di Raffaele Avico
In ambito di psicologia dello sport, ma non solo, un particolare concetto merita di essere approfondito, soprattutto vista la tendenza attuale alla dispersione dell’attenzione e il successo che il concetto di “multitasking” riscuote: l’esperienza di flow, o “flusso ottimale”.
Lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi, fu il primo a teorizzare questo stato mentale o posizione della mente, impegnata e assorbita nell’eseguire una serie di operazioni in modo sequenziale, una dopo l’altra, come appunto in un flusso.
Csikszentmihalyi ha fatto del flow l’oggetto principale delle sue ricerche inerenti la psicologia generale.
Lo psicologo definisce il flow come uno stato di assorbimento totale della mente in una serie di operazioni che sono una collegata all’altra: queste azioni sono svolte a una velocità sufficiente a far sì che la mente sia costretta a prestare attenzione all’atto eseguito, ma non così velocemente da frustrarla.
In ambito sportivo immaginiamo una sequenza di esercizi che si susseguano con la giusta velocità tale da necessitare un’attenzione completamente assorbita dal momento presente.
Esistono anche altri ambiti in cui può essere ricercato il flow: l’ambito dell’artigianato in tutte le sue forme o l’ambito musicale. Per fare un esempio, una scala può essere suonata sul manico di una chitarra a una velocità tale da non procurare ansia nel cercare “di “stare dietro” alla velocità di esecuzione, ma con sufficiente rapidità da impedire che la mente si distragga e “si allontani” durante l’esecuzione.
In questo modo, seguendo il flow, entriamo in uno stato mentale simil-alterato (lo psicologo lo paragona a uno stato di estasi, ovvero -come l’etimo del termine suggerisce- di entrata in una realtà “differente”), dato che l’attenzione e la nostra intera coscienza divengono l’atto stesso, incarnato durante il movimento. In quel momento, Csikszentmihalyi spiega, noi diveniamo quel gesto, la nostra intera esistenza si concentra in quel momento.
Lo psicologo, inoltre, sottolinea come per elicitare lo stato di flow, due condizioni possano favorire “innesco”: il fare qualcosa che si ama (il lavoro, un atto creativo, etc.) e il portare la mente in uno stato, come si diceva, di “tensione positiva”, ovvero di arousal lievemente alterato così da far convergere l’attenzione in quel solo gesto (come quando ci si sente coinvolti in una “sfida” e ci si sente sotto pressione).
MINDFULNESS E FLOW
Il successo che le pratiche di mindfulness hanno riscosso negli ultimi anni, testimonia la necessità e la voglia di molti di tornare al “mono-tasking”, di fare una cosa alla volta, con più calma e assorbimento.
Il flow è un esempio di pratica mindful dato che conduce a un’esperienza di mente “piena” e chiarificata, totalmente concentrata nel momento presente. Eseguire il flow, entrare nel flow, ha la stessa funzione ansiolitica di una pratica meditativa, poiché l’attenzione è allo stesso modo incatenata al momento presente. La differenza è che si sta svolgendo una sequenza di azioni.
Interessante in questo senso approfondire il concetto di craftfulness.
Qui il TED talk in cui Mihaly Csikszentmihalyi parla in modo molto chiaro dei suoi studi e dei suoi propositi di ricerca:
Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA.