di Luca Proietti
La depressione può essere accompagnata da deficit cognitivi. Tali sintomi in alcuni casi, nell’adulto o soprattutto nel paziente anziano, possono essere di entità tale che risulta difficile comprendere se siano legati al quadro depressivo o rappresentare le fasi iniziali di un disturbo neurocognitivo, come il Mild Cognitive Impairment o la demenza.
Il primo a descrivere la pseudodemenza depressiva è stato Mairet, che nel 1883 ha presentato il concetto di démence melancholique (Berrios, 1985). Il termine è poi caduto in disuso fino a quando Kiloh nel 1961 ha descritto nei pazienti depressi degli stati con alterazioni cognitive simili alla demenza, ma reversibili (Kiloh 1961). In senso stretto possiamo definire pseudodemenza depressiva una sindrome che presenta deficit cognitivi causati non da disturbi organici ma dall’episodio depressivo e che deve essere necessariamente reversibile. Si possono individuare due tipi di pseudodemenza depressiva, il primo è caratterizzato da pazienti che lamentano deficit cognitivi senza deficit intellettuale misurabile (lamentela cognitiva), il secondo da coloro che hanno sintomi depressivi e mostrano scarso rendimento cognitivo, oggettivabile tramite test neuropsicologici. Ad oggi gli autori non sono concordi nella definizione della pseudodemenza depressiva, alcuni sono addirittura contrari all’utilizzo di questo termine e sostengono che la maggior parte dei pazienti a cui viene diagnosticata la pseudodemenza depressiva siano in realtà destinati ad evolvere verso forme di demenza vere e proprie. Secondo questa visione i sintomi depressivi sarebbero i prodromi di una demenza o slatentizzerebbero deficit cognitivi ancora sottosoglia.
Spesso nella realtà clinica la condizione di una demenza organica e i sintomi cognitivi causati da uno stato depressivo non sono chiaramente distinguibili e anzi possono coesistere, influenzandosi reciprocamente. Il concetto di ‘‘Depression–dementia medius’’ è interessante per la sua applicabilità clinica: un continuum che include manifestazioni sintomatologiche i cui estremi sono rappresentati dalla pseudodemenza depressiva, cioè completamente reversibile, e dalla sintomatologia depressiva delle forme di demenza propriamente dette. (Kobayashi & Kato 2011; Nussbaum 1994; Fischer 1996; Zapotoczky 1998).
Ipotesi fisiopatologiche
L’associazione tra sintomi depressivi e cognitivi è molto frequente e sono state fatte diverse ipotesi per spiegare questa associazione:
- vi sarebbero fattori di rischio comuni che aumentano il rischio di sviluppare sia demenza che depressione;
- i sintomi depressivi sarebbero un prodromo della demenza;
- la depressione potrebbe essere una reazione psicologica precoce al declino cognitivo;
- la depressione slatentizzerebbe una demenza ancora sottosoglia;
- la depressione potrebbe essere un fattore causale per la demenza. (Kobayashi & Kato 2011; Fischer 1996; Jorm 2000).
Questi meccanismi non sono da intendersi in maniera mutualmente esclusiva e potrebbero concorrere tra loro in maniera interdipendente.
Diverse ipotesi fisiopatologiche sono state chiamate in causa per spiegare i meccanismi con i quali la depressione possa alterare le prestazioni cognitive. Le teorie più accreditate chiamano in causa il rallentamento psicomotorio e lo scarso livello motivazionale. Il primo comporterebbe una minore capacità di processazione delle informazioni e quindi una minore performance ai test neuropsicologici (Brown et al. 2013, Hart & Kwentus 1987). Il secondo non permetterebbe al paziente di fare fronte alla difficoltà di esecuzione di compiti mentali complessi come i test neuropsicologici. (Elliot et al. 1996 Kang et al. 2014; Lamberty & Bieliauskas 1993)
La sintomatologia depressiva delle demenze degenerative, in particolare l’Alzheimer (AD) viene invece spiegata chiamando in causa:
- una reazione psicologica al declino cognitivo;
- la ricorrenza di episodi depressivi di cui il paziente aveva già sofferto in passato;
- il danno neurobiologico a strutture nervose coinvolte nella regolazione del tono dell’umore, dovuto ai processi degenerativi dell’AD (Kobayashi & Kato 2011; Lee & Lyketsos 2003)
Profilo dei deficit cognitivi
I sintomi cognitivi della pseudodemenza depressiva coinvolgono diverse sfere: quella della memoria sia essa di lavoro o a lungo termine, le funzioni esecutive, il linguaggio -in particolare la fluenza fonemica-, l’attenzione, la concentrazione e l’orientamento. (Kang et al. 2014; Lamberty & Bieliauskas 1993; Yousef et al. 1998; Kiloh 1961)
Diagnosi differenziale tra demenze e pseudodemenze
Appare di fondamentale importanza differenziare la pseudodemenza depressiva dalle altre forme neurodegenerative per la differente gestione e prognosi. Nella pseudodemenza depressiva l’obiettivo è quello della remissione completa della sintomatologia psicopatologica e cognitiva, ottenibile tramite la terapia antidepressiva e la riabilitazione, nessun intervento possibile andrà lesinato al fine del raggiungimento del migliore out come possibile. Nelle forme neurodegenerative lo scopo della terapia e dell’assistenza è quello di rallentare per quanto possibile l’inevitabile progressione della malattia, cercare di preservare la qualità di vita del paziente ed evitare provvedimenti diagnostici e terapeutici inutili.
Nel tempo diversi autori hanno provato a individuare dei criteri per distinguere tra la pseudodemenza depressiva e le forme di demenza degenerativa, in particulare l’AD. Alcuni lavori si sono concentrati sui dati forniti da esami strumentali con risultati promettenti: siano di neuroimaging RMN (Schmaal et al. 2016; Boccia et al. 2015), PET con Amiloide e FDG PET (Harrington et al. 2015; Su et al. 2014) o elettroencefalografici (Reynolds et al. 1988). Altri studi si sono concentrati sui biomarker. In passato la misurazione dei livelli di cortisolo e la risposta al test di soppressione al desametasone hanno dato risultati contrastanti (Spar & Gerner 1982; Arana et al. 1985; Grunhaus et al. 1983). Le ultime indagini si sono basate sulla rilevazione quantitativa di biomarker del liquor con ottimi risultati: i livelli di Proteina Tau totale, di Proteina Tau fosforilata e di iso-forme particolari dell’Amiloide (Ros et al. 2013; Gudmundsson et al. 2010; Nascimento et al. 2015 (Leyhe et al. 2017; Reynolds et al.1988 ).
Interessanti per la loro facilità di applicazione e economicità risultano i criteri clinici. Suggestivi di pseudodemenza depressiva sono un’anamnesi positiva per precedenti episodi depressivi, una descrizione accurata dell’episodio attuale da parte del paziente, la manifestazione di precedenti sintomi depressivi, la consapevolezza dei propri deficit, il lamentarsi di questi, fornire spesso risposte del tipo “non so” e la presenza di sintomi vegetativi. Mentre risultano suggestivi di demenza il minimizzare i propri deficit cognitivi (anosognosia), il fornire scuse incongrue per questi, il non lamentarsene e il peggioramento notturno. Sempre suggestivi di demenza degenerativa sono deficit cognitivi importanti come il non riconoscere degli oggetti semplici e di uso comune, non riuscire a elencare i mesi dell’anno, non ricordare date importanti (es. prima e seconda guerra mondiale) o il cognome di personalità importanti (es. il presidente degli stati uniti o della repubblica), ed essere completamente disorientati nel tempo e nello spazio. (Yousef et al. 1998; Kiloh 1961; Ferrua 2014; Trabucchi 2002).
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