di Raffaele Avico
link all’articolo originale: http://www.psychosystems.org/files/Literature/borsboomcramerannualreview.pdf
CONTESTO
In questo articolo, il ricercatore olandese Borsboom si spende in una sostanziale e un po’ caustica, ma molto reale, critica alla teoria attuale relativa alla patogenesi dei disturbi mentali, progressivamente arrivata a una omni-comprensiva teoria “bio-psico-sociale”, che è andata negli ultimi anni per la maggiore, ma che di fatto non risponde a nessuna domanda.
Borsboom esegue quindi un’analisi teorica intorno al concetto di sintomo e di disturbo, arrivando a dire che per decenni, seguendo l’idea medica per cui a disturbo corrisponde sintomo (come l’assenza di fiato consegue all’aver sviluppato un cancro ai polmoni), la psicopatologia si è appoggiata sul criterio di causalità lineare: questo, secondo Borsboom, sarebbe un modello troppo semplicistico e poco attendibile. Come esempio, Borsboom cita il disturbo depressivo maggiore, “responsabile” del fatto che il paziente soffra di attacchi di panico, come se appunto il “disturbo” sottostante (che è la depressione) conducesse allo sviluppo di anche quest’altro sintomo (l’attacco di panico). Questo modello esplicativo della psicopatologia, racconta il ricercatore, pare essere stato per molto tempo l’unico “gioco in città”: a un certo disturbo corrisponde il fiorire di certi sintomi, in modo causalmente quasi-determinato.
Questa riflessione teoretica fa da introduzione a un modello che il ricercatore intende presentare, fondato sul concetto di rete: il modello della network analysis.
IL MODELLO
La medicina occidentale, spiega Borsboom, ha nel concetto di diagnosi differenziale la sua maggiore risorsa: è possibile che un mal di testa origini sia da un tumore al cervello, che da una tensione muscolare. Distinguere queste due tipologie di problematica consente di andare a risolvere, in teoria, il problema alla base. Inoltre, esistono disturbi che non presentano sintomi. Questo permette alla medicina di postulare l’esistenza di due livelli di indagine:
- il livello dei segni e sintomi del disturbo (per esempio mal di testa, vista offuscata, etc.)
- il livello di disturbo in sé (contrattura muscolare, stress, cancro, etc.)
In ambito di psicopatologia, le cose si fanno enormemente più complesse: se usiamo il prima citato modello medico, andremo a supporre la presenza di un disturbo “sottostante” a produrre i sintomi (per esempio gli attacchi di panico o l’insonnia). Essendo però che 1) i disturbi sottostanti non possono essere osservati empiricamente, e che 2) non è possibile pensare in psichiatria un disturbo che non produca sintomi (in quel caso, non esisterebbe, o non verrebbe rilevato), Borsboom considera insensata, per l’ambito psicopatologico, la distinzione tra i segni/sintomi e il disturbo in sé: in psicopatologia, tutto ciò che andrebbe fatto è considerare e focalizzarsi sui sintomi e le relazioni tra di essi.
In psichiatria e psicologia clinica non esiste infatti l’asimmetria presente nel modello causale medico (per cui un problema di ordine maggiore come un cancro al cervello produce un sintomo minore come l’offuscamento della vista): i sintomi sono sullo stesso piano e causalmente legati tra di loro. Per esempio, Borsboom fa notare, la ricerca lega il disturbo da stress cronico al disturbo di insonnia, che a sua volta produce ricadute di tipo depressivo; pensiamo anche alla sterminata letteratura psicotraumatologica che osserva come la gestione di un disturbo post—traumatico conduca a prostrazione cognitiva e depressione (“stanchezza psichica” nei termini di Pierre Janet).
Borsboom propone dunque di passare, in ambito di psichiatria, dal modello costruito sui due livelli disturbo/sintomo, al modello di network di sintomi, in grado di influenzarsi a vicenda e di funzionare come una rete:
Qui i sintomi vanno a creare un quadro complesso e modellato sul concetto di causalità CIRCOLARE e non più lineare (ogni elemento del sistema è influenzato e può influenzare gli altri, come succede nei sistemi complessi).
Questo costituirebbe secondo Borsboom il cuore della fenomenologia psicopatologica, e aprirebbe un varco tra i metodi della medicina occidentale attuali e quelli che dovrebbero essere usati in ambito di salute mentale: due mondi diversi, con leggi diverse, esplorabili con mappe diverse.
Lo scarto è evidente: laddove nell’ottica “precedente” i sintomi rappresentano segni uniformi di un malessere che viene prima, questi vanno ora considerati come ingredienti del disturbo stesso e in grado di influenzarsi l’uno con l’altro. Passiamo dunque da un prospettiva verticalistica (con un disturbo gerarchicamente superiore che precede, e i sintomi dopo), a una visione sistemica e d’insieme, con disturbi sullo stesso piano che si influenzano a vicenda e a vanno a formare il quadro clinico. La psicoterapia dovrebbe essere quindi focalizzata sui sintomi e sulla relazione tra di essi, senza cercare qualcosa “dietro”, troppe volte solamente supposto.
Borsboom fa notare inoltre che questo modello di studio dei sintomi, può essere allargato per divenire un modello diffuso, in cui i sintomi di una persona A sono in grado di interferire sui sintomi di una persona B, come si osserva in quadri complessi come la folie à deux (reti complesse di sintomi che interferiscono tra di loro), oppure in ambito di psicopatologia infantile (per esempio nel caso di un bambino che viene costantemente a contatto con la mente e i sintomi dei genitori). Si notino le evidenti connessioni alla teoria che sta dietro la psicoterapia sistemico/famigliare.
APPLICAZIONI CLINICHE
Per costruire un modello complesso di una rete di sintomi, occorre che il paziente in prima persona sia in grado di narrare con precisione la sua storia sintomatologica: possedere un’idea della comparsa dei sintomi nel tempo, potrebbe aiutare a costruire, sostiene l’Autore, un modello esplicativo complesso del quadro clinico del soggetto, senza per forza usare un modello di causalità lineare, ma multi-direzionale e circolare.
Nel quadro clinico di Bob, per esempio, l’assenza di sonno consegue al sintomo “self-REPRoach”, a sua volta originato da WEIGHT (problematica relativa alla percezione di sé in termini di peso corporeo), ed è in grado di causare affaticamento (FATIgue)- e così via.
Il modello esplicativo è intuitivo e comprensibile e, come tutte le buone teorie, molto adeso alla realtà e facilmente sottoscrivibile dai pazienti.
Borsboom propone di inserire la variabile TEMPO in una rete complessa di sintomi che si producono/influenzano a vicenda. Le frecce colorate che si osservano nel video sopra riportato chiarificano “cosa viene prima di cosa”, e permetterebbero, se questo modello fosse applicato più frequentemente in psicoterapia, di focalizzare il sintomo più invalidante (quello più centrale) e più “potente” nel produrne altri (la forza e lo spessore della freccia colorata).
In conclusione, Borboom scrive:
[…] From both perspectives, it is a waste of time to search for the essence of MD or PD. The researcher who ignores the study of symptom dynamics to look for the essence of disorders could be likened to Ryle’s (1949, p. 16) visitor to Cambridge who, after being shown the colleges, libraries, scientific departments, and administrative offices, asked “But where is the University? I have seen where the members of the “Colleges live, where the Registrar works, where the scientists experiment, and the rest. But I have not yet seen the University. . ..” However, this does not mean that research, originally aimed at uncovering essences of disorders (e.g., genomewide association studies, serotonin dysfunction research in MD), is unimportant and unnecessary. To the contrary, from a network perspective, such research endeavors are highly important. Rather, the key questions of such endeavors should be rephrased. Thus, instead of searching for “genes the cause MD”we are searching for “genes that cause certain risky network structures in individuals” “(Crameret al. 2011)
(in italiano, sinteticamente, Borsboom usa l’immagine d un visitatore che arrivando a Cambridge si soffermi a chiedere “dov’è l’università?”, quando l’università è costituita dalla somma delle sue micro-strutture interne; questo come critica all’idea che dietro i sintomi ci debba essere sempre un disturbo maggiore)
Questo approccio supera come si legge il concetto freudiano del “rimosso”, spostando l’attenzione del clinico sul qui e ora del quadro psicopatologico del paziente, senza favorire dietrologie e interpretazioni su cause “primeve” tanto supposte quanto, Borsboom spiega, spesso inesistenti.
Inoltre, consente un’integrazione di elementi di natura neurologica o più attinenti alla sfera del corpo, entro una rete unificata, maggiormente esplicativa e completa del quadro clinico dei pazienti.
“However, in our view it is extremely likely that once researchers start taking the dynamics of symptomatology seriously, they will find feedback loops that cross the borders of traditional thinking. Naturally, genetic differences may predispose to the development of disorders, but persistent symptomatology (e.g., insomnia or loss of appetite) may cause differential gene expression just as well; in turn, such changes may affect a person’s brain state and ultimately feed back into the environment, as in the extended feedback loops discussed previously in this review (see also Borsboom et al. 2011)” […] Whichever theory of mental disorders one adheres to, they all share a deep desire to understand the inner workings of mental disorders. We all agree that finding out why some people are more vulnerable to developing mental disorders than others, how we can protect vulnerable people from harm, and how we can effectively treat people who have already fallen into the abyss of mental dysfunction are among the most pressing questions in the fields of clinical psychology and psychiatry. A disease model of mental disorders likely will not bring us any closer to finding answers to these questions. The network perspective very well might.”
(in italiano: Borsboom spinge a riconsiderare l’efficacia del modello classico, dietrologico, della psichiatria attuale, in favore del modello a rete, più pratico e spendibile in termini strettamente clinici)
Denny Borsboom, Amsterdam: https://dennyborsboom.com/