di Raffaele Avico
Nel libro “L’eredità di Bion”, molteplici autori si spendono nel tentativo di tratteggiare la figura di Wilfred Bion come psicoanalista; il gruppo di lavoro relativo alla stesura del libro, è lo stesso di un seminario condotto da Alfredo Coccia a proposito di Bion e del concetto di “O”, di cui parleremo a breve.
Lo stesso gruppo di lavoro che si può vedere dialogare in questo corso gratuito erogato da FCP.
Vediamo alcuni punti relativi ai contenuti del libro, e alla figura di Bion in generale:
- Bion nacque in India, e da piccolissimo fu strappato alla sua terra madre per studiare in Inghilterra; nel libro viene sottolineato molto bene come per lui questa fu, bambino, un’esperienza dirompente, estremamente traumatica e fonte di angosce di abbandono “senza nome”; la stessa esperienza di sradicamento, gli autori osservano, fu probabilmente il nucleo, l’evento scatenante da cui scaturì tutto il lavoro teorico di Bion adulto, come una sorta di sovra-compensazione “teorica” al trauma “originario”
- uno dei nuclei del pensiero di Bion riguarda il suo modo di intendere il “mondo interno”; il “mondo interno” per come inteso da Bion, possedeva uguale “dignità ontologica” di quello esterno; si trattava per il paziente, durante l’analisi, di esplorarlo e di farne esperienza in modo sicuro, accompagnato dall’analista. Nel libro viene spesso citato il concetto di “O”. Cosa intendeva Bion con questo costrutto? “Fare esperienza di O” consisteva per il paziente nello stare a contatto con tutto ciò che il suo mondo interno gli consentisse di sperimentare (emozioni, sensazioni, filoni di pensiero), tentando di avvicinarsi a una sorta di conoscenza “assoluta”. “Stare in O” consisteva per Bion nello stare in una posizione di ascolto e di osservazione relativa a tutto ciò che proviene dall’interno, al fine di conoscerlo e di esplorarlo.
- Relativamente al punto prima citato, è utile citare il concetto di rêverie, usato da Bion nei suoi lavori teorici a indicare uno stato mentale di predisposizione ad “accogliere ogni tipo di proiezione e qualunque cosa provenga dall’oggetto amato”, ben spiegato qui: https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/reverie/. Bion descriveva questo stato mentale come uno stato mentale “senza memoria e senza desiderio”, da usare sia nei confronti dei propri contenuti interni, sia nei confronti di tutto quello che potesse essere evocato da un paziente durante un lavoro di psicoanalisi. L’idea di osservare “senza memoria e senza desiderio” tutto ciò che provenga dall’interno di sè, è assimilabile allo “stare in O”, osservando cioè tutto ciò che provenga dal mondo interiore, senza giudicarlo (si veda anche questa definizione di “”capacità negativa”: https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/capacita-negativa/).
- a proposito della capacità negativa, dalla lettura del testo sopra citato emerge con forza la cifra stilistica del metodo esplorativo bioniano, fondato appunto sul “togliere” più che non sul “mettere”; uno degli autori del volume, esegue un parallelismo tra la teoria di Bion e alcuni testi della tradizione mistica orientale, sottolineandone alcune sovrapposizioni possibili soprattutto a riguardo della concezione di malattia, coincidente con un “eccesso di sapere”, inteso qui come assenza di dubbio, presenza di preconcetti, ingombro del passato sul presente, saturazione del pensiero. Per Bion, il pensiero deve saper indugiare nella posizione di capacità negativa, di assenza di certezza, di dubbio, di non-saturazione. Abbreviato: la posizione di “-K” (i pilastri concettuali del pensiero di Bion erano K -conoscenza-, L -amore- e H-odio- con l’aggiunta di “O”)
- La pulsione di Freud, venata di sessualità, è in Bion rigirata come una pulsione “epistemofilica”, votata al conoscere, al sapere qualcosa di altro, qualcosa di nuovo. É una tendenza al conoscere, una forma di curiosità. In una psicoterapia, dal suo punto di vista, è opportuno quindi creare vuoti, creare spazi insaturi, produrre domande. D’altronde, “il pensiero nasce dalla frustrazione”. L’esplorazione, in Bion, parte dallo stare accanto alla propria non conoscenza, così come dall’osservare le proprie sensazioni in modo ingenuo, tentando di produrre pensiero a partire da queste.
- A proposito di quest’ultimo punto, in uno dei capitoli del libro viene fatto un acuto parallelismo tra il lavoro di ricerca di Proust e la teoria di Bion. I percorsi di pensiero nei meandri del passato, la ricerca di una sorta di “sè originario”, per entrambi questi pensatori scaturiscono dallo stare a contatto con sensazioni corporee, somato-sensoriali, non strettamente cognitive.
Nel corso del suo percorso di esplorazione teorica, Bion si dedicò al tema della guerra, essendo egli stesso arruolato durante la prima e seconda guerra mondiale, così come al tema della psicologia dei gruppi, visto in quelli che chiamava “assunti di base”.
A proposito degli assunti di base, è interessante notare come lo stesso Bion ritenesse il gruppo in grado di produrre “pensiero” al di là delle posizioni mentali dei suoi stessi partecipanti. Questo vuol dire che il gruppo possiede, dal suo punto di vista, un funzionamento a sé stante, superiore alla somma delle sue stesse parti. In particolare, osservava come l’”assunto di base” di un gruppo potesse essere:
- relativo allo stato di attacco/fuga, con il gruppo impegnato a difendersi, compatto contro un “nemico” (più o meno immaginario) percepito come esterno ed aggressivo
- relativo allo stati di “dipendenza”, con il gruppo in attesa di qualcosa/qualcuno esterno a sé, che decida per il gruppo stesso (una sorta di posizione messianica)
- relativo al tema “accoppiamento”, con il gruppo impegnato in un processo di “fusione” con altri gruppi sociali
Tutto questo, sostiene Bion, poteva avvenire senche i singoli membri dei gruppi potessero percepire, come esistesse una sorta di coscienza collettiva del gruppo come entità a sé stante.
In Italia, il lavoro di Bion è stato ripreso con forza e ripensato in certi aspetti teorico/clinici, da Antonino Ferro, in diversi lavori di approfondimento impregnati di teoria bioniana.
Ps questo post compare su Comunità Psichiatriche Torino: IL BLOG
NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)