di Raffaele Avico
La teoria polivagale teorizzata da Stephen Porges rappresenta un punto di riferimento teorico importante per chi si trovi a lavorare con bambini. Di fatto è stata formulata e pensata a seguito di un lungo periodo di lavoro sul campo dello stesso Porges in ambito pediatrico, e in ragione di una formazione dello stesso in ambito neurofisiologico.
Cosa ci dice, in breve, questa teoria?
Innanzitutto, Porges concettualizza la presenza di un sistema nervoso centrale articolato in 3 sistemi distinti, che dal suo punto di vista vengono attivati in ragione di 3 diverse tipologie di risposta a un determinato stimolo.
Porges teorizza tre tipi di risposta differenti, di fronte a uno stimolo (sia per il bambino che per un adulto), a seconda che lo stesso stimolo venga interpretato come più o meno minaccioso. Le tre tipologie di risposta sono illustrate da Porges usando la metafora del semaforo:
- la risposta verde, quella “normale”, sociale, prevede da parte dell’individuo la messa in gioco di una particolare branca del nervo vago, chiamata il Nervo Vago Ventrale che, insieme ad altre regioni del SNC, costruisce un complesso neurale chiamato da Porges Social Engagement System: è una risposta che consente all’individuo di continuare a guardare il proprio interlocutore negli occhi, di stare in sua presenza senza paura (Porges chiama questa condizione immobilità senza paura); qualora però qualcosa dovesse andare storto nell’interazione con quello stesso interlocutore, si attiverebbe la seconda tipologia di risposta, ovvero la risposta “gialla”
- la risposta gialla è una risposta di mobilizzazione, che coinvolge una parte del sistema nervoso autonomo chiamata Sistema nervoso autonomo simpatico; nell’esempio prima proposto, immaginiamo che il cane con cui gioca il bambino assuma un atteggiamento minaccioso e inizi a ringhiare verso di lui. Quest’ultimo, sentendosi minacciato, metterà appunto in atto una risposta “simpatica”, finalizzata a due tipologie di risposte finali, ovvero un comportamento di fuga dallo stimolo minaccioso o, quando questa non fosse possibile, di attacco. Questa tipologia di risposta procurerà nel bambino alcuni cambiamenti a livello anche neurofisiologico: tachicardia, accelerazione del movimento, cambio di registro vocale e difficoltà a mantenere il contatto oculare con l’interlocutore (in questo caso, appunto, il cane). Questo per una ragione evolutivamente adattiva, finalizzata alla sopravvivenza in una condizione di minaccia
- Quando poi lo stimolo minaccioso, l’interlocutore aggressivo o nell’esempio prima citato il cane, dovesse diventare veramente, apertamente minaccioso, e in modo soverchiante, potremo osservare una risposta estrema (risposta rossa), molto antica in senso evolutivo, mediata da un circuito nervoso peculiare (nervo vago-dorsale) e in grado di produrre una vera e propria morte simulata: in questo caso, il bambino sverrebbe, come perdendo i sensi. Questa è una risposta estrema e rara, tuttavia presente quando la minaccia diventi veramente troppo soverchiante. É una risposta che si osserva tra l’altro in qualunque animale si trovi in uno stato di immobilizzazione forzata e carica di minaccia; è una tipologia di comportamento che ci accomuna a tutti gli animali dotati di un sistema nervoso sufficientemente evoluto, (come le lucertole che, quando minacciate da un essere umane, sembrano addormentarsi o “irrigidirsi”).
A cosa ci serve capire la Teoria Polivagale di Porges?
La teoria di Porges ci insegna come ognuno di noi, adulto o bambino, di fronte a certi segnali di minaccia, risponde in modo simile, seguendo le 3 tipologie di risposta del “semaforo” prima descritte.
Un bambino che metta in atto una risposta gialla nel contesto di una classe scolastica, per esempio a causa di una senso di minaccia sperimentato di fronte a un professore percepito come troppo severo, adotterà in modo “autonomico” (quindi senza il suo controllo cosciente) una serie di risposte corporee e neurofisiologiche ben visibili a chi fosse allenato a osservarne le peculiarità.
Inoltre, è molto importante capire che durante le risposte di “mobilizzazione” (quella gialla e quella rossa), le zone del cervello deputate a “produrre” pensiero, a fornire una trama narrativa alla propria esperienza, insomma in grado di aiutarci a pensare, collassano, lasciando spazio alle zone più antiche e finalizzate a “salvarsi la pelle”. É la sindrome dell’”andare in palla”, quando tutto ciò che magari fino a dieci minuti prima si possedeva in termini di memoria, le capacità linguistiche, la generale funzione del “pensare”, sembrano collassare o scomparire.
Quando si parli quindi di difficoltà di apprendimento, occorrerebbe prestare attenzione a effettuare una giusta osservazione del comportamento del bambino nel contesto classe, perchè un bambino minacciato e portatore di molte “risposte gialle” vivrà difficoltà diverse da un bambino con un “semplice” DSA, magari però “tranquillo” in senso relazionale e non soggetto a risposte post-traumatiche.
Infine, è importante notare come le risposte comportamentali inerenti la sicurezza siano in grado come abbiamo qui più volte osservato di interrompere le altre tipologie di risposta “normali”; queste risposte sono guidate da drive istintuali che hanno a che fare con la sicurezza: saranno in grado di deformare il comportamento di un/a bambino/a fino al momento in cui quest’ultimo/a non abbia ripristinato un senso di sicurezza sociale. Numerosi sono gli studi inerenti lo sviluppo di un atteggiamento prosociale nel bambino in relazione alla Teoria Polivagale (HastingsMiller2014(1)). L’ansia sociale e il senso di minaccia, prendono forme imprevedibili nel comportamento di un/a bambino/a ancora non in grado di lavorarci in modo appropriato usando il canale “verbale”. Questi aspetti dovrebbero in altre parole essere osservati per formulare una migliore diagnosi quando ci si imbatta in un comportamento problematico in fase di sviluppo. Su questi aspetti si veda il progetto CalmBrain.
Qui un approfondimento sulla Teoria Polivagale in area podcast.
Per approfondire il tema “trauma” in età evolutiva:
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