di Luca Proietti
La caffeina è una delle sostanze più amate e dibattute. Elisir dalle proprietà benefiche o vera e propria droga? Dannosa per l’organismo e il sistema nervoso secondo alcuni, innocua e irrinunciabile secondo altri. Qual è la realtà? Un gruppo di ricercatori cinesi ha raccolto e analizzato i dati presenti in letteratura per provare a fornirci una risposta definitiva.
Rispetto al consumo abituale di caffè e il rischio di sviluppare demenza alcuni studi hanno riscontrato un effetto protettivo mentre altri un aumento del rischio relativo. Un gruppo di ricercatori cinesi ha raccolto e analizzato i dati sull’argomento presenti in letteratura dal 1966 al 2016 sintetizzandoli in una metanalisi. I loro risultati sono stati pubblicati su Nutrition nel 2016 in un articolo dal titolo “Habitual coffee consumption and risk of cognitive decline/dementia: A systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies”, scritto da Liu e collaboratori.
Gli autori hanno incluso nella loro analisi 11 studi prospettici per un totale di 29.155 partecipanti, nel tentativo di rispondere ai seguenti quesiti: bere caffè aumenta il rischio di sviluppare demenza o rappresenterebbe un fattore protettivo? É possibile stabilire una relazione proporzionale tra la dose giornaliera di caffeina e il rischio di demenza? L’effetto protettivo è solo a breve termine, come alcuni studi indicano? Che implicazioni hanno altri fattori come il tipo di demenza o il genere dei partecipanti?
REPORT
I risultati della metanalisi dimostrano che il consumo abituale di caffè non aumenta il rischio di sviluppare demenza o declino cognitivo in generale, anzi in coloro che consumano più caffè il rischio specifico di sviluppare demenza di Alzheimer si riduce del 27%. Tale effetto protettivo non è presente nei confronti di altre forme di demenza e risulta essere indipendente da sesso, durata del follow-up, regione geografica di appartenenza (Asia o Europa) e dal fatto di essere portatori di mutazioni genetiche che predispongono allo sviluppo di demenza di tipo Alzheimer (ApoE ε4). Non è stato tuttavia possibile quantificare la dose giornaliera precisa di caffè necessaria per ridurre il rischio di sviluppare Alzheimer. Nel complesso quindi assumere caffè non solo non aumenterebbe il rischio di sviluppare demenza, ma anzi avrebbe un effetto protettivo nei confronti della malattia di Alzheimer.
Nella loro disamina gli autori riportano i limiti dello studio: ad esempio nell’analisi andrebbero compresi anche altri alimenti e bevande che contengono caffeina come thè, drink alla caffeina e energy drink, cioccolato con alta percentuale di cacao. Sicuramente gli studi futuri dovranno porre attenzione a questo fatto.
Va anche tenuto conto che il caffè sia in realtà una complessa miscela contenente non solo caffeina, ma anche vari polifenoli bioattivi. Di questi alcuni potrebbero avere effetti benefici mentre altri potrebbero essere potenzialmente dannosi per il sistema nervoso centrale; sarebbe pertanto opportuno studiare separatamente gli effetti dei singoli componenti.
In ogni caso appare plausibile che l’assunzione di caffè protegga, tramite meccanismi neurobiologici, dal rischio di sviluppare Alzheimer. A riprova di ciò la dose equivalente a 5 caffè al giorno è risultata efficace nella prevenzione e nel trattamento di un modello di Alzheimer nei topi.
Il meccanismo responsabile dell’effetto protettivo sembrerebbe coinvolgere il blocco dell’antagonismo, dunque la dis-inibizione, dei recettori dell’adenosina; questo fenomeno potrebbe limitare i danni causati dal deposito di β-amiloide, precursore proteico tossico che si accumula nel cervello dei pazienti con Malattia di Alzheimer. Un’altra ipotesi chiama in causa la relazione tra il consumo abituale di caffè, una maggiore sensibilità all’insulina e una riduzione del rischio di sviluppare diabete. Questa patologia metabolica è infatti uno dei fattori di rischio più importanti per lo sviluppo e la progressione del declino cognitivo.
É ancora da vedere se l’effetto protettivo sia limitato nel tempo. L’efficacia protettiva del caffè sembra infatti maggiore in studi con follow-up della durata minore di 4 anni. Gli autori affermano che questo dato potrebbe dipendere dal fatto che col tempo chi sviluppa declino cognitivo potrebbe essere portato, se non stimolato, a ridurre l’assunzione abituale di caffè.
BIBLIOGRAFIA
Liu et al., “Habitual coffee consumption and risk of cognitive decline/dementia: A systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies”. Nutrition 2016, 32. 628-636.