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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

21 March 2022

IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO

di Andrea Vallarino, Raffaele Avico


PER UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE (a cura di Andrea Vallarino)

La sindrome da attacchi di panico rappresenta la via finale di diverse condizioni patologiche.

Le fobie, i disturbi ossessivi, i disturbi ossessivi compulsivi, le paranoie, ma anche i disturbi alimentari come il vomiting, molto spesso, hanno come sintomatologia principale o di accompagnamento o come evento finale del percorso patogeno l’attacco di panico. Questo pone quindi molti problemi di diagnosi differenziale, complicati anche dal fatto che, nel gergo comune, l’attacco di panico ha preso il posto del cosiddetto esaurimento nervoso ed anche della depressione. I pazienti, anni fa, si presentavano dicendo che soffrivano da tempo di un “po’ di esaurimento nervoso”, o più recentemente si presentavano parlando di depressione; ora l’attacco di panico è il modo prevalente da parte dei pazienti di presentare i propri disagi.
Occorre quindi fare molta attenzione a discriminare i segnali di patologia dei pazienti, anche perché la logica dei vari disturbi che possono presentare panico è molto differente da problema e problema; e la logica della patologia è quella che deve guidare la logica della terapia.Per fare questo in terapia strategica diventa fondamentale individuare il Sistema Percettivo Reattivo della persona da cui parte la patologia.
Il Sistema Percettivo Reattivo è appunto un sistema ridondante di relazione tra la sensazione di base della persona e le soluzioni per gestirla. Nel caso ad esempio del panico tra la sensazione della paura e le soluzioni di gestione della paura che nel caso del panico sono il controllo che fa perdere il controllo, creando un circolo vizioso tra la paura e il tentativo di controllarla, creando ancora più paura che verrà ancora di più controllata in modo rigido, creando ancora più paura fuori controllo, con reazioni legate al panico contraddistinte da sudorazione fredda, tremore alle gambe, tachicardia, dispnea, senso di depersonalizzazione.
Di fronte ad un attacco di panico sperimentato dalla persona una prima volta, ci può essere la tentata soluzione dell’evitamento costante delle situazioni in cui si potrebbe ricreare il panico. La tentata soluzione prevalente diventa l’evitamento oppure l’affrontare la situazione con l’aiuto di un “angelo custode”: la moglie, il fidanzato, una figura costante di riferimento. Evitamento e richiesta di aiuti diventano le tentate soluzioni che configurano la patologia come una fobia pura. Molto spesso in queste persone l’attacco di panico resta uno solo, il primo ed unico. Con le tentate soluzioni dell’evitamento e dell’aiuto non sperimentano altri attacchi, ma costruiscono una vita sempre più ritirata e bloccata. Queste situazioni di fobia pura sono ormai delle rarità, in quanto la società e la patomorfosi delle sindromi psichiatriche è andata e va sempre più verso la soluzione del controllo.
La reazione verso il primo attacco di panico diventa quindi il controllo delle reazioni del panico. La persona non è tanto spaventata dalla paura di una situazione ma si spaventa per le sue stesse reazioni. La tachicardia, la dispnea, il tremore alle gambe, la sudorazione fredda diventano oggetto di controllo rigido talvolta in via preventiva, scatenando quello che definiamo il controllo che fa perdere il controllo. Controllando il cuore, la respirazione, la sudorazione ottengono in modo paradossale di alterare queste fondamentali reazioni altrimenti fisiologiche. Come dire che l’attacco di panico se lo portano da casa e lo mettono paradossalmente nelle situazioni percepite come paurose. Il controllo paradossalmente produce la perdita di controllo. In questo caso si produce un patologia che definiamo fobico ossessiva, laddove all’evitamento descritto prima si aggiunge il controllo oppure anche ossessivo fobica laddove il controllo reiterato nel tempo conduce ad un successivo incremento delle perdite di controllo tale per cui la persona in seguito arriverà ad evitare le situazioni percepite come pericolose.
Queste due situazioni sono le classiche situazione che descrivono la sindrome da attacco di panico, che però interviene anche in altre sindromi governate da altri sistemi percettivi reattivi.
É il caso dei disturbi ossessivi compulsivi che si caratterizzano per la presenza di rituali compulsivi. Pensiamo ai rituali di pulizia o a quelli scaramantici propiziatori o preventivi o di controllo come quelli di ripetere costantemente azioni per verificare di averle fatte bene. Il controllo dei rubinetti del gas per controllare che siano bene chiusi, la chiusura di porte e finestre ripetute ossessivamente che precludono una normale esistenza per le continue perdite di tempo causate dall’invasività dei rituali. Molto spesso, al termine di un esaurimento psicofisico legato al logorio causato dalle ritualità, può comparire l’attacco di panico. In questo caso il lavoro va fatto sui rituali e sulla credenza che sostiene i rituali. L’attacco di panico viene risolto in questo caso in maniera indiretta.
Similmente occorre lavorare se il panico è legato ad una paranoia. La paranoia, come la compulsione è legata ad un controllo, ma non è il controllo che fa perdere il controllo del classico attacco di panico, un controllo che fa ottenere qualcosa di meno. É il controllo dell’incontrollabile che crea un qualcosa di più, un nemico. Si pensi alla paranoia di gelosia in cui il marito, contrariamente alla realtà, è convinto che la moglie lo tradisca. Comincerà a cercar i segni del tradimento e li troverà anche in dettagli di nessuna importanza, comincerà a chiedere conto alla moglie dei movimenti e delle azioni producendo nella moglie l’idea di dover nascondere al marito anche le più innocenti azioni, confermando al marito che la moglie è reticente e che quindi gli sta nascondendo qualcosa. Il controllo dell’incontrollabile. Nessuna persona altra da noi è da noi controllabile al cento per cento, per cui qualunque controllo produrrà un qualcosa di inaspettato: un nemico. Il controllo produce qualcosa in più: la credenza di avere un nemico, un nemico a sua insaputa, che non vuole essere nemico, ma che noi consideriamo tale, una costruzione paranoica che creerà paura e panico, ma con una logica di credenza, diversa dalla logica dell’evitamento fobico e dal controllo ossessivo che fa perdere il controllo.
Queste distinzioni, che appaiono sottili, sono importanti perché guidano in modo chirurgico la terapia seguendo logiche differenti.
Nel caso degli evitamenti fobici occorrerà bloccare la tentata soluzione dell’evitamento attraverso ristrutturazioni che creeranno percezioni differenti che a cascata creeranno azioni differenti. Si dovrà mettere la paura dell’evitamento al posto della paura della situazione.
Nel caso del controllo del reazioni della paura che paradossalmente creano il panico si dovrà usare un contro-paradosso.
Nel caso dei rituali ossessivi compulsivi o della paranoia si dovrà con gradualità rompere la credenza del controllo perfetto o del nemico da combattere.
Nel caso dei disordini alimentari, in particolare il vomiting sia compulsivo che isterico, oltre alle tentate soluzioni cambia anche la sensazione di base che non è più la paura, ma il piacere e si dovrà lavorare in terapia per costruire piaceri normali al posto di piaceri perversi come appunto il mangiare per poi vomitare.


IL PANICO E IL CONTROLLO

In questa puntata del podcast del Foglio Psichiatrico, abbiamo chiesto alcuni chiarimenti ad Andrea Vallarino a proposito del tema del panico e a riguardo del tema del controllo.

Il problema del panico, così come delle altre tipologie di disturbo che Vallarino cita nel corso della conversazione, riguarda anche il rapporto con il proprio corpo, come ben sottolineato nelle parole sopra riportate di Andrea Vallarino.

Facciamo alcuni chiarimenti riassuntivi a riguardo di diverse problematiche:

  • Nel panico, a seguito di un attacco di forte ansia iniziale, il soggetto comincia a controllare ossessivamente il corpo e i suoi segnali, per scongiurare un successivo attacco. L’attenzione si rivolge in questo modo verso l’interno, in modo costante, nel tentativo di “controllare” reazioni in realtà spontanee del corpo (diventando per questo un “controllo che fa perdere il controllo”, come su questo blog abbiamo già approfondito)
  • nell’ipocondria, il soggetto vive ogni segnale proveniente dal corpo come un “prodromo”, un segnale cioè indicativo di un disturbo di gravità molto maggiore che starebbe per accadere
  • nel disturbo post-traumatico, il corpo diviene il teatro delle ripercussioni post-traumatiche, con molteplici livelli di compromissione, compresi cambi posturali, disturbi da iper-attivazione protratta e altri

In questi casi i problemi di natura psicologica trovano nel corpo il loro terreno di sviluppo.

In particolare nel panico e nell’ipocondria, l’aspetto centrale risulta essere il rapporto con il proprio corpo, la mente focalizzata costantemente sul corpo e il grado di controllo che su questo il soggetto intenda esercitare. Come abbiamo altrove approfondito, sono la memoria dell’evento e il controllo stesso (nel panico) e la credenza di essere destinati a sviluppare malattie gravi (nell’ipocondria) a mantenere in vita il problema.

Il risultato finale è, da parte del soggetto, il vivere in una realtà sempre più piccola, limitata dal “problema” onnipresente e pervasivo nella mente, estremamente invalidante.

Nel caso della terapia del disturbo di panico si giova di molteplici strumenti di intervento:

  1. l’abbandono del controllo e gli strumenti mutuati dalla terapia strategica e dalla psicoterapia CBT
  2. le tecniche comportamentali con funzione di doppio compito in grado di distrarre il paziente dallo stesso pensiero del panico, e insieme naturalmente calmanti, come la respirazione lenta
  3. la terapia espositiva: fare “come se” il problema non esistesse e fare quindi cose che fino a poco prima sembravano impossibili, così da creare dei precedenti positivi in grado di aumentare per il soggetto la fiducia nelle sue stesse possibilità di azione
  4. farmaci somministrati con diversi razionali clinici (tra cui anche l’effetto placebo)

Il rapporto con il rischio e con l’idea della morte rappresenta un elemento ulteriore da tenere in considerazione, dato che introiettare una quota di fatalismo e accettare il rischio rappresenta spesso un movimento liberatorio, sbloccante

Qui altro in collaborazione con Andrea Vallarino sui temi “controllo” e “panico”.

Qui l’intervista ad Andrea Vallarino, buon ascolto!

Article by admin / Formazione / interviste, panico, psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale

7 May 2021

PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP)

di Raffaele Avico

Su questo blog abbiamo già parlato di panico, facendo riferimento al modello sul controllo.

Abbiamo inoltre approfondito un articolo sulla concettualizzazione del panico inteso come di “momento di rottura (rappresentata) di un attaccamento”.

Il disturbo di panico è conseguente ai primi, pseudocasuali attacchi di panico reali: la persona rimane incastrata nella paura di ritornare ad aver paura, e la cosa può andare avanti per molto tempo.

Il disturbo di panico non coincide dunque con il panico, ma si crea in conseguenza all’aver vissuto uno o più attacchi di panico “veri” nella fase iniziale del disturbo.

In tutto questo, come si accennava, il problema del controllo è centrale. Si tratta in questi casi di un controllo che fa perdere il controllo.

Abbiamo a proposito di questi temi intervistato Andrea Iengo, curatore del servizio Panico.help, su alcuni aspetti generali e di terapia inerenti il disturbo di panico.

Quindi seguito l’intervista:

  1. Andrea, cos’è un attacco di panico? Si può manifestare in diverse forme?
    L’attacco di panico è una reazione psico-fisiologica, cioè una reazione fisica, molto forte, attivata dalla mente. Potremmo definirlo come una sorta di ‘corto circuito’ tra mente e corpo, in cui la mente cerca di controllare le reazioni del corpo, ad esempio le reazioni di paura (tachicardia, sudorazione, respirazione, tensione muscolare), e più ci prova più queste vanno fuori controllo, aumentando quindi la paura stessa, in un circolo vizioso che termina nella ‘scarica’ corporea dell’attacco di panico.
    Da manuale esistono alcune caratteristiche che devono presentare gli attacchi di panico per potersi dire tali, ma è importante sottolineare come, moltissime persone che soffrono di un disturbo da attacchi di panico, dopo aver avuto un primo attacco di panico in gioventù, abbiano strutturato la propria vita per evitare gli attacchi di panico per paura di poterne avere nuovamente uno. Queste sono situazioni in cui, anche se tecnicamente non sono presenti attacchi di panico, osserviamo condizioni di vita che sono pesantemente compromesse da questa paura.
    Attenzione: parlando di attacchi di panico è importante differenziare le situazioni in cui ci troviamo davanti ad un ‘panico primario‘ e quando invece il panico è un sintomo ‘secondario’  di un altro disturbo.
    Un esempio che ho incontrato piuttosto di frequente sono i disturbi ossessivo compulsivi con attacchi di panico, in cui il paziente, quando non riesce ad eseguire correttamente le proprie compulsioni finisce con l’avere degli attacchi di panico. Situazioni analoghe possono sussistere anche con i dubbi ossessivi (vedi ad esempio il DOC da relazione). Un’altra condizione frequente negli attacchi di panico è la preoccupazione per le malattie, molto di frequente quelle cardiache.
    Esistono diverse forme in cui possono manifestarsi gli attacchi di panico, nella definizione del DSM-5 un attacco di panico si presenta come un periodo preciso di intensi paura o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:

    1. palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia
    2. sudorazione
    3. tremori fini o a grandi scosse
    4. dispnea o sensazione di soffocamento
    5. sensazione di asfissia (mancanza d’aria)
    6. dolore o fastidio al petto
    7. nausea o disturbi addominali
    8. parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
    9. brividi o vampate di calore.
    10. sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
    11. derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi)
    12. paura di perdere il controllo o di impazzire
  2. Andrea, in che modo il problema del controllo si collega al problema del panico?
    Il panico è l’esasperazione del tentativo di controllare le proprie sensazioni fino ad arrivare ad una situazione in cui queste sensazioni corporee siamo noi stessi ad alimentarle. È quindi proprio il controllo ad essere alla base del panico.
  3. Andrea, solitamente quali sono i passaggi con cui il ddp si struttura?
    Parliamo qui degli attacchi di panico ‘primari’ poichè quelli legati ad altri disturbi vanno inquadrati a partire dal disturbo principale per poter essere compresi.
    Si stima che l’13,2% della popolazione generale abbia avuto almeno un attacco di panico nel corso della propria vita, ma di questi solo il 12,8% soddisfa i criteri del DSM-5 per un disturbo da attacchi di panico (1). Che cosa fanno di diverso le persone che non sviluppano un disturbo rispetto a chi lo sviluppa? In base alla mia esperienza la differenza principale tra queste due categorie di persone è la spiegazione che danno a quell’evento. Chi trova una spiegazione non patologizzante a quell’evento (ad esempio “forse avrò mangiato una cosa che mi ha fatto male”) tenderà a dimenticarsi dell’accaduto dopo pochi giorni e non svilupperà alcun disturbo, chi invece troverà una spiegazione ‘patologizzante’ (“mi sono sentito male perchè ero in uno spazio aperto, quindi sono agorafobico”) tenderà a sviluppare un disturbo.
    Ricordo il caso di un giovane paziente che si è rivolto a me dopo qualche mese dal suo primo attacco di panico. In quell’occasione era scaturito probabilmente da un abuso di alcool (e forse altro) ad una festa, da quel momento in poi si era interrogato tantissimo su quella situazione e aveva letto su internet che gli attacchi di panico sono spesso legati alla paura di prendere i mezzi pubblici (ricordiamo che a lui era accaduto ad una festa, nulla a che vedere con mezzi pubblici). In seguito a questa sua interpretazione degli eventi aveva iniziato a sviluppare quindi un evitamento e successivamente una vera e propria fobia per i mezzi pubblici.
    Quindi, tornando alla domanda, un disturbo da panico si struttura solitamente secondo questa scaletta:

    1. Primo episodio di panico
    2. Analisi delle possibili cause
    3. Evitamento delle situazioni che potrebbero causarlo
    4. Strutturazione di una vita basata su evitamenti e richieste di aiuto
    5. Questo porta all’aumento della paura e alla riduzione sempre maggiore dei propri margini di movimento
    6. Esistono ovviamente situazioni in cui il meccanismo principale non è l’evitamento, e la persona affronta comunque le situazioni, stando però molto male ed organizzandosi in modo da prendere precauzioni di vario genere o chiedendo aiuto a delle altre persone, che queste siano o meno consapevoli del problema.
    7. Anche questi comportamenti contribuiscono alla cronicizzazione del disturbo.
  4. Andrea, quali sono le linee guida più autorevoli al momento pubblicate, per il suo trattamento?
    Le linee guida internazionali per il trattamento degli attacchi di panico prevedono l’utilizzo di terapia espositiva, in cui i pazienti vengono messi di fronte agli stimoli che provocano attacchi di panico, e la terapia cognitivo comportamentale, in cui invece si insegna al paziente a riconoscere e controllare i propri pensieri distorti (2). Purtroppo però alcune categorie di pazienti abbandonano questi tipo di terapia perché non riescono a reggere l’impatto emotivo delle esposizioni oppure dichiarano di sapere bene che quei pensieri sono distorti, ma di non riuscire a fare altrimenti. Negli ultimi 30 anni presso il Centro di terapia strategica di Arezzo è stato sviluppato e sperimentato un protocollo per il trattamento degli attacchi di panico che mira a superare le criticità della terapia dell’esposizione e della terapia cognitivo comportamentale, nello specifico si parte dal presupposto che per ottenere dei risultati in terapia è prima di tutto necessario minimizzare le resistenze del paziente, che altrimenti non seguirà affatto le indicazioni. Per questo le esposizioni e le spiegazioni razionali vengono utilizzate solo dopo aver fatto toccare con mano alla persona il fatto che, con l’utilizzo di tecniche specifiche, è in grado di controllare i suoi attacchi di panico. Si parte quindi prima dall’esperienza diretta, per poi spiegare alla persona come usare quell’esperienza per superare il proprio problema (3).
  5. Andrea, andando sul tuo lavoro, quali prassi hai trovato più utili e soprattutto efficaci?
    Nello specifico mi occupo di terapia breve strategica online, per cui parlerò di questa modalità di intervento. La tecnica sicuramente più efficace che abbia sperimentato nel trattamento degli attacchi di panico è quella della peggiore fantasia, che consiste nel chiedere alla persona di evocare volontariamente le cose che la spaventano di più per ottenere l’effetto paradossale che più provano ad evocarle meno ci riescono. So bene che questa tecnica sembri ‘incredibile’ nel senso che si fa fatica a credere che funzioni, e ammetto di essere stato anche io fortemente scettico nei confronti di questa metodologia finchè non ho avuto modo di verificare in prima persona quanto effettivamente fosse efficace. Un altro aspetto che non bisogna, a mio avviso, mai sottovalutare per il trattamento del disturbo da attacchi di panico, è il coinvolgimento familiare: molto spesso la famiglia convivente è fortemente condizionata da questo disturbo e, sebbene non ce ne si renda conto, contribuisce ad alimentarlo. Nello specifico le due dinamiche più dannose che si mettono in atto sono quelle del parlare continuamente del problema e quella di accorrere in aiuto sostituendosi alla persona che soffre di panico. Così facendo infatti il disturbo diventa completamente invalidante in poco tempo. Per questo motivo trovo molto utile coinvolgere i familiari, anche direttamente, nelle prime fasi del trattamento, per accordarci su delle modalità più corrette di gestione del problema.
  6. Andrea, hai qualche film, documentario o libro da suggerire?
    Il libro che suggerisco di leggere a chi soffre di questo disturbo è
    La terapia degli attacchi di panico: Liberi per sempre dalla paura patologica di Giorgio Nardone.

NOTE

  1. De Jonge, P., Roest, A. M., Lim, C. C., Florescu, S. E., Bromet, E. J., Stein, D. J., … & Scott, K. M. (2016). Cross‐national epidemiology of panic disorder and panic attacks in the world mental health surveys. Depression and anxiety, 33(12), 1155-1177.
  2. https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-psichiatrici/ ansia-e-disturbi-correlati-allo-stress/attacchi-di-panico-e-disturbo-di-panico
  3.  Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico: Liberi per sempre dalla paura patologica. Ponte alle Grazie.

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Article by admin / Formazione / andreaiengo, interviste, panico, psicotraumatologia, raffaeleavico

24 October 2020

IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al.

 
di Raffaele Avico

PARTE 1
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Siamo abituati a pensare al panico come a un evento improvviso che interviene nella vita di un individuo, per lo più caratterizzato da ricadute corporee: lo conosciamo a partire dai suoi sintomi fisici (fame d’aria, senso di soffocamento, tachicardia, sudorazione); sappiamo che tentare di controllarlo nel suo esprimersi, conduce spesso al fallimento o addirittura a un peggioramento del sintomo stesso.
Sappiamo inoltre che il panico accade poche volte, realmente, nella vita di un individuo: il disturbo che ne consegue, il disturbo di panico, è una cosa differente e riguarda la paura che il panico si ripresenti: si genera una paura della paura, che rappresenta il disturbo vero e proprio.
Il soggetto, spesso, diviene un attento osservatore del proprio corpo: ogni spasmo, ogni segnale anomalo viene interpretato come possibile segnale di un ritorno del panico originario, creando grandi effetti di evitamento, richieste di rassicurazione nei confronti dell’ambiente circostante, controllo -appunto (si veda per un approfondimento sul tema controllo questo lavoro fatto con Luca Proietti e Andrea Vallarino).
Non è ben chiaro quale sia la causa primeva del panico, ma esistono alcune letture più interessanti di altre.
Questo articolo molto recente di Francesetti et al (2020), tenta di mettere insieme le neuroscienze affettive di Panksepp alla teoria dell’esperienza soggettiva di taglio gestaltico/fenomenologico.
Seguendo questa chiave di lettura, il panico accade in ragione di un senso enorme di rottura relazionale rappresentata dal soggetto.
Gli autori osservano come il panico si presenti spesso, per la prima volta, durante una fase di transizione del soggetto verso livelli più “alti” di autonomia. La sua comparsa, si colloca quasi sempre prima dei 35 anni, anni di sperimentazione e allontanamento progressivo dagli ambienti relazionalmente protetti dell’infanzia.
Inoltre, osservano come il panico possa essere interpretato come un senso di sovra-esposizione dell’individuo al mondo circostante, senza una mediazione relazionale percepita come presente.
Vediamo meglio il contenuto dell’articolo, per punti:
  1. l’episodio di panico non è spiegabile come un episodio di paura: la paura viene anzi vissuta come reazione a una prima violenta sensazione di impazzimento/isolamento: è dunque, la paura, un’emozione secondaria, che viene dopo
  2. in questa tipologia di problematica, diviene centrale per il soggetto la questione dell’interocezione. L’interocezione è la consapevolezza del proprio corpo, una sguardo d’insieme che l’individuo fa sul suo stesso stato corporeo, minuto dopo minuto, divenendo questo un lavoro continuo e ininterrotto di auto-osservazione
  3. gli autori osservano come il problema centrale del panico, seguendo questa lettura, sarebbe l’incapacità di metabolizzare i segnali del corpo, di ricondurli cioè a qualcosa che abbia a che fare con un vissuto emotivo o relazionale. Questi pazienti, in effetti, sono molto concentrati sul funzionamento del loro corpo, come se dal buon funzionamento di quest’ultimo dipendesse l’intero loro funzionare in termini generali: manca in modo clamoroso l’idea che i segnali del corpo possano essere una conseguenza -e non la causa– degli stati emotivi da loro sperimentati in alcuni frangenti
  4. gli autori propongono di leggere il panico come una reazione estrema da ansia da separazione non riconosciuta: si tratterebbe di considerare questi episodi come causati da rotture (anche solo ipotizzate o immaginate) di legami di attaccamento importanti, cosa che produrrebbe un senso di iper-esposizione della persona al mondo, non più mediata da una o più persone che facciano da “scudo”. Nel mito, lo stesso Pan fu abbandonato, bambino, in una foresta (sovra-esposto quindi all’ambiente, in modo non mediato)
  5. In senso più “neuro”, Panksepp ha osservato l’esistenza di due sistemi di allarme:1) un allarme incentrato sulla paura e connesso alla presenza di una minaccia percepita nell’ambiente (la fear response) -amigdala, ippocampo, sostanza grigia periacqueduttale- e, 2) un allarme incentrato sulla separazione, mediato da parti differenti del cervello profondo (qui un approfondimento), in grado di alterare il funzionamento del corpo in modo modo simile a ciò che succede durante il panico (alterazione del respiro, ritmo cardiaco, sensibilità al dolore) -cosa che farebbe immaginare il panico più come una reazione parossistica appunto da separazione, più che non come una reazione di paura. Questa ipotesi sarebbe anche coerente con l’ipotesi polivagale di Porges (si veda questo articolo).
In definitiva, questo articolo parte da aspetti fenomenologici, incrociandoli a dati neuroscientifici per lo più centrati sul lavoro di Panksepp, per proporre una lettura del panico come di un evento vissuto in solitaria, ma avente una radice relazionale.
Il panico sarebbe, in quest’ottica, un enactment, un passaggio all’atto, una reazione patologica di fronte a un vissuto prima di tutto relazionale. Andrebbe quindi trattato, in terapia, come tale.
In relazione a questo, un aspetto interessante, ulteriore, presente in questo articolo, è una lettura ipotetica del panico per modelli cognitivi: si tratterebbe -il panico- del risultato di un momento di conflitto tra due tendenze opposte: una spinta alla separazione/allontanamento da una o più figure affettivamente rilevanti, e un bisogno profondo di sentirne la vicinanza. Gli autori sottolineano nuovamente come il panico si presenti -a loro dire non casualmente – in seno a momenti di vita evolutivamente importanti (momenti di svincolo, lunghi viaggi) con al centro il tema di una possibile rottura relazionale.
Il panico, passa così dall’essere accostato all’emozione della paura, all’essere considerato figlio di altre due esperienze umane, quella della separazione e quella della solitudine (percepita intollerabile di fronte a un mondo inospitale/freddo).

PARTE 2

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Usando il modello liottiano (qui approfondito in area Patreon) come potremmo interpretare un lettura del panico di questo tipo? Abbiamo visto come seguendo questo modello il panico accade perchè viene immaginata, supposta una rottura relazionale profonda, uno stato di sovra-esposizione all’ambiente. É importante sottolineare che rottura relazionale non va intesa qui in senso letterale: non è un rapporto specifico che si va qui a supporre in crisi (per esempio il mio rapporto con mia madre), ma un assetto relazionale, un sentirsi in connessione con figure significative che garantiscono protezione e calore. Per questo, come prima si accennava, il panico potrebbe essere interpretato come una manifestazione estrema di ansia da separazione.
Liotti, come qua abbiamo approfondito, ha speso molta energia nel tentare di comprendere come un individuo si comporti, lungo la crescita, nel contesto di un ambiente traumatico. Un esempio di sviluppo traumatico, è per esempio un contesto in cui un bambino cresca a fianco di una madre con tratti borderline non regolati, con violenti sbalzi d’umore, aggressività verbale e corporea, violazioni di confine.
Liotti, nel suo Sviluppi traumatici scritto con Benedetto Farina, ha osservato la presenza di strategie di controllo funzionali a permettere al bambino la conservazione, il mantenimento di un legame di attaccamento, “a tutti i costi”.
Nel corso nello sviluppo, l’obiettivo per un bambino è infatti mantenere il legame a ogni costo, anche in una condizione di trauma protratto in corso: meglio male accompagnati, che soli.
Per fare questo, dovrà, come abbiamo accennato, mettere in atto delle strategie che gli/le consentano di salvaguardare il legame, anche quando la figura di attaccamento sia una figura abusante/traumatizzante.
Le strategia di controllo gli/le consentiranno dunque di garantirsi protezione all’interno di in un legame di attaccamento, anche quando tutto sembrerebbe spingere perchè questo legame si rompa.
In questo senso, possiamo dire che il fallimento delle strategie controllanti, porta il bambino alla percezione della natura disorganizzata dell’attaccamento in sè, esponendolo a un mondo relazionale profondamento disturbante, e al tempo stesso privandolo del senso di protezione garantito da un rapporto “normalizzato” con la figura di riferimento.
Provando a collegare dunque questa questione con la teoria sul panico espressa nell’articolo di Francesetti, potremmo considerare il panico come un momento di fallimento di una strategia controllante.
Immaginiamo una vignetta clinica:
Francesca, cresciuta a fianco di un padre ciclotimico e alcolista, trovò nel contro-accudimento una strategia di controllo che le consentì di crescere al suo fianco, all’interno di un rapporto di qualità accettabile, caratterizzato da scontri frequenti ma caldo in senso affettivo. Dopo i 30 anni, svincolatasi dal nucleo familiare di origine, mantenne come modalità interpersonale dominante, l’accudimento: tendeva a porsi in modo accudente all’interno dei rapporti creati con partner e amici. Questa strategia di controllo interpersonale -sviluppata in famiglia e portata fuori- si mostrò, nel tempo, insostenibile in termini di prostrazione energetica, con attacchi di ansia quando sotto stress, e un primo attacco di panico avvenuto a 32 anni in occasione del suo trasferimento all’estero, sperimentato con un enorme senso di isolamento relazionale.
Come leggere un attacco di panico di questo tipo?
Se teniamo a mente il modello sul panico prima esposto di Francesetti, e la teoria di Liotti, possiamo leggere il panico di Francesca come un momento di scarsa tenuta delle strategie controllanti da lei messe in atto: esposta a un movimento di “svincolo”, verso un livello di autonomia maggiore, slegata da rapporti intra-familiari che garantissero paradossalmente la tenuta e l’utilità, il senso delle strategie controllanti stesse, Francesca subisce un momento di “rottura relazionale” rappresentata, il senso di non essere connessa a nessuno sul pianeta, in concomitanza- appunto- con l’attacco di panico.
Se torniamo con la mente al mito di Pan, immaginiamo il senso di esposizione terrorizzante del Pan bambino abbandonato dalla madre in un bosco, in quanto deforme (Pan era mezzo uomo, mezzo capra): il disturbo di panico lo potremo osservare, di nuovo, come una sovra-esposizione angosciante al mondo, un’eclissi momentanea dei riferimenti affettivi, il senso di non avere nessuna figura che faccia da mediatore tra noi e il mondo “fuori”.

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  • PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD
  • MANAGEMENT DELL’INSONNIA
  • “IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE
  • “QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS
  • Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati
  • IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE
  • L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR)
  • IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO
  • RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA)
  • GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI
  • FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto
  • PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti)
  • INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD
  • SPIDER, CRONENBERG
  • LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti)
  • 24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE
  • LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA
  • La Supervisione strategica nei contesti clinici (Il lavoro di gruppo con i professionisti della salute e la soluzione dei problemi nella clinica)
  • PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE”
  • ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI
  • LA SINDROME DI ASPERGER IN BREVE
  • IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022)
  • PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED)
  • INTERVISTA A SIMONE CHELI (ASSOCIAZIONE TAGES ONLUS)
  • TRAUMA: IMPOSTAZIONE DEL PIANO DI CURA E PRIMO COLLOQUIO
  • TEORIA POLIVAGALE E LAVORO CON I BAMBINI
  • INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO
  • IT (STEPHEN KING)
  • JUDITH LEWIS HERMAN: “GUARIRE DAL TRAUMA”
  • ANCORA SU PIERRE JANET
  • PSICONUTRIZIONE: IL LAVORO DI FELICE JACKA
  • MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI: LE STRATEGIE DI CONTROLLO IN INFANZIA (PTSDc)
  • OVERLOAD COGNITIVO ED ECOLOGIA MENTALE
  • UN LUOGO SICURO
  • 3MDR: UNO STRUMENTO SPERIMENTALE PER COMBATTERE IL PTSD
  • UN LIBRO PER L’ESTATE: “COME ANNOIARSI MEGLIO” DI PIETRO MINTO
  • “I fondamenti emotivi della personalità”, JAAK PANKSEPP: TAKEAWAYS E RECENSIONE
  • LIFESTYLE PSYCHIATRY
  • LE DIVERSE FORME DI SINTOMO DISSOCIATIVO
  • PRIMO LEVI, LA CARCERAZIONE E IL TRAUMA
  • “IL PICCOLO PARANOICO” DI BERNARDO PAOLI. PARANOIA, AMBIVALENZA E MODELLO STRATEGICO
  • RECENSIONE PER PUNTI DI “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”
  • I VIRUS: IL LORO RUOLO NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE
  • LA PLUSDOTAZIONE SPIEGATA IN BREVE
  • COS’É LA COGNITIVE PROCESSING THERAPY?
  • SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE
  • É USCITO IL SECONDO EBOOK PRODOTTO DA AISTED
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche -con il blog Psicologia Fenomenologica.
  • PSICHIATRIA DI COMUNITÁ: LA SCELTA DI UN METODO
  • PTSD E SPAZIO PERIPERSONALE: DA UN ARTICOLO DI DANIELA RABELLINO ET AL.
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO ONLINE CON VALERIO ROSSO, MARCO CREPALDI, LUCA PROIETTI, BERNARDO PAOLI, GENNARO ROMAGNOLI
  • MDMA PER IL PTSD: NUOVE EVIDENZE
  • MAP (MULTIPLE ACCESS PSYCHOTHERAPY): IL MODELLO DI PSICOTERAPIA AD APPROCCI COMBINATI CON ACCESSO MULTIPLO DI FABIO VEGLIA
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO GRATUITO ONLINE (21 MAGGIO)
  • BALBUZIE: COME USCIRNE (il metodo PSICODIZIONE)
  • PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP)
  • Psicologia digitale e pandemia COVID19: il report del Centro Medico Santagostino di Milano dall’European Conference on Digital Psychology (ECDP)
  • SOLCARE IL MARE ALL’INSAPUTA DEL CIELO. Liberalizzare come terapia: il problema dell’autocontrollo in clinica
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche
  • 3 STRUMENTI CONTRO IL TRAUMA (IN BREVE): TAVOLA DISSOCIATIVA, DISSOCIAZIONE VK E CAMBIO DI STORIA
  • IL MALADAPTIVE DAYDREAMING SPIEGATO PER PUNTI
  • UN VIDEO PER CAPIRE LA DISSOCIAZIONE
  • CORRELATI MORFOLOGICI E FUNZIONALI DELL’EMDR: UNA PANORAMICA SULLA NEUROBIOLOGIA DEL TRATTAMENTO DEL PTSD
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE IN ETÁ EVOLUTIVA: (VIDEO)INTERVISTA AD ANNALISA DI LUCA
  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE”
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1)
  • FLOW: una definizione
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD)
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION?
  • PSICOFARMACOLOGIA STRATEGICA: L’UTILIZZO DEGLI PSICOFARMACI IN PSICOTERAPIA (FORMAZIONE ONLINE)
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA)
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum)
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO)
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm)
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING)
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al.
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura”
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF)
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA
  • SONNO, STRESS E TRAUMA
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.”
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE”
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI!
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA?
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF!
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO?
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA
  • HPPD: HALLUCINOGEN PERCEPTION PERSISTING DISORDER
  • SU “LA DIMENSIONE INTERPERSONALE DELLA COSCIENZA”
  • INTRODUZIONE AL MODELLO ORGANODINAMICO DI HENRY EY
  • IL SIGNORE DELLE MOSCHE letto oggi
  • PTSD E SLOW-BREATHING: RESPIRARE PER DOMINARE
  • UNA DEFINIZIONE DI “TRAUMA DA ATTACCAMENTO”
  • PROCHASKA, DICLEMENTE, ADDICTION E NEURO-ETICA
  • NOMINARE PER DOMINARE: L’AFFECT LABELING
  • MEMORIA, COSCIENZA, CORPO: TRE AREE DI IMPATTO DEL PTSD
  • CAUSE E CONSEGUENZE DELLO STIGMA
  • IMMAGINI DEL TARANTISMO: CHIARA SAMUGHEO
  • “LA CITTÀ CHE CURA”: COSA SONO LE MICROAREE DI TRIESTE?
  • LA TRASMISSIONE PER VIA GENETICA DEL PTSD: LO STATO DELL’ARTE
  • IL LAVORO DI CARLA RICCI SUL FENOMENO HIKIKOMORI
  • QUALI FONTI USARE IN AMBITO DI PSICHIATRIA E PSICOLOGIA CLINICA?
  • THE MASTER AND HIS EMISSARY
  • PTSD: QUANDO LA MINACCIA É INTROIETTATA
  • LA PSICOTERAPIA COME LABORATORIO IDENTITARIO
  • DEEP BRAIN REORIENTING – IN CHE MODO CONTRIBUISCE AL TRATTAMENTO DEI TRAUMI?
  • STRANGER DREAMS: STORIE DI DEMONI, STREGHE E RAPIMENTI ALIENI – Il fenomeno della paralisi del sonno nella cultura popolare
  • ALCUNI SPUNTI DA “LA GUERRA DI TUTTI” DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA
  • Psicopatologia Generale e Disturbi Psicologici nel Trono di Spade
  • L’IMPORTANZA DEGLI SPAZI DI ELABORAZIONE E IL “DEFAULT MODE”
  • LA PEDAGOGIA STEINER-WALDORF PER PUNTI
  • SOSTANZE PSICOTROPE E INDUSTRIA DEL MASSACRO: LA MODERNA CORSA AGLI ARMAMENTI FARMACOLOGICI
  • MENO CONTENUTO, PIÙ PROCESSI. NUOVE LINEE DI PENSIERO IN AMBITO DI PSICOTERAPIA
  • IL PROBLEMA DEL DROP-OUT IN PSICOTERAPIA RIASSUNTO DA LEICHSENRING E COLLEGHI
  • SUL REHEARSAL
  • DUE PROSPETTIVE PSICOANALITICHE SUL NARCISISMO
  • TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI
  • DISSOCIAZIONE: COSA SIGNIFICA
  • IVAN PAVLOV SUL PTSD: LA VICENDA DEI “CANI DEPRESSI”
  • A PROPOSITO DI POST VERITÀ
  • TARANTISMO COME PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA?
  • R.D. HINSHELWOOD: DUE VIDEO DA UN CONVEGNO ORGANIZZATO DA “IL PORTO” DI MONCALIERI E DALLA RIVISTA PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE
  • EMDR = SLOW WAVE SLEEP? UNO STUDIO DI MARCO PAGANI
  • LA FORMA DELL’ISTITUZIONE MANICOMIALE: L’ARCHITETTURA DELLA PSICHIATRIA
  • PSEUDOMEDICINA, DEMENZA E SALUTE CEREBRALE
  • FARMACOTERAPIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC) DAL PRESENTE AL FUTURO
  • INTERVISTA A GIOVANNI ABBATE DAGA. ALCUNI APPROFONDIMENTI SUI DCA
  • COSA RENDE LA KETAMINA EFFICACE NEL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE? UN PROBLEMA IRRISOLTO
  • CONCETTI GENERALI SULLA TEORIA POLIVAGALE DI STEPHEN PORGES
  • UNO SGUARDO AL DISTURBO BIPOLARE
  • DEPRESSIONE, DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
  • Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA: ALCUNE OSSERVAZIONI DAL LAVORO DI PETER A. LEVINE
  • IL PTSD SOFFERTO DAGLI SCIMPANZÈ, COSA CI DICE SUL NOSTRO FUNZIONAMENTO?
  • QUANDO IL PROBLEMA È IL PASSATO, LA RICERCA DEI PERCHÈ NON AIUTA
  • PILLOLE DI MASTERY: DI CHE SI TRATTA?
  • C’È UN EFFETTO DEL BILINGUISMO SULL’ESORDIO DELLA DEMENZA?
  • IL GORGO di BEPPE FENOGLIO
  • VOCI: VERSO UNA CONSIDERAZIONE TRANSDIAGNOSTICA?
  • DALLA SCUOLA DI NEUROETICA 2018 DI TRIESTE, ALCUNE RIFLESSIONI SUL PROBLEMA ADDICTION
  • ACTING OUT ED ENACTMENT: UN ESTRATTO DAL LIBRO RESISTENZA AL TRATTAMENTO E AUTORITÀ DEL PAZIENTE – AUSTEN RIGGS CENTER
  • CONCETTI GENERALI SUL DEFAULT-MODE NETWORK
  • NON È ANORESSIA, NON È BULIMIA: È VOMITING
  • PATRICIA CRITTENDEN: UN APPROFONDIMENTO
  • UDITORI DI VOCI: VIDEO ESPLICATIVI
  • IMPUTABILITÀ: DA UN TESTO DI VITTORINO ANDREOLI
  • OLTRE IL DSM: LA TASSONOMIA GERARCHICA DELLA PSICOPATOLOGIA. DI COSA SI TRATTA?
  • LIMITARE L’USO DEI SOCIAL: GLI EFFETTI BENEFICI SUI LIVELLI DI DEPRESSIONE E DI SOLITUDINE
  • IL PTSD IN VIDEO
  • PILLOLE DI EMPOWERMENT
  • COME NASCE LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ? UN APPROFONDIMENTO
  • IL CAFFÈ CI PROTEGGE DALL’ALZHEIMER?
  • PER AVERE UNA BUONA AUTISTIMA, OCCORRE ESSERE NARCISISTI?
  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel
  • TALVOLTA È LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI – IMPLICAZIONI PRATICHE
  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit
  • L’effetto placebo nel Morbo di Parkinson. È possibile modificare l’attività neuronale partendo dalla psiche?
  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE?
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI?
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico)
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”.
  • IL CESPA
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017)
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI
  • IL CERVELLO TRIPARTITO: LA TEORIA DI PAUL MACLEAN
  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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