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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in Psichiatria e Psicoterapia

25 September 2023

GLI INCONTRI ORGANIZZATI DA AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione

di Raffaele Avico

AISTED ha attivato da poco un gruppo di lavoro sulla psicopatologia in prospettiva neo-jacksoniana.
La prospettiva neo-jacksoniana, nel promuovere un certo modello di mente, è stata promossa dai lavori di Henri Ey, che questo gruppo di lavorò tenterà di mettere in luce e divulgare.

Per rendere vivo il lavoro del gruppo, AISTED ha organizzato degli incontri con esperti del settore. Il primo incontro sarà il 16 ottobre con Giuseppe Craparo, aperto a TUTTI previa iscrizione da qui. Sul lavoro di Craparo, si veda anche questo e questa rubrica su Psichiatry on line. Gli altri partecipanti agli incontri, per ora, saranno Antonio Onofri e Maurizio Ceccarelli (come in foto).

Article by admin / Formazione / psichiatria, psicologia, psicoterapia

22 September 2023

CANNABISCIENZA.IT

di Raffaele Avico

Cannabis Scienza è un portale di assoluto rigore scientifico che, per primo in Italia, divulga in modo molto chiaro tutto ciò che c’è da sapere a proposito della Cannabis, e in particolare dell’utilizzo della Cannabis medica.

Questo luogo virtuale raccoglie in sé molti autori e ricercatori coinvolti nel “problema cannabis”, dato che questa sostanza ha negli anni creato un vivace dibattito culturale spesso sequestrato e ideologizzato dalla politica (con tutte le derive del caso, dato che “spostare” la legislazione a proposito della cannabis produrrebbe a cascata molteplici e grossi effetti in senso economico).

Per quanto riguarda la cannabis in generale, parliamo di una sostanza poco dannosa in senso “fisico” (se non per i polmoni di chi la fuma -quando fumata), maggiormente rischiosa in senso psicologico/psichiatrico per i possibili effetti avversi soprattutto in soggetti predisposti a sviluppare episodi psicotici. In senso generale sappiamo che usare cannabis in modalità “hard-core” può alterare le performance cognitive e condurre a quella che è stata definita sindrome amotivazionale. Un approfondimento autorevole lo troviamo in questo articolo del 2014 (vi si trova anche una completa disamina degli articoli che hanno indagato a fondo gli effetti a lungo termine dell’uso continuato di cannabis). I maggiori rischi, in ogni caso, si riscontrano quando la Cannabis viene usata in età di maggiore sviluppo e rimodellamento cerebrale -in termini di sinaptogenesi e pruning neuronale-, quindi prima dei 18/21 anni, fase della vita maggiormente a rischio -soprattutto per gli effetti sulla memoria.
Per quanto concerne invece la cannabis “medica”, su BMJ è uscita di recente un’imponente umbrella review a proposito dei rischi e del vantaggi dell’utilizzo di cannabis, molto aggiornata; vale la pena darci un’occhiata e sintetizzarla per punti:

  • l’articolo mette insieme un centinaio di meta-analisi sul tema (l’umbrella review è un review di meta-analisi)
  • i risultati del lavoro di review indicano come punti maggiormente problematici, l’uso di cannabis in età adolescenziale, in gravidanza, e prima di mettersi alla guida
  • per quanto riguarda gli effetti positivi, l’articolo evidenzia che i farmaci a base di cannabis medica sono stati dimostrati efficaci nelle persone con sclerosi multipla, dolore cronico, malattie infiammatoria intestinali come il morbo di Chron, e nel contesto della medicina palliativa

Tornando al prima citato portale Cannabis Scienza, qui sono approfonditi i vantaggi della vaporizzazione della cannabis. Dalla lettura di questa pagina apprendiamo i vantaggi di assumere Cannabis attraverso un vaporizzatore, dall’effetto di broncodilatazione ai rapidi effetti calmanti sul dolore cronico, all’assenza di combustione (e conseguente rilascio di tossine), alle minori dosi necessarie per la stessa intensità di effetto (cosa che ha vantaggi anche economici), etc.

Infine, in questa puntata del podcast Bazar Atomico, ascoltiamo l’ideatrice del portale Cannabiscienza, la neuroscienziata Viola Brugnatelli, presentare il progetto, approfondire molteplici questioni inerenti il sistema endocannabinoide, gli effetti positivi dell’utilizzo di cannabis in area medica, i possibili rischi, e moltissime altre riflessioni che sono sufficienti per chiarire qualunque dubbio a proposito del tema “cannabis” da un punto di vista rigorosamente scientifico. Da guardare e diffondere.

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NB: “POPMED”, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI”, A PAGAMENTO. Qui per iscriverti

Article by admin / Formazione / psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale, psicotraumatologia

18 September 2023

TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST)

di Raffaele Avico

In questa puntata PODCAST, troviamo unite le due interviste a Emiliano Toso, per chi voglia approfondire il tema “terapia espositiva“.

Qui invece i link agli articoli che contengono le interviste in formato video, ed altro (sempre a tema terapia espositiva):

  1. LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO
  2. TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA)
  3. SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE
  4. TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI

NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Formazione / psicologia, psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale

30 August 2023

POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni)

di Raffaele Avico, Francesco Della Gatta, Andrea Pisano

PREMESSA: pubblichiamo qui in chiaro la newsletter POPMed di metà agosto 2023. POPMED è UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI” -A PAGAMENTO. L’obiettivo di questa newsletter è semplice: ogni due settimane vengono inviati una decina di articoli importanti in ambito di ricerca sul tema “psi” (psichiatria, psicologia clinica, avanguardie di ricerca in tema psicologia, salute mentale), presentati con una sinossi minima. Costa 9,90€ al mese. Qui per iscriverti.

Ecco la newsletter di Agosto 2023 (AGOSTO, 2023: POPMed #19). Iscriversi in modo free alla newsletter equivale a poter vedere i primi due articoli; sottoscrivere un abbonamento a pagamento, rivela gli altri articoli proposti.

1. La compulsione a dominare

É stata da poco pubblicato un articolo firmato da Bernardo Paoli (che avevamo qui intervistato) e Roberta Caterina Tanzi a proposito del narcisismo patologico, riletto come un disturbo incentrato sulla “compulsione alla dominanza”, articolo molto “pratico” nei suoi risvolti psicoterapeutici.
Gli autori raccontano in breve il disturbo narcisistico per punti, e fanno una mini-review della letteratura psicoterapeutica inerente il trattamento dello stesso, di fatto proponendo le caratteristiche “universalmente note” a proposito del trattamento di questo paziente.
In seguito (e questa si configura come la parte più interessante dell’articolo) elencano alcune trappole facilmente incontrabili dal terapeuta nel suo lavoro con questo tipo di paziente, con spiegate le “soluzione alternative”. Tra queste, troviamo la “trappola n.7”: gli autori sottolineano come lavorare sulla regolazione e sul processamento emotivo possa essere difficoltoso e spesso prematuro con pazienti narcisistici: diversi studi hanno evidenziato deficit metacognitivi relativi alla propria emotività, cosa che porta gli autori a consigliare un cauto lavoro sempre in termini metacognitivi, a proposito delle ripercussioni delle proprie azioni sugli altri (lavorare non sul senso di colpa, ma sulla metacognizione e sulla lettura -all’interno della mente dell’altro- delle conseguenze dei propri comportamenti).
Di fatto, un articolo/compendio utile e maneggevole per il trattamento del disturbo narcisistico.

Eccovi l’articolo:

Narcissism is Treatable. The Priority for Dominance in Narcissistic Personality Disorder and Traps to Avoid in Psychotherapeutic Treatment


2. Leccare rospi

Torniamo a parlare brevemente di psichedelici.
Nell’immaginario collettivo relativo alla psichedelia, leccare i rospi ha sempre avuto un certo potere narrativo/evocativo. L’anno scorso è uscito un lungo articolo sulla farmacologia e sulle possibili applicazioni cliniche del composto 5-MeO-DMT, presente nel veleno del Bufo Alvarius, un rospo del Sud-America, e spesso inserito nel composto Ayahuasca. L’effetto viene descritto come molto potente, ma anche molto corto (massimo mezz’ora), caratterizzato da sensazioni di “dissoluzione dell’Io” (un effetto spesso ricercato dal popolo degli psiconauti) e sensazioni mistiche.
Per chi fosse interessato, questo articolo riporta la letteratura esistente a proposito degli effetti dell’uso di questo composto su diversi aspetti dell’umore, approfondendo poi gli effetti del suo utilizzo sulla neurobiologia del corpo. In seguito, gli autori si spingono a ipotizzare possibili usi clinici del composto 5-MeO-DMT, osservando come un suo utilizzo potrebbe essere meglio controllabile in senso clinico data la minore durata dei suoi effetti (circa mezz’ora, appunto).
Seppur il composto abbia acceso un interesse da parte di diverse aziende (per esempio questa: https://alvarius.com/), gli autori osservano come robusti studi quantitativi sembrino mancare, essendo la letteratura composta per ora da osservazioni qualitative a proposito di esperienze individuali (per esempio quelle contenute in questo volume).

Eccovi l’articolo:

The clinical pharmacology and potential therapeutic applications of 5-methoxy-N,N-dimethyltryptamine (5-MeO-DMT)

 

3. Risorse

Il Comprehensive Resource Model è uno strumento ideato da Lisa Schwarz, che mette insieme alcune delle conoscenze più solide a proposito della terapia del trauma psichico.
Sappiamo che il trauma “ricade sul corpo”, e che una delle difficoltà nella sua elaborazione riguarda la possibilità di ricordarlo anziché riviverlo (il PTSD viene spesso descritto come una patologia della memoria). Questo modello include diversi protocolli che tentano un approccio duplice, seguendo queste due linee: 1) elaborare il trauma in senso mnestico 2) dissipare/scaricarlo in senso corporeo. Il modello vuole essere molto applicativo/pratico, e si struttura a partire dal concetto di “risorsa”. Non è simplicissimo da capire, ma è abbastanza utile: sul sito principale che lo illustra, troviamo diversi articoli, tra cui quello che qui proponiamo.
Prima di tutto, va considerato che le basi neurobiologiche dell’approccio sono state approfondite da Frank Corrigan, scozzese, che in abito di psicotraumatologia è ricordato per aver sviluppato il Deep Brain Reorienting. Le basi teoriche di quest’ultimo modello (qui riassunto/spiegato) fanno da fondamento al Comprehensive Resource Model, che viene esaurimentemente spiegato nel lavoro che qui riportiamo, di fatto una tesi di dottorato (si vedano anche questi video).

Eccovi l’articolo:

New Whiskey in Old Barrels
Comprehensive Resource Model: A Case Study of a New Trauma Treatment Model


4. Non cosa pensi, ma come pensi

Un recentissimo articolo a proposito dell’importanza del pensiero critico, studiata attraverso un esperimento condotto su un campione di studenti in età da scuola secondaria. L’esperimento in questione era consistito in un intervento di “promozione e spiegazione” del pensiero critico (non cosa pensi, ma come pensi) sul suddetto campione – e nell’indagine conseguente a proposito di eventuali miglioramenti degli studenti in termini di performance.
Gli autori, facendo un passo indietro, si chiedono giustamente cosa sia, di fatto, il pensiero critico. Lo presentano in modo criptico, traendo la definizione della American Philosophical Association expert consensus: “purposeful, self-regulatory judgment which results in interpretation, analysis, evaluation, and inference, as well as explanation of the evidential, conceptual, methodological, criteriological, or contextual considerations upon which that judgment is based”. Proseguendo nell’articolo, gli autori arrivano a parlarne come di una competente metacognitiva, un’attitudine cioè alla riflessione a proposito del proprio stesso pensiero.
Spiegano quindi la tipologia di intervento proposta ai ragazzi del campione, mettendone in evidenza i diversi sotto-testi teorici: si trattava di aiutare i ragazzi a cogliere fallacie logiche e bias cognitivi, e di aiutarli a rallentare i processi di pensiero più automatici e veloci, spesso forieri di distorsioni cognitive e letture “troppo emotive”. Un articolo da leggere lentamente, denso di significato visto il posto centrale che avrà il pensiero critico in futuro, nel contesto di un mondo sempre più complesso.

Eccovi l’articolo:

It is not what you think it is how you think: A critical thinking intervention enhances argumentation, analytic thinking and metacognitive sensitivity


5. Ritardare la gratificazione

Il video che sotto riportiamo, mette in discussione una tendenza molto attuale alla glorificazione della dieta da dopamina messa in atto per “disintossicarsi dalla dipendenza da dati/schermi”, consigliando altre, più corrette modificazioni dello stile di vita: in particolare viene consigliata la cosiddetta “gratificazione ritardata”.
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola molteplici aspetti della nostra vita psichica, e pensare che sforzarsi a un‘astinenza dagli stimoli che ne inducono il rilascio possa portare qualche beneficio, è sostanzialmente sbagliato. Si tratta di un trend “montato” a fini commerciali, divenuto una sorta di slogan.
La dopamina è implicata nel concetto di intenzionalità: come osserviamo nel video, quando l’esperienza supera le aspettative che ci eravamo a proposito dell’esperienza stessa, la dopamina viene rilasciata, producendo un rinforzo positivo che ci porterà a ricercare quello stesso rinforzo anche in futuro. Questo è quello che viene chiamato circuito di reward. Sensazioni largamente appaganti, producono un rilascio di dopamina che altera in modo continuativo il circuito di reward: tuttavia, sospendere per qualche ora l’assunzione di cibi gratificanti o le esperienze piacevoli, non lo riporterà al suo stato originario. Il punto è proprio questo: il problema non è la quantità di dopamina, ma l’alterazione del circuito di reward. Come spiega l’autore del video, l’errore in questo ragionamento è proprio immaginare che la quantità di un singolo neurotrasmettitore possa modellare così a fondo il comportamento umano. Per tentare una normalizzazione del circuito di reward, viene consigliato un comportamento puntuale: la gratificazione ritardata, in grado idealmente di ri-settare il circuito di reward, al centro dell’articolo che qui proponiamo.

Eccovi l’articolo:

The neural basis of delayed gratification


6. Elefanti traumatizzati

Comprendere la letteratura del trauma negli animali ci può dare una grande mano nella compressione del trauma nell’uomo. Come leggiamo nell’articolo che qui proponiamo, le strutture antiche del nostro cervello si sovrappongono alle stesse strutture antiche della maggior parte degli animali vertebrati. Le reazioni sono le medesime, nelle stesse situazioni: di fronte a una minaccia percepita come soverchiante, il nostro corpo e il nostro cervello reagiscono seguendo delle traiettorie che per nulla differiscono da quelle adottate, per esempio, da una zebra o un orso: di fronte a una minaccia, il nostro cervello produce una reazione di estremo allarme, a cui seguono due possibili risposte, di fuga o -laddove quest’ultima non sia possibile-di attacco, oppure di collasso nel caso in cui le risposte precedenti non siano state possibili (l’immobilità tonica descritta in questo brillante video o in questo articolo ). Sul PTSD, come viene descritto in questo articolo, esiste una controversia scientifica per comprendere se e in che modo il disturbo esista anche negli animali: non tanto quindi la reazione al trauma, quanto tutto ciò che al trauma consegue, che nell’uomo appare così difficile da lasciare andare. Gli autori fanno riferimento  a questo lavoro (piuttosto recente), che cita diversi altri lavori fondamentali (come questo e ancora di più questo), e all’interno del quale gli autori osservano come un animale spaventato produca meno prole e questo aumenti la quantità di vegetazione su un determinato territorio (in questo senso viene usata la formula “ecologia della paura”). Al di là di questo, l’articolo sintetizza lo stato attuale degli studi sul trauma negli animali. Interessante.

Eccovi l’articolo:

Do Wild Animals Get PTSD?


7. Tutto sul self-talk!

Il linguaggio interno è da sempre oggetto della ricerca in ambito di psicologia clinica, in primis della psicologia evolutiva. Il celebre Vygotskij considera il linguaggio interno -nei bambini- come uno strumento auto-normativo, un modo di autoregolarsi in una fase di crescita rapida.
Dalla pagina Wikipedia dedicata alla voce “discorso interno”, apprendiamo che lo stesso Vygotskij descrisse il linguaggio interno in modo fenomenologicamente puntuale:
“Essendo un linguaggio soggettivo “per sé stessi”, ipotizzando una sua registrazione risulterebbe incomprensibile a chiunque, in quanto formato da estreme abbreviazioni, sintatticamente formato da soli predicati in quanto il soggetto è dato per scontato, ricco di cambi di paradigma “ipertestuali” con immagini o fantasie esclusive”
Il self-talk, il parlare a sé, è però clinicamente rilevante anche in molteplici altre aree del lavoro dello psicoterapeuta: pensiamo al self-blame del paziente depresso, o al rimuginio incessante del paziente ossessivo.
L’articolo che qui proponiamo è un approfondimento su questo “fenomeno“ della psicologia umana, preso in modo trasversale. Si tratta di una review di 100 articoli selezionati, incentrati sul tema, “scansionati” e analizzati per capire quali fossero i punti più importanti in comune. Da questo lavoro gli autori estrapolano prima di tutto una categorizzazione del self talk (buono/cattivo, libero/orientato al compito, strategico, etc.), quindi passano in rassegna gli articoli partendo da questa iniziale, grande divisione in categorie, fornendo alcuni spunti estremamente interessanti (per esempio propongono di parlare non tanto di self-talk buono o cattivo, ma di self-talk “facilitante” o “disabilitante”).
Ne risulta una concettualizzazione del self-talk legata a doppio filo al tema della -di nuovo- metacognizione: la funzione del self-talk, sarebbe una funzione regolativa (il che ci riporta alla teoria iniziale di Vygotskij, per la quale il linguaggio interno avrebbe una funzione normativa -autoregolativa appunto). L’articolo contiene molto, molto altro, e costruisce infine un modello “totale” (qui riassunto).

Eccovi l’articolo:

Self-Talk: An Interdisciplinary Review and Transdisciplinary Model


8. 10 anni in più

È di recentissima pubblicazione su The Lancet un articolo che indaga le conseguenze in termini cognitivi del Long Covid: a quanto pare, nei soggetti colpiti da Covid e portatori di sintomi “di lunga durata” (Long Covid, appunto), vi sarebbe un abbassamento del livello di performance congnitiva paragonabile ad aver subìto un invecchiamento di 10 anni di età. Il problema del Long Covid è ancora poco esplorato, e necessità nei prossimi anni di essere compreso a fondo (si veda per esempio questo lavoro su Nature: https://doi.org/10.1038/s41467-023-39193-y)

Eccovi l’articolo:

The effects of COVID-19 on cognitive performance in a community-based cohort: a COVID symptom study biobank prospective cohort study


9. Dal digiuno intermittente alla dieta mima-digiuno: conoscere il lavoro di Valter Longo

Uno dei nostri riferimenti in termini di fonti, è sicuramente il portale Found My Fitness curato da Rhonda Patrick, che approfondisce diversi aspetti inerenti il benessere psico-fisico. I contenuti sono sempre di estrema qualità. Sulla pagina inerente il tema del digiuno, troviamo diversi riferimenti autorevoli: sappiamo che lavorare sull’alimentazione ha ricadute a cascata sul benessere psichico (gli studi sulla psichiatria dello stile di vita ce lo ricordano). Tra questi lavori, è citato un lavoro a proposito del cosiddetto programma mima-digiuno, una tipologia peculiare di dieta, che possiamo approfondire sulla pagina personale di Valter Longo, un ricercatore e professore italiano naturalizzato statunitense riferimento internazionale sul tema della longevità e ideatore della dieta, appunto, “mima digiuno”. Questa tipologia di dieta prevede un peculiare regime alimentare fatto a cicli (qualche giorno al mese), con caratteristiche peculiari (qui un esempio: https://www.abiby.it/magazine/beauty-news/dieta-mima-digiuno/). Nell’articolo che riportiamo, un approfondimento sui suoi benefici, e un’introduzione alla tematica.

Eccovi l’articolo:

Fasting-mimicking diet and markers/risk factors for aging, diabetes, cancer, and cardiovascular disease


10. Articolo Storico!! Un parco per i topi

Se parliamo di addiction e dipendenza, non possiamo prescindere dal lavoro sugli ambienti arricchiti e dagli esperimenti di Bruce Alexander negli anni ‘70. Questo sperimentatore indagò la compulsione a consumare una determinata sostanza nei topi, quando questi fossero inseriti in un contesto più o meno “ricco” in termini di stimoli ambientali.
Alexander propose un’ipotesi innovativa: la dipendenza da sostanze non sarebbe consistita principalmente nel “legame chimico”, ma piuttosto sarebbe stata causata dalle condizioni di vita stressanti e deprivanti in cui l’individuo si fosse trovat*. Per verificare la sua teoria, Alexander creò -per le cavie- un ambiente chiamato Rat Park, uno spazio più ampio e stimolante, con cibo abbondante e la presenza di altri topi di entrambi i sessi nella stessa gabbia. Le cavie avevano accesso a giochi, svago e possibilità di riproduzione e cura dei cuccioli, creando un ambiente simile a quello naturale dei topi.
Nel Rat Park le cavie, che precedentemente avevano sviluppato dipendenza da morfina (in esperimenti tradizionali), mostravano una minoranza di preferenza per l’acqua con morfina. Come a dire: un deterrente naturale per lo sviluppo di addiction, sembrava essere il “senso di connessione” e la quantità di stimoli presenti nell’ambiente stesso.

Eccovi l’articolo:

The effect of housing and gender on morphine self-administration in rats.

Qui per iscriverti!

Article by admin / Generale / psicoterapia, psicoterapiacognitivocomportamentale

23 August 2023

DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO

di Raffaele Avico

Abbiamo già parlato su questo blog (e ampiamente su PopMed) dei rischi connessi alla sovra-esposizione mediatica e alla dipendenza da smartphone, di come il tutto sia ampiamente sottovalutato e di come il fenomeno stia frammentando la possibilità di immergersi verticalmente in un task.

Sempre più diviene centrale per chi si occupa di salute mentale, ragionare sui rischi dell’overload cognitivo, sulla tossicità della sovra-esposizione e sul tema dell’ecologia della mente (ovvero il rispetto e la tutela dell’”ambiente mentale”).
Negli ultimi tempi sembra essere particolarmente complesso inoltre, per gli individui, soffermarsi con il pensiero entro quello che viene definito default mode, uno stato di assenza specifica di task cognitivi, funzionale però all’auto-narrazione e alla libera associazione a riguardo del Sè (tanto da essere stato definito il “centro di gravità del cervello”), tutti processi fondamentali per costruire narrative funzionali all’Io e complessificare la personalità, storicizzandola, dandole un senso narrativo. Ne abbiamo parlato qui.

In media controlliamo il nostro cellulare (questo negli USA, ma è plausibile pensare che in Italia la situazione sia simile) più di 350 volte al giorno. Spesso l’uso del telefono viene mosso dall’apertura di un qualche social network, alla ricerca di una gratificazione momentanea, che sia una notifica o un messaggio. Tutto questo ha da un lato un fortissimo potere dipendentogeno, dall’altro rischi per la salute mentale sempre più ricercati e studiati. Questo lavoro, particolarmente approfondito e commissionato da centri di eccellenza mondiali (MIT, Bocconi), rappresenta il lavoro più corposo finora prodotto sull’impatto dei social network sulla salute mentale osservato su un campione di studenti, ottenendo risultati impressionanti, in particolare relativamente a Facebook. Parliamo di un degradamento generale della qualità della salute mentale, indotto anche da “comparazioni tossiche” tra individui giovani.

Recentemente è stato inoltre pubblicato un articolo che indaga il concetto di “salienza” in relazione allo smartphone.
Il punto di questo studio era dimostrare come la semplice presenza del telefono nei pressi di un individuo, fosse in grado di assorbire una quota significativa delle sue capacità cognitive, di fatto diminuendole. Si tratta di uno dei primi studi che indagano l’effetto della semplice presenza dello smarphone sulle capacità cognitive e attenzionali di un individuo, senza che necessariamente vi sia un altro compito da svolgere o un’interazione fisica con il telefono. Inoltre, gli autori sottolineano che l’effetto pare presentarsi anche nella consapevolezza a riguardo dello spegnimento del telefono stesso, o con lo schermo non visibile, cosa che dovrebbe farci ragionare sul potere che questo oggetto ha nel contesto delle nostre vite quotidiane. Sembrerebbe esistere una sorta di bisogno “sub-cosciente” di “monitorarlo”. Concludono con un consiglio chiaro: “however, our data suggest at least one simple solution: separation”.

La dispersione di energia mentale, che fa da preambolo al senso di esaurimento/overload cognitivo, dipende da 3 processi principali:

  • il lavoro implicito di scrematura e differenziazione tra stimoli che costantemente facciamo per poter mantenere il focus. Il cervello, come sappiamo, è già di suo un filtro in grado di portare alla nostra attenzione pochi stimoli alla volta per ragioni di adattamento; bombardarlo in modo continuo di stimoli ridondanti e chiassosi, rende il lavoro di filtraggio ancora più faticoso e frustrante.
  • la fatica della scelta continua, dell’eccesso di stimoli tra cui scegliere, rappresenta un problema per ora sotto-soglia, non ancora pienamente indagato; ne scrive anche Pietro Minto in questo libro che abbiamo recensito di recente citando il concetto di FOMO (fear of better options), il timore relativo al fatto di aver fatto la scelta migliore in un mondo di possibilità di consumo pressoché infinite
  • tradire costantemente la nostra attenzione con altro (come durante la lettura, l’impugnare e sbloccare il telefono) ci condanna al continuo bisogno di ri-focalizzarci su ciò che stavamo facendo “prima” di distrarci; questo è di per sé uno sforzo cognitivo, un task mentale. Il tema qui è complesso poiché esistono aspetti emotivi implicati nel fenomeno, dato che siamo meno portati a distrarci tanto più il compito è per noi stimolante. Il problema è che, in questo senso, solamente i compiti per noi massimamente edificanti in termini emotivi saranno in grado di coinvolgerci al punto da impedirci movimenti di distrazione: il risultato è che tutto ciò che non è per noi “centrale” rischia di disperdersi, con meno possibilità da parte nostra di essere contaminati da qualcosa di altro. Se mettiamo questo fenomeno insieme a quello delle bolle informative create dagli algoritmi, capiamo facilmente come tutti noi si rischi di “radicalizzarci” sempre di più su isole di contenuto “nostre”, senza associazioni libere, contaminazioni e scoperta di “altro”. É come sottoporsi a una Cura ludovico con i nostri stessi contenuti, tutto il giorno, auto-bombandardoci il cervello con contenuti in grado di “fittare” benissimo con ciò che già sappiamo, radicalizzandoci appunto.

Valerio Rosso nel suo recente libro PSIQ (https://www.psiq.it) ne parla in modo diffuso, introducendo un concetto interessante, il DDPA (Disturbo da Diffusione Patologica Dell’Attenzione), approfondito ulteriormente da un video che riportiamo in calce all’articolo.
Con l’autorizzazione dell’autore, riportiamo un breve estratto da questo volume, un passo incentrato appunto sul tema “sequestro dell’attenzione”:

[..]

Bene, adesso vi spiegherò come gli Smartphone, i Social Network ed il Gioco d’Azzardo ci rubano il Tempo, l’Attenzione e diminuiscono la nostra Versatilità, allo stesso modo di come accade quando usiamo in maniera problematica una sostanza d’abuso come l’eroina o l’alcol (379).

Il Tempo a nostra disposizione e la capacità di direziona e mantenere l’Attenzione su attività produttive, che ci appassionano e che ci fanno crescere, è il vero punto cardine della nostra Vita.

Leggendo psiq penso che abbiate capito che esistono disturbi mentali particolarmente subdoli ed invalidanti che vanno a compromettere proprio la nostra attenzione (oltre ad altre funzioni) come l’ADHD e anche, in parte, il Disturbo Bipolare.

In realtà negli ultimi anni, con la diffusione di massa degli smartphone e dei social media, si sta facendo strada una condizione patologica della nostra mente che, in realtà, non ha ancora un nome su cui gli scienziati concordano, ma che io ho chiamato “Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione” (“DDPA”) (380).

In quest’era digitale siamo tutti a rischio di sviluppare un “Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione” (“DDPA”) perché intorno a noi si stanno sviluppando delle condizioni fortemente favorenti questo problema.

Infatti siamo tutti oggetto di Campagne di Marketing che cercano di attirare la nostra attenzione (nel Mondo Reale, sul web e sui Social Media) ed inoltre la crisi economica, le Guerre, i Cambiamenti Climatici e la perdita di spiritualità e di valori solidi stanno portando l’umanità ad una sorta di Depressione Esistenziale che necessita di essere lenita. Che cosa sta accadendo, quindi, nel nostro attuale Mondo, che si sta anche caratterizzando per una velocità eccessiva, richieste di performance elevatissime e dalla presenza del digital che è una fonte enorme di connessione, di contenuti accattivanti e di opportunità sensoriali?

Le conseguenze di tutto ciò sono state una moltiplicazione dei cosiddetti attrattori di attenzione che assorbono e diffondono la nostra attenzione con conseguenze non ancora completamente chiare sul piano psicopatologico.

Il concetto di diffusione patologica dell’attenzione, che poi, in termini pratici, si traduce in un sequestro del nostro limitato capitale attentivo, è un fenomeno noto da diverse decine di anni, in sostanza da quando l’Umanità ha iniziato ad utilizzare mezzi e media che hanno potenziato e facilitato la comunicazione, negli anni ’60 e ’70.

“Superficialità”, purtroppo è questa una delle conseguenza di una diffusione costante della nostra attenzione, sequestrata da mille attrattori digitali, reali ed intrapsichici, che a fatica ce la restituiscono.

Andando avanti in questo ragionamento possiamo affermare che la diffusione patologica della nostra attenzione nel mondo digitale ed in quello reale iper- accelerato, favoriscono la costante presenza di ansia e rimuginazione.

Perché tutto questo?

L’ansia e la rimuginazione, intese in senso “classico”, erano sostenute da processi psicopatologici di tipo implosivo, ovvero che spesso affondavano le loro radici in una sorta di deflessione dell’osservazione verso il nostro interno a scapito della realtà esterna; spesso rappresentano dei veri e propri bias interpretativi dei dati in nostro possesso.

Ansia e rimuginazione sono emersi e si sono diffusi tra le persone come entità psicopatologiche nel corso di tutto il ‘900.
Allo stato attuale ansia e rimuginazione sono ancora molto presenti tra le persone nel mondo occidentale iper- accelerato e digitalizzato, ma non più come entità patologiche ma come segni e sintomi del Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione. Inoltre queste forme di ansia e di rimuginazione assumono una valenza esplosiva, ovvero diretta completamente verso l’esterno (381).

Nel momento in cui il nostro capitale di attenzione è completamente depauperato la nostra mente subisce una sorta di Effetto “colapasta”, ovvero la dispersione dell’attenzione rende la nostra mente simile ad un “colapasta” che non trattiene le informazioni per il tempo sufficiente alla loro elaborazione e questo ci impedisce di soffermarci sulle memorie e sui dati sensoriali, generando sensazioni di incertezza, allarme e disagio scarsamente definibili (382).

Quali potrebbero essere, quindi, le conseguenze cliniche ed esistenziali del DDPA?

Di seguito riporto una tabella riassuntiva dei più probabili sintomi e segni che potrebbero caratterizzare un disturbo costante della capacità di portare attenzione secondaria ad una costante diffusione (leggi “depauperizzazione”) dell’attenzione stessa:

  • Ansia e Rimuginazione.
  • Attacchi di Panico.
  • Disturbi da desiderio sessuale, anorgasmia.
  • Difficoltàrelazionali.
  • Difficoltà di apprendere nuovi task.
  • Anedonia e Alessitimia.

Per poter provare sentimenti autentici, vivere le nostre passioni e scrivere il nostro futuro abbiamo bisogno di riuscire a soffermarci sulle cose, di focalizzare i nostri pensieri e le nostre azioni, in poche parole abbiamo bisogno di poter disporre della nostra attenzione. Se questa qualità della nostra cognizione ci viene sottratta, proprio perché diluita e diffusa in plurime direzioni, rischiamo di perdere il motivo per cui la vita vale la pena di essere vissuta: la nostra possibilità di autodeterminarci e di essere liberi.

[…]

PSIQ è disponibile al link www.psiq.it. Qui invece il video prima citato, per approfondire:

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NB: “POPMED”, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI”, A PAGAMENTO. Qui per iscriverti

Article by admin / Formazione / psicoterapia, raffaeleavico

12 August 2023

LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO

di Raffaele Avico

Abbiamo intervistato Emiliano Toso a proposito della terapia espositiva. Emiliano è uno psicoterapeuta di Rovigo, e da anni approfondisce il tema “esposizione” pubblicando articoli di ricerca e saggi.

A fine di questo articolo pubblichiamo una bibliografia ragionata consigliata dallo stesso Toso, per chi volesse approfondire la questione.

L’esposizione, il lavoro in psicoterapia con la terapia espositiva, ha un razionale storicamente semplice: promuovere da parte del paziente l’abituazione a uno stimolo fobico, qualunque esso sia e dovunque (all’esterno o all’interno del paziente) esso si trovi. Parliamo quindi di problemi di tipo fobico, ma anche di disturbo ossessivo-compulsivo e di PTSD.

Il PTSD, come sappiamo, deriva da un processo di apprendimento, e dalla difficoltà estrema di elaborare alcuni stimoli/ricordi; il corpo di un paziente con sindrome post-traumatica, è un corpo che ha appreso l’allarme, e vive nella minaccia di quello che potrebbe capitare all’esterno, così come nella paura di ricordare/rivivere l’evento traumatico stesso. La stessa terapia EMDR potrebbe essere pensata come una terapia espositiva, dato che conduce il paziente a un’esposizione diretta nei confronti dei percetti più pesanti, i ricordi post-traumatici più vividi.

Come ci spiega Toso in questo video, la teoria classica basata sull’abituazione, ha recentemente lasciato spazio ad altri, più innovativi modi di condurre una terapia basata sull’esposizione: parliamo di un filone di lavori sviluppato da una pioniera nell’ambito, Michelle Craske, che prende il nome di “apprendimento inibitorio”. Non si tratterebbe cioè di abituare il paziente allo stimolo fobico fino a che questo non procuri più la cosiddetta fear response: il tallone d’achille di questo modo di lavorare, come ci spiega Toso nel video, è che la paura tende a ritornare, anche dopo poco tempo, e che cambiando contesto l’allarme si presenterà allo stesso modo, come se la paura non fosse veramente “estinta”. Nel modello di apprendimento inibitorio sviluppato da Craske (che abbiamo qui sintetizzato) l’obiettivo è produrre delle memorie “antagoniste” a quelle già apprese (e problematiche), in modo che le prime possano inibire le seconde.

Nella formazione di queste memorie alternative, esistono dei fattori facilitanti o ostacolanti, che Toso ci spiega nell’intervista (per esempio, è stato osservato che la qualità del sonno, così come lo stato del microbiota del paziente, possano favorire o ostacolare il processo di apprendimento inibitorio).

Toso cura da anni un gruppo Facebook dedicato, qui raggiungibile. Per approfondire.

Ecco l’intervista:

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Bibliografia ragionata:

  • Toso E. (in pubblicazione). Verso una terapia espositiva di precisione. Dalla scienza dell’estinzione della paura alla clinica. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Toso E. (2019). La seconda giovinezza dell’esposizione: nuovo modello concettuale e nuovestrategie operative. Cognitivismo Clinico 16, 2, 159-174.
  • Toso E. (2021). La seconda giovinezza dell’esposizione. Modello concettuale e modalità operative. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Toso E., Craske M.G., Treanor M., Conway C., Zbozinek T., Vervliet B. (2016). Massimizzare la terapia di esposizione: Un approccio basato sull’apprendimento inibitorio. Cognitivismo Clinico 13, 2, 103-133. Tr. it. Craske M.G., Treanor M., Conway C., Zbozinek T., Vervliet B. (2014).Maximizing exposure therapy: an inhibitory learning approach. Behaviour Research and Therapy 50, 10-23.
  • Toso E. (2022). Dallo studio sull’estinzione della paura verso una terapia dell’esposizione personalizzata. Pionieristiche considerazioni. Cognitivismo Clinico 19, 1/2, 107-130.
  • Toso E., Agnoletti M., Carlo E., Vicentini M. (in pubblicazione). Una nuova realtà virtuale per una nuova terapia di esposizione. Pionieristiche considerazioni. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale.
  • Craske M.G., Hermans D., Vervliet B. (2018). State of the art and future directions for extinction as a translational model for fear and anxiety. Philosophical Transactions B 373, 1742.
  • Craske M.G., Sandman G.F., Stein M.B. (2022). How can neurobiology of fear extinction inform treatment? Neuroscience and Biobehavioral Reviews 143, 104923.
  • Craske M.G., Treanor M., Zbozinek T.D., Vervliet B. (2022). Optimizing exposure therapy with an inhibitory retrieval approach and the OptEx Nexus. Behaviour Research and Therapy 152, 104069.

——–

NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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  • LA MENTE ADOLESCENTE di Daniel Siegel 19 October 2018
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  • Costruire un profilo psicologico a partire dal tuo account Facebook? La scienza dietro alla vittoria di Trump e al fenomeno Brexit 9 October 2018
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  • I LIMITI DELL’APPROCCIO RDoC secondo PARNAS 2 October 2018
  • COME IL RICORDO DEL TRAUMA INTERROMPE IL PRESENTE? 28 September 2018
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI INTERPERSONALI E TEMI DI VITA. Riflessioni intorno a “Life Themes and Interpersonal Motivational Systems in the Narrative Self-construction” di Fabio Veglia e Giulia di Fini 17 September 2018
  • IL SOTTOTIPO “DISSOCIATIVO” DEL PTSD. UNO STUDIO DI RUTH LANIUS e collaboratori 26 July 2018
  • “ALCUNE OSSERVAZIONI SUL PROCESSO DEL LUTTO” di Otto Kernberg 12 July 2018
  • INTRODUZIONE ALLA MOVIOLA DI VITTORIO GUIDANO 9 July 2018
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI DANIEL SIEGEL 5 July 2018
  • DALL’ADHD AL DISTURBO ANTISOCIALE DI PERSONALITÀ: IL RUOLO DEI TRATTI CALLOUS-UNEMOTIONAL 3 July 2018
  • UNO STUDIO SUI CORRELATI BIOLOGICI DELL’EMDR TRAMITE EEG 28 June 2018
  • MULTUM IN PARVO: “IL MONDO NELLA MENTE” DI MARIO GALZIGNA 25 June 2018
  • L’EFFETTO PLACEBO COME PARADIGMA PER DIMOSTRARE SCIENTIFICAMENTE GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE, DELLA RELAZIONE E DEL CONTESTO 22 June 2018
  • PERCHÈ L’EFFETTO PLACEBO SEMBRA ESSERE PIÙ DEBOLE NEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UN APPROFONDIMENTO 18 June 2018
  • BREVE REPORT SUL CONCETTO CLINICO DI SOLITUDINE E SUL MAGNIFICO LAVORO DI JT CACIOPPO 11 June 2018
  • SULL’USO DEGLI PSICHEDELICI IN PSICHIATRIA: L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO 7 June 2018
  • LA LENTE PSICOTRAUMATOLOGICA: GLI ASSUNTI EPISTEMOLOGICI 4 June 2018
  • PREVENIRE LE RECIDIVE DEPRESSIVE: FARMACOTERAPIA, PSICOTERAPIA O ENTRAMBI? 31 May 2018
  • YOUTH IN ICELAND E IL COMUNE DI SANTA SEVERINA IN CALABRIA 28 May 2018
  • FILTRO AFFETTIVO DI KRASHEN: IL RUOLO DELL’AFFETTIVITÀ NELL’IMPARARE 24 May 2018
  • DIFFIDATE DELLA VOSTRA RAGIONE: LA PATOLOGIA OSSESSIVA COME ESASPERAZIONE DELLA RAZIONALITÀ 21 May 2018
  • BREVE STORIA DELL’ELETTROSHOCK 17 May 2018
  • TALVOLTA É LA RASSEGNAZIONE DEL TERAPEUTA A RENDERE RESISTENTE LA DEPRESSIONE NEI DISTURBI NEURODEGENERATIVI 15 May 2018
  • LO STATO DELL’ARTE SUGLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ FISICA NEL PTSD (disturbo da stress post-traumatico) 9 May 2018
  • DIPENDENZA DA INTERNET: IL RITORNO COMPULSIVO ON-LINE 6 May 2018
  • L’EVOLUZIONE DELLE RETI NEURALI ASSOCIATIVE NEL CERVELLO UMANO: report sullo sviluppo della teoria del “tethering”, ovvero di come l’evoluzione di reti neurali distribuite, coinvolgenti le aree cerebrali associative, abbia sostenuto lo sviluppo della cognizione umana 30 April 2018
  • COMMENTO A “PSICOPILLOLE – Per un uso etico e strategico dei farmaci” di A. Caputo e R. Milanese, 2017 26 April 2018
  • L’ERGONOMIA COGNITIVA NEL METODO DI MARIA MONTESSORI 20 April 2018
  • SUL COSTRUTTIVISMO: PERCHÉ LA SCIENZA DEVE RICERCARE L’UTILE. Un estratto da Terapia Breve Strategica di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone 18 April 2018
  • IN MORTE DI GIOVANNI LIOTTI 10 April 2018
  • ALL THAT GLITTERS IS NOT GOLD. APOLOGIA DELLA PLURALITÀ IN PSICOTERAPIA ATTRAVERSO UN ARTICOLO DI LEICHSERING E STEINERT 9 April 2018
  • COMMENTO A:  ON BEING A CIRCUIT PSYCHIATRIST di JA Gordon 5 April 2018
  • KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE, PARTE 2 25 March 2018
  • IL PRIMATO DELLA MANIA SULLA DEPRESSIONE: “LA MANIA È IL FUOCO E LA DEPRESSIONE LE SUE CENERI”. 19 March 2018
  • IL CESPA 15 March 2018
  • COMMENTO A LUTTO E MELANCONIA DI FREUD 9 March 2018
  • LA DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI BIOLOGICI DI DEPRESSIONE FONDATA SULL’ATTIVITÀ CEREBRALE A RIPOSO 2 March 2018
  • BORSBOOM: PER LA SEPARAZIONE DEI MODELLI DI CAUSALITÀ RELATIVI AL MODELLO MEDICO E AL MODELLO PSICHIATRICO, E SULLA CAUSALITÀ CIRCOLARE CHE REGOLA I RAPPORTI TRA SINTOMI PSICOPATOLOGICI 27 February 2018
  • IL LAVORO CON I PAZIENTI GRAVI: IL QUADRO BORDERLINE E LA DBT 13 February 2018
  • INTERNET ADDICTION, ALCUNI SPUNTI DAL LAVORO DI KIMBERLY YOUNG 4 December 2017
  • EMDR: LO STATO DELL’ARTE 4 December 2017
  • PTSD, UNA DEFINIZIONE E UN VIDEO ESPLICATIVO 4 December 2017
  • FLASHBULB MEMORIES E MEMORIE TRAUMATICHE, UN APPROFONDIMENTO 4 December 2017
  • NUOVA PSICHIATRIA, RDoC E NEUROPSICOANALISI 4 December 2017
  • JACQUES LACAN, LA CLINICA PSICOANALITICA: STRUTTURA E SOGGETTO di Massimo Recalcati, 2016 4 December 2017
  • DGR 29: alcune riflessioni su quello che sembra un passo indietro in termini di psichiatria pubblica 4 December 2017
  • L’ATTUALITÀ DI PIERRE JANET: “La psicoanalisi”, di Pierre Janet 2 December 2017
  • PSICOPATIA E AGGRESSIVITÀ PREDATORIA, LA VERSIONE DI GIOVANNI LIOTTI (da “L’evoluzione delle emozioni e dei Sistemi Motivazionali”, 2017) 2 December 2017
  • LA GESTIONE DEL CONTATTO OCULARE IN PAZIENTI CON PTSD 2 December 2017
  • MARZO 2017: IL CONSENSUS STATEMENT SULL’UTILIZZO DI KETAMINA NEI CASI DI DISORDINI DELL’UMORE APPARENTEMENTE NON TRATTABILI 2 December 2017
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  • IL CIRCUITO DI RICOMPENSA NELL’AMBITO DEI PROBLEMI DI DIPENDENZA 1 December 2017
  • OTTO KERNBERG: UN AUTORE IMPRESCINDIBILE 1 December 2017
  • TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SULLE MNEMOTECNICHE (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE) 30 November 2017
  • LA CURA DEL SE’ TRAUMATIZZATO di Lanius e Frewen, 2017 29 November 2017
  • EFFICACIA DI UN BREVE INTERVENTO PSICOSOCIALE PER AUMENTARE L’ADERENZA ALLE CURE FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE 28 November 2017
  • PSICOTERAPIE: IL DIBATTITO SU FATTORI COMUNI E SPECIFICI A CONFRONTO 28 November 2017

IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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