di Raffaele Avico
Di recente si è svolto presso i locali del Caffè Basaglia un incontro a proposito del tema della Post Verità, a cui hanno partecipato in forma differente diversi relatori con competenze e provenienze diverse.
La prima giornata in particolare ha affrontato la questione della post-verità partendo dal fenomeno delle cosiddette fake news, sviscerandolo in differenti punti che potrebbero essere così elencati:
- la questione della fake news si appoggia sul problema, più largo, dell’interpretazione dei dati numerici: dare un’interpretazione dei numeri significa avere il potere di conferire un certo taglio e di dare un significato alla mole stessa dei numeri. Spesso manca la presenza di un tecnico o esperto affidabile che dia un parere autorevole sul significato dei numeri riscontrati. Se deleghiamo ad algoritmi matematici elaborati da macchine la responsabilità di trovare causalità e correlazioni, rischiamo di vedere fenomeni dove fenomeni non ci sono o problematiche dove queste non esistono. Per esempio si sono citati alcuni esempi di notizie allarmistiche di pandemie in procinto di scoppiare di meningite, o alcune informazioni inerenti campagne elettorali fornite in modo distorto (interpretando in modo parziale i dati ISTAT). Occorre quindi fornirsi sempre di un esperto che sappia leggere i dati raccolti.
- a proposito delle fonti, è stato osservato che laddove ci sia di mezzo la questione economica, il giornalismo divulgativo rischia di corrompersi. Sono visibili ovunque gli esempi (in primis le grandi testate giornalistiche che, soprattutto in ambito Web, drammatizzano e distorcono le notizie per renderle più appetibili al lettore). L’alternativa è approfondire le fonti, e insieme rivolgersi laddove non ci sia interesse economico (per esempio l’ambito istituzionale -governativo e accademico -leggi: riviste scientifiche ad alto impatto).
- l’approccio alla mole di informazioni, polverizzate, che abbiamo attraverso la Rete, dev’essere mediato attraverso l’uso di un filtro soggettivo, che noi stessi possediamo. Ognuno di noi dunque è responsabile di fornirsi degli strumenti necessari per combattere la cattiva informazione o la “mala-educazione” virtuale, per mezzo degli strumenti che in particolare i Social, ci offrono: bannare, segnalare, promuovere un uso sensato dei mezzi che porti a un uso “civile” dei luoghi comuni, come si farebbe nella “realtà”.
- infine, si è parlato delle cosiddette bolle informatiche, approfondite nell’interessante articolo qui riportato. Gli algoritmi usati dai motori di ricerca e dai Social Network riescono, osservando il nostro comportamento in rete, a pilotare i risultati delle nostre ricerche in modo da presentarci informazioni che si confanno ai nostri gusti, con il fine ultimo di spingerci all’acquisto. La “bolla informativa” è la risultante dei filtri che i motori di ricerca mettono ai nostri risultati: quello che succede è che la nostra conoscenza diventa ricorsiva, chiusa in sé stessa (avremo accesso solo a ciò che già ci interessa: un pagina di risultati Google è in pratica ritagliata intorno a noi). L’articolo ben spiega il problema, prevedendo un futuro sempre meno democratico dal punto di vista dell’accesso ai dati e alle notizie. Quello che il giornalista suggerisce è di conoscere i “propri” filtri così da eludere questi stessi pattern “circolari” di notizie procurati da algoritmi che, come “guardiani delle città”, impediscono a ciò che c’è fuori di entrare dentro la nostra solitaria bolla così da aprirci a campi di conoscenza che non ci sono affini.
Un buon antidoto erogato dal gruppo Wu Ming di Bologna, inerente il mestiere dello storico ma facilmente allargabile ad altro, lo si può scaricare qui.