di Luca Proietti
Relazione del Professor Alessandro Padovani dal titolo “La depressione nei pazienti con Demenza: dalla diagnosi al trattamento quali aspetti clinici considerare ?” al Congresso “La depressione nelle patologie neurologiche: evidenze e real life”, Milano, 9 Maggio 2018
Quali sono le relazioni tra la demenza e la depressione? Quest’ultima è un sintomo prodromico della demenza oppure ne è una reazione? Esistono evidenze della letteratura in merito alla depressione come fattore di rischio per la demenza? L’intervento del Professor Padovani è volto a fare chiarezza su questo argomento tanto dibattuto, ma spesso liquidato con conclusioni affrettate. É necessario infatti trattare in maniera decisa e senza posizioni di resa prematura la depressione nell’anziano, con l’obiettivo della remissione.
É ormai ampiamente documentata l’esistenza di una frequente associazione tra Deficit Cognitivo e Depressione. Episodi o sintomi depressivi sono infatti diagnosticati frequentemente nel corso di demenze neurodegenerative: in questi contesti la depressione potrebbe infatti rappresentare una reazione psicologica al declino cognitivo; oppure, depressione e demenza potrebbero condividere di fattori di rischio comuni; ulteriori teorie sostengono invece che la depressione slatentizzerebbe demenze ancora subcliniche. Tuttavia, nella pratica clinica si osserva spesso uno stato depressivo che precede il manifestarsi della demenza conclamata. Ciò ha spinto a formulare due ipotesi (Kobayashi & Kato 2011; Lee & Lyketsos 2003; Fischer 1996; Jorm 2000):
- la depressione potrebbe essere un sintomo prodromico della demenza, legato agli stessi processi degenerativi della demenza ma che in questo caso colpirebbero strutture cerebrali coinvolte nella regolazione dell’umore
- episodi depressivi, specie se ripetuti, potrebbero causare demenza.
A complicare ulteriormente il quadro, nella depressione si osservano talvolta deficit cognitivi tali da mimare una demenza degenerativa, in assenza di alterazioni organiche e di involuzione progressiva, la cosiddetta “Pseudodemenza Depressiva”. Concorrono a questi deficit la riduzione della velocità di processazione delle informazioni (Brown et al. 2013) e la diminuzione della spinta motivazionale, fenomeni legati sia all’invecchiamento (la velocità di processazione decresce infatti linearmente con l’età) che alla depressione, la quale in età avanzata si manifesta proprio con una prevalenza della dimensione apatico-amotivazionale (Elliot et al. 1996, Kang et al. 2014; Lamberty & Bieliauskas 1993).
Il professor Padovani lancia un monito che ha un immediato risvolto pratico per l’approccio terapeutico: in alcuni casi depressione e demenza potrebbero essere semplicemente due patologie co-occorenti. Prima quindi di voler definire quale delle due patologie sia quella “primaria”, che “causa” o “slatentizza” l’altra, ha senso ed è giusto trattare in maniera efficace la depressione, evitando di arrendersi prematuramente, giustificando la resistenza di questa con il processo neurodegenerativo in corso.
Ma allora come mai queste due patologie sono così frequentemente associate? Secondo Padovani il soggetto che può sviluppare demenza è in una fase della vita che lo espone a maggior rischio di sviluppare depressione. La senescenza infatti rappresenta una fase della vita in cui il soggetto è più fragile, meno resiliente, e sottoposto a innumerevoli stress psicologici: pensionamento, limitazioni progressive indotte da patologie organiche o dal fisiologico processo di invecchiamento, possibili patologie del coniuge.
Oltretutto, un recentissimo studio con Amyloid-PET (Perin et al., 2018) sembra contraddire l’idea per cui episodi depressivi ricorrenti sarebbero un fattore di rischio per sviluppare demenza (Dotson et al., 2010). Dai risultati di uno studio del 2009 sembra essere l’“apatia”, piuttosto che l’umore depresso, ad anticipare lo sviluppo di demenza (Vicini Chilovi et al.,2009).
Insomma, il dibattito è ancora aperto, ma nel frattempo la depressione dell’anziano, anche quando al primo episodio, va trattata con l’obiettivo di una remissione. Troppo spesso secondo Padovani ci si arrende di fronte alla scarsa risposta della terapia antidepressiva di prima linea, senza potenziarla o cambiare principio attivo, etichettando come resistente e secondario ad una condizione organica immodificabile il quadro depressivo. Questo invece, se adeguatamente trattato, può rispondere anche quando si accompagna a una patologia neurodegenerativa.
BIBLIOGRAFIA
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Perin S et al., Amyloid burden and incident depressive symptoms in preclinical Alzheimer’s disease. J Affect Disord. 2018 Mar 15;229:269-274. doi: 10.1016/j.jad.2017.12.101. Epub 2018 Jan 3.
Vicini Chilovi B, Conti M, Zanetti M, Mazzù I, Rozzini L, Padovani A., Differential impact of apathy and depression in the development of dementia in mild cognitive impairment patients, Dement Geriatr Cogn Disord. 2009;27(4):390-8. doi: 10.1159/000210045. Epub 2009 Apr 1.