ricchezza dei contenuti, di eccezionale attualità.

Vediamo, di seguito, i punti più importanti della trattazione di Goffman.

  • Goffman mette sullo stesso piano istituzioni totali di diversa tipologia come carceri, campi di concentramento, istituzioni psichiatriche, istituzioni militaresche come navi e campi di addestramento, e istituzioni religiose chiuse come monasteri e abbazie. Il principio e la forma sociologica che le accomuna, l’autore spiega, è la stessa, e va sotto il nome, appunto, di “istituzione totale”.
  • La maggior parte del lavoro fatto da Goffman ha a che vedere con la realtà dell’istituzione psichiatrica; è per questo forse che il libro è ricordato in particolare come esempio di letteratura inerente la “psichiatria democratica”.
  • L’istituzione totale prevede una replica, in piccolo, della società esterna, con però leggi diverse; al suo interno, la divisione principale è tra gli “staff” (cioè chi vi lavora) e gli “internati” o degenti. Nel primo saggio “sulle istituzioni totali”, Goffman fa una lettura lucidissima di quelli che sono i rapporti di potere tra internati e staff, di fatto grottescamente distorti dal “microclima” in cui questi siano a doversi espletare: particolarmente suggestive le delucidazioni sui cosiddetti momenti di “rilassamento” di queste stesse dinamiche di potere, di fatto utili esclusivamente alla sopravvivenza omeostatica dell’istituzione stessa. Come il carnevale medioevale rappresentava un momento di rovesciamento funzionale e salubre alla sopravvivenza e al buon funzionamento, fluido, della società dell’epoca, così, nell’istituzione totale, sono previsti momenti di rilassamento e maggiore commistione tra internati e staff, entro forme precise e di fatto stereotipiche. Goffman cita la “partita di calcio” tra internati e staff, il “teatro” come luogo di possibile inversione e rimescolamento dei ruoli, la cena conviviale con operatori e internati mischiati a Natale e Capodanno, momenti insomma in cui i rapporti di potere sembrano assottigliarsi e per un momento annullarsi. In realtà però tali momenti risultano funzionali al loro stesso rafforzamento. Impressionante notare, come chiunque abbia lavorato in un’istituzione odierna chiusa (comunità terapeutiche, strutture di cura di varia forma), come Goffman descriva dinamiche a tutt’oggi vive e attivamente ricreate all’interno di queste strutture.
  • Nella descrizione di quella che chiama “carriera morale del malato mentale” (secondo saggio breve), Goffman descrive il processo che fa sì che l’istituzione promuova uno schiacciamento del Sè del degente, fino a una sua completa “istituzionalizzazione”. Un aspetto su cui Goffman si concentra, è il potere “stigmatizzante” o connotante del luogo dell’istituzione stessa. Ovvero, è l’essere stato in carcere o in manicomio a dare avvio al processo di “etichettamento” del degente e alla sua successiva “carriera” (termine scelto con cura) da malato psichico. Chi per esempio riuscisse a non fare il carcere, ma a scontare la sua pena in modo alternativo, verrebbe salvato dal marchio connotante del luogo/istituzione; Goffman in questo modo sottolinea come possa essere forte l’impatto dell’istituzione totale sia sul Sè (per l’individuo stesso) che sull’immagine costruita agli occhi degli altri.
  • Un aspetto approfondito da Goffman è l’adattamento dell’individuo all’istituzione totale, che suddivide in “primario” (adesione totale alla forma dell’istituzione e apologia della sua morale) e “secondario” (adesione parziale e tentativi -repressi o no- di disorganizzare la forma dell’istituzione). Goffman qui si spende in una descrizione minuziosa di una serie di comportamenti messi in atto dagli internati, volti a sovvertire l’ordine istituzionale in modi più o meno raffinati: dall’usare particolari oggetti al fine di procurarsi vantaggi pratici, al “lavorarsi il sistema”, all’”usare” l’istituzione stessa per ottenere vantaggi di vita (non pagare più un affitto, garantirsi vitto e alloggio). Tutto ciò è argomento evidentemente attuale;
  • Goffman pone l’accento sulla funzione squisitamente sociale e custodialistica, dell’istituzione, e in particolare quella psichiatrica. Nel momento in cui un certo numero di persone si trovassero d’accordo , in modo implicito, nel dover o voler “allontanare” dal gruppo sociale un terzo individuo (immaginiamo il gruppo composto da parenti, curanti interpellati e conoscenti del futuro degente), la “macchina” istituzionale verrebbe avviata e, una volta “internato” l’individuo, si creerebbero le condizioni necessarie a far sì che la ragione sottesa al suo internamento fosse di volta in volta confermata, con la collusione, in pratica, di tutti gli attori coinvolti. Goffman fa qui una rilevazione macroscopica di un meccanismo molto potente (sociale) che di fatto esclude alcuni individui dal campo visivo degli altri, considerati sani.
    Nel triangolo composto da “persona di fiducia”, futuro degente e operatori sanitari, questi ultimi saranno quelli preposti a caricarsi della responsabilità dello “strappo” famigliare. La persona di fiducia (tutore, parente prossimo) è colui che è deputato a rinforzare la motivazione alla cura dell’internato e tenere vivo, al contempo, il rapporto con lui/lei. L’internamento viene a rappresentare così, in alcuni casi, una sorta di sacrificio umano sull’altare della buona pace pubblica.
  • Goffman fa notare che in un ambiente di istituzione totale di taglio psichiatrico si potrà creare un ambiente persecutorio in cui sarà impossibile NON comunicare, per l’internato, agli occhi degli staff. Ogni segno di rivolta, così come ogni segno di acquiescenza eccessiva,  viene interpretato con occhio clinico, al fine di confermare la motivazione stessa all’internamento dell’individuo, come in un gioco di “ruoli iperdefiniti” rigidi e immutabili agli occhi dell’istituzione stessa.
  • Interessante anche il riferimento fatto da Goffman alla “geografia della libertà”, con zone dell’istituzione a scarsa, media e alta sorveglianza da parte dello staff, luoghi “neutri” o sicuri dover poter finalmente essere “se stessi” e zone alle quali il libero accesso avrebbe significato una “progressione” avvenuta nella carriera da internato (maggiori privilegi, maggiore libertà). A proposito di questi luoghi neutri, esclusi dalla politica dell’istituzione totale, Goffman cita il bagno come rifugio ultimo dover poter ricongiungersi con un sé non intaccato dall’istituzione (Goffman osserva questo riferendosi anche alla realtà dei campi di concentramento).
  • Ciò che distingue un’istituzione da un’istituzione totale sono i suoi confini. Le dinamiche di istituzioni di questo tipo sono tali perchè il loro essere “chiuse” le costituirà a luoghi “altri” entro i quali questo tipo di dinamiche (scissionali, foriere di polarizzazioni) possano attecchire (si confronti a questo proposito il concetto di eterotopia di Foucault). Dove non ci fosse “sottosistema chiuso” queste dinamiche perderebbero di senso, divenendo grottesche o assurde (che è l’impressione di chi, dall’”esterno”, osservi per la prima volta il funzionamento di un’istituzione totale senza viverla).

Le riflessioni di Goffman sono veramente impressionanti. Molte delle sue osservazioni sono valide ancora oggi dove esistano forme, magari mutate o raffinate, di istituzione totale. Questo libro andrebbe letto da chiunque lavori o abbia lavorato in strutture chiuse come comunità riabilitative, case di cura, carceri, o ambienti “chiusi”. Ci troverà un’attualità veramente incredibile, come se il libro, del 1961, fosse pubblicato poco fa. Nel libro potrà essere rintracciata una certa ideologia anti-psichiatrica, soprattutto quando l’autore si interroga sul senso ultimo dell’istituzione intesa come luogo di cura. L’obiettivo di Goffman è probabile fosse quella dell’antropologo: descrivere e calarsi in un certo ambiente, facendo un “giro lungo”, per metterne alla luce le fattezze e i meccanismi, senza per forza darne un giudizio di valore -che però in questo caso, a ben vedere, c’è.

PS A riguardo delle istituzioni totali, su questo blog abbiamo recentemente pubblicato alcuni approfondimenti sulla psicologia della carcerazione, qui reperibili.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI).

Article by admin / Recensioni / psichiatria, psicoanalisi, psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia

3 November 2021

INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO

di Raffaele Avico

Nel suo Il profumo del tempo, il filosofo coreano (ma docente a Berlino) Byung Chul-Han riflette sulla contemporaneità e su come il tempo sia rappresentato e vissuto nella nostra epoca.

L’autore sottolinea come si stia attraversando in questi anni una fase di estrema accelerazione temporale, sviluppatasi di pari passo con la rivoluzione digitale in corso che ha frammentato il tempo e portato a una riduzione dello “span” attenzionale, la durata di tempo nel quale riusciamo a tenere viva l’attenzione su di un singolo compito.

Il filosofo parte da una breve analisi storica nel tentativo di meglio inquadrare questo senso di “precarietà”, partendo dall’epoca dei “lumi” che vedeva un individuo -armato della potenza dei suoi mezzi intellettivi- proiettato nel futuro, con tra le mani la responsabilità del suo stesso destino, incarnando finalmente la profezia nietzschiana sulla morte di Dio. Dopo un lungo periodo di accelerazione continua,  Han osserva oggi un senso di “avere sempre fretta ma senza sapere cosa fare o dove andare” che attribuisce ad un’atomizzazione, a una frammentazione del tempo che ha perso la sua forma di “linea” per assumere quella di nugolo di “punti”, un arcipelago sulle quali isole gli uomini tentano di saltare continuamente, e di saltare “ovunque allo stesso tempo”.

Quest’urgenza di fare “tutto” e di essere “sempre di fretta” -il filosofo osserva- non è la causa ma la conseguenza di un processo di oscuramento della teleonomia (cioè della finalità) del tempo che, avendo perso la sua struttura lineare, condanna l’uomo a un “saltare” da un’isola di tempo all’altra, da uno stimolo all’altro. Il senso di frammentazione e di mancanza di direzione ha non solo la conseguenza di un’accelerazione senza finalità chiare, ma anche produce un ingorgo di spinte e per dirla freudianamente un intasamento di “libido” che, come nella strettoia di un imbuto, blocca l’azione degli uomini in modo angoscioso. Il risultato è che le persone paiono oggi essere velocizzate, sempre di fretta, ma contemporaneamente dominate dalla sensazione di essere bloccate, ferme, senza una direzione precisa.

A tutto questo, l’autore risponde che l’unico modo di reagire è riabilitare il diritto a una vita più contemplativa, con più tempo per indugiare sulle cose. Han porta come esempio il lavoro di Proust, che rispose alla sensazione  di mancanza di senso con una ricerca spasmodica di “collegamenti” tra presente e passato, nel suo enorme lavoro autobiografico contenuto nella Recherche.

Il lavoro di Byung Chul-Han è importante per la potenza del suo pensiero critico a riguardo della comunicazione attuale, l’uso di internet e la “digitalizzazione” della realtà.

Alcuni sviluppi di pensiero interessanti del suo lavoro di ricerca -sintetizzati in libri corti ma molto densi, che riprendono tutti gli stessi concetti anche se declinati in modi diversi-, sono:

  • l’uomo sta passando dall’essere soggetto all’essere progetto. La società sta imponendo cioè un nuovo comandamento, una sorta di diktat in grado di portare gli individui a pensare a se stessi come a dei progetti in costante divenire. Questa narrazione fa sì che ognuno pensi a se stesso come a una sorta di auto-imprenditore che voglia costantemente migliorarsi -cosa che lo porterà a riempire ogni spazio del suo tempo con cose da fare in un’ottica auto-migliorativa. Han chiama questo fenomeno auto-asservimento, auto-assoggettamento al sistema: in questo modo è il sistema stesso a migliorarsi attraverso il miglioramento di ognuno di noi
  • il filosofo osserva acutamente come le battaglie del passato concernenti la differenza tra classi, le tensioni sociali e la presenza di classi dominanti, tutto ciò che fino a qualche decennio fa osservavamo accadere intorno a noi nel contesto di una società schierata e maggiormente ideologizzata, abbia ora assunto una forma interiore; gli elementi sono tutti presenti, ma solamente nella loro forma introiettata. Ovvero, è al nostro interno che oggi osserviamo svilupparsi rapporti di forza tra istanze dominanti che ci spingono al “produrre” e istanze “svincolate” che ci potrebbero regalare tempo dedicato al gioco -vero atto di rivolta per il filosofo coreano.
  • l’erosione del tempo libero produce depressione e prostrazione psichica. Già ne avevamo scritto qui a proposito di Cronofagia. Han osserva come il “dover migliorarsi” abbia avuto come effetto pratico la distruzione del confine tra tempo di lavoro e tempo libero, verso una colonizzazione pressoché completa del tempo libero da parte del lavoro. Anche il sonno ne risulta corrotto.
  • quella che un tempo poteva essere definita lotta al capitalismo, è oggi da riformulare come una lotta all’impulso irrefrenabile di produrre significato e comunicare. Il vero nemico oggi -Han sostiene- è il bisogno ipertrofico di produrre significato. Si tratta di una sorta di lotta alla semiosi, alla possibilità di produrre significato. La sensazione di “dover dire la propria” emerge come un impulso dal quale è difficilissimo sottrarsi: i Social ce lo mostrano in modo pressochè costante. In realtà è tutto volto a far sì che gli individui si auto-sfruttino, divenuti prosumer (produttori e consumatori insieme di contenuti).
  • il risultato dei punti di cui sopra, è l’impossibilità di ritagliare momenti di vuoto in cui favorire lo sviluppo di idee e di intuizioni, o di “fiorire” in senso umano svincolati dall’idea di “auto-miglioramento” incessante. Sembra cioè essere abolito il “diritto al santuario”, il diritto cioè all’isolamento e alla creazione di un “rifugio involabile” in cui esercitare altro che non sia qualcosa di produttivo. Su questi temi si veda anche questa recensione al volume Il capitalismo della sorveglianza
  • Come rinforzo e premio ai comportamenti qui sopra descritti, Han individua 1) l’idea di una crescita infinita delle proprie abilità come ci si trovasse immersi in un gioco basato su statistiche e numeri (gamification, il senso di “stare giocando” a migliorarci, di fatto assoggettati alla compulsione al farlo), 2) rinforzi egoici mediati dai cosiddetti vanity numbers– il bisogno cioè di piacere a molti e la 3) dipendenza dalla (sensazione generata dal rilascio di) dopamina.

Per chi voglia approfondire bene questi aspetti, si veda questo lungo video:

L’associazione Tlon ha recentemente organizzato un incontro con Han, qui reperibile. Sul sito dell’associazione, i libri dell’autore, aggregati qui.

Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA

Article by admin / Generale, Recensioni / neuroscienze, psichiatria, psicologia, psicotraumatologia

27 October 2021

IT (STEPHEN KING)

di Raffaele Avico

IT, il romanzo più famoso di Stephen King, racconta di un gruppo di bambini alle prese con un mostro dalle fattezze di un clown. Stephen King pubblicò il romanzo “IT” nel 1986, unendo elementi fortemente horror ad altri di formazione. Da subito il libro ebbe grande successo, tanto che negli anni successivi ne sono stati tratti una miniserie televisiva, diretta da Tommy Lee Wallace (1990), e più di recente due trasposizioni cinematografiche, entrambe dirette da Andy Muschietti: IT (2017) e IT – Capitolo due (2019). Tra i temi trattati, le conseguenze profonde dei traumi infantili.

La storia

Il romanzo è la storia di sette amici provenienti dalla fittizia città di Derry, nel Maine, ed è raccontata alternando due diversi periodi temporali.
Nel primo, ambientato nel 1957, la cittadina è funestata dalla scomparsa di alcuni bambini, i cui cadaveri vengono a volte ritrovati mutilati. Bill, insieme a un gruppo di amici accomunati dall’essere considerati strani o ‘perdenti’ (che è il nome che i ragazzi sceglieranno per il loro gruppo, losers), comincia a investigare. Tutti i bambini fanno esperienza di visioni o incontri disturbanti: è il mostro IT, che legge nelle loro menti e assume le forme per loro più spaventose.
Ventisette anni dopo, una nuova serie di misteriosi omicidi terrorizza Derry: i sette amici del Club si ritrovano per tentare di eliminare IT per sempre.

Una lettura psicologica

Volendo tentare una lettura psicologica di IT, alcuni aspetti interessanti potrebbero essere:

  • IT è in grado di sintonizzarsi in modo veloce e perfetto con i bisogni del bambino che irretisce: riesce a muovere i bambini al suo volere agganciandoli per via psicologica (per esempio, Bill, da adulto nel capitolo 2, viene mosso a IT dal senso di colpa causato dal non essere stato presente al momento dell’uccisione del fratello Georgie).
  • La forza di IT, sta nello stato di isolamento delle vittime: viene invece sconfitto dalla “rete” creata dal gruppo (il gruppo dei “perdenti”); la forza del gruppo è chiara in tutto il film, sia verso IT, che verso altri gruppi rivali (tutti i membri del gruppo dei losers sono vittime di bullismo).
  • I bambini vittime di IT sono figli di genitori assorti da preoccupazione, o attivamente assenti; tutte le vittime del pagliaccio cercano invano le attenzioni di un genitore distratto; un tratto che accomuna le vittime del mostro è un generale senso di assenza genitoriale.
  • IT è alimentato dalla fantasia e dal potere che gli si attribuisce (più lo si pensa grande, o lo si teme tale), più diventa grande; nelle fasi finali del film, sarà il coraggio manifestato dai “perdenti” a ucciderlo, progressivamente rimpicciolito dalla rinnovata condizione di “empowerment” raggiunta dalle sue ex-vittime.
  • Convincersi o rendersi conto del fatto che IT sia solo un parto della propria mente, renderà il mostro innocuo, ma NON SEMPRE. Non è sufficiente cioè immaginare IT come un proprio delirio per renderlo nullo: come dire, il “mostro” può essere generato dalla mente, ma ha effetti concreti, reali, sul corpo (e le persone ne muoiono).
  • Scappando da Derry (il luogo dell’infanzia), tutto ciò che in essa accadde verrà dimenticato, rimosso dalla coscienza; tornando a Derry, occorrerà riacquistare familiarità con il luogo e ri-ricordare, riprendendo il possesso delle esperienze traumatiche lì vissute; solo così potrà compiersi il rituale di “uccisione del mostro”. Sconfitto il mostro, si potrà “ricominciare” a ricordare, e i pezzi della propria vita si uniranno in un canovaccio coerente in senso narrativo.
  • Scappare da Derry fu, al tempo, salvifico. Mike, l’unico dei perdenti rimasto a Derry, diverrà lo “sciamano” del gruppo, colui cioè che condurrà gli altri alla comprensione del modo con cui IT potrà venire ucciso; il lavoro di ricerca e osservazione da lui svolto, andrà al servizio degli altri; svolto il suo lavoro di guaritore/sciamano, potrà lasciare Derry, liberato.
  • Dopo la latenza di 27 anni fuori Derry da parte dei “perdenti”, il presentarsi alla coscienza del ricordo di IT sarà in grado di procurare forti recrudescenze post-traumatiche ai diversi membri (Stanley si suiciderà, Eddie si schianterà in auto in preda a un episodio di detachment dissociativo, gli altri avranno reazioni eccessive, “autonomiche”, corporee).
  • La memoria di IT non si risolve né scompare: viene relegata in un angolo della mente, come rimossa o dissociata dalla coscienza.

IT viene visto solo dai bambini: gli adulti ne sono immuni. In un certo senso, il pagliaccio rappresenta la realtà esterna perturbante quando vengano a mancare figure di supporto che sappiano proteggere o almeno “spiegare” la realtà. I “perdenti” in questo senso sono vittime esemplificative delle due tipologie di trauma: alcuni di essi sono vittime di trauma “attivo” (come Beverly, molestata dal padre); altri sono vittime di incuria/neglect, per lo più ignorati dai genitori.

Il trauma e la sua risoluzione

Volendo tentare una lettura in chiave psicotraumatologica di IT, vi si ritrova tutto, dalle diverse tipologie di trauma, alla questione “espositiva” (occorrerà attraversare il trauma, non ignorarlo), alla potenza terapeutica della narrazione, alla forza della rete, all’importanza, durante l’infanzia, delle figure genitoriali.
Impressionante la resa delle risposte “autonomiche” con cui si ripresenta il trauma alla soglia della coscienza (forti risposte corporee, vomito, detachment, sincope, suicidio per troppo terrore). Chiarissimo l’accento posto sulla rappresentazione stessa del trauma, in grado di rendere più o meno tollerabile il trauma stesso: IT (se lo si legge come il/un trauma, ovvero un oggetto in primo luogo interno, psicologico) è ri-dimensionabile a seconda di quanto potere gli si attribuisca: ma per far sì che il suo potere diminuisca, occorrerà affrontarlo. Il romanzo e il film, ci indicano dunque una via, che è il fronteggiamento, l’elaborazione attiva del trauma.
Sempre tentando una lettura psicotraumatologica del romanzo di Stephen King, osserviamo come, passati i 27 anni, il ritorno di IT saprà riportare i membri del gruppo dei perdenti a modalità comportamentali rimaste, fino a quel momento, “latenti” o “silenti”. Bill tornerà a balbettare, Eddie tornerà asmatico. Perché? Se prendiamo come griglia teorica esplicativa la Teoria della Dissociazione Strutturale della Personalità (spiegata qui) di Onno Van Der Hart, osserviamo come – in ognuno dei perdenti a eccezione di Mike – storicamente, a seguito del primo incontro con IT, si produsse una frattura verticale della personalità: la parte “emotiva” rimase congelata al “tempo del trauma”, quella “apparentemente normale” consentì a ognuno di loro di continuare con una vita, appunto, regolare. La spaccatura verticale tra le due modalità viene resa evidente al momento del ritorno di IT, anni dopo.

Ma che cosa è IT?

Cosa vuole dirci Stephen King con questo lavoro? Come prima cosa, va riconosciuto che il romanzo rappresenta un capolavoro di psicologia infantile, un viaggio nelle turbe dell’infanzia, un’esplorazione di tematiche che la maggior parte delle persone, crescendo, dimentica o mette da parte. IT, in questo senso, è la paura del buio, è il terrore senza nome verso ciò che non si conosce, ma è anche la paura del bambino non protetto o traumatizzato da chi dovrebbe accudirlo, è lo spavento del non prevedibile, lo sconcerto del bambino solo nell’osservare le reazioni spropositate di un genitore squilibrato. IT, in qualche modo, è un simbolo (indicativo che venga indicato dallo stesso King come “it”, “esso”). Chiunque abbia sofferto durante l’infanzia, o possieda reminiscenze di terrori infantili, ne verrà toccato e perturbato.


Ps questo articolo nella sua versione originale è stato pubblicato qui.

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Article by admin / Recensioni / psicotraumatologia, PTSD, raffaeleavico

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  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1)
  • FLOW: una definizione
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD)
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION?
  • PSICOFARMACOLOGIA STRATEGICA: L’UTILIZZO DEGLI PSICOFARMACI IN PSICOTERAPIA (FORMAZIONE ONLINE)
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA)
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum)
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO)
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm)
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING)
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al.
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura”
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF)
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA
  • SONNO, STRESS E TRAUMA
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.”
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE”
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI!
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA?
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF!
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO?
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA”
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRY EY
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO”
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE?
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA?
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI?
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE”
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI
  • SUL REHEARSAL
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI”
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA?
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO?
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA?
  • C’È UN EFFETTO DEL BILINGUISMO SULL’ESORDIO DELLA DEMENZA?
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA?
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA?
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE
  • IL PTSD IN VIDEO
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER?
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI?
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche?
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE?
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI?
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico)
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”.
  • IL CESPA
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017)
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI
  • IL CERVELLO TRIPARTITO: LA TEORIA DI PAUL MACLEAN
  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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