di Raffaele Avico
Il circuito di reward, come qui descritto, è il sostrato neuroanatomico di un meccanismo “profondo” che produce comportamenti di dipendenza, in qualunque forma questa si manifesti. Il circuito di reward, funziona per mezzo di un neuromediatore chiamato dopamina, che viene rilasciato ogni volta proviamo gratificazione (per esempio, un buon pasto produce un rilascio di dopamina, ma anche lo zucchero, una notifica su facebook, un “tiro” di cocaina, in quantità e tempi diversi). Se il problema dell’addiction è un problema incentrato sulla dopamina, chi riuscisse -ipoteticamente- a indurre un suo rilascio nel cervello di un cliente, ne farà un cliente “che ritorna”: esiste a proposito di questo un “mercato della dopamina”, appunto, creato da chi, consapevole dei meccanismi che regolano l’addiction, produce prodotti a forte rilascio di dopamina, che quindi inducono nell’utente un forte legame di dipendenza. Pensiamo per esempio al mercato degli snack dolci, allo zucchero contenuto nei cibi venduti dai fast food, al junk food, etc.: tutto così gratificante da creare dipendenza. La domanda centrale che si pone chi lavora nel mercato della dopamina, sarà dunque: come posso fare a creare un prodotto che procuri forte gratificazione (e quindi un rilascio di dopamina, e di conseguenza un ritorno probabile del cliente al consumo)?
Consideriamo che il circuito di reward coinvolge anche la memoria, che imprime il ricordo gratificante nella mente di chi l’ha vissuto, per far sì che l’esperienza gratificante venga ripetuta.
Senza dopamina, non mangeremmo, né cercheremmo attivamente partner sessuali, ma neanche scivoleremmo in una dipendenza da cocaina o da smartphone.
Esistono due tipologie di gratificatori:
- i gratificatori naturali (le esperienza connesse al cibo, alla sessualità, alle relazioni sociali)
- i gratificatori artificiali (che procurano un rilascio di dopamina a partire da qualcosa di innaturale o costruito ad hoc, come il saccarosio contenuto nel junk food, o il meccanismo con cui è creato un social network -attraverso ricompense e stimoli a forte salienza come luci e colori, stesso meccanismo con cui funziona una slot machine-, o ancora le sostanze stupefacenti)
Quando una dipendenza si installa, e quando diviene altamente patologica, i gratificatori artificiali prendono tutto il posto dei gratificatori naturali: passa tutto in secondo piano (come la sessualità e appetito) per lasciar posto al singolo gratificatore artificiale. Uscire da una dipendenza del genere, vuol dire rimettere i gratificatori naturali al loro posto originario, scalzando quelli artificiali: per questo nelle strutture di recupero, per esempio, si lavora per estirpare comportamenti patogeni ricollegando la persona tossicodipendente ai suoi “piaceri” primari, che esistevano prima della tossicodipendenza.
Visti questi aspetti, è importante capire che ci “controlla” il mercato della dopamina, produce consumatori fedeli e grandemente dipendenti, il che genera un enorme introito di denaro collegato al consumo. Abbiamo chiesto a Valerio Rosso, psichiatra psicoterapeuta di Genova ed esperto di psichiatria d’avanguardia che sul suo canale YouTube discute sul mercato della dopamina e di molti altri temi trasversali per la psichiatria e le neuroscienze, un approfondimento su alcune di queste questioni a proposito del fenomeno:
- Valerio, quanto è alto il valore prodotto dai beni “ad alto rilascio” di dopamina?
Se si considera il totale del business della dopamina, legale ed illegale, si parlano di diverse centinai di miliardi di dollari. Pensate solo ad alcol, nicotina e droghe illegali in europa: si parla di un totale di almeno 300 miliardi di euro per l’alcol, 150 miliardi di euro per il tabacco e circa 20 miliardi di euro per le principali droghe illegali. Aggiungete il business dei Junk Food e vedrete ancora molti miliardi di euro in gioco. Non parliamo poi dei comportamenti disfunzionali che coinvolgono i social network. Inoltre il business della dopamina, nelle sue vecchie e nuove declinazioni, è stabile nel tempo e non risente delle fluttuazioni della crisi, anzi, instabilità e incertezza in qualche maniera lo alimentano perché favoriscono i bisogni anomali delle persone. - Quali sono le fasce della popolazione più colpite?
Si tratta di un business piuttosto trasversale anche se a subirne le conseguenze dirette e le influenze di marketing sono le fasce più deboli e meno abbienti. Il business della dopamina ha un marketing preciso stimolare la risposta del reward in più persone possibili tramite stimoli accessibili in primis alla grande massa della popolazione, non alle elite. Zucchero, social media, tabacco, alcol sono esempi lampanti di gratificazione dopaminergica a poco prezzo. - Qual è il meccanismo con cui ci si può difendere?
Come sempre, l’unico meccanismo di difesa contro le dipendenze ed il bisogno anomalo è la consapevolezza che deriva dalla conoscenza. Se uno conosce cosa accade intorno a lui, può riuscire a trovare delle proprie buone ragioni per cambiare un comportamento disfunzionale. - Cosa pensi, in breve, del futuro della salute mentale?
La psichiatria, per progredire e per rispondere alle richieste della popolazione, dovrà uscire dalla posizione un pochino arroccata ed aristocratica che ha mantenuto per tutto il ‘900. Dovrà uscire dai suoi schemi, farsi contaminare da nuovi linguaggi e dalla rivoluzione del digitale, come la grande innovazione dell’intelligenza artificiale che sta per cambiare tutta la medicina per sempre.
Sul problema “dipendenze”, consigliamo Psicoattivo.
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