di Raffaele Avico
IL CE(S)PA è uno strumento che in psicoterapia cognitiva viene usato per fare degli zoom su quella che è l’esperienza del paziente, usando la memoria episodica.
La memoria ha molti registri, ma di solito viene suddivisa in:
- memoria episodica (che riguarda singoli momenti, specifici, che si allenta nel tempo e con cui ricordiamo noi stessi o altri, in un determinato contesto
- memorie semantica (che riguarda concetti e conoscenze apprese, e che ci permette di ricordare come si fanno le cose, per esempio guidare la bicicletta una volta appresi i passaggi necessari)
- memoria autobiografica (con cui osserviamo noi stessi nel passato fare cose o sentire emozioni)
- memoria somatica o procedurale (incarnata e pre-cognitiva, non verbale, che si imprime nel nostro corpo attraverso sensazioni che sentiamo e ci ricordiamo nel tempo, sia in positivo che in negativo – è il senso percepito di sicurezza sperimentato da bambini in un determinato ambiente di casa, o il senso al contrario di terrore che sperimentammo e che rimase “incarnato” nei nostri muscoli nel tempo).
Il CESPA si applica cercando di lavorare su episodi singoli, non distanti nel tempo (in modo che la memoria episodica non sia allentata, appunto), e serve a scandagliare quelli che in psicoanalisi verrebbero definiti Modelli Operativi Interni, che la psicoterapia evoluzionistica e cognitiva chiama invece Sistemi Motivazionali Interpersonali (Accudimento, Attaccamento, Cooperazione, Sessualità, Agonismo ritualizzato, Appartenenza, Gioco), ovvero tendenze innate all’azione che hanno “scopi” interpersonali e che “producono” diverse e molteplici emozioni (per esempio, l’attaccamento si accompagna alla paura esperita quando non viene trovato se ricercato, l’agonismo ritualizzato alla rabbia, etc).
CESPA è un acronimo che significa:
C – contesto
E – emozione
S – sensazione somatica
P – pensiero
A – azione
Chiedere a un paziente di fare un CESPA significa chiedergli di rievocare nella sua memoria episodica un singolo evento (per esempio, essere in auto, imbottigliato nel traffico, in preda a una crisi d’”ansia” – dove “ansia”, per un terapeuta, è molto generica come sintesi).
Il lavoro consiste nel dirigere l’attenzione al Contesto (perché ero lì, cosa stavo facendo), all’Emozione sperimentata (come mi sentivo, come definirei l’emozione che stavo sentendo), alla Sensazione esperita (nel corpo, cosa mi stava succedendo?), al Pensiero (cosa pensavo in quel preciso momento?) e all’Azione (cosa mi veniva da fare, cosa sentivo di voler o dover fare?).
Rispondere a questi quesiti non è sempre semplicissimo, richiede un lavoro di focalizzazione.
Sentire le emozioni, in particolare, per alcuni pazienti può risultare particolarmente difficile: in questo senso portare l’attenzione agli indicatori corporei delle emozioni (la S di ceSpa) aiuta a fornire una risposta più esauriente (la paura, per esempio, ricade nel corpo in modo molto diverso dalla rabbia, o dal disgusto: tutte emozioni collegate ai Sistemi Motivazionali prima citati, emozioni quindi primarie, non troppo elaborate o “epistemiche” -come potrebbe essere, per esempio, l’emozione della noia).
Lavorare con lo strumento del CESPA consente di fare quindi dei piccoli zoom su delle situazioni di vita reali del paziente, per aiutarlo in due modi:
- aiutarlo a formulare dei collegamenti tra piani diversi dell’esperienza vissuta (aiutandolo a focalizzare meglio sull’emozione sperimentata, per esempio, collegandola in termini “narrativi” alla tendenza all’azione messa in atto, e ai pensieri fatti), nell’ottica di un allargamento della consapevolezza metacognitiva
- condurlo a una maggiore consapevolezza sulle motivazioni sottostanti alle emozioni sperimentate: tornando alla crisi d’ansia in mezzo al traffico, poter comprendere la richiesta che l’ansia portava in sé (per esempio se fosse connessa al rivivere qualche esperienza passata di mancato attaccamento sperimentato, o mancata appartenenza, o se fosse stato elicitato in modo ipertrofico il sistema agonistico). Interrogarsi a proposito della motivazione “interpersonale” dell’ansia, sposta l’attenzione e la domanda clinica sul significato relazionale del sintomo: ci obbliga a chiederci – in questo caso attraverso l’applicazione del CESPA – se dietro il sintomo non si nascondano richieste di natura interpersonale. Questo interessante articolo, scritto dagli operatori del centro Austen Riggs, negli USA, chiarifica come dietro ogni “agìto” si nasconda un enactment relazionale: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19591566.