Vi è un sottogruppo di pazienti con disturbo del comportamento alimentare che presentano frequenti episodi di abbuffate seguite da vomito autoindotto. Queste pazienti sembrano soffrire di un disturbo peculiare che si basa su una compulsione piacevole, “la sindrome da vomiting”, e rispondono ad interventi terapeutici ad hoc, volti a trasformare il rito piacevole in una esperienza sgradevole per estinguerne la sua ripetizione compulsiva.
di Luca Proietti
Nei primi anni Novanta presso il Centro di Psicoterapia Breve Strategica di Arezzo ci si accorse che le strategie terapeutiche idonee per l’anoressia e la bulimia non producevano gli stessi risultati positivi in un sottogruppo particolare di pazienti, che presentavano frequenti episodi di abbuffate seguite da vomito autoindotto. Queste pazienti rispondevano a strategie di intervento totalmente differenti, volte a trasformare la compulsione piacevole del mangiare e vomitare in un’esperienza sgradevole per estinguerne la sua ripetizione compulsiva. Si scoprì così un disturbo del comportamento alimentare (DCA) basato sul piacere, quindi con una dinamica di funzionamento totalmente differente dall’anoressia e dalla bulimia, da cui deriva la definizione “Sindrome da Vomiting”. In Terapia Breve strategica infatti è la soluzione di un problema a spiegarne il funzionamento, si sposa il concetto di ricerca-azione di Kurt Lewin per il quale se vuoi comprendere qualcosa devi provare a cambiarne il funzionamento.
Le pazienti descrivono come il piacere provato sia l’esito, non del solo mangiare, ma della sequenza di
- fase eccitatoria (attivazione fisiologica dell’organismo indotta dal desideri)
- fase consumatoria (l’abbuffata che conduce alla voglia di esplodere nel vomito, la fase di scarica)
Chi soffre di vomiting non vomita perché si è abbuffato, ma si abbuffa per vomitare.
Tale visione è coerente con i dati di letteratura che mostrano come il 50 % delle pazienti con anoressia e, al polo opposto, il 30% dei casi di overeating evolvano verso il medesimo pattern comportamentale patologico caratterizzato da abbuffate e vomito. Tuttavia dalla classificazione nosografica attuale (DSM-5) non è riconosciuto un DCA basato sulla compulsione piacevole di abbuffarsi e vomitare, l’autoinduzione del vomito è letto come sintomo accessorio di un altro DCA (anoressia o bulimia). Questa interpretazione, che può essere valida per fasi iniziali del disturbo, non permette di comprendere il funzionamento e quindi di intervenire in maniera efficace nei casi di vomiting strutturato.
Gli interventi terapeutici infatti devono mirare alla rottura della compulsione piacevole di mangiare e vomitare, alla base del disturbo.
INTERVENTO
A causa della piacevolezza del disturbo le pazienti opporranno una forte resistenza, fino al tentativo di boicottare la terapia. Per aumentare l’aderenza è necessario agganciare la paziente, facendola sentire compresa; a tal fine lo psicoterapeuta asseconda il linguaggio e descrive le sensazioni della paziente, narrandole la sequenza del mangiare e vomitare come un incontro metaforico con il suo “amante segreto”.
“Sarebbe come dire che ti sei costruita uno splendido amante segreto con il quale organizzi gli incontri al meglio per ottenere il massimo del piacere ogni volta. E infatti, come una giovane innamorata, provi eccitazione con le tue fantasie anticipatorie pensando a quando vivrai l’incontro, poi, quando questo avviene, ti lasci andare fino a farti travolgere dal godimento.”
Un amante che travolge di piacere, fino a diventare un demone che non permette di avere altri amanti né piaceri.
Sono state individuate tre categorie di pazienti che richiedono differenti tipi di intervento.
Le Trasgressive inconsapevoli: solitamente sono giovani e non hanno colto le caratteristiche del loro disturbo, che è agli esordi; vengono in terapia portate dai famigliari. L’intervento sarà di tipo sistemico e calzato sulle dinamiche famigliari che mantengono il disturbo. In piena tradizione strategica si prescrive il sintomo: la madre o il padre dovranno chiedere il menù dei cibi preferiti dalla figlia per abbuffarsi e vomitare, comprare tutto l’occorrente e disporlo in bella vista. Tale intervento che sembra assurdo è in realtà paradossale, e priva il rituale della sua caratteristica peculiare, poiché un comportamento trasgressivo prescritto, non è più trasgressivo, soprattutto se i genitori compartecipano alla sua realizzazione. In aggiunta si può prescrivere la congiura del silenzio alla famiglia, evitare di parlare del problema.
Le Trasgressive consapevoli pentite sono le pazienti cronicizzate che vogliono liberarsi dal demone del vomiting. Con le prime sessioni si utilizza la tecnica dell’intervallo: si prescrive alla paziente di abbuffarsi e vomitare quanto vuole, aspettando però un’ora prima vomitare. Inserire un intervallo temporale tra il mangiare compulsivamente e il vomitare, priva il rituale della sua intrinseca piacevolezza che si basa sulla successione immediata delle due fasi. Inoltre la riduzione degli episodi di vomito così ottenuta, porterà a ridurre anche le abbuffate per il timore di prendere peso. Questa manovra terapeutica, ricalcando la struttura del sintomo, al tempo stesso ne inverte il senso, conducendolo all’autodistruzione. Se la prescrizione è aderita, si procede aumentando progressivamente la durata dell’intervallo.
Quando la paziente rifiuta la tecnica dell’intervallo, oppure dichiara di aver provato ad applicare la tecnica ma di averla poi abbandonata, siamo di fronte a una Trasgressiva consapevole compiaciuta; queste sono ambivalenti: non ce la fanno più, ma non vogliono lasciare il loro amante segreto. In questo caso si opta per la strategia del perfezionamento della ricerca del piacere: si suscita nella paziente il dubbio che nei suoi incontri travolgenti con l’ “amante segreto” non sia giunta al massimo del piacere, e si analizzano quali variabili si possano perfezionare ancora. Si propone quindi alla paziente di provare a ridurre gli episodi di vomito per evitare di diluire il piacere durante il giorno e concentrarlo così al massimo. Anche in questo caso, seguendo la logica della paziente e del problema si prende il controllo della compulsione. Si crea così del tempo libero dal disturbo, in cui possono trovare spazio attività piacevoli alternative, in modo da rendere più accettabile l’abbandono dell’amante segreto e la tecnica dell’intervallo.
BIBLIOGRAFIA
Nardone & Portelli, “Cambiare per conoscere. L’evoluzione della terapia breve strategica”, TEA, Milano 2015
Nardone & Selkman, “Uscire dalla trappola. Abbuffarsi vomitare torturarsi: la terapia in tempi brevi”, Ponte alle Grazie, Milano, 2011.
Nardone & Valteroni, “L’anoressia giovanile. Una terapia efficace ed efficiente per i disturbi alimentari”, Ponte alle Grazie, Milano, 2017.