di Matteo Respino
Otto Kernberg.
New York Presbyterian Hospital, White Plains (NY). Weill Cornell Medicine, Department of Psychiatry.
Il Professor Otto Kernberg è uno dei più importanti psichiatri e psicoanalisti della nostra epoca, forse anche di quelle precedenti. È riuscito ad apportare contributi insuperati alla comprensione delle “organizzazioni patologiche di personalità”, alla teorizzazione delle relazioni oggettuali e in generale alla sistematizzazione della psicoanalisi contemporanea. Tutto ciò senza mai allontanarsi dal mondo reale dei pazienti, mantenendo un approccio alla teorizzazione sufficientemente pragmatico da poter essere effettivamente applicato in contesti reali, e senza mai provocare fratture con la psichiatria biologica o il mondo accademico. Nel corso della sua carriera è stato Presidente dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi e ancora oggi, all’età di 89 anni, pratica la psicoanalisi privatamente ed insegna psichiatria all’università Weill Cornell Medicine di New York, supervisionando la formazione dei giovani specializzandi.
Per questo insieme di ragioni indiscutibili, oltre ad elementi personali che mi rendono particolarmente interessato al suo lavoro, ho deciso di scrivere una serie di brevi pezzi che ne riassumano il pensiero, o quantomeno alcune sue parti, procedendo con una logica “dal generale al particolare”. Rigorosamente seguendo in nostro stile, questi pezzi saranno il riassunto, semplificato ed accessibile, di articoli scientifici o d’opinione pubblicati dallo stesso Kernberg su riviste scientifiche di alta qualità.
Se siete all’inizio della vostra formazione o semplicemente curiosi, questi pezzi faranno per voi. Per coloro invece già formati, un adeguato approfondimento sarà disponibile accedendo alla fonte diretta presente ai relativi link.
Cominciamo con il primo, tratto da qui.
Le componenti fondamentali del trattamento psicoanalitico secondo Otto Kernberg.
Nell’articolo “The four basic components of psychoanalytic technique and derived psychoanalytic psychotherapies”, pubblicato nel 2016 sulla rivista World Psychiatry, Kernberg sintetizza efficacemente gli elementi centrali che caratterizzano il trattamento psicoanalitico e le cosiddette psicoterapie “ad orientamento psicoanalitico”, distinguendole da altre forme di trattamento della sofferenza mentale. Quando qualcuno, ad un esame o in una discussione davanti a un bicchiere di vino, vi chiederà che differenza c’è tra la psicoanalisi e la psicoterapia in generale (domanda classica, prima o poi arriva sempre se studiate o lavorate nel contesto “psi”), potrete rispondere come segue, citando il maestro e il suo articolo del 2016. Seguendo una logica “dal generale al particolare”, pare sensato partire da qui.
In sostanza ciò che caratterizza il trattamento psicoanalitico si riassume in quattro elementi: interpretazione, analisi del transfert, neutralità tecnica e analisi del controtransfert.
- L’interpretazione è la comunicazione verbale, da parte dell’analista, di ciò che l’analista ipotizza sia il conflitto inconscio che domina il funzionamento del paziente. Kernberg sottolinea come questa definizione, piuttosto generica, includa di fatto diversi tipi di intervento verbale/comunicativo. Ad esempio, forme di intervento ascrivibili al contesto “interpretativo” sono la clarification (in cui l’analista cerca di far luce, di mettere ordine, su quello che sta avvenendo nella mente del paziente a livello conscio) e la confrontation (il portare cautamente alla luce aspetti non-verbali del comportamento del paziente). Vi è poi ovviamente l’interpretazione vera e propria, ovvero la comunicazione di ciò che l’analista ritiene sia il significato inconscio ed unitario dell’insieme di esperienze, comportamenti e comunicazioni che paziente mette in atto.
- Il transfert è la ripetizione inconscia, nel presente, di un conflitto passato. Kernberg sostiene che la sua analisi sia la fonte principale del “cambiamento” indotto dal trattamento psicoanalitico. Inoltre, l’Autore sottolinea come il transfert operi come una “resistenza” (ovviamente al cambiamento) nella forma di patterns stabili di difesa caratterologica. In tal senso, l’analisi del transfert e la sua interpretazione sono una via possibile alla modificazione del carattere.
- Cosa si intende per neutralità tecnica? Trattasi della disposizione dell’analista ad approcciarsi al paziente, citando l’Autore, “con naturalezza e sincerità […] nel contesto di comportamenti socialmente appropriati, parte dei quali include che l’analista eviti di riferirsi o focalizzarsi sui propri interessi o problemi”. Kernberg, trattando questo punto, prende le distanze da un approccio “anonimo” sottolineando come sia inevitabile che alcuni elementi personali propri dell’analista emergano nel corso del trattamento, e come questi non siano un male tout-court, ma anzi possano essere a loro volta elementi di analisi del transfert nel contesto della diade paziente-terapeuta. Attenzione però! L’Autore sottolinea anche come le reazioni del paziente ai comportamenti dell’analista non vadano lette costantemente come “reazioni di transfert”!! Esistono infatti anche reazioni “fisiologiche” (realistic reactions) che vanno distinte dal transfert, ovvero reazioni emotive a fatti/contesti/situazioni reali in cui il paziente e/o l’analista si possono trovare.
- Il controtransfert è oggi definito come un concetto piuttosto allargato: si tratta “semplicemente” dell’insieme delle reazioni emotive dell’analista “momento per momento”. Queste reazioni includono a) reazioni al transfert del paziente; b) reazioni alla realtà della vita del paziente (ad esempio, la compassione per una perdita reale che il paziente può subire); c) reazioni alla realtà della vita dell’analista stesso; d) infine (definizione più ristretta e classica) le reazioni transferali attivate nell’analista dai contenuti espressi dal paziente. In questo sensoi, Kernberg puntualizza come serie difficoltà caratterologiche dell’analista possano portare a “distorsioni croniche” del controtransfert, implicitamente sottolineando il noto fatto che un analista dovrebbe essere “sufficientemente sano”.