di Matteo Respino
In termini generali, utilizzando un definizione “classica” anche se forse un poco datata e certamente riduttiva, con Default-Mode Network (DMN) si intende un sistema di circuiti neurali attivi quando il soggetto non é impegnato nello svolgimento di un task specifico, ovvero quando si è in uno stato di riposo, appunto di “default”. Per approfondire brevemente tale argomento abbiamo deciso di riassumere i concetti elaborati nell’articolo “The brain’s center of gravity: how the default mode network helps us to understand the self” di Davey & Harrison, pubblicato recentemente su World Psychiatry.
Gli Autori descrivono le funzioni del DMN a partire da alcune argomentazioni filosofiche. Più specificamente fanno riferimento – e sposano – una definizione del Sè fornita dal filosofo Daniel Dennett, secondo il quale il Sè potrebbe essere descritto come “the center of narrative gravity”, il centro dell’esperienza soggettiva. Allo stesso tempo gli Autori criticano a Dennett le sue affermazioni sull’impossibilità di localizzare tale “centro di gravità della narrazione” nel contesto di una struttura (o funzione) del Sistema Nervoso Centrale. Vi sarebbero infatti, a questo punto, molti indizi a indicare come l’attività delle regioni cerebrali che chiamiamo DMN siano da collegare a vari aspetti del Sè. A seguire alcuni degli indizi menzionati nell’articolo:
- Il DMN è attivo quando il soggetto non sta svolgendo attività specifiche in relazione al mondo esterno (external tasks), ma quando piuttosto la sua attenzione si rivolge internamente o semplicemente fluttua (mind wandering). Viceversa, le regioni del DMN mostrano una riduzione di attività quando il soggetto sta svolgendo goal-directed tasks.
- Diversi esperimenti hanno ad oggi mostrato come le regioni del DMN sostengano attività mentali legate all’elaborazione del Sè come ad esempio la self-reflection, o lo sviluppo di self-directed thoughts, pensieri orientati al Sè. Esempi di questi pensieri, durante i quali le regioni del DMN risultano attive, sono l’autogenerazione di certi attributi: al soggetto può venire richiesto di attribuirsi certe caratteristiche, forzandolo quindi ad un’attività di riflessione su se stesso, o può venire richiesto di pensare a se stessi nel futuro, o nel passato.
- Le componenti prinicipali del DMN, quella anteriore (corteccia prefrontale mediale) e quella posteriore (cingolo posteriore) collaborano nel generare rappresentazioni rilevanti del Sè. Tali regioni sono tra quelle che mostrano il più alto grado di “connettività globale”: cosa vuol dire? Se immaginiamo le regioni cerebrali come luoghi specifici in una città, tra loro collegati da diverse strade, le aree del DMN sono tra quelle che mostrano il maggior numero di “collegamenti” con altre aree, sono quindi intersezioni assolutamente “centrali” nella mappa del connettoma umano. Tale caratteristica anatomico-funzionale consente che le funzioni sostenute dal DMN siano del più alto livello gerarchico, come appunto la generazione di pensieri legati al Sè, richiedendo l’elaborazione di informazioni provenienti da molte altre regioni cerebrali.
Per ulteriori interessanti approfondimenti, sebbene più tecnici, i lettori possono consultare i numerosi lavori di Jessica Andrews-Hanna sull’argomento. Un altro recentissimo paper di grande interesse sulla connettomica cerebrale e le sue potenzialità, sebbene non strettamente legato al DMN, è “Mapping symptoms to brain networks with the human connectome” di M. Fox pubblicato sul The New England Journal of Medicine.