di Raffaele Avico
In questa intervista a Otto Kernberg, lo psicoanalista di origine austriaca mette in luce una serie di aspetti centrali nel lavoro con pazienti gravi e non. Kernberg è probabilmente lo psicoanalista vivente più conosciuto: manifesta in questa intervista un’eccezionale chiarezza e organizzazione di pensiero a riguardo del metodo psicoanalitico, e uno stile semplice e comunicativamente efficace nel parlarne, americano, sconosciuto alla quasi totalità di chi cerchi di “divulgare o comunicare” la psicoanalisi.
Alcuni spunti da mettere in luce potrebbero essere:
- Kernberg chiarisce subito la distinzione tra psicoanalisi e psicoterapia psicoanalitica; la psicoterapia psicoanalitica assume forme più simili a quella che comunemente chiamiamo psicoterapia (numero e cadenza delle sedute, attenzione ai “processi” di pensiero, etc.). Kernberg chiarisce molto bene come la psicoterapia psicoanalitica abbia saputo estendere i confini della psicoanalisi standard, arrivando a più persone, integrando nuovi saperi (per esempio la neurobiologia del comportamento, come nei lavori di Panksepp)
- La neurobiologia del comportamento, Kernberg sostiene, nei prossimi 10/15 anni andrà a integrarsi alla pratica più classica legata alla psicoanalisi. Sembra esserci più apertura da parte dei neuroscienziati (verso un’integrazione) che non dagli psicoanalisti stessi. In questo senso Kernberg intravede il rischio reale che la psicoanalisi come scienza e tecnica, scompaia (quando non riuscisse a dialogare con altre discipline), oppure che venga assorbita da altri orientamenti (come la CBT). Il problema della comunicazione della psicoanalisi, è un problema enorme, forse il vero tema su cui la comunità psicoanalitica dovrebbe interrogarsi
- Kernberg ragiona quindi sul tema della controindicazione alla psicoanalisi. Freud, sostiene lo psicoanalista, non chiarì in pieno il tema della controindicazione al trattamento psicoanalitico. Kernberg qui chiarisce come alcune forme di narcisismo maligno, personalità antisociali (che definisce a prognosi “zero” – cosa che di nuovo apre la questione del trattamento di soggetti antisociali, storicamente ritenuti “intrattabili”), oppure soggetti con quozienti intellettivi sottosoglia (sotto cioè il QI 85), difficilmente trarrebbero beneficio da un lavoro psicoanalitico. Da non dimenticare, coloro che dal sintomo ottengono dei vantaggi (e che quindi non trarrebbero reale vantaggio da un miglioramento clinico)
- L’autore, interrogato sui punti centrali del lavoro psicoanalitico sul transfert, cita due tipologie di strumenti in dotazione al professionista: 1) le tecniche “chiave” e 2) le tecniche derivate. Per tecniche chiave, Kernberg intende l’interpretazione, l’analisi del transfert, la neutralità tecnica e l’utilizzo del controtransfert. Le abbiamo qui riassunte e spiegate.
Nell’ultima parte del video, molto denso di concetti, Kernberg elenca gli obiettivi generali di un’analisi del transfert (cioè della tipologia di sentimento maturato da parte del paziente verso lo psicoanalista, teoricamente una riattualizzazione -uno spostamento- di sentimenti antichi, generati in seno a rapporti primari). Essi sono:
- la trasformazione della personalità
- l’integrazione dell’identità (l’aspetto più in comune con la CBT e la psicotraumatologia)
- la capacità di riflettere in modo profondo su sè e altri
- arrivare a sviluppare un impegno continuativo in un qualche tipo di attività
- l’integrazione tra erotismo e tenerezza
- l’integrazione del transfert positivo e negativo
- l’integrazione nella personalità delle “idealizzazioni primitive” e dei transfert persecutori
..obiettivi che, Kernberg conclude, corrispondono, in breve, al raggiungimento della “posizione depressiva” in termini kleiniani, la capacità cioè di vedere e accogliere, nello stesso oggetto relazionale, aspetti positivi e negativi, buoni e cattivi, portando il soggetto al discioglimento di quote di aggressività distruttive in senso relazionale, come accade nel disturbo borderline di personalità.Kernberg, a proposito di questo, chiude l’intervista con una riflessione a proposito di tutte le forme di disturbo grave di personalità (non solo borderline), riflettendo su come la “potenza dell’aggressività” sia, in questi disturbi, il vero focus, in quanto “nucleo” del disturbo in grado di modellare, deformare la “restante parte” della personalità dell’individuo.
Qui un approfondimento sul concetto di personalità per Kernberg.
Di seguito il video, di grande valore comunicativo:
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