di Raffaele Avico
La neurobiologia dell’ansia la troviamo spiegata in modo puntuale in questo doppio articolo in inglese, che riassume tutto quello che, per ora, c’è da sapere: fa parte di una newsletter dal nome “More to that” .
Viene raccontata l’ansia usando come teoria di partenza la teoria del cervello tripartito/triuno di Paul MacLean: si tratta di entrare nel mondo della “sovrainterpretazione degli stimoli”, delle “reazioni di allarme” e del “processo di cognitivizzazione” (che ci consente di interpretare in modo “digeribile” stimoli che provengono dalla parte più antica (rettiliana) del nostro cervello).
I passaggi “neurobiologici” fondamentali, sono:
“The stimulus first reaches the thalamus, which relays this information over to the amygdala. The amygdala quickly interprets the response as threatening so it alerts the hypothalamus, kicking off a multi-step process that produces adrenaline and norepinephrine. This then fires off the sympathetic nervous system, which finally creates the sensations of chest tension, sweaty palms, and lip quivers” ..ovvero la sensazione di ansia.
Leggendo questa completa disamina, troviamo molto materiale per eseguire degli approfondimenti sul tema.
Esistono molteplici modalità per lavorare con l’ansia in senso psicoterapico (al di là dell’approccio farmacologico), che potremmo considerare ugualmente importanti, strumenti da mettere in campo quando dovessimo avere a che fare con questo tipo di problema.
Vediamone alcuni:
- PSICOEDUCAZIONE SULLA NEUROBIOLOGIA DELL’ANSIA: spiegare a un paziente cosa significhi soffrire d’ansia, e quali siano i meccanismi sottesi all’ansia e alla relazione di allarme, rappresenta un importante strumento preliminare. Concettualizzare/dare un significato/nominare permette di esercitare un primo meccanismo di controllo.
- ESERCIZIO FISICO: il rilascio di sostanze indotto dall’esercizio fisico, svolge un effetto ansiolitico naturale. Qui per approfondire
- La psicoterapia CBT rappresenta il primo pilastro per lavorare con l’ansia e uno degli strumenti centrali nel contrastarne i derivati. In particolare, quando di ansia “sociale” si tratti, la psicoterapia CBT permette di correggere i difetti di interpretazione di alcuni segnali sociali (segnali che a volte vengono sovra-interpretati, altre volte mal-interpretati); l’idea è che vi sia un’operazione intepretativa fatta dal soggetto, e che si debba in questo senso lavorare per “ripulire” il suo sguardo da questa “intepretatività” spesso arbitraria, a volte con strumenti ad hoc come l’ABC.
- IMAGERY RESCRIPTING: uno degli strumenti usati in psicoterapia per contrastare l’allarme, la “fear response” e l’ansia, si propone di lavorare sulle immagini mentali disturbanti attraverso l’Imagery rescripting, che Pierre Janet aveva chiamato, in tempi estremamente precoci, “sostituzione immaginativa“. Di cosa si tratta? Qui troviamo una breve introduzione al tema. L’idea è quella di “sostituire” le immagini mentali in grado generare allarme con immagini migliori in termini di “digeribilità” psichica
- TERAPIA ESPOSITIVA E REHEARSAL: la terapia espositiva rappresenta il secondo pilastro da usare per lavorare con l’ansia, soprattutto considerando che come accennato in precedenza l’ansia è una reazione di allarme, uno stato di accensione protratta del sistema di difesa di un individuo. Se consideriamo l’ansia una reazione di allarme, è implicito che questa sia una reazione frutto di condizionamento, nata in concomitanza di un qualche tipo di apprendimento. Nessuno nasce ansioso: è possibile che esista una certa suscettibilità alle reazioni di allarme: lo sviluppo tuttavia di un disturbo d’ansia passerà da una (ri)lettura allarmata dell’ambiente di vita, spesso mutuata dalla relazione con familiari a loro volta ansiosi, magari “interiorizzati” nel tempo. Come dire: l’ansia è spesso appresa in modo implicito durante la crescita, divenendo una sorta di “stile”, di “forma mentale” attraverso cui il paziente tende a leggere gli eventi di vita. In questo senso la “terapia espositiva” rappresenta uno strumento “implicito” di affrontare le risposte di allarme, non mediato dal ragionamento. Si tratta di esporsi all’oggetto dei propri timori, così da uscirne de-sensibilizzati e maggiormente calmi. Si veda per esempio questo. Qua avevamo approfondito il tema “terapia espositiva” in ambito “fobie”: il tema delle “risposte d’allarme” è tuttavia presente anche in ambito “ansia”
- APPROCCI BOTTOM-UP: negli ultimi anni sono stati messi in evidenza dagli studi di ricerca molteplici strumenti da usare come “aiuto” nei momenti di maggiore attivazione ansiosa, dal respiro lento (che attivando il sistema nervoso autonomo parasimpatico, contribuisce a regolare l’arousal), al grounding, alla meditazione/mindfulness (usata per non colludere con le immagini ansiogene interiori, che vengono “lasciate andare”)
Uno dei maggiori studiosi mondiali in ambito, LeDoux, sottolinea come le due forme di approccio all’ansia (implicite, come la terapia espositiva, ed esplicite come la CBT), debbano essere usate insieme, una a supporto dell’altra.
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