di Matteo Cavalletti, Alessandra Catania, Valeria Fusco
PREMESSA: questo articolo fa parte di un Ebook curato da AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione), scaricabile qui in modo gratuito
È esperienza comune di tutti noi che il sonno sia fondamentale nelle nostre vite.
Ci rendiamo subito conto, appena svegli, della qualità del nostro sonno e di come e quanto abbiamo dormito.
La letteratura degli ultimi anni sul sonno e sulla sua deprivazione suggerisce che svolga diverse funzioni in più sistemi e a più livelli, dal sistema nervoso a quello immunitario ed endocrino e che questa azione sia fondamentale per il benessere sia fisico che psichico.
Il sonno svolge inoltre un ruolo cardine nel funzionamento della memoria, nei meccanismi di apprendimento e nella plasticità neuronale, necessaria e funzionale a questi processi. Inoltre sembra fondamentale per una sana regolazione emotiva, inclusa la capacità di ridurre il carico emotivo dei ricordi.
Cosa accade al nostro sonno quando viviamo un evento genericamente stressante o così intenso da diventare traumatico? Inevitabilmente ne risente. Non solo in termini di insonnia, intesa come la difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno, che ne può rappresentare un sintomo o una manifestazione clinica a sé stante, ma ne risente in maniera più complessa e clinicamente rilevante.
Alcuni studi dimostrano che l’insonnia può essere già presente prima dell’evento traumatico e che proprio la sua presenza può predire il decorso del PTSD; le difficoltà relative al sonno, nelle varie modalità in cui possono comparire, rappresentano un fattore di vulnerabilità per lo sviluppo del Disturbo da stress post traumatico (PTSD). D’altro canto, il PTSD è l’unico disturbo del DSM-5 in cui le problematiche legate al sonno sono contenute in due distinti criteri: incubi ricorrenti per quanto riguarda il criterio dei sintomi intrusivi e difficoltà relative al sonno (difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati, sonno non ristoratore) per il criterio relativo all’arousal (stato di attivazione fisiologica del sistema nervoso autonomo).
Di fatto, a seguito di eventi stressanti o traumatici, il sonno può risultare più frammentato, sia soggettivamente che oggettivamente e il tempo di sonno diminuito; possono presentarsi incubi più o meno frequenti il cui contenuto 36 di 85 può essere inerente l’evento traumatico, come veri e propri flashback notturni, oppure il contenuto non ha a che fare con l’evento ma è caratterizzato da sensazioni ed esperienze sensoriali, somatiche ed emotive collegate all’evento stesso; si sperimenta uno stato di iperattivazione e vigilanza sia nel momento dell’addormentamento sia nel momento dei risvegli notturni.
Queste esperienze possono essere accompagnate da reazioni fisiologiche di paura ed ansia, come tachicardia, forte sudorazione e respiro affannoso che predispongono le persone a restare in uno stato di allerta, di preparazione o anticipazione, “in guardia”, come se stesse per accadere o riaccadere qualcosa che minaccia la propria sicurezza ed incolumità: tutto ciò rende difficile il riaddormentarsi o riposarsi in modo adeguato.
Proprio questo stato di ipervigilanza ed iperattivazione rende le persone particolarmente sensibili e suscettibili alle proprie sensazioni somatiche e alle stimolazioni ambientali (suoni, oggetti, ombre, odori, sensazioni tattili) che possono innescare ed alimentare tale stato. Un’altra componente delle problematiche legate al sonno nel PTSD è la paura di dormire, che sembra avere una relazione lineare con la gravità sintomatologica del PTSD: maggiore è la paura di addormentarsi e maggiore è la gravità.
Le problematiche del sonno sono molto frequenti e rappresentano un aspetto molto importante del PTSD. La letteratura suggerisce come spesso ne precedono la diagnosi e possono accentuarne i sintomi durante il giorno. A sua volta, la sintomatologia del PTSD va ad interferire con la fisiologica regolazione del sonno, rendendolo più frammentato ed aumentando la frequenza degli incubi, creando così un importante circolo vizioso.
Inoltre, se queste difficoltà non vengono affrontate permangono come i più comuni sintomi residui anche dopo il trattamento. La nostra esperienza utilizzando uno strumento in corso di validazione orientato alla diagnosi dei disturbi dissociativi e post traumatici (TADS-I, Trauma and Dissociation Symptoms Interview, di Suzette Boon, per maggiori informazioni ricerca@areatrauma.eu), che contiene una specifica sezione 37 di 85 volta ad indagare le problematiche legate al sonno, conferma tale complessità.
Una accurata valutazione degli aspetti legati al sonno può fornire un contributo prezioso per la diagnosi di PTSD, PTSD complesso e disturbi dissociativi post-traumatici. L’indagine approfondita della dimensione del sonno include la paura di addormentarsi o di chiudere gli occhi, il posporre l’andare a dormire, l’agitazione notturna caratterizzata dal muovere gambe e braccia o dalla presenza di tremori, sperimentata direttamente o riferita dal partner; parlare, piangere o urlare durante il sonno, mettere in atto gli incubi, avere la sensazione di non riuscire a svegliarsi. Permette inoltre l’esplorazione di veri e propri sintomi dissociativi quali amnesia per ciò che si è fatto durante il sonno, il disorientamento nel non riconoscere l’ambiente circostante anche se famigliare o avere la sensazione di essersi svegliati nel passato o la sensazione di sentirsi qualcun altro. Il considerare quanto prima queste difficoltà permette di porci in un’ottica di prevenzione di un possibile PTSD e di includere questi aspetti nel trattamento qualora il disturbo sia già stato diagnosticato.
ASPETTI DI PSICOTERAPIA
Da un punto di vista terapeutico, la letteratura indica la terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia (CBT-I) come trattamento di elezione efficace in grado di ridurre la paura di andare a dormire, la difficoltà ad addormentarsi e favorire un sonno ristoratore aumentando la capacità di mantenere il sonno. La CBT-I prevede l’uso di una serie di strategie focalizzate sul controllo dello stimolo, sulla restrizione del sonno, l’utilizzo di tecniche di regolazione dell’arousal (iperattivazione) e di ristrutturazione cognitiva nonché indicazioni circa l’igiene del sonno.
Anche le tecniche di imagery, mutuate dall’approccio cognitivo comportamentale, possono essere utilizzate per andare ad agire sulla frequenza e l’intensità degli incubi. Questi interventi potrebbero essere un primo step del trattamento del PTSD. Data la complessità del fenomeno, l’intensa attività fisiologica che lo caratterizza, la rilevanza clinica e l’interferenza col funzionamento quotidiano, l’intervento relativo alle difficoltà del sonno si inserisce nella prima fase di stabilizzazione sintomatologica secondo il modello trifasico qui illustrato, in cui anche l’utilizzo e lo sviluppo di risorse sensomotorie quali grounding, centratura e allineamento possono apportare un beneficio. Anche nelle fasi successive è necessario un costante monitoraggio: la presa in carico delle problematiche relative al sonno deve essere integrata all’interno dell’approccio trifasico per un trattamento ottimale.
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