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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

Search Results for: emdr

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PERFEZIONISMO: INTERVISTA A VERONICA CAVALLETTI (CENTRO TAGES ONLUS)

di Raffaele Avico Del Centro Tages Onlus di Firenze, su questo blog abbiamo in passato già intervistato Simone Cheli, qui. In questa intervista, Veronica Cavalletti (direttrice del suddetto centro) fornisce alcune delucidazioni a proposito del cosiddetto “perfezionismo clinico“, un tratto di personalità caratterizzato da standard elevati richiesti a sè e agli altri, fonte di notevoli […]

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6 June 2022

AFFRONTARE IL DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÁ

di Raffaele Avico PREMESSA: articolo originale qui Stime di riferimento raccontano una prevalenza di questo disturbo nell’ordine del 5% nella popolazione psichiatrica ospedalizzata, intorno al 2% e il 3% nei pazienti ambulatoriali, fino a scendere all’1% della popolazione generale. Quali sono i sintomi di questo disturbo? Quali i suoi criteri diagnostici? E che approccio terapeutico […]

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28 May 2022

GARBAGE IN, GARBAGE OUT.  INTERVISTA FIUME A ZIO HACK

di Raffaele Avico In questa intervista “fiume” a Francesco, in arte “Zio Hack”, vengono introdotte alcuni temi a riguardo del biohacking, della produttività, della crescita personale. La letteratura a proposito della crescita e del miglioramento personale è molto vasta, e si configura come una costola del corpus teorico psicologico “applicato”, a metà tra la clinica […]

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21 May 2022

PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD

di Raffaele Avico Qui di seguito alcune slide a proposito della teoria del PTSD, in free download. Consentono di farsi un’idea generale sugli sviluppi più attuali relativi alla teoria del trauma psichico. Contengono molte delle tematiche indagate a tema “trauma” su questo blog (PTSD con o senza sintomi dissociativi, il modello a cascata di Ruth […]

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10 May 2022

MANAGEMENT DELL’INSONNIA

di Raffaele Avico, Luca Proietti PREMESSE TEORICHE l’insonnia può avere diverse cause; nel caso in cui tu abbia escluso ragioni mediche, è possibile che un sonno frammentato o difficoltoso dipenda da uno stato di stress protratto, o da uno stato mentale di “sopraffazione” di fronte a una minaccia, la nostra mente si attiva per trovare […]

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3 May 2022

“IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE

di Raffaele Avico Il podcast “Il lavoro non ti ama” è curato dagli autori del portale Siamomine, in collaborazione con la casa editrice Minimum Fax; prende spunto e prolunga il volume che porta lo stesso titolo di Sarah Jaffe, che viene più volte citato nelle cinque puntate di cui si compone. Il podcast, per la […]

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27 April 2022

“QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS

di Raffaele Avico La mindfulness è una disciplina meditativa importata in Europa da un pioniere nell’ambito: Jon Kabat-Zinn, biologo statunitense (nato nel 1944) con una profonda conoscenza delle filosofie e psicologie orientali (per esempio la psicologia buddista) e autore del manifesto/”fiamma pilota” del fenomeno mindfulness, ovvero Vivere momento per momento. La pratica quotidiana della mindfulness […]

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20 April 2022

Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati

di Davide Boraso PREMESSA: questo è un estratto dal libro PTSD: che fare? Il trattamento di bambini o adolescenti traumatizzati deve tener conto di altri fattori oltre che quelli citati in relazione al lavoro con gli adulti. Gli interventi rivolti a questo tipo di utenza devono porsi quattro obiettivi/punti di arrivo centrali: la sicurezza dell’ambiente […]

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11 April 2022

IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE

di Raffaele Avico Lavorare facendo psicoterapia online porta con sé una serie di stravolgimenti del setting inteso in modo classico. Il setting, nel lavoro di psicoterapia, rappresenta il contenitore, il “luogo” entro il quale il lavoro di psicoterapia si svolge. Diviene un elemento imprescindibile laddove nel corso della psicoterapia debbano essere garantiti una serie di […]

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31 March 2022

L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR)

di Raffaele Avico L’Open Dialogue è un modello di intervento in ambito di salute mentale, di derivazione scandinava. Viene usato con pazienti psicotici (ma non solo) coinvolgendo molte persone in contemporanea in una sola stanza, per un tempo di massimo un’ora e mezza. Può essere usato -come tipologia di colloquio- “al bisogno” o in modo […]

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25 March 2022

IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO

di Andrea Vallarino, Raffaele Avico PER UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE (a cura di Andrea Vallarino) La sindrome da attacchi di panico rappresenta la via finale di diverse condizioni patologiche. Le fobie, i disturbi ossessivi, i disturbi ossessivi compulsivi, le paranoie, ma anche i disturbi alimentari come il vomiting, molto spesso, hanno come sintomatologia principale o […]

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21 March 2022

RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA)

di Raffaele Avico Nel libro “L’eredità di Bion”, molteplici autori si spendono nel tentativo di tratteggiare la figura di Wilfred Bion come psicoanalista; il gruppo di lavoro relativo alla stesura del libro, è lo stesso di un seminario condotto da Alfredo Coccia a proposito di Bion e del concetto di “O”, di cui parleremo a […]

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20 March 2022

GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI

di Gjergj Cerri Il panorama attuale della salute mentale rappresenta un punto di svolta nella storia della psichiatria. Ci troviamo di fronte ad un notevole aumento di persone che soffrono di depressione, con cifre che raggiungono i 300 milioni a livello globale e con quasi 800 000 suicidi commessi ogni anno. Di farmaci realmente nuovi […]

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7 March 2022

FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto

di Raffaele Avico La psicoterapia online negli ultimi due anni ha trovato un boom mai visto prima; nell’aprile del 2020, il centro medico Santagostino di Milano arrivava a erogare quasi 18000 colloqui di psicoterapia mensili, numero oggi presumibilmente aumentato, se non raddoppiato. Lavorare online presenta punti di differenza dal Setting tradizionale, con aspetti per certi […]

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1 March 2022

PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti)

di Raffaele Avico La ricerca sull’effetto placebo sta dando risultato interessanti: rappresenta un’evidenza scientifica di come la nostra rappresentazione degli eventi, possa interferire con il nostro benessere soggettivo. Esiste il piano della realtà concreta, al di fuori di noi, e la rappresentazione che ce ne facciamo. Gli studi sul placebo vanno inseriti nel discorso più […]

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14 February 2022

INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD

di Raffaele Avico Un evento traumatico pone l’individuo nella situazione di confrontarsi quotidianamente con il suo ricordo; la mente si impegna nel gestire le recrudescenze della sindrome post-traumatica, il rivivere il momento del trauma, l’oscillare dello stato di allerta, che come sappiamo percorre un andamento a cascata, o a dente di sega. Si parla spesso […]

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3 February 2022

SPIDER, CRONENBERG

di Raffaele Avico Il film Spider di David Cronenberg narra, in breve, le vicissitudini di un paziente psichiatrico ospitato in una casa di cura e di reinserimento nell’Inghilterra di fine anni ‘50. Del film sono state date diverse letture, in particolare la rivista di cinema “Gli Spietati” lo riconduce a un film minore nella filmografia […]

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26 January 2022

LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti)

di Antonio Onofri, Giovanni Liotti PREMESSA #1: questo articolo è tratto dai volumi Cecilia La Rosa e Antonio Onofri (a cura di): Dal basso in alto (e ritorno). Nuovi approcci bottom-up: terapia cognitiva, corpo, EMDR, ApertaMenteWeb, Roma 2017 e da Antonio Onofri e Cecilia La Rosa (a cura di): Il corpo nell’EMDR. Dal basso in […]

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17 January 2022

24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE

di Raffaele Avico Questo articolo rappresenta una riflessione personale sulla psicoterapia e sullo stato mentale degli individui che mi è capitato di consultare, come psicologo clinico, in quasi 24 mesi di periodo pandemico. Premetto che per me è stato un privilegio in senso umano poter lavorare con così tante persone, ognuna all’interno del suo mondo, […]

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10 January 2022

LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA

di Raffaele Avico Se la lotta quotidiana dei pazienti con PTSD si gioca nel tentativo di evitare l’affiorare e il ripresentarsi delle memorie traumatiche, nel comportamento di evitamento osserviamo anche il ricorrere compulsivo a comportamenti che diviene simile a un comportamento di (tossico)dipendenza. Nel momento in cui il “vuoto” mentale o la noia divengono il […]

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7 January 2022
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17 January 2022

LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti)

di Antonio Onofri, Giovanni Liotti

PREMESSA #1: questo articolo è tratto dai volumi Cecilia La Rosa e Antonio Onofri (a cura di): Dal basso in alto (e ritorno). Nuovi approcci bottom-up: terapia cognitiva, corpo, EMDR, ApertaMenteWeb, Roma 2017 e da Antonio Onofri e Cecilia La Rosa (a cura di): Il corpo nell’EMDR. Dal basso in alto (e ritorno): casi clinici. ApertaMenteWeb, Roma 2021. Per gentile concessione di www.ApertaMenteWeb.com

PREMESSA #2: su questo blog abbiamo diffusamente parlato di sindromi post traumatiche e teorie bottom-up: il materiale riguardante le sindromi post-traumatiche è consultabile qui

Le emozioni e i processi primari e secondari secondo Panksepp

Negli ultimi anni stiamo assistendo a una trasformazione del modello generale con il quale le moderne neuroscienze che studiano i processi emozionali negli animali e negli esseri umani considerano l’evoluzione della mente. Sempre maggiore attenzione viene prestata all’idea che lo sviluppo evoluzionistico proceda “dal basso verso l’alto” (bottom- up) secondo una concezione gerarchica dell’organizzazione cerebrale in maniera almeno complementare all’evoluzione del controllo “dall’alto verso il basso” esercitato dalle strutture cerebrali superiori su quelle inferiori (Panksepp e Biven 2012).

Una tale visione – e i dati offerti dalla ricerca scientifica – sembrerebbe confermare alcune antiche intuizioni sulle interazioni mente-corpo e suggerire l’abbandono di ogni rigida dicotomia tra lo studio delle malattie fisiche e quello dei disturbi emotivi. Le nuove prospettive bottom-up, che questo volume si ripropone di illustrare e descrivere, sembrano infatti ribaltare la concezione interpretativa, valutativa e quindi prettamente cognitiva delle emozioni, almeno per quanto riguarda quei processi emotivi che Panksepp e Biven (2012) considerano primari, ancestrali, quasi – istintuali e localizzati nel cervello più antico, strettamente connessi a funzioni di sopravvivenza (e riproduzione). Proprio questi processi emozionali primari, del resto, sembrano prendere il sopravvento in non poche condizioni psicopatologiche. “Quando gli affetti hanno la meglio, la cura della parola è destinata a fallire in quanto il metodo interpretativo, lo strumento psicoterapeutico cardine, può essere spesso inefficace nei confronti delle nostre passioni primitive.” (Panksepp 2012). Se è vero infatti che come esseri umani possediamo espansioni cerebrali di livello superiore che ci permettono di pensare in maniera approfondita e di riflettere sulla nostra natura, per molte persone in molte condizioni, e per molti pazienti che presentano disturbi psichiatrici, le emozioni non appaiono certo sotto il controllo completo della mente superiore. Tanto che proprio tale osservazione rende spesso necessario il ricorso alle terapie farmacologiche, più in grado – anche se certamente in maniera ancora molto grossolana – di arrivare a questi processi emotivi “più bassi”.

Sembra riemergere, nelle sopra menzionate considerazioni, una concezione decisamente gerarchica non solo del cervello, ma anche delle stesse emozioni. Per esempio, Panksepp e Biven (2012) leggono le risposte emozionali quasi – istintive in termini di esperienze psicologiche di processo primario, che in un secondo momento si unirebbero a una varietà di meccanismi di memoria e apprendimento chiamati processi secondari del cervello. I processi mentali di ordine ancora superiore, al vertice dell’attività cerebrale, son quelli che permettono di riflettere sui dati dell’esperienza e dell’apprendimento e vengono chiamati processi terziari. Secondo una tale visione, né le abilità cognitive, né la capacità di pensare in termini verbali sono considerate condizioni necessarie per una coscienza di tipo affettivo. “Nel sentire i nostri stati affettivi – sono ancora Panksepp e Biven che scrivono – non abbiamo bisogno di sapere che cosa stiamo sentendo. In altre parole, i sentimenti emotivi di processo primario sono affetti grezzi che prendono automaticamente decisioni importanti per noi”. Le reazioni corporee, sia di tipo viscerale sia motorie, sembrano in grado di influenzare – e spesso rafforzare – le stesse esperienze emotive primarie. Nel costituirsi e nell’esprimersi delle emozioni sembra dunque imprescindibile la considerazione di aspetti gerarchici della struttura e delle funzioni del cervello/mente.

La concezione gerarchica del cervello secondo J.H.Jackson

Una prima compiuta concezione gerarchica delle strutture e funzioni del cervello/mente, formulata in accordo con l’allora nascente pensiero evoluzionistico, è legata al nome di John Hughlings Jackson (per un’antologia degli scritti di Jackson, vedi Taylor 1958). Una breve sintesi della teoria di Jackson può essere utile per cogliere alcuni aspetti cruciali della sua concezione gerarchica, che mai ha cessato di influenzare neurologia e psichiatria (Franz e Gillett 2011).

Le applicazioni del pensiero di Darwin allo studio del cervello/mente, precedenti all’opera di Jackson, sostenevano che le strutture cerebrali di specie evoluzionisticamente più antiche venissero sostituite da nuove strutture nel corso dell’evoluzione di specie più recenti. Jackson sostenne, al contrario, che le strutture più evoluzionisticamente recenti del cervello si stratificano su una base costituita dalle strutture più antiche, le quali dunque permangono, con mutamenti soltanto secondari e limitati, nel nevrasse di specie più recenti. Secondo Jackson, le funzioni delle strutture cerebrali più antiche vengono rappresentate di nuovo nelle reti neurali più recenti (neostrutture), le quali così permettono forme di elaborazione dell’informazione più articolate e flessibili. Non solo le strutture neurali più evoluzionisticamente antiche non scompaiono dai cervelli delle specie più recenti, ma esse continuano a elaborare input informativi dai quali dipendono le funzioni delle neostrutture. Di grande importanza è anche l’idea Jacksoniana che le strutture evoluzionisticamente recenti esercitino funzioni di controllo e inibizione su quelle più arcaiche. Infine, le strutture più recenti sarebbero anche le più sensibili a “dissolversi” (dissolution o de-evolution, nella terminologia di Jackson), in modo contingente, di fronte a influenze ambientali patogene. Le manifestazioni conseguenti alla dissoluzione delle funzioni cerebrali superiori (evoluzionisticamente recenti) sarebbero espressione dell’attività delle funzioni inferiori (evoluzionisticamente più antiche) che, non più controllate e rese flessibili dalle superiori, appaiono come automatismi sregolati (Jackson 1884/1958).

Le concezioni evoluzionistiche di Jackson si sono rivelate influenti in psicopatologia per oltre un secolo, e lo sono ancora. Per esempio, il concetto di dissoluzione è stato usato recentemente per comprendere le risposte dissociative ai traumi psicologici (Farina et al. 2015; Meares 1999, 2012) e – classicamente – per distinguere, nella schizofrenia, i sintomi positivi da quelli negativi (Berrios 1985). Tutte queste influenze sulla psicopatologia del pensiero di Jackson sono riconducibili all’attenta considerazione, da parte del neurologo inglese, dell’intreccio continuo di processi che vanno dal basso verso l’alto (bottom-up) e – ricorsivamente – dall’alto verso il basso (top-down) nel complesso sistema gerarchico che l’evoluzione avrebbe progressivamente selezionato nel “costruire” il cervello/mente umano.

L’attività mentale secondo Pierre Janet e Sigmund Freud

Continuando a rivolgere la nostra attenzione alle radici storiche della moderna psicotraumatologia, appare interessante ricordare come una delle principali critiche rivolte da Pierre Janet alla teoria di Freud, riguardante la concezione dei rapporti fra attività mentali coscienti e sub-coscienti (o inconsce, nella teoria psicoanalitica) potrebbe essere meglio apprezzata, nel linguaggio delle neuroscienze contemporanee, proprio considerando la diversa attenzione prestata da parte dei due Autori ai processi top-down e bottom-up. Janet riteneva, nell’ipotizzare la genesi della dissociazione post-traumatica, che si trattasse soprattutto di un processo bottom-up procedente dai livelli inferiori della mente e del cervello verso i livelli superiori (autocoscienza e neocorteccia). Freud, invece, si mostrava più interessato, nella sua teoria psicopatologica, a descrivere i meccanismi che avanzerebbero in senso inverso, top-down (Liotti e Farina 2013). Per Freud erano infatti i livelli superiori della mente, connessi alle funzioni dell’Io, a mettere in atto l’esclusione difensiva dall’auto-coscienza delle emozioni e degli altri contenuti mentali disturbanti, che venivano così a collocarsi in un livello inferiore, inconscio, di attività mentale (Liotti 2014).

Janet affermava che i processi più alti della coscienza umana, cioè quelli più caratterizzati dall’esercizio attivo della volontà e della libertà, si pongono al vertice di una gerarchia di sistemi mentali e cerebrali i cui livelli inferiori risulterebbero di fatto automatici (parlava infatti di automatismi psicologici, Janet 1898). I livelli superiori, che richiedono un’elevata quantità di tensione psicologica (come Janet chiamava l’energia mentale) subirebbero, in altre parole, l’influenza disaggregante dei livelli inferiori, automatici, sottoposti al trauma. Gli effetti di questo fenomeno sarebbero l’esaurimento di quella tensione psicologica necessaria per un efficace funzionamento dell’autocoscienza, e di conseguenza un funzionamento mentale privo di coscienza riflessiva (sub-cosciente), con la comparsa dei diversi automatismi psicologici tipici dei sintomi dissociativi post-traumatici. In altre parole, secondo Janet, i processi mentali legati a memorie traumatiche farebbero emergere gli automatismi mentali normalmente celati dalle funzioni caratterizzanti la coscienza integra cui Janet (1907) attribuiva quelle attività che denominava come sintesi personale (coscienza piena dell’Io), funzione di realtà e presentificazione (in sostanza, la capacità di distinguere il passato dal presente e l’immaginazione dalla realtà).

Riassumendo al massimo, potremmo dire che secondo il sistema gerarchico delle funzioni di coscienza proposto da Janet, la funzione di realtà e la presentificazione costituiscano i livelli superiori, la sintesi personale un livello intermedio, e gli automatismi sub-coscienti i livelli inferiori. L’eccesso di tensione psicologica nei livelli inferiori della gerarchia (di cui l’esempio prototipico sono le emozioni veementi attivate dalle memorie traumatiche) porterebbe così all’esaurimento della tensione anche nei livelli superiori, e quindi all’emergere degli automatismi in uno stato soggettivo di coscienza alterata. Ecco emergere chiaramente, da questa sintesi, l’importanza che Janet attribuiva ai processi bottom-up nella genesi della sintomatologia post- traumatica.

Freud, invece, sottolineava come fossero le funzioni dell’Io a generare le influenze patogene, attraverso l’esclusione difensiva dalla coscienza di impulsi ed emozioni e la formazione dell’Inconscio proprio come conseguenza della rimozione, privilegiando così i processi top-down nello spiegare l’origine dei sintomi (sia quelli legati a memorie di eventi traumatici sia quelli più generali legati a conflitti interiori fra le esigenze dell’Es e quelle del Super-Io).

Il sistema di difesa secondo Stephen Porges

Le ricerche e le teorie attuali proposte dalla psicofisiologia – e applicabili al campo di studi ormai comunemente denominato come psicotraumatologia – sembrerebbero accordarsi maggiormente con la prospettiva di Janet rispetto a quella di Freud. Tra i contributi più importanti della psicofisiologia a questo riguardo citiamo la teoria polivagale (Porges 2011), secondo la quale le reazioni dell’organismo di fronte a eventi che ne minacciano la vita o l’integrità sono regolate da un sistema neurobiologico localizzato nel tronco encefalico che coinvolge le strutture del sistema nervoso vegetativo, e cioè da un lato la rete neurale centrale che controlla il sistema ortosimpatico e dall’altro il nucleo del vago (parasimpatico) con la sua bipartizione (i complessi vagali dorsale e ventrale) (per le implicazioni cliniche della teoria polivagale cfr. anche il capitolo 7, di Gabriella Giovannozzi , in questo stesso volume).

Le ricerche che utilizzano la teoria polivagale suggeriscono che l’attivazione del sistema di difesa dai pericoli ambientali, durante l’esposizione a un evento traumatico e probabilmente anche durante la sua rievocazione nella memoria, potrebbe influenzare proprio “dal basso in alto” le strutture e le funzioni cerebrali superiori (proponendo quindi una visione concorde con quella proposta da Janet) più di quanto queste ultime influenzino il sistema di difesa. Si spiegherebbero forse così, cioè con un’azione bottom-up esercitata dal sistema di difesa dai pericoli ambientali, anche l’ipometabolismo della corteccia frontale durante la rievocazione di memorie traumatiche e l’utilità di molti approcci terapeutici come quelli descritti nei diversi capitoli di questo volume (dall’EMDR, alla mindfulness, alla terapia sensomotoria etc.) che utilizzano grandemente i processi bottom-up, e non solo top-down, nella psicoterapia soprattutto delle reazioni post-traumatiche complesse caratterizzate da quote importanti di dissociazione. In altre parole, l’attivazione del sistema di difesa dai pericoli ambientali – localizzato nel tronco encefalico – eserciterebbe da un lato profondi effetti sull’esperienza corporea (mediata dall’ortosimpatico e dal parasimpatico) e dall’altra genererebbe quella particolare percezione e coscienza di sé – di tipo dissociativo – che si accompagna alle suddette disfunzioni corticali.

Anche queste nuove acquisizioni sembrerebbero confermare l’idea di Janet, secondo il quale la risposta disfunzionale al trauma psicologico, una volta che si sia in presenza di una particolare vulnerabilità del Sistema Nervoso, sia sostanzialmente l’effetto della cosiddetta emozione veemente (che potremmo considerare in sostanza come un’emozione primaria di eccezionale intensità, se preferissimo utilizzare il più moderno linguaggio di Panksepp) sulle funzioni mentali superiori della coscienza. La risposta patologica al trauma psicologico, in altre parole, andrebbe considerata, secondo Janet, come un deficit funzionale della coscienza causato direttamente dalla memoria traumatica. Tale visione diverge profondamente dalla proposta freudiana, secondo il quale la patologia post-traumatica sarebbe invece l’effetto di un’attività difensiva da parte dell’Io, volta a escludere dalla coscienza emozioni e rappresentazioni avvertite come inaccettabili.

Sullo stesso tema, infatti, Janet – parlando delle sue prime osservazioni cliniche (precedenti al 1894) -scriveva: “… il ricordo traumatico non poteva essere espresso durante la veglia e si presentava solo in condizioni particolari in un altro stato psicologico … [uno stato] … di modificazione della coscienza che avevo cercato di descrivere … come subcoscienza per disgregazione [désagrégation] … Questa dissociazione … mi sembrava in relazione con l’esaurimento provocato da cause diverse e in particolare dall’emozione.” (Janet 1923, tr. it. p. 37). Janet, nel contrapporre la propria prospettiva a quella di Freud, usava le seguenti parole: “il Dr Sigmund Freud … considerò come una rimozione quel che io attribuivo a un restringimento della coscienza … ma soprattutto trasformò un’osservazione clinica e un procedimento terapeutico con indicazioni precise e limitate in uno smisurato sistema di filosofia medica.” (Janet 1923, tr. it. p. 38).

La differenza fra l’idea che in persone particolarmente vulnerabili la coscienza possa subire più o meno passivamente una sorta di “esaurimento”, cioè un patologico restringimento delle sue attività (il “sub-cosciente” secondo Janet), come effetto di eventi o di ricordi traumatici, e l’idea secondo la quale si tratti invece di un’attiva operazione mentale di tipo prettamente difensivo nella genesi della dissociazione post-traumatica, appare ancora più chiara se si confrontano le seguenti parole di Freud con quelle appena citate di Janet: “… mi è più volte riuscito di dimostrare che la scissione del contenuto di coscienza è la conseguenza di un atto di volontà del malato, e che cioè essa è indotta da uno sforzo di volontà la cui motivazione è comunque rintracciabile.” (Freud 1894, tr. it. 1968, p. 121).

Liotti (2014) ricorda come la teoria secondo la quale la dissociazione post-traumatica sia una difesa dal dolore mentale (nel senso di un’operazione psichica in qualche modo voluta, anche se inconscia) è stata certamente predominante nel campo della psicotraumatologia, anche oltre l’ambiente psicodinamico. Tuttavia, anche in ambito psicoanalitico sono state espresse alcune importanti perplessità su questa teoria, sia indirettamente (Lyons-Ruth 2008) sia direttamente (Howell 2011, 35-36; Meares 2012, 139-147), su basi sia cliniche sia di ricerca.. Tali perplessità hanno portato ormai diversi psicoanalisti a riflettere sulla possibilità che esista un importante aspetto della dissociazione post-traumatica non inquadrabile come attivamente difensivo, bensì automatico, proprio come riteneva Janet, che almeno si affiancherebbe a quello più tipicamente difensivo ipotizzato da Freud (vedi, per esempio, Craparo 2013). In ambito non psicoanalitico, invece, prospettive teoriche e terapeutiche fondate esplicitamente sulle tesi di Janet molto di più che su quelle di Freud sono facilmente reperibili anche in italiano (solo per citarne alcuni, Liotti e Farina 2011; Ogden, Pain, Fisher 2006a; van der Hart, Nijenhuis, Steele 2006).

I contributi della psicologia sperimentale

Come abbiamo già detto, i risultati di un ormai significativo numero di ricerche sperimentali, sia nell’ambito della psicologia generale, sia delle neuroscienze, sembrano convergere nell’affermare la sostenibilità (se non altro parziale) della tesi janetiana sulla natura primaria – cioè non secondaria a una “volontà” difensiva nel senso inteso da Freud – del restringimento del campo di coscienza come risposta a un trauma psicologico. A tale proposito, possiamo ricordare come l’esperimento effettuato da Horowitz e Telch (2007) abbia fornito risultati sostanzialmente incompatibili con l’idea che gli stati dissociativi (equivalenti al restringimento del campo di coscienza o al sub- cosciente della terminologia janetiana) possano ricoprire una valenza

protettiva nei confronti di esperienze dolorose. I partecipanti all’esperimento di Horowitz e Telch, ai quali veniva indotto uno stato dissociativo mediante una stimolazione pulsante audio-visiva, riportavano una maggiore risposta dolorosa durante l’immersione della mano in acqua ghiacciata rispetto a quelli in uno stato di coscienza più usuale: un risultato assolutamente in contrasto con l’ipotesi che la dissociazione funga da protezione dal dolore. L’unico modo per conciliare questo tipo di risultati con quelli provenienti da altri studi sperimentali, che invece mostrerebbero una certa correlazione fra stati mentali dissociativi e analgesia, consiste nel ricorrere nuovamente a quanto andiamo scoprendo relativamente al sistema cerebrale deputato a gestire le minacce ambientali e il dolore conseguenti a un trauma (Porges 2011). Tale sistema sembrerebbe infatti operare oscillando alternativamente fra una iperattivazione neurovegetativa (l’hyperarousal mediato dall’ortosimpatico), come nell’esperimento di Horowits e Telch, che può amplificare la paura e il dolore, e una ipoattivazione (l’hypoarousal mediato dal vago) che invece può essere correlata all’ottundimento del sensorio e pertanto a una certa analgesia. Entrambe queste modalità operative comportano quel che Janet avrebbe chiamato restringimento del campo di coscienza e abbassamento del livello mentale (Janet 2016).

Possiamo ormai disporre di un certo numero di ricerche, provenienti dal campo di studio delle neuroscienze, che sembrerebbero confermare l’idea che vi sia un diretto e passivo abbassamento del livello mentale generale, più che un’attività difensiva intrapsichica, come risposta a traumi o a ricordi traumatici (per una rassegna, vedi Liotti e Farina 2013). Diversi studi sperimentali hanno infatti mostrato un ipometabolismo, come conseguenza dell’attivazione di ricordi traumatici, nelle stesse zone della corteccia cerebrale deputate sia ad azioni che comportano attivi “sforzi di volontà” da parte dell’Io (secondo la visione di Freud), sia alle funzioni mentali superiori della coscienza. Pertanto, un tale ipometabolismo sembra corrispondere di più alla visione janetiana di un restringimento del campo di coscienza e di un abbassamento del livello mentale generale che non all’idea freudiana di un motivato “sforzo di volontà”, seppur inconscio (Liotti e Farina 2013): come potrebbe infatti uno sforzo di volontà corrispondere a un ipometabolismo proprio in quelle zone corticali del cervello che dovrebbero essere più impegnate negli atti di volontà?

Considerazioni analoghe, relative alla compatibilità tra le tesi di Janet e i risultati delle neuroscienze sperimentali, potrebbero essere avanzate a proposito dei dati provenienti da quelle ricerche che utilizzano, in condizioni patologiche connesse alla dissociazione post-traumatica, la rilevazione dell’attività bioelettrica della corteccia cerebrale al posto dell’indagine di variabili metaboliche. Una di queste ricerche dimostra, attraverso la rilevazione dei potenziali evocati, un deficit nella “sintesi” dell’onda P300, che si presenta normalmente unitaria (Meares 2012), e che invece non riuscirebbe a raggiungere la “sintesi” nelle patologie post-traumatiche, restando quindi sdoppiata nelle sue due componenti (una prevalentemente frontale e una seconda prevalentemente parietale).

In conclusione, ecco quindi che appare se non altro ragionevole affiancare, al tradizionale studio dei processi mentali e degli interventi clinici ascrivibile al campo denominabile come top-down, anche l’indagine dei fenomeni mentali bottom-up e – parallelamente – degli strumenti terapeutici in grado di facilitare cambiamenti “dal basso in alto” delle funzioni mentali di ordine superiore. E’ proprio questo tema che i curatori del presente volume, attraverso i diversi contributi presentati, hanno voluto indagare.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Formazione / neuroscienze, psicotraumatologia, PTSD

10 January 2022

24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE

di Raffaele Avico

Questo articolo rappresenta una riflessione personale sulla psicoterapia e sullo stato mentale degli individui che mi è capitato di consultare, come psicologo clinico, in quasi 24 mesi di periodo pandemico. Premetto che per me è stato un privilegio in senso umano poter lavorare con così tante persone, ognuna all’interno del suo mondo, unico, e ho trovato in questa esperienza un’occasione di estrema crescita personale, vista la quantità di lavoro assegnatomi in un periodo così peculiare.

Come tutti sappiamo, le prime avvisaglie del “problema pandemico” arrivarono sul finire di gennaio 2020, quando la notizia di un virus cinese cominciò lentamente ad apparire sugli organi di informazioni in Italia, per poi diventare altamente preoccupante già poche settimane dopo con i primi focolai, le prime profilazioni del virus, l’isolamento del “paziente zero” e l’avvio dello stato di eccezione/emergenza che ancora oggi viviamo.

Ad oggi siamo all’incirca a due anni dallo scoppio della peggiore crisi sanitaria da cinquant’anni a questa parte a livello mondiale, cosa che ha ovviamente trasfigurato l’intera realtà, le modalità con cui lavoriamo e comunichiamo, gli scenari urbani con cui quotidianamente ci confrontiamo, la realtà della salute mentale degli individui.

Con questa riflessione cercheremo di concentrarci su quest’ultimo aspetto, cercando di rispondere alla domanda: qual è lo stato della salute mentale degli individui, dopo due anni di adattamento forzato a uno stato delle cose di questo tipo? Quanto è reale e presente un problema anche di salute mentale, negli individui, a due anni dall’avvio di uno stato eccezionale a livello mondiale? Quali strascichi lascerà questo periodo sulla salute mentale dei cittadini? Cercheremo inoltre di riflettere sul mestiere dello psicoterapeuta, e su quanto anche in questo caso sia stato forte l’impatto trasformativo della pandemia.

Per approcciare una tematica così ampia suddividiamo gli aspetti del problema in due tipologie, ovvero gli aspetti clinici (che riguardano la presenza o meno di sintomi di natura psicologica nella popolazione), e tutti gli altri aspetti, più sfumati, connessi ad altre questioni/tematiche, sempre però collegati in modo diretto al tema “salute mentale”.

É innegabile che chiunque di noi abbia osservato l’evolvere della pandemia e delle misure messe in atto per contenerla in questi due anni, si sarò reso conto che siamo di fronte a un balzo storico, a un “cigno nero” di fronte a cui la Storia ci ha voluti testimoni. Il mondo ha subìto cambiamenti enormi in brevissimo tempo, su molteplici fronti: questo non può non avere delle conseguenze sulla mente di individui, abituati alla relativa stabilità del “prima”. Questa pandemia produrrà un prima e un dopo -come tutti i traumi sanno fare- nella nostra memoria. Ricorderemo per anni i primi mesi del 2020, così come la “seconda ondata”; ci troveremo in bocca e in mente espressioni che fino a pochi mesi fa sarebbe stato inimmaginabile dover imparare: chi avrebbe mai detto che in poco tempo saremmo divenuti familiari con concetti come l’RT, l’indice di trasmissione, il tema del testing e del tracking legato al Coronavirus, la branca medica della virologia in generale? Chi avrebbe immaginato nella sua vita di essere obbligato a rispettare un coprifuoco, entro uno stato di eccezione con diverse restrizioni tipiche di un periodo di guerra, di dover adeguarsi a una “sanitarizzazione” massiva della società, paralizzata al cospetto di un virus?

Partiamo dagli aspetti clinici:

  • come era ovvio aspettarsi, coloro i quali prima del Covid sembravano propendere per uno stile di vita caratterizzato da comportamenti “fobici”, non hanno avuto vita facile. Lo stesso potremmo dire per coloro che facevano del mantenimento di un “ordine pulito”, il proprio goal di vita (soggetti caratterizzati da una strutturazione mentale che potremmo chiamare ossessiva, o sofferenti di varie forme di DOC). La presenza di un virus invisibile potenzialmente pericoloso e di fatto poco conosciuto, scuote alle fondamenta ogni tentativo razionale di controllare la realtà che ci circonda, obbligandoci a un passaggio fondamentale, quello dell introiezione di una quota di fatalismo e di rischio, non accessibile a tutti. Mi sono spesso confrontato con persone che sentivano crescere il senso di allarme nei confronti della realtà esterna e del proprio comportamento finendo per auto-emarginarsi ancora di più di quanto prima già non facessero. Parliamo di un aggravarsi di forme di ritiro sociale e di evitamento, con persone chiuse in casa per mesi, eventualmente con brevi aperture all’esterno con l’approssimarsi dell’inizio della campagna vaccinale a inizio dell’ormai concluso 2021. La possibilità di lavorare da casa -ma questo è un tema molto vasto- può aver in questi casi legittimato comportamenti di auto-reclusione, rendendo socialmente accettabile qualcosa che prima del Covid non lo era. Abbiamo assistito dunque a una fase iniziale in cui chi si isolava già da prima, sembrava alleviato dall’idea che gli “altri” potessero comprendere il suo punto di vista, e in qualche modo legittimato nella propria risposta “difensiva” verso la società all’esterno; il senso di sollievo ha però rappresentato in questi casi solo la parte iniziale di un problema in realtà pregresso e più vasto, che in questo senso ha fatto solo incancrenire situazioni di isolamento sociale sviluppatesi prima dell’inizio della pandemia.
  • In relazione a questo primo punto, mi è spesso capitato di constatare un diffuso disinvestimento da tutto ciò che è esterno, indotto dalle restrizioni sanitarie in un primo tempo, poi cronicizzato in forme sfumate e differenti per ognuno. Quello che intendo dire è che -nel prossimo futuro- non è automatico che la fuoriuscita da una condizione di restrizione sociale, produca un naturale ritornare all’esterno come conseguenza ovvia; molte persone in questi 24 mesi hanno riscoperto l’ambiente di casa loro, guardandolo con occhi diversi, forzati dall’obbligo di farlo, come bambini costretti a non uscire e in grado di rendere il piccolo mondo entro il quale fossero chiusi un luogo nuovo, un teatro di sperimentazione. La casa ha assunto una rappresentazione differente, è passata per qualcuno da essere house a essere home, per dirla in senso psicodinamico è stata oggetto di maggiore attenzione, di maggiore investimento libidico; al ritorno della possibilità di vedere persone ed eventualmente viaggiare, molti individui hanno realizzato quanto fosse mortificata la parte di sé che in altre epoche li avrebbe spinti a esporsi fuori, a uscire dalla propria zona di comfort. Parliamo di una sorta di mortificazione della parte esplorativa, un po’ come effetto post-traumatico, un po’ come conseguenza di un restringimento dei confini della propria realtà operato in modo dapprima coatto, poi in qualche modo attivamente mantenuto tale.
  • un altro problema di questi 24 mesi, indubbiamente, è stato il sonno. L’insonnia è divenuta qualcosa di normale, di endemico; ci sarebbe da chiedersi se già prima non fosse così e se la pandemia non abbia solo fatto uscire allo scoperto alcuni aspetti finora rimasti per così dire nascosti. Le cause dell’insonnia sono le più variegate; quando non dipendono da cause mediche, le cause di origine psicologica vanno ricercate nei problemi correlati alla gestione dello stress. L’insonnia si manifesta quando la mente non conceda un abbandono reale, in presenza di uno stato protratto di allarme o di minaccia percepita. Su questo blog abbiamo più volte parlato di fear response, di post-trauma, di disturbo dell’adattamento; possiamo immaginare l’insonnia come il risultato di una mente che non possa concedersi il lusso di uno stato di ristoro completo nel contesto di un luogo (mentale) non sperimentato come sicuro. Per certi versi è come se il cervello fosse impegnato in una risposta di difesa anche quando non ce ne sarebbe la reale necessità. La risposta di difesa accade in concomitanza con una risposta autonomica del sistema nervoso simpatico, completamente slegato dalla nostra volontà cosciente, al di fuori del nostro controllo. Un sistema nervoso che non può spegnersi ci impedisce di abbandonarci a un sonno ristoratore. A questo punto bisognerebbe aprire il grosso capitolo delle cause di questa ipereccitazione del sistema nervoso; qui è forse più importante sottolineare come in questi ultimi 24 mesi tutti noi si sia stati esposti a continui, dalla mattina alla sera, stimoli potenzialmente traumatici e nocivi per la salute mentale. Non che questo non fosse per certi versi obbligatorio o evitabile; è opportuno però ricordarci quanto negli ultimi due anni le informazioni passate di prima mano attraverso il passaparola, o per via mediatica, siano state per lo più allarmanti. La mente di ognuno di noi si è confrontata per due anni con micro-minacce costanti relative a possibili contagi, all’instabilità del Paese, ai continui cambi di scena difficilmente prevedibili; è più che probabile che questo abbia avuto conseguenze anche sulla qualità del sonno; parliamo di un’insonnia procurata, in realtà, da un problema di adattamento a una realtà percepita come non prevedibile per troppo tempo, un disturbo cioè dell’adattamento (come vedremo nel prossimo punto). La nostra mente ha bisogno di prevedibilità e routines; in assenza di queste, alle prese con situazioni troppo caotiche, tende a sviluppare forme di adattamento di vario tipo, e con diversi livelli di “successo”, lungo un continuum che va dalla paralisi pseudodepressiva (si veda su questo l’esperimento dei cani depressi di Pavlov, apparentemente depressi, in realtà post-traumatizzati), a una condizione di crescita post-traumatica (questo lo vedremo in seguito in questo articolo). Sappiamo che in condizioni di prevedibilità scarsa e trauma, la mente tende per prima cosa ad attivarsi in senso difensivo, per poi in alcuni casi collassare in forme simili-depressive che in realtà sono dei comportamenti di resa. Lo spiega molto bene il modello a cascata che qui abbiamo più volte approfondito
  • collegato a questo punto, il disturbo dell’adattamento. Giovanni Tagliavini ne scrive in questo post pubblicato su questo blog, e ne ha parlato di recente in modo efficace Valerio Rosso. Il punto centrale del disturbo dell’adattamento, è la presenza di micro-stressor diluita nel tempo per un periodo non definibile o non prevedibile. Pensiamo a chi debba convivere con la gestione psicologica di una malattia invalidante, o alla pandemia in atto. Ci troviamo ogni giorno di fronte a possibili cambi di scenario a cui dobbiamo adattarci di volta in volta. Il disturbo dell’adattamento si struttura come una risposta inefficace di fronte a eventi esterni non prevedibili. È la forma più sottile e allo stesso più attuale e importante di risposta post-traumatica. Parliamo non tanto di un singolo evento traumatico in grado di toccare la mente di un individuo creando un prima e un dopo; la cosa difficile in questi casi è creare delle isole di controllo in un contesto esterno percepito come totalmente imprevedibile o pericoloso. Una parte della responsabilità, in questi due anni, abbiamo purtroppo constatato essere da attribuire al lavoro dei media, iatrogeno nei suoi effetti, spinto da interessi economici venduti come “necessità di informare”, in realtà impulsivo e tossico -con ovviamente eccezioni importanti, come il Post o singoli divulgatori come Enrico Bucci, moderati nei toni e poco impulsivo/emotivi.
    Il disturbo dell’adattamento è un adattamento non riuscito a una realtà percepita come non prevedibile, con diverse conseguenze sul piano psicofisico; il senso di impotenza che procura diviene rapidamente somatico, generando spesso un senso di sconforto non raramente confuso con depressione. Parliamo in realtà di un problema di “empowerment” e di gestione dello stress.
  • negli ultimi due anni ci siamo dovuti adattare a diverse restrizioni e cambi di abitudine; adattarci a una regime di costruzione e rinunce, non è stato semplice anche in termini di psicologia della coppia. Sono venuti improvvisamente a mancare i punti di fuga funzionali alla tenuta del “sistema coppia”, gli sfoghi necessari alla tenuta della coppia stessa. Il lockdown ha improvvisamente generato un obbligo di convivenza estremamente ristretta, per lo più a fronte di una realtà esterna allarmante; il clima famigliare ne è stato obbligatoriamente alterato, con conseguenze sui singoli elementi della coppia, e a cascata sui figli.
  • Tornando alla questione post traumatica, c’è da sottolineare il problema di coloro che hanno sperimentato in prima persona un ricovero per Covid, magari in una terapia intensiva. Qui troviamo individui con un PTSD conclamato, netto. Il PTSD inteso in senso più “normale”, rappresenta la risposta a un singolo trauma acuto, arrivato a creare uno spartiacque nella vita di chi lo subisca. Al di là dunque del periodo storico, troviamo qui persone realmente minacciate nella propria sicurezza dal Covid. L’esperienza di un ricovero in una condizione di isolamento sociale, o ancora peggio un’esperienza di intubazione e di fame d’aria, rappresentano esperienze altamente traumatiche in grado di procurare PTSD con tutti i sintomi annessi, anche per molto tempo dopo il loro accadere. Qui lo abbiamo spesso ripetuto: il trauma si produce nella compresenza di immobilità e terrore estremo, due elementi presenti insieme in un’esperienza di ricovero con intubazione da Covid. Su questo si vedano gli studi di Delfina Janiri per approfondire, tra cui questo.

Andando invece sugli aspetti meno evidentemente clinici, quali conseguenze hanno avuto questi 24 mesi sulla mente degli individui? Quali aspetti “sfumati” o poco evidenti hanno invece saputo impattare sulle nostre abitudini, sul nostro stile di vita?

Proviamo a raggruppare qui alcune osservazioni:

  • la realtà e le abitudini quotidiane hanno subìto negli ultimi due anni profonde trasformazioni; ci siamo abituati a immagini perlomeno inquietanti progressivamente divenute normali: le immagini di una società adattata a un periodo eccezionale, pandemico; mascherine, distanziamento; vedere persone dopo molto tempo e trovarle cambiate, fuoriuscite dal proprio personale percorso di adattamento al periodo pandemico, magari dopo anni. Questo ha un impatto, anche se difficilmente misurabile, in termini di qualità della vita percepita, di minacciosità della realtà esterna.
  • Il fatto che la realtà esterna imponga un adattamento coatto, produce delle reazioni di sovra-compensazione: questo lo spiega molto bene Nassim Taleb nel libro Antifragile. I sistemi complessi (come siamo noi, e come lo è la società) rispondono spesso in modo attivo a uno stressor, iper-compensando e in realtà attivandosi, evolvendo. Taleb la chiama proprietà di antifragilità, un concetto molto simile a quello di crescita post-traumatica. Abbiamo avuto negli ultimi mesi sentore di qualcosa in procinto di accadere, o un senso di “niente sarà più come prima”. Non sappiamo tuttavia -nel momento in cui dovesse calare il senso di urgenza o di paura, o l’adattamento alla realtà pandemica si spingesse troppo in là in termini di tempo- quanto una “reazione positiva” o “antifragile” possa continuare senza lasciare il posto in realtà a un senso di collasso, a un’implosione sia a livello di energie del singolo individuo che in termini di società presa nella sua interezza. Quello che intendo dire è che l’adattamento alla realtà della pandemia ha generato delle difficoltà nella gestione dell’energia individuale, da un lato spingendo le persone a muoversi per compensare, dall’altro svuotandole, con poco equilibrio generale in termini, appunto, di “management” energetico.
  • Un aspetto non troppo dibattuto o osservato, è il senso di precarietà esistenziale. Già prima del Covid il tema “precariato” era dibattuto e se ne parlava spesso a livello sociale; potremmo partire per tracciarne la traiettoria forse dal 2001, con l’evento dell’11 settembre, passando per il 2008 e l’inizio simbolico di un periodo di crisi economica, per arrivare al 2020 e la pandemia. Questi eventi hanno minato alla base diversi assunti che la generazione dei nati negli anni ’80 (che oggi rappresenta -in teoria- la classe dirigente e insieme una nuova leva di genitori) portava con sé, ereditata dalla generazione precedente; alcune convinzioni sono state messe progressivamente in discussione, dall’idea che la laurea portasse un lavoro sicuro nel contesto di una crescita economica infinita, per arrivare a una generale messa in discussione del senso di sicurezza sociale, minato dal terrorismo. Mettiamoci insieme anche il tema emergente della crisi climatica. Tutto questo rientra quotidianamente nei pensieri dei cittadini, parallelamente ai temi prima riportati, connessi alla pandemia, alimentando ulteriormente il senso di allarme.
  • 24 mesi di pandemia hanno coinciso con molto tempo passato in una condizione di reclusione. Per comprendere il vissuto di chi sia obbligato a stare in casa in modo forzato, abbiamo mesi fa approfondito alcuni aspetti della psicologia della carcerazione. Qua è possibile trovare i due articoli. Il tema del senso da attribuire all’esperienza della reclusione (“pur sempre tempo di vita”) così come un certo aiuto ottenuto dalle routines e dall’attività fisica, sono i punti centrali della questione.
  • Uno dei temi più importanti ultimamente, è stata la gestione dell’energia individuale connessa alle abitudini legate allo smart working. Come psicologo clinico mi sono confrontato quotidianamente in questi mesi con molte persone alle prese con un cambio praticamente totale delle abitudini di vita; giornate passate interamente a casa, soprattutto in città, trascorse lavorando e alternando tempo libero a tempo trascorso in rete; il tempo trascorso online è stato ovviamente aumentato dalle restrizioni; le persone si sono ritrovate per molto più tempo quotidianamente esposte a tutto ciò che proveniva dalla propria rete virtuale, compresi i Social. I rischi dell’uso smodato di Social sono sempre più evidenti, sia per lo sviluppo di addiction, che per il rischio di overload cognitivo (ne abbiamo scritto qui), che per il rischio di una radicalizzazione “ricorsiva” del pensiero. Se i software e gli algoritmi sono progettati appositamente per profilare e proporre agli utenti cose che già sanno, al fine di agganciarli con più forza a fini commerciali, è naturale che noi si osservi una radicalizzazione sempre più estrema del pensiero, soprattutto all’interno di certe fasce della popolazione -meno equipaggiate di pensiero critico. Tutto questo è, presa molto alla larga, un rischio per la tenuta sociale.
    Le giornate trascorse online e lavorando hanno creato diversi punti problematici: la reperibilità continua, la difficile separazione vita lavorativa/vita privata, un difficile “time boxing“, l’assenza di privacy durante le ore di lavoro; ultimamente le aziende sembrano aver introdotto maggiore regolamentazione con un più esplicito “diritto alla disconnessione”. È la vita liquida nella sua forma più estrema, senza nessun tipo di struttura o infrastruttura a salvaguardare lo stato mentale di individui in balia di pressioni lavorative rimaste inalterate, quando non aumentate. Dopo due anni osserviamo posizioni diverse, individui che hanno reagito in modo assolutamente personalizzato, in un continuum con da un lato i lavoratori finiti in burn-out, dall’altro gli entusiasti del lavoro da casa, a detta loro maggiormente produttivi e con più tempo per sé, di fatto con meno stress percepito. Tutto questo è arrivato per restare, e lo porteremo nella nostra vita quotidiana anche quando la pandemia sarà conclusa.

Oltre a questi aspetti riguardanti gli individui, è interessante fare alcune osservazioni a riguardo del lavoro da psicoterapeuta.

In questi 24 mesi ho personalmente cambiato ogni abitudine riguardante il lavoro da terapeuta. Dopo due anni mi rendo conto di come il lavoro online si presti a un lavoro di psicoterapia altrettanto efficace, ma di tipo diverso. Il lavoro di psicoterapia online ha regole e modalità diverse; voler rimanere aderenti a una concettualizzazione classica del setting, rischia di farci perdere le possibilità che questa tipologia di lavoro porta con sé.

Nei primi sei mesi del 2020 abbiamo osservato una reticenza ad accettare l’avvento di una tipologia di sedute fatte online, da parte della comunità più ortodossa del gruppo degli psicologi clinici, spesso di derivazione psicoanalitica. Da parecchio tempo la comunità psicoanalitica tenta di mantenere vivo il fuoco sacro del setting freudiano, di fatto chiudendosi a contaminazioni che le sarebbero vitali, visto il suo lento scomparire progressivo a favore di approcci più moderni (anche se non necessariamente più efficaci). In seguito, dopo i primi mesi di pandemia, anche tra questi colleghi sembrò farsi strada l’idea che qualcosa si potesse fare, e che il lavoro di supporto dovesse continuare anche durante la pandemia -anzi, soprattutto durante la pandemia.

Alcune osservazioni sul tema:

  • il lavoro degli psicologi clinici è in questi due anni aumentato in modo vistoso, essendosi moltiplicata la domanda di ascolto da parte delle persone, per lo più rinchiuse in casa. Personalmente collaboro con il Centro Medico Santagostino di Milano, che come qui approfondito ha aumentato in modo esponenziale il lavoro di psicoterapia online, arrivando ad aprile del 2020 a erogare più di 17000 colloqui di psicoterapia mensili (con un’equipe di più di 300 psicoterapeuti); questo ci dà una prima impressione di quanto il lavoro di supporto sia stato necessario, soprattutto in quella fase di emergenza; attualmente, la “curva” delle richieste di terapia sembra crescere in modo continuativo
  • negli ultimi due anni (e in particolare nelle prime fasi della pandemia) sembra esserci stato uno sdoganamento delle tematiche legate alla salute mentale, anche a partire dalle istituzioni, con la conseguenza di avvicinare persone che mai avrebbero pensato di chiedere una consultazione con uno specialista, all’ambiente della psicoterapia. Questo è stato possibile anche grazie ai prezzi calmierati delle piattaforme che hanno cominciato a erogare ed erogano psicoterapia (con costi intorno ai 40 euro -teniamo presente che per una città come Milano i costi superano spesso gli 80€).
  • le piattaforme di psicoterapia (Centro Medico Santagostino, Serenis) hanno popolarizzato la psicoterapia, raccogliendo un bisogno che il sistema sanitario pubblico, al momento, non è in grado di soddisfare, vista la situazione degradata in cui versa, con pochissimi psicologi assunti in Asl e psicoterapie necessariamente brevi (qui un approfodimento su questo).
  • il setting del lavoro dello psicoterapeuta online, è un setting differente dagli altri. Vi sono vantaggi e svantaggi. I vantaggi sono rappresentati dalla comodità di fruizione del servizio e dalla minore intrusività di un incontro mediato dal device tecnologico, che permette un contatto oculare meno diretto, più mediato appunto. Da molte parti è arrivata l’osservazione che una seduta di psicoterapia fatta di fronte a uno schermo, sembri essere stata in grado di favorire la riflessione e la libera associazione, un po’ come quando, dal vivo, si usa un lettino (che evitando il contatto oculare, lascia il paziente in compagnia del suo pensiero, libero di ragionare e associare). Come vantaggio/svantaggio, potremmo indicare la possibilità di evitare di esporre il proprio corpo: non a tutti i pazienti piace, pur rappresentando una fonte di informazione notevole per il terapeuta.
    Questo tipo di colloqui, introducono il terapista all’interno dell’ambiente quotidiano del paziente, come fosse un colloquio a domicilio, riportando il “contesto” del paziente all’interno del lavoro di esplorazione psicoterapica, fornendo insomma informazioni ed elementi in più. Resta da capire quanto in realtà al paziente possa essere di giovamento non staccarsi dal suo ambiente di appartenenza: la psicoterapia dovrebbe rimanere un luogo protetto, “altro”, uno spazio che, per interferire con la vita nella sua quotidianità, dovrebbe essere percepito appunto come un “altrove”, spesso rappresentato dallo studio dello stesso terapeuta.
    In breve, ci sono vantaggi e svantaggi. La psicoterapia online dovrebbe essere considerata un modo della terapia, una modalità di esplicarsi del lavoro del terapeuta, con caratteristiche peculiari, da declinare a seconda del problema portato dal paziente (per esempio un paziente gravemente traumatizzato che necessiti di EMDR, troverebbe più benefici da un percorso effettuato dal vivo). Consideriamo infine i vantaggi generali della comodità fisica, e del minore costo.

ASPETTI CONCLUSIVI

Viste le questioni prima elencate, mi sembra interessante poter aggiungere alcuni punti di riflessione intorno al tema “psicoterapia e salute mentale” relativamente a questo periodo, ormai “eccezionale” da due anni a questa parte:

  • la salute mentale rappresenta un punto centrale della vita di un Paese: la pandemia ce lo ha ricordato, e ce lo ricorderà soprattutto quando l’”iper-compensazione” da evento traumatico avrà lasciato definitivamente il posto alle reazioni simil-depressive, cosa che sta già avvenendo; il fatto che gli organi di governo non colgano come centrale questo aspetto, è purtroppo un segnale nefasto; mi riferisco con questo al taglio del “bonus psicologo”
  • la socialità, la cura della propria salute psicofisica, le sindromi da reclusione, sono aspetti eclatanti di questo periodo, ma non sono gli unici; difficili da “misurare” ma altrettanto importanti, gli aspetti sfumati, la difficoltà di staccare da un lavoro estremamente richiedente, lo stress da iper-reperibilità e il disturbo dell’adattamento, il disinvestimento dall’esplorazione; di questo ci si dovrà occupare centralmente nei prossimi mesi, in termini di salute mentale, oltre ai “macro-temi” del post-trauma e delle generiche “sindromi ansioso-depressive”
  • la cura della comunicazione e del modo in cui viene fatta, è un punto importante; si spera che questa pandemia produca una crescita in questo senso, verso uno stile comunicativo che metta al centro la qualità dell’esperienza del fruitore anche in senso emotivo; l’impressione è che il giornalismo attuale sia sempre più condizionato da logiche di tipo economico, finendo per diventare entertainment: personalmente mi chiedo sempre più di frequente quanto un articolo sia scritto in un certo modo per raccontare il “vero”; o invece non voglia solo vendermi un trigger per un’emozione che mi spinga ad acquistare qualcosa o a reagire di pancia concedendo altro tempo e attenzione alla piattaforma che me lo propone. Per fortuna è in atto anche in questo settore uno sfoltimento in un certo modo “darwiniano”, con testate premiate o meno dal livello di qualità e valore prodotto.

Qui un approfondimento ulteriore.


Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA.

Article by admin / Editoriali / psicotraumatologia, raffaeleavico

21 December 2021

PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE”

di Raffaele Avico

Su questo blog abbiamo già parlato di psichedelici: qui alcuni link ad articoli precedenti che introducono all’utilizzo di MDMA nel trattamento della sindrome post traumatica.

Negli ultimi tempi sono frequenti i riferimenti in letteratura a un presunto rinascimento psichedelico, un’ondata di rinnovato interesse per l’utilizzo di sostanze psichedeliche in voga già negli anni ‘60, ora reintrodotte o in procinto di essere introdotte nella farmacopea psichiatrica.

Si veda inoltre:

  1. mdma per ptsd
  2. sul rinascimento psichedelico
  3. Lucid (news in tema psichedelici)

L’idea è che, sostanzialmente, le sostanze psichedeliche possono offrire un ingresso velocizzato al mondo interno del paziente nel contesto di una psicoterapia strutturata.

Un aspetto non nuovo, ma relativamente meno dibattuto, è l’utilizzo di strumenti alternativi per indurre stati alterati di coscienza non mediati da sostanze psicotrope, come le esperienze di deprivazione sensoriale e la luce stroboscopica come induttore di stati di pseudoallucinazione.

Vice ha recentemente pubblicato un articolo a proposito di una nuova applicazione per telefoni cellulari, scaricabile sia in ambiente apple che android, che promette induzione di stati alterati di coscienza e potenziali effetti ansiolitici e rilassanti: Luminate.

L’applicazione è scaricabile qui.

A proposito dei suoi effetti e del suo utilizzo rimandiamo all’articolo di Vice, da leggere per meglio comprendere il seguito di questo post.

Tentiamo ora qui un approfondimento per punti degli aspetti scientifici che ne possano giustificare l’utilizzo.

  • l’applicazione prevede che il soggetto che ne voglia fare uso si “somministri” il ciclo di emissioni di luce dinnanzi agli occhi chiusi a una distanza variabile dai 10 cm ai 30 cm, a seconda di quanto intensa voglia sperimentare la sensazione di stimolazione (con il telefono vicino alle palpebre chiuse degli occhi, la stimolazione luminosa risulta molto intensa)
  • i pattern luminosi e le forme evocate dalla luce stroboscopica a cui il soggetto viene sottoposto, producono l’impressione graduale che alla vista, su sfondo nero -dato che ovviamente la si usa a occhi chiusi-, si sviluppino forme geometriche e frattali luminosi e che questi si manifestino in una sorta di sequenza fluida, guidata dal variare della frequenza della luce proiettata dal flash dello smartphone sul quale la si utilizza
  • le sensazioni riportate dalla maggior parte dei fruitori riguardano non tanto esperienze realmente allucinatorie (dato che l’app non è in grado di procurarle) quanto un’alterazione dello stato di coscienza propedeutico alla “dissoluzione” identitaria spesso ricercata dai fruitori, nell’idea di un possibile accesso a una realtà “altra”, interiore, dis-intermediata dai consueti strumenti cognitivi (il linguaggio e le immagini). In altre parole, la stimolazione luminosa sembra in grado di indurre uno stato “ipnagogico” in condizioni di sicurezza, o uno stato pseudo-dissociativo nel corso del periodo di immersione nell’esperienza
  • nei crediti dell’applicazione e sul sito che la vuole presentare, viene citata la mission degli sviluppatori, nonché descritta la fase iniziale di sviluppo dell’app, partita dallo studio di “centinaia di articoli scientifici inerenti lo sciamanesimo, la deprivazione sensoriale, l’ipnagogia”[..]”per poi, unendo i puntini” arrivare al concetto-chiave di “sincronizzazione” sensoriale. In fisica è noto il fenomeno dei due pendoli che, posti uno di fianco all’altro, arrivano a sincronizzare il loro movimento. Fino a poco tempo fa, come qui approfondito, sembrava difficile spiegare il fenomeno; ora sappiamo che l’evento è da imputare all’emissione di onde sonore da parte dei due pendoli, che modellano i rispettivi movimenti oscillatori portandoli a sincronizzarsi. In molteplici altri ambiti in natura accadono fenomeni di “sincronizzazione” spontanea. In questo caso, gli sviluppatori del software sostengono che attraverso la stimolazione effettuata sui neuroni -per via delle vie nervose afferenti al cervello dagli occhi- fatta a una certa frequenza, si possa indurre gli stessi neuroni a sintonizzarsi nella loro “attività” con la luce stroboscopica erogata dall’app, con diversi effetti neurobiologici e “psichedelici”/psicotropi, elencati qui di seguito:
  • 1) aumento della “variabilità” del funzionamento neuronale, un parametro questo in grado idealmente di spiegare un livello più o meno “alto” del funzionamento della coscienza. Si veda questo articolo per un approfondimento. A grandissime linee, un aumento della complessità nell’interazione reciproca dei neuroni in alcune aree cerebrali è in grado di elevare lo stato di coscienza. Qui avevamo parlato di un indice potenzialmente in grado di misurare il grado di complessità e di “presenza” dello stato di coscienza, indagato in particolare dal gruppo di lavoro di Giulio Tononi (per un approfondimento).
  • 2) diminuzione dell’attività cerebrale relativa al “default mode network”. Del DMN avevamo scritto qui. Il Default mode ci aiuta a mantenere la concezione soggettiva di un Sé unitario, e ci consente di narrare noi stessi a noi stessi. Esercita in altre parole un lavoro di coordinamento narrativo, tale per cui noi si ha l’impressione di essere sempre le stesse persone nel tempo. Una riduzione del suo funzionamento, produce una dissoluzione identitaria, una perdita in qualche modo dell”io”, fenomeno ricercato attivamente dagli psiconauti attraverso l’assunzione di sostanze psichedeliche, e che questa app promette di produrre. Per un approfondimento su questo aspetto si veda il modello teorico Rebus
  • 3) aumento della connettività funzionale. La connettività funzionale riguarda la correlazione temporale fra due eventi neuronali spazialmente distanti; la si studia osservando “cosa fa” il cervello in risposta a determinati stimoli sensoriali o processi cognitivi; è un indicatore che ci racconta di come le varie parti del cervello comunichino tra di loro, e sotto l’effetto di allucinogeni subisce delle variazioni (come qui approfondito). Gli sviluppatori dell’app sostengono di garantire un effetto di incremento della connettività funzionale (che si verifica sensibilmente sotto effetto di sostanze psichedeliche, come qui largamente approfondito), anche attraverso l’uso di Luminate.
  • 4) riduzione delle onde Alfa cerebrali durante la stimolazione stroboscopica. Questo effetto è stato documentato anche in altre circostanze di ricerca, con altre sostanze (per esempio si veda qui); il collasso delle onde cerebrali Alfa lascia spazio a un funzionamento cerebrale più simile a quello osservato durante il sonno, cosa che si osserva in concomitanza con la sensazione di entrare in una dimensione “altra”, come si sognasse.

LUCIA N. 03

Cercando materiale in rete, scopriamo che anni fa un esperimento del genere era già stato fatto, nel progetto austriaco Lucia N.03; uno degli articoli citati sul sito di Lucia N.03 è questo, in effetti molto mirato.

L’allucinazione indotta da luce stroboscopica è stata qui indagata usando lo strumento prima citato (Lucia N.03), che sostanzialmente ha un funzionamento sovrapponibile a Luminate con alcuni punti di varazione. Lo studio ha raccolto un campione di 19 giovani universitari che sono stati sottoposti a un trattamento con Lucia N.03 (modulando diverse frequenze nell’erogazione dell’impulso luminoso, ovvero 0 Hz -cioè il buio-, 3 Hz e 10 Hz, ogni volta per 10 minuti) e indagati con EEG. 1 Hz corrisponde a un impulso luminoso al secondo.

Ne ricaviamo quanto segue:

  • la somministrazione di luce stroboscopica produce un’alterazione del funzionamento cerebrale simile a quella osservata assumendo sostanze psicotrope; in particolare è in grado di far crollare la presenza di onde cerebrali alfa (come prima accennato).
  • Sottoposti a questo test, le analisi statistiche indicano la percezione da parte degli intervistati di uno stato di coscienza soggettivamente esperito come alterato (“​​The subjective intensity of experience for both stroboscopic conditions was substantially higher than for the Dark condition”), e in modo differenziato a seconda dell’intensità della somministrazione (“While there were some commonalities in experience between 3 Hz and 10 Hz, they also differed in terms of intensity and across many ASCQ dimensions, indicating that each stimulation frequency produced distinct phenomenal states”)
  • sempre riferendosi al test prima citato, i ricercatori paragonano i risultati ottenuti con Lucia N.03 a quelli ottenuti assumendo psilocibina (funghi allucinogeni), trovando risultati simili (“Together, these results suggest that the changes in experience and phenomenal content – as reflected by the ASCQ – reported during 3 Hz and 10 Hz stroboscopic stimulation showed some similarities to those following the ingestion of psilocybin, but also a number of differences. These results support stroboscopic stimulation as a novel non-pharmacological method of inducing ASC, phenomenologically similar in some respects to the psychedelic state.”)
  • Per quanto riguarda le forme/visioni percepite durante l’esperienza, i soggetti esaminati testimoniano di epifenomeni coerenti con altri report effettuati in precedenza. Parliamo di “allucinazioni visive indotte da luce stroboscopica” (Stroboscopically induced visual hallucinations) con pattern geometrici, spirali, “griglie” e forme caleidoscopiche colorate; alcuni di questi soggetti (a intensità più basse di stimolazione, paradossalmente) osservarono il manifestarsi di forme più strutturate “dal buio”, come riportato in queste testimonianze:
  • approfondendo i risultati ottenuti all’EEG, gli autori osservarono variazioni sensibili all’indice Lempel-Ziv (qui un approfondimento), usato per rilevare il grado di complessità del funzionamento cerebrale preso nel suo insieme. Questo punto appare importante perché rafforza la tesi degli sviluppatori di Luminate a proposito degli effetti dell’applicazione sulla “diversity” neuronale, qui dimostrata (di nuovo, paradossalmente a bassa frequenza dell’impulso luminoso, 3 Hz, situazione di stimolazione tra l’altro a maggiore intensità di “allucinazioni”)
  • nella discussione finale, gli autori osservano come il rilevare un’aumentata diversità del funzionamento cerebrale rilevato tramite EEG potrebbe segnalare la presenza di uno stato alterato di coscienza caratterizzato dal susseguirsi rapido di scenari mentali prodotti dall’esperienza stessa, una forma “iper-associativa” del pensiero rilevata anche nel contesto di sperimentazioni con psichedelici naturali come la psilocibina (qui un approfondimento).
  • per quanto riguarda le onde cerebrali, gli autori osservano -come prima accennato- una consistente alterazione delle onde alfa (“The most pronounced spectral alteration, which appears to be consistent across different psychedelic compounds -LSD, psilocybin and ketamine- is the marked decrease in alpha power”), a sua volta correlata a una maggiore disinibizione della corteccia, a una maggiore eccitabilità della stessa e quindi ad un’attività interna tale da generare le forme pseudo-allucinatorie prima citate (“During psychedelic ASC a reduction in alpha power marks decreased cortical inhibition, facilitating the spread of spontaneous internally generated patterns of neural excitation over the visual cortex, leading to the experience of visual hallucinations”).
  • Questi ultimi due punti ci dicono come, con Lucia N.03, gli effetti prodotti dimostrati siano in parte sovrapponibili a quelli citati dagli sviluppatori di Luminate. Il decrescere dell’intensità delle onde alfa, viene citato sia in questo studio che dagli sviluppatori di Luminate come in grado di produrre una dissoluzione dell’Io (“Following from this model, decreases in alpha power during psychedelic ASC have also been linked to the formation of complex visual hallucinations. For example, the magnitude of the reduction in alpha power during psychedelic ASC -LSD- has been shown to predict the extent of both simple and complex visual hallucinations, as well as more profound changes in consciousness, such as ego-dissolution”).
  • Viene evidenziato chiaramente come la frequenza a più alto effetto sia 3 Hz. Gli autori osservano inoltre che un elemento utile a potenziare l’effetto allucinatorio del macchinario Lucia N. O3 fosse l’intensità della luce, in questo caso più alta rispetto a Luminate (“Stimulus luminance is known to increase the magnitude of neural evoked responses at early stages of visual processing. The high luminance used in this study may therefore have led to stronger effects on inhibitory processing on visual cortex, which may account for the emergence of CVH”)
  • sempre 3 Hz viene descritta come la frequenza maggiormente in grado di indurre uno stato simil ipnagogico (si veda qui per un articolo sullo stato ipnagogico)
  • Gli autori così concludono: “By combining stroboscopic stimulation with EEG, we found that stimulation at 3 Hz and 10 Hz generates subjectively striking changes in experience (as measured by the ASCQ), which were accompanied by increases in EEG signal diversity (as measured by Lempel-Ziv complexity (LZs)) compared to wakeful rest. These subjective reports and increases in signal diversity show similarities to those observed during psychedelic states engendered by LSD, ketamine, or psilocybin41, indicating that spontaneous signal diversity provides a robust signature of ASC. Using surrogate data, we demonstrated that increases in signal diversity under stroboscopic stimulation depended on changes in both the power spectrum and the phase spectrum of the underlying EEG. Although stroboscopic and psychedelic ASC differ in many respects, our findings of substantial changes in experience, along with both ‘simple’ and ‘complex’ visual phenomena, demonstrate that stroboscopic stimulation offers a powerful non-pharmacological means of inducing ASC, as well as providing a possible adjunct to psychedelic therapies. Overall, our results provide further evidence that EEG signal diversity reflects the diversity of subjective experiences that are associated with different states of consciousness.”

In generale, lo studio prima citato ci riporta un risultato, ai test, simile a quello ottenuto usando altre sostanze psichedeliche come la psilocibina. Un aspetto da considerare è che il questionario sottoposto al campione dello studio tendeva (e questo gli autori lo riconoscono) a indagare l’esperienza degli individui in modo bidimensionale, senza curarsi degli aspetti realmente trasformativi, profondi e talvolta addirittura mistico/spirituali dell’esperienza stessa (aspetto cercato attivamente, spesso, dai “frequentatori” di stati alterati di coscienza). In questo caso abbiamo a che fare con un’esperienza di alterazione più leggera, in un certo senso superficiale, ma allo stesso modo psichedelica.

Tornando a Luminate, è possibile mettere in parallelo le ricerche effettuate prendendo in considerazione Lucia N. 03 e l’applicazione in oggetto, immaginando una parziale sovrapponibilità dei risultati (pur non essendo esplicitate nel sito di Luminate le esatte frequenze degli impulsi luminosi -che tra l’altro in Luminate variano costantemente-, così come l’intensità della luce -che si desume tuttavia corrisponda all’intensità del flash del proprio telefono, che per un Iphone è sotto i 100 lumen -usando Lucia N.03 i lumen al massimo flusso erano più di 5000). Aspetto da considerare è che Luminate eroga, insieme alla stimolazione visiva, musica da viaggio psichedelico.

Per chi volesse effettuare un approfondimento sull’uso della luce stroboscopica (“flickering”), anche questi articoli rappresentano una buona risorsa:

  1. 1
  2. 2

Per come viene venduta l’app, nella sua versione a pagamento l’esperienza psichedelica dovrebbe produrre un effetto calmante o esplorativo. Esplorativo è qui da intendere come in grado di permettere all’individuo di “vagare” per i contenuti interiori della sua coscienza in modo facilitato.

Sono inoltre previste delle esperienze mirate che dovrebbero facilitare il sonno, o aiutare l’individuo nella focalizzazione e nella creazione di obiettivi. É probabile che ciò che cambi siano solamente il sottofondo musicale e la durata dell’esperienza, essendo improbabile che gli sviluppatori siano stati in grado di costruire sequenze luminose/sonore mirate agli obiettivi che l’app propone: quale dovrebbe essere la sequenza luminosa/sonora adatta a conciliare il sonno, e in che modo differirebbe da quella adatta al focusing?

Al di là degli aspetti neurobiologici, un ultimo aspetto da sottolinare è che, per come viene usata, l’app Luminate distrae i nostri sensi in modo non traumatico e continuativo, creando un effetto doppio-compito simile a quello ipotizzato per spiegare il meccanismo di funzionamento dell’EMDR. L’esplorazione “interiore” avviene più facilmente quando l’attenzione selettiva della mente sia convogliata su uno stimolo continuo, come un rumore bianco; questo crea una sensazione di assenza di ansia, migliorando la stessa esplorazione dei contenuti di pensiero.

Qui per provare l’app.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)


Article by admin / Formazione / neuroscienze, psicologia, raffaeleavico

2 December 2021

IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022)

di Raffaele Avico

La psicoterapia orientata al trauma assistita da psichedelici rappresenta la “next big thing” della psicoterapia nel trattamento del PTSD e del trauma acuto.

Come è noto, la terapia degli eventi traumatici solamente incentrata sulla parola non sembra essere sufficiente: negli ultimi decenni molteplici strumenti sono stati integrati alla psicoterapia solamente verbale-strumenti per lo più incentrati sul corpo.

L’attenzione all’importanza dell’ambiente nella genesi dei disturbi psichici ha nel frattempo trovato sempre più linfa, per cui oggi ci troviamo nel pieno di un’”età dell’oro” della terapia sul trauma, con un fiorire di approcci inerenti i disturbi post-traumatici nelle differenti declinazioni che questi possano assumere (dall’attualissimo disturbo dell’adattamento -endemico nel corso della attuale pandemia COVID-, al trauma in acuto, al PTSD al primo soccorso psichico per soggetti traumatizzati).

Se il trauma origina dall’ambiente di sviluppo o attorno al soggetto che lo subisca, sarà il suo corpo ad “accusare il colpo”, come ben sintetizza uno dei più celebri libri sul tema (“The body keeps the score”).

Per lavorare sul corpo, possediamo oggi molteplici strumenti che potremmo definire bottom-up: EMDR, psicoterapia sensomotoria, Deep Brain Reorienting; per quanto riguarda l’approccio farmacoterapico, sembriamo possedere armi dall’efficacia importante, ma limitata.

Da alcuni anni (e su questo blog lo abbiamo introdotto da tempo) alcune sostanze psicotrope vengono sperimentate nel trattamento del PTSD e del trauma acuto: tra tutte, l’MDMA medico. L’MDMA si crede verrà introdotto in modo stabile nel trattamento del trauma, attraverso l’approvazione dell’FDA, nel 2023.

L’MDMA sembra favorire l’accesso alle memorie traumatiche, notoriamente indigeste in senso psichico e in grado di scatenare risposte neurofisiologiche potenti; esistono molteplici studi al momento pubblicati su riviste più che autorevoli.

Si prenda per esempio questo lavoro. Senza addentrarci troppo nella questione, il punto centrale è che l’MDMA creerebbe “le condizioni affinché” il lavoro di psicoterapia possa avvenire nel migliore dei modi.

Sappiamo infatti che il riaffiorare delle memorie traumatiche in contesto di psicoterapia può, quando non gestito, interrompere o non permettere il lavoro di “elaborazione” delle memorie stesse, in quanto troppo attivante e forte in termini emotivi. In questi frangenti di “accesso” traumatico, la mente viene attivata in senso di allarme/minaccia, o collassa in una condizione di detachment: entrambe queste condizioni non permettono di metabolizzare, o elaborare, il ricordo.

L’effetto farmacologico dell’MDMA consentirebbe invece di depotenziare l’impatto di questi stessi ricordi, facendo sì che essi trovino posto nel “campo psicoterapeutico” al fine di poter essere visualizzati e svuotati del loro potere attivante.

Questi studi sull’MDMA nel trauma, si inseriscono nella cornice di un più ampio movimento denominato “rinascimento psichedelico“, un’ondata appunto di rinnovato interesse per l’utilizzo di sostanze psichedeliche in voga già negli anni ‘60, ora studiate per essere ipoteticamente introdotte nella farmacopea psichiatrica.

L’idea è che, sostanzialmente, le sostanze psichedeliche possono offrire un ingresso velocizzato al mondo interno del paziente nel contesto di una psicoterapia strutturata.

Tra le sostanze più studiate negli ultimi tempi: l’MDMA come prima accennato, la Psilocibina (assunta attraverso funghi allucinogeni o tartufi allucinogeni), la ketamina o alcune sue varianti usata nel trattamento della depressione resistente, e allucinogeni classici come LSD o cannabis medica. Ma anche il microdosing, una modalità di assunzione controllata di farmaci psichedelici, ottenuta per via di micro dosaggi assunti in modo quotidiano -un riferimento sul tema microdosing è James Fadiman (qui per un approfondimento).

Un aspetto non nuovo, ma relativamente meno dibattuto, è l’utilizzo di strumenti alternativi per indurre stati alterati di coscienza non mediati da sostanze psicotrope, come le esperienze di deprivazione sensoriale e la luce stroboscopica come induttore di stati di pseudoallucinazione (si veda per esempio Luminate).

Nelle giornate di 10, 11, e 12 marzo 2022, a San Diego si terrà un convegno a proposito dei temi sopra citati.

Il portale FCP (Formazione Continua in Psicologia) propone un accesso attraverso i suoi canali, a questo link.

Si tratterà di 3 giornate intere di formazione con alcuni punti di riferimento per l’ambito, tra cui lo stesso Bessel Van Der Kolk, lo psicotraumatologo forse più conosciuto al mondo per il prima citato “Il corpo accusa il colpo”.

C’è da considerare che già da ora alcuni portali offrono formazioni strutturate per la psicoterapia assistita da psichedelici; per esempio l’organizzazione più importante al mondo sul tema, MAPS, eroga una formazione sul trattamento del PTSD con MDMA, pur molto costosa (5000$ in remoto), si veda qui.

Altre realtà interessanti sul tema sono la Mind Foundation di Berlin e il gruppo di ricerca raccolto intorno a Ben Sessa in Inghilterra.

Il convegno, che qui siamo a promuovere, costa 230€ per le 3 giornate intere. Molto consigliato.

QUI PER ISCRIVERSI. Qui invece altre risorse su questo blog a tema #psichedelici.

Article by admin / Formazione / psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia, PTSD

29 November 2021

PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED)

di Raffaele Avico

Con questa intervista a Paolo Ricci, esploriamo alcune questioni inerenti la terapia del trauma.

Paolo è il referente dell’area ricerca dell’Associazione AISTED di Milano, nata per promuovere un approfondimento sulla terapia del trauma e della dissociazione.

Le domande dell’intervista sono riportate qui di seguito.

L’elemento da “portare a casa”, in generale, è che la psicoterapia focalizzata sul trauma deve avvalersi di strumenti che vanno al di là della parola. Lavorare in modo solamente verbale non sembra essere sufficiente, almeno quando il paziente abbia subito un evento traumatico che possa definirsi tale (quando si presentino insieme senso di minaccia per la vita, e immobilità -con un’impossibilità di reagire). Il corpo, come recita il celebre titolo, “accusa il colpo”.

Negli ultimi anni abbiamo osservato nella terapia del trauma l’imporsi di modelli a forte componente somatica (pensiamo per esempio all’EMDR, apparso sulla scena ormai più di 20 anni fa) o la psicoterapia sensomotoria di Pat Ogden (a sua volta ispirata al lavoro di Peter Levine, di cui abbiamo qui scritto). Recentemente, dal 2018, sentiamo parlare di Deep Brain Reorienting (qui il sito), a partire dagli studi di Frank Corrigan.

In questa intervista Paolo Ricci illustra i punti di interesse principali relativi a questi approcci psicoterapici “d’avanguardia”.

Le domande:

  • Gentile Paolo, ci dai una tua breve presentazione raccontandoci qual è stato il tuo percorso? Questa intervista ha l’obiettivo di approfondire, in ambito di trauma dissociazione, il tema della psicoterapia sensomotoria e la dbr. Qual è stata la tua esperienza riguardo?
  • Gentile Paolo, tu sei il referente per la ricerca dell’associazione aisted, dedicata al trauma e alla dissociazione. Ci racconti brevemente su quali piani si sta muovendo il lavoro di ricerca dell’associazione e intorno a quali nuclei clinici?
  • Gentile Paolo, ci dai una definizione di psicoterapia sensomotoria? Ci racconti come si lavora e con quali obiettivi all’interno della psicoterapia sensomotoria? Un paziente che abbia subito un trauma, che vantaggi può trovare da questo tipo di terapia? Funziona anche con la dissociazione?
  • Gentile Paolo, quali sono gli assunti clinici che stanno alla base della psicoterapia sensomotoria mi viene in mente il lavoro di Pat Ogden sulle tendenze all’azione. Cosa ci puoi dire a riguardo?
  • Gentile Paolo, passiamo alla DBR. In cosa consiste questa tecnica e su quali assunti si basa?
  • Gentile Paolo, a partire dalla tua esperienza clinica, lavorare con il trauma quanto necessita di un approccio non verbale e quanto invece può essere fatto anche in modo semplicemente verbale?
  • Gentile Paolo, quali ritieni essere gli sviluppi prossimi futuri della terapia sul trauma? In caso tu ne fossi a conoscenza, hai qualche riferimento bibliografico o sitografico che ci puoi consigliare? 

Qui l’intervista:



Per approfondire.

Qui un approfondimento sul Deep Brain Reorienting che facemmo nel 2019.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI).

Article by admin / Formazione / interviste, psicologia, psicotraumatologia, PTSD, raffaeleavico

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  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD 2 March 2021
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA 25 February 2021
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1) 21 February 2021
  • FLOW: una definizione 15 February 2021
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD) 8 February 2021
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI 3 February 2021
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA 1 February 2021
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION? 25 January 2021
  • PSICOFARMACOLOGIA STRATEGICA: L’UTILIZZO DEGLI PSICOFARMACI IN PSICOTERAPIA (FORMAZIONE ONLINE) 20 January 2021
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA) 15 January 2021
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO 11 January 2021
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT 6 January 2021
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO 2 January 2021
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum) 28 December 2020
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI 18 December 2020
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti 14 December 2020
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO 10 December 2020
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino 8 December 2020
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO 3 December 2020
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP 28 November 2020
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA 20 November 2020
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO) 16 November 2020
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm) 12 November 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento 7 November 2020
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING 2 November 2020
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING) 28 October 2020
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al. 24 October 2020
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO 21 October 2020
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO 18 October 2020
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè 13 October 2020
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 6 October 2020
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI 30 September 2020
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix 28 September 2020
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico 21 September 2020
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura” 15 September 2020
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo 10 September 2020
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI 2 September 2020
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO 31 August 2020
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI 27 August 2020
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza 26 August 2020
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO 7 August 2020
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO 31 July 2020
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia 27 July 2020
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO 20 July 2020
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF) 14 July 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius 10 July 2020
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA 3 July 2020
  • SONNO, STRESS E TRAUMA 27 June 2020
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI 23 June 2020
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO 11 June 2020
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace 5 June 2020
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE 3 June 2020
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY 28 May 2020
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID 26 May 2020
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL 20 May 2020
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.” 18 May 2020
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI 14 May 2020
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch 9 May 2020
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2 4 May 2020
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI 2 May 2020
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE” 30 April 2020
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE 25 April 2020
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY 25 April 2020
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA 25 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI! 22 April 2020
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA? 21 April 2020
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI 17 April 2020
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO 13 April 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3 10 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF! 6 April 2020
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI 4 April 2020
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO? 31 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2 27 March 2020
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT 25 March 2020
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO 16 March 2020
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI 12 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1 6 March 2020
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba 5 March 2020
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN 29 February 2020
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD 13 February 2020
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET 3 February 2020
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM 17 January 2020
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO 15 January 2020
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO 30 December 2019
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI 27 December 2019
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA 19 December 2019
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER 12 December 2019
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA” 24 November 2019
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRI EY 15 November 2019
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi 4 November 2019
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE 29 October 2019
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO” 18 October 2019
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA 24 September 2019
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING 20 September 2019
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD 13 September 2019
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA 9 September 2019
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO 14 August 2019
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE? 8 August 2019
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE 28 July 2019
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI 24 July 2019
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA? 16 July 2019
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY 8 July 2019
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA 28 June 2019
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO 11 June 2019
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI? 6 June 2019
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare 4 June 2019
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 28 May 2019
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade 22 May 2019
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE” 18 May 2019
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI 14 May 2019
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI 7 May 2019
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA 3 May 2019
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI 30 April 2019
  • SUL REHEARSAL 15 April 2019
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO 12 April 2019
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI 3 April 2019
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA 29 March 2019
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI” 26 March 2019
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ 22 March 2019
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA? 19 March 2019
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE 15 March 2019
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI 12 March 2019
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA 8 March 2019
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE 5 March 2019
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO 19 February 2019
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA 15 February 2019
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO 11 February 2019
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES 1 February 2019
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE 28 January 2019
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA 25 January 2019
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE 22 January 2019
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO? 18 January 2019
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA 15 January 2019
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA? 12 January 2019
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO 7 January 2019
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA? 2 January 2019
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION 21 December 2018
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER 18 December 2018
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK 13 December 2018
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING 11 December 2018
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO 6 December 2018
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI 30 November 2018
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI 27 November 2018
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA? 23 November 2018
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE 20 November 2018
  • IL PTSD IN VIDEO 12 November 2018
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT 9 November 2018
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO 2 November 2018
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER? 30 October 2018
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI? 23 October 2018
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel 19 October 2018
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE 16 October 2018
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit 9 October 2018
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche? 4 October 2018
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS 2 October 2018
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE? 28 September 2018
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini 17 September 2018
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori 26 July 2018
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg 12 July 2018
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO 9 July 2018
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL 5 July 2018
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL 3 July 2018
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG 28 June 2018
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA 25 June 2018
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO 22 June 2018
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO 18 June 2018
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO 11 June 2018
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO 7 June 2018
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI 4 June 2018
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI? 31 May 2018
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA 28 May 2018
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE 24 May 2018
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ 21 May 2018
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK 17 May 2018
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI 15 May 2018
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico) 9 May 2018
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE 6 May 2018
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana 30 April 2018
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017 26 April 2018
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI 20 April 2018
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone 18 April 2018
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI 10 April 2018
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT 9 April 2018
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon 5 April 2018
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2 25 March 2018
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”. 19 March 2018
  • IL CESPA 15 March 2018
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD 9 March 2018
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO 2 March 2018
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI 27 February 2018
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT 13 February 2018
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG 4 December 2017
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE 4 December 2017
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO 4 December 2017
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO 4 December 2017
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI 4 December 2017
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016 4 December 2017
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica 4 December 2017
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet 2 December 2017
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017) 2 December 2017
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD 2 December 2017
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI 2 December 2017
  • IL CERVELLO TRIPARTITO: LA TEORIA DI PAUL MACLEAN 2 December 2017
  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA 1 December 2017
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE 1 December 2017
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) 30 November 2017
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017 29 November 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE 28 November 2017
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO 28 November 2017

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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