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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in psichiatria e psicoterapia

2 October 2025

INTRODUZIONE AL SOMATIC EXPERIENCING DI PETER LEVINE

di POPMed

Abbiamo intervistato Mauro Semenzato a proposito dell’approccio Somatic Experiencing.

Somatic Experiencing è un approccio ideato da Peter Levine, incentrato sulle ricadute corporee degli eventi traumatici.

L’obiettivo è aiutare i pazienti a “portare a compimento” i movimenti o le tendenze all’azione rimaste congelate/bloccate durante gli episodi traumatici.

L’idea di fondo è ci siano delle risposte comportamentali che durante il trauma vengono bloccate: l’operatore di SE dovrebbe idealmente aiutare a riconoscerle e sbloccarle, facendo in modo che la persona possa esprimerle. In questo un punto di contatto con la recente psicoterapia sensomotoria e le sue “tendenze all’azione” da “esaurire”/scaricare.

Peter Levine, come osserva Mauro, mette insieme le teorie di Stephen Porges (teoria polivagale) con le osservazioni etologiche di Nikolaas Tinbergen (qui per sapere chi è).

In questa intervista ci spiega come funziona il metodo in modo introduttivo, fornendoci anche spunti di lettura, per chi fosse interessato ad abbracciarlo o iniziare un percorso.

Per chi volesse, qui un approfondimento (molto ben fatto) sul Somatic Experiencing scritto dall’AI (supervisionato): “SE concettualizza il trauma proprio come il persistere di uno stato neurofisiologico di allarme o collasso non risolto, in cui il SNA resta bloccato in pattern disfunzionali di iperarousal (iperattivazione simpatica, es. ipervigilanza, ansia) o ipoarousal (iperattivazione vagale, es. torpore, depersonalizzazione) o fluttuante tra i due estremi“.

Infine, qui, uno studio randomizzato sul Somatic Experiencing, e una scoping review.


Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA.

Article by admin / Generale / interviste, ptsd

24 September 2025

INTRODUZIONE AL LAVORO DI RUSSELL MEARES SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE


di Raffaele Avico

INTRODUZIONE

Questo approfondimento su Russell Meares si integra a un lavoro più esteso sul modello neojacksoniano di mente. Come nelle conclusioni viene evidenziato, esiste un filone di autori che a partire dall’’800 hanno promosso una visione del complesso mentecervello costruita su di una logica gerarchica. Benedetto Farina e Russell Meares sono “illustri” neojacksonisti dell’epoca attuale, ultimi (in Italia) di una catena di autori che hanno sviluppato il tema, come chiarificato in questa immagine:

Per introdurre il pensiero e il lavoro di Russell Meares, partiremo da 3 articoli, che sono:

  • The Contribution of Hughlings Jackson to an Understanding of Dissociation di Russell Meares, del 1999
  • Il presente dissociato, di Benedetto Farina, del 2008 (qui scaricabile)
  • The traumatic disintegration dimension, del 2023

Questi articoli ci introdurranno alla visione dell’autore australiano (venuto a mancare l’anno scorso) che, insieme ad altri, propone un ripensamento di alcune forme di psicopatologia e del modo con cui le si possa approcciare in senso clinico, ponendo al centro della questione il presente, l’esperienza della dissociazione e delle discontinuità della coscienza, portando dunque l’attenzione più sui “processi” mentali che sui contenuti -partendo dall’assunto che il complesso mentecervello venga mosso da logiche istintuali e innate, giustificate in senso evoluzionistico -entro una cornice di gerarchia.
Come si nota, questi autori adottano la formulazione “complesso mentecervello”, non a caso
.

In ultimo verranno sintetizzati alcuni spunti “da portare a casa” e verrà allegato altro materiale di approfondimento, scaricabile o fruibile in rete.

Partiamo dal primo.

RUSSELL MEARES: LA MICROPATOLOGIA DEL PRESENTE E LE DISCONTINUITÁ DELLA COSCIENZA 

1: The Contribution of Hughlings Jackson to an Understanding of Dissociation (di Russell Meares, 1999)

In questo famoso articolo del 1999 Russell Meares, australiano, riprende la teoria di Jackson a proposito della concezione gerarchica del complesso mentecervello, ponendo alcune osservazioni a riguardo.
Questo articolo merita veramente di essere ripreso, analizzato nel dettaglio e scomposto per punti, al fine di comprendere a fondo le implicazioni che questo modo di vedere la mente possa avere sulla psicopatologia per come la intendiamo “comunemente”. Sulla concezione gerarchica del complesso mentecervello avevamo scritto qui in precedenza, e sul sito di Aisted può essere approcciato ulteriormente il tema.

Partendo da questo articolo (qui scaricabile in originale in PDF) possiamo dedurre la “visione” di Russell Meares sulla psicopatologia, descrivendola nei suoi punti centrali -elencati qui di seguito:

  • Nella prima parte dell’articolo Meares sintetizza il lavoro di Jackson, osservando come per il famoso neurologo il sistema nervoso fosse da pensare, nelle sue singole unità di funzionamento, come un organo atto a rappresentare le informazioni provenienti -primariamente- dagli organi di senso. In continuità con questo, il sistema nervoso sarebbe da pensare come un organo sensomotorio, fin da subito utilizzato dall’organismo per rappresentare le informazioni provenienti “dal basso” -dal corpo-, in un gioco progressivo via via più complesso, fino al punto “massimo” di ri-ri-ri-rappresentazione: la coscienza. Jackson sosteneva che non esistesse una configurazione del cervello umano che potesse far pensare a una sorta di organo “dedicato”, funzionale a “produrre” la coscienza: si trattava dal suo punto di vista di una progressiva complessificazione, e di livelli di “rappresentazione” sempre maggiori (localizzati -in senso anatomico- entro la corteccia prefrontale, da intendersi dunque come vero “organo della mente”)
  • sempre parlando di Jackson, Meares introduce il tema di “doppio” o di sdoppiamento: è necessario che la mente rappresenti le sensazioni che l’individuo percepisce, e per fare questo occorre che internamente si sviluppi un “occhio” che possa fare dei confronti tra sensazione e percezione della sensazione: questo sdoppiamento è centrale e rende possibile confrontare presente e passato, per via di ricordi episodici più o meno distanti nel tempo.
    Meares cita Tulving e i suoi fondamentali studi sui registri di memoria, stratificati e progressivamente sempre meno “incarnati” (procedurale, episodico, semantico/autobiografico), indipendenti tra loro e differenti per come si deteriorano durante le neurodegenerazioni (Legge di Ribot -che d’altra parte è una conferma implicita di come il complesso mentecervello, nuovamente, si strutturi per stratificazioni e gerarchie)
  • A questo punto Meares introduce la tesi dell’articolo, un’idea di psicopatologia in linea con Jackson, che sostanzialmente incentra uno degli eventi eziopatogenetici su di un processo di dissoluzione di strutture più recenti, funzioni mentali superiori che porterebbero la mente a regredire a forme più basiche/precedenti. Inoltre, Meares cita il concetto di concomitanza parallela, sempre di Jackson, un assunto sia sul funzionamento del complesso mentecervello che sui suoi disturbi, secondo il quale la mente e il cervello si influenzerebbero a vicenda, e un danno alla materia sarebbe in grado di generare un danno alla mente (un danno psicologico) e viceversa.
    Come leggiamo, lo stesso Jackson scrive: “La dottrina che io sostengo è la seguente: 1) gli stati della coscienza (ma è dire la stessa cosa, gli stati mentali) sono del tutto differenti dagli stati nervosi. 2) Le due cose accadono insieme: per ogni stato mentale c’è un correlativo stato nervoso. 3) Malgrado le due cose accadano in modo parallelo, non c’è intromissione dell’uno nell’altro [although the two things occur in parallelism, there is no interference of one with the other]. Questa può essere chiamata la dottrina della concomitanza “
  • Meares ragiona quindi a proposito del concetto di restringimento della coscienza, termine usato da Janet: lo sdoppiamento prima citato, la possibilità di pensare e ricordare quello che si vive, in alcuni momenti verrebbe perso, risultando in un processo di “anti-sdoppiamento”, una sorta di unificazione/restringimento della coscienza che porterebbe la persona a “entrare” nel “mero” agire, portandol* a non ricordare quello che fa in quello stato dissociato -dato che la possibilità di immagazzinare memorie episodiche viene meno.
    La dissociazione arriverebbe inoltre a seguito di uno shock o un’emozione veemente, non sarebbe da pensare dunque come un meccanismo difensivo -come in seguito teorizzato da Freud (qui uno dei punti di rottura tra Freud e Janet, come qui approfondito).
    Questo ci porta a riflettere su come alcuni pazienti sembrino aver dimenticato intere fette di esperienza: in alcuni periodi, seguendo questo modello esplicativo, gli accadimenti non sarebbero da pensare come pensati/cognitivizzati, ma vissuti e interiorizzati attraverso memorie procedurali (spesso si ha la sensazione che nella storia dei pazienti qualcosa “sia successo”, o che alcuni periodi siano stati vissuti con intensità eccessiva). Ci troviamo dinnanzi a memorie “impressionistiche”, mai dettagliate, che rimangono sul generico, che appunto dovrebbero spingerci a chiederci se possa esserci stata una spontanea tendenza a dissociare (o per meglio dire a non integrare, per via di fallimenti nelle funzioni di sintesi) emozioni troppo forti, in alcuni periodi di vita, con un conseguente difficoltoso intervento della memoria episodica (sempre per come la intende Tulving).
  • sempre a proposito del tema “sdoppiamento”, Meares ragiona su alcuni fenomeni inerenti la sensazione di “essere sé”: la possibilità di posizionarsi entro la realtà e di confrontare il passato con il presente, operando un’operazione di continua “cucitura”, dipende dalle funzioni mentali superiori prima descritte: nel momento in cui queste funzioni vengono meno, osserviamo secondo questo modo di ragionare alcune forme di psicopatologia peculiare, come la derealizzazione o anche il dejavù (come ben argomentato in questo articolo di Benedetto Farina). Una delle funzioni della coscienza, dunque, consterebbe in un’operazione di cucitura delle esperienze e di confronto continuo tra il “blocco” del passato dell’individuo con il suo presente. In alcune forme di restringimento delle coscienza (per usare il termine di Janet) -entro stati dissociativi-, questo strumento della mente verrebbe a perdersi (in modo più o meno temporaneo) procurando al paziente una pesante sensazione di non presenza, o di non riconoscere luoghi o cose a lui/lei precedentemente familiari

2: Il presente dissociato (di Benedetto Farina, 2008)

Anche in questo caso, prenderemo il lavoro di Farina e lo scomporremo nelle sue parti principali, riassumendole per punti; alla fine faremo alcune considerazioni conclusive.

  1. come prima considerazione, Farina parla di “disturbi della continuità della coscienza”. “Transizioni in cui non ci si sente sé stessi”, fenomeni di “scollamento” dall’esperienza e peculiari momenti di difficile spiegazione come il dejavù, sarebbero alterazioni dello stato di continuità della coscienza, concomitanti a un penoso senso di scollamento dall’esperienza presente: disturbi inerenti quella che Janet definì presentificazione. Farina osserva che certe forme di ansia o di sconforto potrebbero essere pensate come reazioni a queste discontinuità, e che alcuni disturbi di personalità -nella loro complessità-, andrebbero riletti a partire da questo fallimento delle funzioni di sintesi, che porterebbero la persona a sviluppare risposte problematiche (Russell Meares, come prima accennato, ma anche Clara Mucci, rileggono la psicologia borderline come il risultato di un fallimento di queste operazioni di cucitura continua nello stato della coscienza -per via di un indebolimento, di una scarsa “tenuta” delle già citate funzioni di sintesi, a seguito di esperienze avverse o attaccamenti traumatici primevi)
  2. come in precedenza osservato, affinché ci si senta a “proprio agio” nella realtà del presente, occorre che la coscienza operi un confronto continuo tra quello che si sperimenta e il passato prossimo del soggetto. Quando questa operazione di confronto fallisce, è possibile che il presente e il passato si “presentino” al soggetto in modo confuso, anomalo: è questo il caso del dejavù.
  3. Farina fa poi un commento a proposito del gruppo degli originatori del modello neojacksoniano (William James e Henri Bergson, Pierre Janet, Hughlings Jackson) e dei suoi più illustri e recenti promotori, Henri Ey e Russell Meares. Questo gruppo di pensatori, a suo modo di vedere, furono in grado di eseguire un’integrazione tra una psichiatria fortemente incentrata sugli aspetti biologici e una psichiatria fenomenologica a volte troppo “psicologista”, arrivando al modello neojacksoniano di cui qui scriviamo, in grado tenere insieme l’idea di un complesso mentecervello mosso da logiche evoluzionistiche e gerarchiche e gli aspetti fenomenologici più aderenti al vissuto “interno” dei pazienti stessi; entro questo modello di lettura, le funzioni mentali superiori, deputate al lavoro di sintesi e mediate da aree specifiche della corteccia cerebrale, avrebbero il potere di garantire un’esperienza soggettiva di continuità e presentificazione -al riparo da dolore e senso di perdita di “sé”-; allo stesso tempo, un vissuto psicologico eccessivo o un’emozione veemente, avrebbero il potere di corrompere questa funzione di sintesi, di fatto scardinando funzioni mentali di livello superiore, “toccando” il nostro cervello anche nella sua biologia, “precipitando sulla materia”: in questa bidirezionalità starebbe, a dire di Farina, la potenza euristica del modello, soprattutto quando si tratti di osservarne le ricadute psicopatologiche
  4. Proseguendo, Farina introduce il lavoro di ripresa di Jackson di Henri Ey e la sua teoria organodinamica, riassunta qui
  5. Degno di nota il riferimento a questo studio di Mesulam del 1998 e pubblicato su Brain -negli stessi anni dunque del prima citato lavoro di Meares-, una review di altri 250 articoli volti a rinforzare la tesi di un’organizzazione gerarchica delle funzioni cerebrali, con la coscienza a fare da aggregatore. Anatomicamente Mesulam individua, come aveva pionieristicamente fatto Jackson -e come molti studiosi oggi confermano, tra cui Damasio- la corteccia prefrontale come luogo dedicato.
  6. Entrando nel merito della psicopatologia, Farina osserva come Bergson avesse anticipato alcune concezioni di Jackson, per il quale la psicopatologia è da intendersi come la riorganizzazione del sistema mentecervello a seguito del fallimento della operazioni di sintesi. Bergson osservava acutamente come “un disturbo non può in alcun modo aggiungere qualcosa di nuovo alla mente”, volendo intendere con questo che il disturbo semplicemente slatentizzerebbe modalità insite nel paziente e in ogni individuo, fino a quel momento però gestite/controllate/integrate. Pensiamo per esempio ai disturbi ingenerati dalle sindromi prefrontali.
  7. Farina ci porta quindi un chiarimento a proposito del concetto di dissociazione, su cui tra l’altro -osserva- si era compiuta la rottura tra freudiani e janettiani nel corso del ‘900 (rottura che in seguito avrebbe eclissato Janet favorendo una concezione del trauma menomata di tutto il fondamentale apporto neojacksoniano, ora in fase di “recupero”). La dissociazione va distinta in disaggregazione/disintegrazione (un indebolimento generale delle funzioni di sintesi), e dissociazione vera e propria, con contenuti mentali riposti in un “altrove”, non integrabili nella coscienza. Liotti si era molto speso per evidenziare le due differenti concezioni di dissociazione, freudiana e janettiana (si veda qui per approfondire). Citando direttamente Farina, va evidenziato il necessario cambio di passo o di paradigma verso una concezione della psicopatologia più evoluzionisticamente giustificata, con l’ambiente in posizione di restituita centralità:
    “Al concetto di inconscio inteso come materiale rimosso o dissociato per “difesa” si oppone quello di livelli filogeneticamente e ontologicamente più primitivi ma non per questo meno importanti della coscienza. Le rappresentazioni mentali cui normalmente la coscienza non accede per organizzazione strutturale, la memoria procedurale che Tulving opponeva a quella dichiarativa e semantica, la conoscenza implicita dei neuropsicologi cognitivi (alcuni lo chiamano infatti inconscio cognitivo). Al meccanismo del conflitto intrapsichico si oppone quello di trauma relazionale reale. Alla dimensione difensiva si oppone quella strutturale”
  8. Farina quota quindi Meares, il quale come prima anticipato introduce l’idea che la rabbia dei pazienti borderline sia da pensare come una risposta a momenti di fallimento delle funzioni di sintesi entro il “reame” della coscienza (Meares chiama questa discontinuità della coscienza “micropsicopatologia del presente”), per poi ricordare Giovanni Liotti in uno dei suoi lasciti teorici centrali, fondamentali, l’idea cioè che un attaccamento problematico possa indebolire la sopra citata funzione di sintesi e inficiare le funzioni metacognitive in età adulta.
  9. A riguardo dei principi base della psicoterapia, Farina cita la “condivisione empatica dell’esperienza presente capace di riorganizzare la mente”, il che appunto saprebbe esercitare una forza contraria a quella scaturita dalle esperienze disorganizzanti: l’obiettivo è, in ultima analisi, rendere la dissociazione non necessaria, lavorando su metacognizione e funzioni mentali integrative, rinforzando la sintesi personale entro un contesto di sicurezza relazionale e intimità che -come ricorda Farina citando altri autori (Stern, Weiss, Liotti)-, fanno da base sicura a un processo di riorganizzazione del pensiero, esplorazione e ricordo, che nel caso dei disturbi post-traumatici potranno significare “elaborazione e superamento”.

3: The traumatic disintegration dimension (di Russell Meares e Benedetto Farina, del 2023)

Passiamo in ultimo a questo articolo più recente, pubblicato un anno prima della morte di Meares, firmato anche da Benedetto Farina. Il lavoro si apre con una definizione di dissociazione, per via di un distinguo tra diverse tipologie di dissociazione.
Gli autori evidenziano due tipologie di dissociazione, quella disinibita da quella inibitoria:

  1. La dissociazione disinibita, teorizzata in primis da Janet, è da pensare come risultato del fallimento di una funzione di sintesi: si avrà qui la sensazione di una “fuoriuscita” di materiale di difficile digestione psicologica
  2. la dissociazione inibitoria, per la quale la mente mette in atto attivamente meccanismi di separazione/scissione (per esempio generando episodi di amnesia o sintomi fisici, che un tempo venivano chiamati conversivi)

Gli autori notano anche che le due forme di dissociazione, possono presentarsi insieme. Nello specifico (tradotto):

“A volte sono attive insieme. Per esempio, la funzione protettiva della dissociazione inibitoria può essere reclutata per schermare dalla coscienza il materiale traumatico che sta al centro della dissociazione disinibita.”

Sui diversi modi di intendere la dissociazione, si veda anche questo.
Proseguendo nella lettura, gli autori affrontano il tema complesso del processo integrazione/separazione: la mente e il cervello necessitano costantemente di un bilanciamento tra spinte all’integrazione o alla segregazione di contenuti, mediate a livello biologico da interneuroni, funzionali a inibire o integrare segnale (qui per approfondire); quindi, propongono una tesi a riguardo del meccanismo di origine della disintegrazione, da intendersi secondo gli autori come un fallimento di funzioni inibitorie.
Ovvero, per chiarire: anche la forma “disintegrativa”/disinibita della dissociazione sarebbe da intendersi come un fallimento di funzioni inibitorie, elemento in precedenza già indagato da Meares, per esempio qui: The Sensory Filter in Schizophrenia: A Study of Habituation, Arousal, and the Dopamine Hypothesis, a proposito del concetto di abituazione, fallimentare in certi pazienti (come negli schizofrenici non paranoidi), il che -di nuovo- avrebbe a che fare con un fallimento di funzioni inibitorie, con funzioni mentali superiori che non riescono a operare in senso top-down.
Gli autori, citando Porges, proseguono quindi a osservare come nei momenti di fallimento delle funzioni inibitorie siano coinvolti rami diversi del sistema nervoso autonomo, attivato in senso simpatico ma fallimentare nelle funzioni inibitorie garantite dal sistema parasimpatico. Questo Porges lo aveva indagato nei pazienti borderline (The polyvagal theory: New insights into adaptive reactions of the autonomic nervous system), il che va a dare forza all’idea che -come prima introdotto- il disturbo borderline trovi la sua origine in un disturbo post traumatico complesso (anzi, che si configuri come la risposta dell’inidividuo a un PTSDc).

Proseguono poi introducendo gli studi di Liotti sull’attaccamento, che come sappiamo ha fortemente spinto l’idea che un attaccamento disorganizzato avrebbe il potere di intaccare le funzioni mentali superiori (inibizione e sintesi) alterando molteplici aspetti neurobiologici, compreso il funzionamento dei prima citati interneuroni inibitori, e alterando il meccanismo di separazione/integrazione (si veda qui per approfondire) così come di produrre rappresentazioni multiple e incoerenti di sé (si veda il modello liottiano, qui).

Non meno importante, il ruolo della corteccia prefrontale nella regolazione dell’attivazione post-traumatica, e dell’arousal: anche qui, le esperienze avverse in infanzia sembrano avere il potere di danneggiare queste funzioni inibitorie, lasciando l’individuo in balia di disregolazione, stati di allarme e agitazione indotti da -come si sarebbe detto anni fa- “riminiscenze” degli eventi traumatici “primevi”. Farina e Russell citano anche studi molto recenti su bambini maltrattati in relazione a una funzione chiamata di “pattern separation”, che in questi soggetti sarebbe alterata (Hippocampal pattern separation of emotional information determining risk or resilience in individuals exposed to childhood trauma: Linking exposure to neurodevelopmental alterations and threat anticipation), portandoli a un allarme ipergeneralizzato.

Gli autori passano quindi in rassegna alcuni studi a proposito delle esperienze avverse in infanzia (ACE), osservando come sia stata osservata (da diversi gruppi di lavoro, per esempio quello di Ruth Lanius) un’alterazione nel funzionametno di alcune reti neurali fondamentali nella coerenza narrativa di sè -raccolte in quello che chiamiamo Default Mode Network, una sorta di “baricentro” narrativo del Sè, un luogo di auto-narrazione e sintesi. Inoltre, citano gli studi sull’emisfero destro, resi celebri dai lavori di Shore.
In un passaggio particolarmente denso dell’articolo esplicano quindi, in modo esteso, un possibile meccanismo patogenetico del disturbo di personalità borderline, ingenerato da tentativi di adattarsi dell’individuo allo stato post-traumatico; merita qui riportarlo per intero:

“Finally, in the study of early relational trauma and disintegration processes we should consider the continuing interplay between alterations of biological structures (e.g., functional connectivity), the development of mental functions (e.g.,emotional control, continuity of self- experience or mentalization), the interpersonal environment (e.g., attachment figures) and pathogenic beliefs that take shape within the traumatic environment in an attempt to adapt to it. In this sense the traumatic disintegration could have a compounding negative impact on development: it hinders high-level mental functioning, leading to the above mentioned difficulties (e.g., executive functions, social cognition, self- consciousness), while it worsens, through a circular causation, the effects of the pathogenic beliefs and the relationship with the interpersonal and social environment, hampering “healthy personality functioning that should be characterized by openness to experience, flexibility, adaptability… flexibility of cognitive affective schemas… the capacity to constantly re- evaluate the sense of self and relatedness in the course of development” ( Luyten et al., 2020 , p. 90). The overall effect of these complex interactions is also the impairment of cooperative predisposition and trust (both epistemic and affiliative) that contribute to make these patients so resistant to psychotherapy (Liotti & Farina, 2016 )”

Como osserviamo, e come prima ricordato, Russell e Farina, così come altri autori provenienti da ambiti diversi (Liotti, Clara Mucci), spiegano il funzionamento borderline come un tentativo problematico di adattarsi agli stati disregolati e alle tendenze dissociative, di individui con storie traumatiche di sviluppo: da qui ipotizzano l’esistenza di una dimensione traumatica “disintegrativa”, un elemento da ricercare anche in altre forme cliniche (su tutti, alcune forme di disturbo di personalità).
É importante qui ricordare come parte del lavoro di Giovanni Liotti fosse incentrato su questi temi, in particolare pensiamo alle strategie di controllo, qui riassunte.
Concludendo, gli autori presentano il sunto del loro lavoro, che qui elenchiamo in due punti centrali:

  1. esisterebbe una dimensione traumatica disintegrativa da ricercare anche in altre forme di psicopatologia: una sorta di terreno fertile per l’emersione di altri quadri clinici
  2. la disintegrazione delle funzioni mentali superiori, sarebbe il primo processo patogenetico anche nelle altre forme di disturbo dissociativo: dal fallimento delle funzioni di sintesi nascerebbero sia la dissociazione disinibita, che quella inibitoria: “Trait disintegrative vulnerability is, thus, the precondition to develop both types of dissociation, regarded as the pathological “functional reorganization of the mind into enduring parallel- distinct structures which operate side by side without being fully integrated with each other”. Semplificando, le funzioni mentali superiori, a seguito di un uno o più eventi traumatici, verrebbero reclutate nel gestire la veemenza delle emozioni conseguenti al trauma stesso: da un loro funzionamento “difettoso” originerebbero sia la dissociazione disinibita che quella inibitoria, come due forme dello stesso disturbo.

CONCLUSIONI

Da questi 3 lavori possiamo farci un’idea del pensiero di Meares a proposito di diverse questioni inerenti la psicopatologia: come osserviamo, il modello neojacksoniano di mente è pienamente adottato, e da Meares complessificato: il complesso mentecervello si strutturerebbe in modo progressivo, crescendo, entro una logica gerarchica. I diversi registri di memoria, come teorizzato da Tulving, si svilupperebbero in modo sequenziale, progressivo, a partire dalla memoria procedurale per andare a quella episodica, e infine a quella autobiografica: la legge di Ribot e le osservazioni sulla neurodegenerazioni, confermerebbero un’architettura ancora una volta gerarchica, con elementi del sistema sovrapposti e in equilibrio dinamico, con aree deputate a inibire altre aree: dal fallimento di questo equilibrio e dal degenerare di queste operazioni di inibizione operato dalla funzioni mentali superiori, si svilupperebbero molte forme di psicopatologia, dalle dissociazioni disinibite a quelle inibitorie, fino a fenomeni di difficile interpretazione come il dejavù.

Quello che di Russell Meares dobbiamo evidenziare, in conclusione, è l’importante lavoro di rilancio del modello neojacksoniano e, attraverso esso, del lavoro di Henri Ey e Janet a proposito dell’architettura della mente e della psicopatologia.

Come abbiamo osservato, l’autore australiano ha esplorato a fondo le implicazioni fenomenologiche del modello, fornendo un importante contributo a riguardo di alcune “chiavi di lettura” di alcuni sintomi: si tratterebbe in molti casi di disturbi della stato della coscienza indotti da tentativi fallimentari da parte del paziente di adattarsi a vissuti post-traumatici di difficile gestione.

Con questo in mente, potremmo approcciare un paziente borderline con un’idea differente in mente, osservando i sintomi del disturbo di personalità come risultanti da penosi sentimenti di discontinuità della coscienza, a cui il paziente stesso tenterebbe di adattarsi. Al di là del quadro borderline, potremo infine ricercare nella storia clinica del paziente aspetti di “adattamento” a vissuti dolorosi, possedendo uno strumento in più per tentare di approcciarne i sintomi.
Da qui, poi, lavorare nella direzione di una maggiore coerenza narrativa e di una maggiore integrazione, con il fine ultimo di “rendere non necessaria la dissociazione“

—-

TAKEAWAYS

  1. la dissociazione deriva dal fallimento delle funzioni mentali superiori di sintesi
  2. il gruppo di originatori del modello neojacksoniano, e i successivi aderenti a questa visione della psicopatologia, sono: Spencer, Henri Bergson, Pierre Janet, Hughlings Jackson, William James,  Henri Ey, Russell Meares, Giovanni Liotti, Benedetto Farina
  3. il lavoro fatto da Giovanni Liotti e Benedetto Farina ha riguardato l’integrazione del modello neojacksoniano con la teoria dell’attaccamento. Quindi: neojacksonismo + Teoria dell’Attaccamento (“Sviluppi traumatici” è il testo di riferimento)
  4. la dissociazione, nella sue diverse forme, potrebbe essere collegata in modo diretto alle funzioni inibitorie (dissociazione inibitoria) o nel loro fallimento (dissociazione disinibita): tutto originerebbe da una dimensione traumatico-disintegrativa interdiagnostica

ALTRE FONTI

  1. Camilla Marzocchi sulla concettualizzazione del disturbo borderline per Meares
  2. Russell Meares: la ‘dolorosa incoerenza’ del Sé nel Disturbo Borderline di Personalità
  3. 3 MODI DI INTENDERE LA DISSOCIAZIONE, da un intervento di Farina
  4. le pubblicazioni di Russell Meares
  5. questi contributi video

Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile cliccando sul bottone a inizio pagina (o dal menù a tendina) #TRAUMA.

Article by admin / Generale / ptsd

22 September 2025

IL PRIMO CORSO DI PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI IN ITALIA (PESCARA, 2026)

di Raffaele Avico

Illuminismo psichedelico (podcast dell’Associazione Luca Coscioni) ha organizzato e sponsorizzato di recente un corso rivolto a psicoterapeuti e psichiatri di PAP, psicoterapia assistita da psichedelici.

É il primo corso del genere fatto in Italia, un segno importante per la scena psichedelica del nostro Paese, un grosso progetto che si svilupperà a partire dal 2026, fino a metà del 2027. Altrove in Europa (lasciando stare gli USA) corsi del genere erano organizzati da associazioni già molto strutturate e longeve, come la Mind di Berlino (avevamo intervistato qui Matteo Buonarroti a proposito del corso PAP della Mind).

L’obiettivo è preparare futuri clinici ad assistere pazienti con l’aiuto di sostanze psichedeliche, come psilocibina o MDMA: queste molecole hanno dimostrato effetti fortemente trasformativi e sembrano essere in grado di incidere su aspetti psicopatologici finora particolarmente problematici, come gli effetti a lungo termine del trauma, o un vissuto depressivo resistente ai farmaci.
Le sessioni di psicoterapia assistita da psichedelici saranno completamente diverse, per setting e durata, da quelle a cui siamo abituati a pensare: avranno una durata di molte ore, con il farmaco lasciato agire sul paziente per le ore necessarie affinché il suo effetto si concluda -e il facilitatore a guidare o supervisionare il “viaggio”.
Fondamentale riprendere le esperienze vissute durante il viaggio psichedelico al fine di introdurle nella “vita quotidiana”, per via di un percorso di integrazione svolto dal terapeuta a seguito dell’esperienza.
Dopo un cinquantennio di oscurantismo politico sul tema, il progresso della ricerca a proposito degli psichedelici sembra ora aprire a nuove, esaltanti prospettive cliniche.

Per dare un’occhiata al futuro non occorre andare lontano, è sufficiente guardare alla situazione svizzera, cuore del rinascimento psichedelico europeo.

Il corso avrà sede a Pescara, a partire da gennaio 2026. Qui i dettagli. Tra i relatori del corso Giorgio Samorini, Studio Aegle, Fabio Villa (autore di questo libro a tema), e moltissimi altri.

(Sempre a tema psichedelia, da questo blog, questi 10 link da cui partire)


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Generale / interviste

15 September 2025

Recensione e riassunto di “Liberi dal panico” di Pietro Spagnulo (un agile ed economico ebook per introdursi al problema-ed autoaiutarsi)

di POPMed

Pubblichiamo un riassunto e una recensione dell’Ebook “Liberi dal panico” di Pietro Spagnulo, qui reperibile a 4,99€.
Abbiamo inoltre aggiunto alcune riflessioni sul panico, in particolare relative al “modello sul controllo”, poste in calce.
Buona lettura (qui su POPMed)!

Article by admin / Generale / panico

1 September 2025

Being Sapiens e la rubrica “psicoterapeuti italiani”: intervista a Gianandrea Giacoma

di POPMed

Tra i molti canali YouTube a tema salute mentale che abbiamo scoperto ultimamente in rete, quello di Gianandrea Giacoma, Being Sapiens, merita a nostro avviso di essere divulgato, sia per i contenuti che per gli intenti che ne hanno promosso l’avvio.

Il canale è attivo da alcuni anni, in realtà, ma recentemente Gianandrea ha inaugurato una rubrica verticale (“Psicoterapeuti italiani”) che approfondisce, tramite lunghe interviste, il “modo di lavorare” di psicoterapeuti relativamente giovani ma molto esperti, provenienti da scuole di psicoterapia molto diverse. Tra gli altri: Clara Mucci, Nicolò Terminio, Giuseppe Craparo, Lucia Tombolini (che qui intervistammo), e molti altri.

Queste interviste sono particolarmente interessanti perché Gianandrea propone agli intervistati una scaletta di domande uguale per tutti: qui sta l’esperimento -partire da domande generali, sufficientemente aperte ma ben indirizzate, e osservare le risposte dei soggetti di volta in volta coinvolti.
Sul suo canale si parla di epistemologia, di pratiche cliniche, di peculiarità dell’approccio terapeutico, il tutto con un atteggiamento post-ideologico, mosso da genuina curiosità, pur con un taglio “tangenzialmente” psicotraumatologico (come si osserva anche dal criterio di scelta degli intervistati).

Abbiamo di recente intervistato Gianandrea e gli abbiamo posto alcune domande sul senso e sulla motivazione che lo hanno spinto ad avviare questo progetto. Abbiamo così scoperto un suo profondo interesse per la teoria della complessità e per quegli autori che, in Italia, l’hanno rappresentata e continuano a rappresentarla.

Su questo e altri temi, Gianandrea ci ha consigliato alcuni libri, che trovate citati nell’intervista stessa.

Qui l’intervista video, con un caldo invito a seguire il suo lavoro e il canale – uno dei primi, di fatto, a entrare davvero dentro la stanza di psicoterapia, con domande mirate poste da un altro psicoterapeuta.

Buona visione!

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Ps qui le altre interviste presenti su questo blog; qui invece il canale YouTube di Popmed, che raccoglie diverse interviste a esperti di settore

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28 July 2025

10 ESERCIZI PER LAVORARE CON LE SOTTOPERSONALITÀ GENERATE DAL TRAUMA (#PTSD)

di Raffaele Avico

Il trauma complesso può portare a quella che Janina Fisher definisce “frammentazione del sé”, cioè una divisione della personalità in parti interne separate.
Queste parti del sé spesso rappresentano diversi stati emotivi, ricordi traumatici o modalità di coping sviluppate per sopravvivere a esperienze avverse. In base alla teoria della dissociazione strutturale generalmente una parte della personalità tenta di funzionare nella vita quotidiana evitando di pensare al trauma, mentre un’altra parte rimane intrappolata nel “tempo del trauma”, rivivendo continuamente le emozioni e le difese di allora. Questa separazione è inizialmente un meccanismo adattivo di sopravvivenza di fronte a minacce estreme, ma a lungo andare impedisce di integrare l’esperienza traumatica nella storia personale, lasciando le parti traumatiche isolate e in conflitto con le altre.

Gli esperti nel trattamento del trauma – come Janina Fisher, Kathy Steele, Suzette Boon, Onno van der Hart e Dolores Mosquera – concordano sull’importanza di aiutare il paziente a riconoscere, comprendere e far comunicare fra loro le proprie parti dissociate, al fine di ottenere una maggiore integrazione e coesione interna. Ad esempio, Boon, Steele e van der Hart hanno sviluppato un manuale di abilità per pazienti con trauma complesso che include numerosi esercizi pratici proprio per favorire la comunicazione e la collaborazione interna tra le parti della personalità. Allo stesso modo, Fisher ha elaborato interventi focalizzati sul “ricongiungere i frammenti di sé”, integrando approcci come la psicoterapia sensomotoria, l’Internal Family Systems e la mindfulness. Dolores Mosquera sottolinea l’importanza di avvicinarsi alle proprie parti con curiosità e atteggiamento accudente, abbandonando la difesa e cercando di comprenderne i bisogni.

Nel seguente PDF, basato sulla lettura del volume La cura della dissociazione traumatica, sono riportati 10 esercizi da utilizzare per lavorare con le proprie parti del sè.

Sono stati raccolti dall’AI partendo da diverse fonti, tutte per lo più valide; il testo è stato poi supervisionato. Come si nota, i primi esercizi hanno a che fare con la stabilizzazione dei sintomi, la “fase 1” del processo trifasico del lavoro con il trauma: prevedono dunque esercizi di grounding e di “creazione di un luogo sicuro” (-sulla stabilizzazione, AISTED eroga un ebook qui reperibile). Gli esercizi seguenti, entrano nel vivo del lavoro di “integrazione” e sintesi.

QUI PER SCARICARE IL PDF.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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21 July 2025

IL PRIMO CONGRESSO AISTED A MILANO (24 E 25 OTTOBRE 2025)

di Raffaele Avico

A Milano, il 24 e il 25 ottobre 2025 si terrà il primo convegno AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione, nata nel 2011.
L’idea di AISTED è quella di alternare un suo convegno al convegno dell’ESTD, l’organo europeo di studio sul trauma, di cui AISTED è appunto una costola italiana. Le due associazioni forniranno dunque a chi fosse interessato, ogni anno, un’occasione per approfondire tematiche relative al trauma e alla dissociazione, uno in Italia a cura di AISTED, l’altro in un luogo di volta in volta diverso in Europa (l’ultimo convegno ESTD è stato organizzato in Polonia).

Come si nota, nel convegno a relatori di spicco in ambito di trauma, vengono alternati workshop e seminari a cura dei soci AISTED.

Dal razionale di invito, inoltre, ci possiamo fare un’idea dello “stato dell’arte” relativo alla psicotraumatologia italiana: sempre più attenzione agli approcci bottom up, agli impatti dell’ambiente sul corpo, ai processi di adattamento degli individui a contesti traumatici. In particolare sono da mettere in evidenza i contributi di alcuni autori che abbiamo su questo blog ospitato, per esempio Andrea Zagaria che approfondirà il concetto di di attaccamento traumatico, uno dei riferimenti italiani per lo studio sulla dissociazione Benedetto Farina, l’attuale presidente ESTD Maria Paola Boldrini, e molti altri.

Insieme a Costanzo Frau (che presenterà la recente traduzione di un volume di Henri Ey), porterò un intervento sul modello neojacksoniano di mente, cercando di tratteggiare la linea di sviluppo del concetto.
Partendo dalle teorizzazioni di autori seminali nella concezione di un funzionamento stratificato e gerarchico del complesso corpo-mente, come Spencer, Ribot, lo stesso Jackson, passando poi per Janet, Russell Meares (autore eccezionale), fino ad arrivare ai nostri Giovanni Liotti e Benedetto Farina, l’idea di uno sviluppo gerarchico e stratificato della mente è in grado di giustificare il ritorno al corpo dell’attuale clinica del trauma, dato che un individuo traumatizzato sperimenta una regressione a stereotipie di pensiero e automatismi mossi da spinte più istintuali e animalesche, che non da semplici schemi di pensiero o tentativi di intellettualizzare il trauma. L’intuizione che ha dato avvio al filone della psicoterapia sensomotoria ha trovato negli autori neojacksoniani una base solida per ragionare su come tentare di lavorare con il trauma senza necessariamente passare per la mente o la cognizione, dato che il lavoro sembrava dovesse essere fatto in primis sugli automatismi e sulle “tendenze all’azione”, le risposte comportamentali che durante la traumatizzazione sembrano essere rimaste congelate, o bloccate.

Qui il programma ufficiale.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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15 July 2025

INTERVENTI CLINICI CENTRATI SULLA SOLUZIONE: LE CINQUE DOMANDE (da “Terapia breve centrata sulla soluzione” di Cannistrà e Piccirilli)

di Raffaele Avico (su PopMed)

Abbiamo in precedenza recensito questo libro introduttivo alla psicoterapia a seduta singola.
Il libro che oggi presentiamo brevemente vuole invece introdurci al tema “terapia breve centrata sulla soluzione“; è uno scorrevole lavoro scritto da Flavio Cannistrà e Federico Piccirilli, fondatori dell’Istituto ICNOS. Lasciamo a chi fosse interessato la lettura del volume (molto corto e scorrevole), riportando qui solo alcuni spunti -in particolare un’introduzione al modello del BRIEF, a cui la terapia centrata sulla soluzione si ispira, e un riassunto scritto dalla “macchina” a proposito delle “domande mirate” fatte dal terapeuta nel corso della terapia centrata sulla soluzione.

Zero interpretazione, zero concetto di resistenza, zero idea di “portare alla coscienza quello che conscio non è”: si tratta -nel contesto di questo approccio peculiare alla sofferenza del paziente- di partire da quello che c’è, dal presente, al fine promuovere un cambiamento attivo, efficace e potenzialmente risolutivo. Le domande poste dal terapeuta, come si osserverà nell’approfondimento dedicato, vogliono portare alla luce ed evidenziare le risorse del paziente. Quella centrale, la domanda da cui tutte le altre derivano, è la domanda sul “miracolo“: da qui parte in seduta un lavoro di ricalibrazione e progressiva maggiore precisione sui dettagli di “cambiamento”, in modo che il paziente descriva con sempre maggiore precisione quello che dovrebbe “fare” affinché il cambiamento si possa realizzare.

Descrivere = catalizzare il cambiamento. Questo è un concetto che permea la terapia breve in generale e ricorre più volte in questo lavoro, una sorta di manifesting, l’idea che descrivere/immaginare nel dettaglio e pensare a cosa dovrebbe cambiare nello specifico, possa portare a un cambiamento nelle azioni del paziente, e quindi a cambiamenti nella sua vita.

A proposito della letteratura sulla terapia centrata sulla soluzione, citiamo solamente questa umbrella review del 2024.

Come prima accennato, gli autori osservano che molti dei concetti portati dalla terapia centrata sulla soluzione provengono dal modello del Brief, che merita qui un breve approfondimento per punti:

  • il fondatore dell’approccio centrato sulla soluzione è, citato spesso nel libro, Steve de Shazer; anche in questo caso, il Mental Research Institute è raccontato come la fucina da cui questo approccio (e il Brief) nacque storicamente, a partire dal lavoro seminale di Milton Erickson
  • tendenzialmente, come leggiamo anche in questo approfondimento, l’approccio del BRIEF sembra non poggiare su alcuna teoria strutturata, il che potrebbe risultare come un aspetto problematico, se non che l’idea di non partire da una teoria strutturata muove da un assunto di base, una visione della psicologia umana radicalmente costruzionistica (qui per approfondire)
  • Per questo, come prima accennato, le domande mirate e una descrizione dettagliata dei cambiamenti che una persona vorrebbe compiere, risulteranno secondo questo approccio in un effettivo cambiamento, o nel suo catalizzarlo.
    Tutto questo lavoro viene mediato dal linguaggio, e il terapeuta in questo caso rappresenta un facilitatore della conversazione, verso quel tipo di “assunzione”. Non solo quindi nominare e descrivere in modo puntuale le cose per dare l’abbrivio a un cambiamento, ma anche “performare il cambiamento” usando il linguaggio. A questo proposito vengono in mente gli studi sul linguaggio performativo di John L. Austin, a sottolineare come il linguaggio possieda un potere “esecutivo”, “performativo” (“io vi dichiaro marito e moglie”, “chiedo scusa”). Siamo, come si osserva, in area manifesting, ovvero manifestare/descrivere, come si accennava prima, per promuovere un cambiamento a partire dal linguaggio stesso.

Questo approccio, come si diceva, vuole portare alla luce le risorse possedute dal paziente. Uno degli strumenti con cui questo viene fatto, sono le domande, e nel libro di Cannistrà e Piccirilli questo viene più volte sottolineato.
Sono domande che hanno un loro razionale di utilizzo, che meritano di essere approfondite: elenchiamo qui di seguito, riassunte e spiegate dalla macchina -con alcune fonti cliccabili tra parentesi-, le cinque principali, che come si noterà riguardano aspetti peculiari della psicologia e del vissuto del paziente, che tuttavia hanno in comune la volontà di portarl* a focalizzarsi sugli aspetti di cambiamento o di risoluzione dei problemi (torniamo dunque alla definizione: “psicoterapia breve centrata sulla soluzione”).

1 – Domanda del miracolo (Miracle Question)

La domanda del miracolo è forse la tecnica più nota della SFBT. In pratica il terapeuta chiede al paziente di immaginare che “stanotte accada un miracolo” che risolve completamente il problema, e poi di descrivere «cosa sarà diverso quando vi sveglierete domani mattina, cosa noterete come primo segno che il problema è scomparso» (pmc.ncbi.nlm.nih.govlink.springer.com). Ad esempio, in un caso clinico di ansia da esame una terapeuta propose: “Supponiamo che stanotte accada un miracolo e tu riesca ad affrontare l’esame senza sentirti in imbarazzo. Cosa succederebbe di diverso domani? Cosa faresti di diverso, cosa noterebbero gli altri?” (pmc.ncbi.nlm.nih.govlink.springer.com). Questa domanda aiuta il paziente a visualizzare concretamente i propri obiettivi e i piccoli segnali di cambiamento che indicherebbero il loro raggiungimento (journals.plos.orglink.springer.com). In termini di cambiamento, il miracolo stimola speranza e motivazione, facendo emergere risorse nascoste: definisce una situazione di futuro desiderato che funge da guida per il percorso terapeutico (journals.plos.orglink.springer.com). Ad esempio, un cliente con disturbi dell’umore ha riferito di aver costruito un “video mentale” di una giornata ideale senza crisi depressive, riuscendo poi nella realtà a ripercorrerne alcuni passi (pmc.ncbi.nlm.nih.govlink.springer.com). In termini pratici, la domanda del miracolo permette di spostare l’attenzione dai problemi alle strategie di successo (cosa fa il paziente nella vita reale che già somiglia al risultato desiderato) e di stabilire obiettivi concreti (journals.plos.orgfrontiersin.org). Una review concettuale recente ribadisce che la domanda del miracolo è un elemento cardine in SFBT (frontiersin.org) ed è spesso seguita da approfondimenti su comportamenti concreti (ad es. “come farete a realizzare quel cambiamento?” (frontiersin.org)).

Esempio pratico: in ambito clinico un terapeuta familiare che lavora con coppie in crisi può usare la domanda del miracolo così: “Immagini che stanotte mentre dormi, il vostro problema si risolva: quando vi sveglierete domani, qual è la prima cosa che noterete di diverso nel vostro rapporto?”. Questo porta la coppia a individuare piccoli segnali di armonia o comunicazione migliorata, da replicare.

2 – Domanda del domani (Tomorrow Question)

La domanda del domani è una variante della Miracle Question, focalizzata a un arco temporale più breve. Chiede al cliente di immaginare di svegliarsi il giorno dopo con i propri “migliori desideri” già realizzati, e di descrivere i primissimi segnali che percepirebbe (link.springer.com). Ad esempio, Ratner et al. (2012) la formulano così: “Supponi di svegliarti domani mattina con i tuoi migliori obiettivi raggiunti. Che cosa comincerai a notare?” (link.springer.com). L’intento è simile a quello del miracolo, ma più centrato su cambiamenti “subito a portata di mano”. Nella pratica clinica o educativa si può usare con studenti: “Se domani ti svegliassi con il compito preparato perfettamente, qual è la prima cosa che noti? Forse ti sentirai più sicuro nell’affrontare la mattina scolastica.” Questo porta lo studente a pensare a comportamenti concreti da adottare da subito. La domanda del domani contribuisce al cambiamento favorendo una mentalità orientata al futuro prossimo e incoraggia la definizione di passi realistici. In termini teorici è riconosciuta come modalità di focalizzazione sul futuro dei pazienti (frontiersin.org) e, come il miracolo, rafforza l’aspettativa di miglioramento. Ad esempio, in ambito scolastico gli psicologi usano questa domanda insieme a scale di progresso per impostare obiettivi brevi (deepblue.lib.umich.edufrontiersin.org).

3 – Domanda della strategia (Strategy Question)

Le domande di strategia inducono il paziente a riflettere su come ha già ottenuto alcuni miglioramenti. Tipicamente si utilizzano dopo che il paziente segnala un piccolo progresso (ad es. “ha mangiato bene questa settimana” o “ha gestito senza crisi un problema al lavoro”). Il terapeuta chiede allora in modo retrospettivo: “Come hai fatto? Come hai gestito quella situazione?” (brief.org.uk). Invece di pianificare azioni future, queste domande valorizzano i passi già compiuti: ad esempio, “Sei riuscito a dormire due notti senza insonnia – come credi di essere riuscito a farlo?”. Scorrendo su una scala di cambiamento, il terapeuta può chiedere: “Supponiamo che le cose migliorino di un gradino – come potrai accorgertene? Cosa noterai diverso?” (brief.org.uk). L’obiettivo è “far sparire” l’enfasi sulle azioni specifiche e mettere in luce l’agente del cambiamento. Gli studi descrivono che in SFBT si privilegiano le domande retrospettive (how did you do that?) piuttosto che proiettive (how will you do that?), per sottolineare la spontaneità del processo di guarigione (brief.org.uk). I benefici clinici delle strategy questions sono la presa di consapevolezza delle proprie strategie efficaci, l’aumento dell’autoefficacia e la pianificazione implicita dei passi successivi. Ad esempio, in un follow-up terapeutico con un paziente ansioso si può chiedere: “Hai affrontato con successo una situazione che di solito ti spaventava. Cosa hai fatto di diverso?” per aiutare il paziente a interiorizzare il proprio successo.

4 – Domanda dell’identità (Identity Question)

Le domande dell’identità invitano il paziente a riflettere su chi è diventato o su quali qualità personali ha messo in campo per raggiungere un risultato. Ad esempio, dopo che il paziente ha realizzato un miglioramento (anche piccolo), il terapeuta può chiedere: “Cosa dice di te il fatto che tu sia riuscito a far questo? Cosa hai imparato di te stesso lungo questo percorso?” (scsha.net). Queste domande aiutano a consolidare la percezione di sé positivamente: il paziente riconosce di essere capace, coraggioso, resiliente, ecc. In termini di cambiamento, potenziano l’autostima e ridefiniscono l’identità del paziente al di là del problema. Ad esempio, un adolescente che ha ricostruito un’amicizia compromessa potrebbe sentirsi chiedere: “Quali qualità tue hanno permesso questo cambiamento? Cosa significa per te?”, vedendosi come una persona paziente o empatica. Questo rafforza la motivazione interna, perché il paziente si riconosce “già in azione” come la persona che vorrebbe diventare. Se ne sottolinea anche l’importanza in ambito educativo: secondo alcuni manuali SFBT, insegnanti o counselor scolastici che lavorano con ragazzi con difficoltà enfatizzano queste domande per far emergere le loro competenze nascoste (deepblue.lib.umich.eduscsha.net).

5 – Domanda del coping (Coping Question)

La domanda del coping è usata quando il paziente descrive una situazione difficile e lamenta fatica o scoraggiamento, chiedendo “come fai a reggere?”. Un tipico esempio è: “Nonostante tutto quello che stai affrontando, come fai ad andare avanti ogni giorno? Come fai a non mollare?”. Lo scopo è far riconoscere al paziente le proprie strategie di resilienza quotidiana. Anche se il problema persiste, il paziente si accorge di avere gestito la situazione usando risorse proprie. In pratica il terapeuta può dire: “Dopo la nostra ultima seduta, cosa stai già facendo che ti aiuta a non peggiorare la situazione? Quali cose ti fanno andare avanti?” (scsha.net). I vantaggi di questa domanda sono l’incremento della speranza e la consapevolezza di forza personale: il paziente prende coscienza di essere riuscito a sopportare finora grazie a proprie capacità di coping (scsha.net). In alcuni contesti clinici (ad es. assistenza psicologica in situazioni di trauma o malattia cronica) si sottolinea il valore di tale domanda per mobilitare le difese positive del paziente. Ad esempio, un bambino con difficoltà di apprendimento potrebbe sentirsi domandare: “Sai fare qualcosa di utile quando la scuola diventa difficile? Come hai fatto a non arrenderti?”, scoprendo così le piccole strategie che usa involontariamente, e rafforzandosi nell’idea di poter progredire.

Qui, infine, un articolo per approndire.


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1 July 2025

A proposito di psicologia dell’aviazione

di PopMed

Abbiamo chiesto alla professoressa Claudia Ricco dell’Università di Torino e al pilota Alessandro Sommacale un commento a proposito di una figura relativamente nuova per il mondo degli psicologi/psicoterapeuti, lo psicologo dell’aviazione.

In linea con le direttive europee, è previsto infatti da alcuni anni che una figura di formazione psicologica venga impiegata in diversi momenti del “lavoro” in ambito di aviazione, dallo screening relativo alla personalità dei futuri piloti e membri della crew, alla gestione degli aspetti di emergenza, ai problemi generali del pubblico durante un volo.

In questa intervista ci hanno spiegato cos’è e cosa fa uno psicologo dell’aviazione, come viene formato e con quali obiettivi, e ci hanno presentato un corso che partirà da settembre a Torino, che rilascerà il titolo da poter spendere negli aeroporti d’Italia. Il link per accedere al corso è questo.

Di particolare interesse l’accento messo dalla Prof.ssa Ricco e da Sommacale a proposito della necessità di imparare attraverso simulazioni, elemento che nel corso verrà usato come strumento centrale, al fine di evitare un “troppo teorico” che sgancerebbe gli allievi dal lavoro sul campo.

->continua su POPMed

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30 June 2025

Clinica del trauma oggi: un approfondimento da POPMed

PREMESSA: da diversi anni questo blog si occupa di trauma e sindromi dissociative. Qui sono raccolti i contributi che fino ad ora abbiamo pubblicato sul tema. Ultimamente POPMed si è occupato di stilare una lista di 10 studi che raccontano le ultime evidenze a tema #ptsd, che troverete al link a fondo pagina.
 
di PopMed
 

Clinica del Trauma Oggi: Rassegna teorica, dati emergenti e applicazione terapeutica

Negli ultimi decenni, la comprensione clinica e neuroscientifica del trauma si è significativamente evoluta, portando a una ridefinizione del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) e al riconoscimento della sua forma più grave e pervasiva: il Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso (C-PTSD). Questo documento propone una panoramica strutturata e critica dell’attuale conoscenza su questi disturbi, offrendo al lettore un accesso guidato e approfondito a tre componenti fondamentali: un’analisi teorico-clinica, una rassegna delle più recenti pubblicazioni accademiche, e un caso clinico rappresentativo con protocollo terapeutico completo.

La prima parte prende in esame una review clinica pubblicata su Frontiers in Psychiatry, che introduce e approfondisce un modello psicoterapico innovativo, noto come Cortina Method. Tale approccio si distacca dalle terapie espositive convenzionali e propone una via trasformativa indiretta per il trattamento del trauma, basata su processi di riconsolidamento della memoria e stati di plasticità neuropsicologica. Viene discusso il potenziale di questa metodologia per trattare pazienti affetti da C-PTSD, in particolare quelli con dissociazione, evitamento e trauma relazionale precoce. La review funge da base teorica per comprendere come le terapie possano essere adattate a quadri clinici complessi.

La seconda parte presenta una selezione ragionata di dieci articoli scientifici open access pubblicati tra il 2024 e il 2025, che esplorano il tema da prospettive cliniche, neuropsicologiche, sociali e terapeutiche. La rassegna include meta-analisi, studi clinici randomizzati, modelli di trattamento sperimentali, e approfondimenti su fattori culturali e relazionali che influenzano la risposta al trauma. Sono illustrati approcci evidence-based come TF-CBT, STAIR, MBT, Narrative Therapy e tecniche somatiche. Ogni studio è accompagnato da un riassunto critico che ne evidenzia contenuto, risultati e rilevanza clinica. Questa sezione ha l’obiettivo di orientare il lettore tra le evidenze più recenti e supportare una lettura comparativa tra i diversi modelli di intervento.

La terza parte si focalizza su un caso clinico documentato in letteratura (Elsevier, 2024) che descrive un trattamento intensivo basato sulla Trauma-Focused Art Therapy (TFAT). Si tratta di una giovane donna con trauma complesso, trattata attraverso un protocollo strutturato in tre fasi: stabilizzazione, esplorazione narrativa simbolica ed elaborazione. Il lavoro si svolge mediante tecniche non verbali – come disegno, collage e costruzione narrativa visiva – che permettono l’elaborazione di memorie traumatiche altrimenti inaccessibili. Il trattamento ha portato a una significativa riduzione dei sintomi PTSD, della depressione e a un miglioramento dell’autoefficacia e della resilienza. Questo caso illustra con chiarezza il potenziale delle modalità creative e sensomotorie nel trattamento del trauma complesso, e ne evidenzia l’integrazione possibile in protocolli strutturati.

In sintesi, il documento accompagna il lettore in un viaggio critico attraverso i modelli teorici, le evidenze empiriche recenti, e un esempio clinico applicato, con l’obiettivo di fornire una visione completa, aggiornata e integrata del trattamento del PTSD e del trauma complesso in ottica multidisciplinare. La struttura progressiva delle tre sezioni consente di passare dalla teoria alla pratica, offrendo strumenti di riflessione e applicazione clinica fondati scientificamente.


Parte 1: Sinossi di una Review/Meta-Analisi

Titolo: A New Psychotherapy That May Treat PTSD in One Session
Autore: E. G. Howe
Rivista: Frontiers in Psychiatry
Anno: 2024
Link all’articolo open access

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Introduzione

Il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) rappresenta una condizione debilitante che, in una percentuale rilevante di pazienti, si rivela resistente ai trattamenti psicoterapeutici convenzionali, come la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) o l’EMDR. In questo contesto si inserisce la Cortina Method (TCM), una nuova forma di psicoterapia breve che si propone di offrire sollievo immediato e duraturo ai sintomi del PTSD, anche in forme croniche e complesse. Secondo i dati aneddotici presentati, questa terapia può produrre risultati clinicamente significativi già dopo una singola seduta.

Metodo e Struttura del Trattamento

Contesto metodologico

La TCM si configura come una psicoterapia breve e non convenzionale, progettata per intervenire sul carico emotivo associato alle memorie traumatiche senza esporre direttamente il paziente alla narrazione dell’evento traumatico. La terapia si sviluppa in un formato semi-strutturato a sessione singola o breve ciclo, con una durata compresa tra 60 e 120 minuti.

Struttura e Tecniche Operative

La TCM non si fonda su un’unica tecnica, ma integra componenti multimodali, che includono:

  • Attivazione immaginativa guidata: il paziente è guidato in un percorso visivo e sensoriale interno per modificare il contenuto emotivo del ricordo senza riviverlo.
  • Tecniche somato-sensoriali: attività che coinvolgono il corpo (es. movimento sincronico, taping, respirazione guidata) per favorire il rilascio somatico del trauma.
  • Interventi di desensibilizzazione simbolica: utilizzo di immagini metaforiche per “ristrutturare” simbolicamente la scena traumatica (es. visualizzare la dissoluzione di un aggressore, la trasformazione di un ricordo in un oggetto neutro).
  • Azioni multitasking e non-semantiche: il paziente esegue compiti a bassa intensità cognitiva ma ad alta attivazione percettiva (es. movimento alternato, stimoli ripetitivi non verbali) per interferire con il circuito di consolidamento emotivo.

Meccanismo d’Azione Presunto

L’ipotesi teorica alla base del metodo è che tali tecniche attivino una finestra neurobiologica nota come reconsolidamento della memoria, in cui il ricordo, una volta “riattivato” in un contesto sicuro, può essere modificato prima di essere nuovamente consolidato nel sistema limbico.
In parallelo, l’attivazione di reti corporee (approccio bottom-up) consente al sistema nervoso autonomo di uscire da stati di freeze o iperarousal, creando le condizioni neurofisiologiche per un cambiamento duraturo.

Setting e Somministrazione

  • Ambiente terapeutico: deve essere calmo, contenitivo e guidato da un terapeuta formato. Non è necessaria la narrazione del trauma.
  • Ruolo del terapeuta: funge da facilitatore di sequenze esperienziali, non da interprete. L’approccio è centrato sulla fiducia implicita nelle risorse trasformative del paziente.
  • Materiale richiesto: solo la presenza fisica e attenzione condivisa del terapeuta e del paziente; non sono richiesti strumenti o software.

Evidenza empirica

Ad oggi non sono ancora disponibili studi RCT o protocolli manualizzati pubblicati in letteratura peer-reviewed. Tuttavia, l’articolo presenta testimonianze qualitative, osservazioni cliniche dirette e video di sessioni, che documentano miglioramenti significativi anche in pazienti refrattari.

Questa riformulazione rende chiara la natura composita e neuroesperienziale del metodo, ne chiarisce i fondamenti neurobiologici teorici, e lo distingue da approcci standard basati su esposizione e ristrutturazione cognitiva.

Risultati e Osservazioni Cliniche

Numerosi casi clinici, presentati sotto forma di testimonianze video e scritte, suggeriscono che il trattamento abbia effetti rapidi e profondi anche in pazienti con traumi gravi: veterani, vittime di torture, abusi sessuali e gravi incidenti. È riportata la riduzione o scomparsa dei sintomi ansiosi, flashback, dissociazione e iperarousal. Alcuni pazienti riferiscono un miglioramento superiore a quello ottenuto dopo anni di terapia tradizionale. Il trattamento sembra efficace anche in contesti complessi di trauma cumulativo e C-PTSD.

Impatto Teorico e Neuroscientifico

Il fondamento neurobiologico si rifà alle ricerche sul reconsolidamento della memoria (es. Kindt, Schiller), secondo cui ogni riattivazione mnestica è un’opportunità per la modificazione del contenuto emotivo della memoria. Inoltre, l’autore collega la TCM ai principi dell’ipnosi conversazionale di Milton Erickson e alle teorie di Bessel van der Kolk sull’impatto somatico del trauma. L’approccio integra dunque teoria dell’attaccamento, neurobiologia e tecniche esperienziali non invasive.

Rilevanza Clinica ed Etica

  • Efficacia percepita: risultati promettenti anche nei casi clinici più gravi e cronici.
  • Accessibilità: possibile apprendimento da parte di terapeuti con training breve.
  • Adattabilità: idoneo per pazienti con evitamento marcato, dissociazione o storia di fallimenti terapeutici.
  • Etica e limiti: mancano RCTs e studi longitudinali, ma l’assenza di effetti collaterali suggerisce l’opportunità di studi pilota in ambienti clinici protetti.

Conclusione

La Cortina Method rappresenta una potenziale innovazione nel trattamento del PTSD, soprattutto per forme complesse e refrattarie. La sua promessa terapeutica risiede nell’accesso indiretto alla memoria traumatica e nella valorizzazione delle risorse interne del paziente. Sebbene le evidenze attuali siano di natura aneddotica, l’interesse clinico e teorico è tale da giustificare lo sviluppo di studi sistematici.


Parte 2: Articoli Recenti

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11 June 2025

Collegno: la quarta edizione del Fòl Fest (“Quando cantavo dov’eri tu?”)

di Raffaele Avico

Da qualche anno a Collegno (TO) è organizzato un festival a tema salute mentale, ispirato dal Màt di Modena, a nome Fòl Fest.

I promotori e gli ideatori di questo importante evento, simbolicamente inserito nella suggestiva location dell’ex manicomio di Collegno, struttura bellissima ed enorme, sono -insieme ad altri- il gruppo di lavoro IESA, coordinato da Gianfranco Aluffi.
Sullo IESA abbiamo qui scritto in molteplici occasioni, essendo il progetto IESA una sperimentazione di inserimento “reale” di pazienti psicotici sul territorio cittadino, entro famiglie comuni che decidono di ospitarne un* per un tempo concordato, nel tentativo di superare in modo non solo verbale ma nei fatti il modello manicomiale/custodialistico, come auspicato dalla legge Basaglia a fine anni ‘70.

Lo IESA è un progetto ormai diffuso e vasto, radicato non solo in Italia, ma in tutta Europa (qui per chi volesse approfondire).

Il Fòl fest promuove molteplici attività organizzate nei locali della ex certosa di Collegno, su temi vari ma connessi al disagio mentale, con l’obiettivo di risolvere lo stigma ancora gravante sul tema e sugli individui colpiti dal problema.

Qui il sito di riferimento, con le informazioni per aderire all’iniziativa.

Qui invece la presentazione del progetto:

Collegno Fòl Fest: IV Edizione dal 7 al 15 giugno 2025

“…sono solo un pagliaccio un povero pagliaccio vestito di stracci vedete questo vestito ha un taschino un taschino per il cuore… Anche voi siete vestiti ma siete così stanchi, così confusi, cosi impauriti, sembrate voi i pazzi e ubriachi”.

Sembriamo noi, che siamo “fuori” dalle mura e non abbiamo conosciuto reclusione e stigma, i fragili, i disagiati, gli esclusi dalla società. Siamo noi, quelli interrogati dalla poesia di Lucia Saltarin che ci regala il claim Quando cantavo dov’eri tu?, per la IV edizione della Collegno Fòl Fest, da sabato 7 a domenica 15 giugno 2025, nel parco della Certosa Reale, dove la follia non è più muro che esclude, ma arte, talento, cultura, scienza.

Anche quest’anno, la festa dedicata alla salute delle menti ripropone, con forza, i temi dell’inclusione e della cittadinanza e, sulla scia dei versi di Lucia, guarda oltre il marchio imposto al disagio mentale, rilegge la storia della città e del suo manicomio, guarda ai passi fatti dalla psichiatria, richiama l’attenzione sugli studi in corso e sulle prospettive di cura, ricorda che le psicosi non annientano la creatività e l’espressione artistica. E lo fa seguendo un filo rosso e dedicato al femminile.

Due donne sono i volti simbolo dell’edizione di Fòl Fest 2025. Lucia Saltarin e Camille Claudel, artiste, finalmente riconosciute come persone, senza etichette diffamanti. Lucia e Camille sono il simbolo dell’oppressione, della negazione dell’identità e del genio che resiste al sopruso.

Il claim della festa e la rima del fumo, che sale nell’immagine di copertina dalla pipa del profilo bifronte, ci proiettano addosso l’altra Lucia, che il disagio non ha saputo annientare. Quella celebrata da Mauro Ermanno Giovanardi giovedì 12 giugno, nella performance artistica Quando cantavo dov’eri tu?, sospesa tra concerto e poesia, in cui il leader dei La Crus colora di sfumature le parole della poetessa internata a Collegno.

Così, le emozioni irrequiete e i tradimenti ossessivi della mente non hanno umiliato la creatività di Camille, scultrice, sepolta viva nel manicomio di Montfavet e riconsegnata all’arte che, oggi, le riconosce un talento fuori dal comune. E’ lei la protagonista dello spettacolo teatrale Camille Claudel. La scultura come emancipazione, la follia come punizione, in scena sabato 14 giugno.

Oltre a riscoprire il valore storico e sociale dei padiglioni dell’ex ospedale psichiatrico, Collegno Fòl Fest è un festival multidisciplinare, che promuove inclusione e consapevolezza, mettendo a confronto punti di vista, pareri, prospettive, risorse, talenti. La psichiatria torna protagonista nei luoghi in cui è stata discussa e lo fa guardando alla persona, alle sfaccettature della malattia e a quelle della cura.

Come ogni anno, un focus è dedicato ai più giovani e al loro male di vivere, che continua a registrare dati in salita. L’appuntamento di riferimento, sul tema, è giovedì 12 giugno, con Ipercollegati e scollegati: il disagio giovanile contemporaneo, lectio magistralis di Massimo Recalcati, psicanalista e autore di saggi, volto televisivo e docente universitari .

Il programma dei 9 giorni è la sintesi delle proposte elaborate dagli organizzatori – Comune di Collegno, ASL TO3, Arci Valle Susa-Pinerolo APS, Cooperativa Il Margine e Lavanderia a Vapore – e di quelle presentate dalle altre realtà pubbliche e private, che hanno aderito al Concorso d’idee aperto dal 15 novembre 2024 al 15 gennaio 2025.

Sono 63 gli eventi, molti gli appuntamenti scientifici organizzati da Asl TO3 e dal suo Servizio IESA, oltre all’Università degli Studi di Torino: conferenze, tavole rotonde, workshop, approfondimenti con medici e ricercatori. Un programma di studi che, sabato 7 giugno, apre “in leggerezza”, con Una poesia X l’inclusione show, tappa finale dell’omonimo concorso letterario, organizzato per sensibilizzare sui temi della salute mentale e dell’accoglienza come metodo di cura. La premiazione delle poesie finaliste è animata dallo spettacolo di Gianpiero Perone, con i protagonisti di Zelig e Colorado.

Sono il ponte tra l’espressione artistica e l’aspetto scientifico le 5 mostre, allestite tra Villa 5 e la Sala delle Arti, con taglio del nastro sabato 7 giugno nel pomeriggio.

Domenica 8 giugno la tradizionale Fòl Parade sfila nel parco della Certosa, dal Vascone di piazza della Pace all’Orto che Cura, guidata dall’Orchestra Fiati della Città di Collegno, con le Masche dell’Associazione San Lorenzo. I saluti del sindaco di Collegno, Matteo Cavallone, e dell’assessore Clara Bertolo, danno il via ufficiale alla festa e introducono l’installazione collettiva Reaction-Steli, con il pubblico protagonista.

Tutta l’area aulica del parco vive di Fòl Fest, con due luoghi simbolici, che si confermano il cuore della festa. Il punto di riferimento è l’Orto che Cura – progetto ed esperienza di rigenerazione ambientale, umana, urbana – che, oltre a ospitare appuntamenti, è sede della Libreria della Fòl Fest e dei suoi incontri con gli autori. Sempre piazza Avis 3 è l’indirizzo per una pausa all’insegna di Food all’orto, il progetto di ristorazione inclusiva a cura della cooperativa Il Margine, per sviluppare l’esperienza lavorativa di chi frequenta il servizio riabilitativo. Qui è l’area food della Fòl Fest.

All’altra estremità della linea simbolica, che attraversa il parco e coinvolge i suoi spazi, Fòl Fest anche quest’anno trova il palco ideale, per spettacoli e performance artistiche, nella Lavanderia a Vapore, casa europea della danza e centro di ricerca per la sperimentazione artistica contemporanea. Alla Lavanderia si scopre anche Square Collegno, installazione olofonica interattiva realizzata dall’artista Lorenzo Bianchi Hoesch, che attraverso il cellulare introduce il pubblico in un luogo ambiguo, abitato dal suono, dove è difficile separare il reale dal possibile, il concreto dall’immaginario. Square Collegno è un’esperienza che conduce attraverso gli spazi dell’ex ospedale psichiatrico, offrendo un ascolto del luogo esplorato e valorizzando la Lavanderia e la sua cornice.

Collegno Fòl Fest è ideata e promossa da Città di Collegno, Asl TO3, Arci Valle Susa- Pinerolo APS, Cooperativa Il Margine/Orto che cura e Lavanderia a Vapore, con il sostegno e il patrocinio di UniVerso programma culturale dell’Università degli Studi di Torino.

I NUMERI DEL COLLEGNO FÒL FEST

9 giorni
12 location
63 eventi
19 appuntamenti scientifici 8 spettacoli teatrali
6 concerti
6 presentazioni di libri
7 mostre
3 visite guidate
1 parata inaugurale

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Qui il sito ufficiale.

Article by admin / Generale

10 June 2025

Il trauma indotto da perpetrazione (“un altro problema, meno noto, dell’industria della carne”)

PREMESSA: riportiamo per intero un articolo apparso recentemente su Il Post, a proposito di una forma peculiare di disturbo post-traumatico, il “trauma indotto da perpetrazione“, sofferto per lo più da lavoratori inseriti nella filiera della grande distribuzione di carne, impiegati tutto il giorno nell’uccisione di animali. Il disturbo è peculiare e non così nuovo (l’articolo citato dal Post che per primo lo “introduce”, risale al 2002). Avevamo scritto in precedenza su questo blog a proposito del moral injury, l’auto-traumatizzazione generata dal calpestare valori morali profondamente radicati: questo tipo peculiare di disturbo sembra accostarcisi, essendo che l’individuo è in qualche modo attivamente coinvolto nel processo di traumatizzazione. (R.A.)

L’articolo originale è qui. Qui di seguito lo riportiamo.

—

La produzione mondiale di carne è aumentata di oltre tre volte rispetto alla metà degli anni Settanta. Da allora è molto cambiato anche il modo in cui viene prodotta: è aumentata la distanza tra chi la mangia e chi, lontano da loro, si occupa di macellarla. In questo secondo gruppo ci sono persone che subiscono traumi psicologici anche molto gravi, perché esposte ogni giorno alla violenza di trattamenti spesso disumani sugli animali negli allevamenti intensivi.

Gli stimoli particolari a cui sono sottoposte le persone incaricate di controllare le varie fasi della macellazione industriale sono una delle possibili cause di un disturbo psicologico noto e studiato: il trauma indotto dalla perpetrazione (o PITS, acronimo di perpetration-induced traumatic stress). È un argomento oggetto di diversi racconti diretti ma di cui si tende in generale a parlare poco, per via delle reticenze dell’industria della carne e della riluttanza delle aziende a condividere dati e informazioni.

Definito nel 2002 dalla psicologa statunitense Rachel MacNair, è un sottotipo di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) in cui il trauma deriva dalla partecipazione attiva a una violenza anziché dall’esserne vittime o testimoni. I sintomi sono gli stessi: insonnia, flashback, ricordi intrusivi, ansia, depressione. È diffuso principalmente tra i militari e le forze dell’ordine, ma in generale il rischio di soffrirne è maggiore in qualsiasi ambiente in cui causare morte sia socialmente accettato e normale, come i macelli.

In un articolo recente il giornalista di Vox Kenny Torrella ha citato il caso di un uomo, Tom, a cui fu diagnosticato il trauma indotto dalla perpetrazione, dopo aver lavorato per anni nell’industria della carne in diversi paesi in Europa. Uno dei suoi compiti lungo la catena di produzione era scuoiare la mucche da macello dopo che erano state stordite e appese. Ma a volte lo stordimento non funzionava correttamente.

Una volta gli capitò di dover scuoiare una mucca che stava partorendo ed era arrivata ancora cosciente alla fase della macellazione di cui lui era responsabile. Non poté arrestare il processo per assicurarsi che venisse uccisa correttamente (il vitello non sopravvisse). Secondo Tom, che ha detto che all’epoca faceva uso di sostanze dopo il lavoro e nei weekend, è «molto difficile assistere all’uccisione degli animali», ma alla fine ci si fa l’abitudine.

L’industria della macellazione della carne è un settore con un numero alto ma probabilmente sottostimato di infortuni sul lavoro. Oltre a quelli causati da incidenti, molti sono dovuti in generale alla velocità delle linee di produzione negli stabilimenti, che possono portare a lesioni da movimenti ripetitivi. I traumi psicologici sono ancora più difficili da stimare, e non sono conteggiati nelle statistiche sugli infortuni. Di conseguenza anche gli studi di psicologia sono pochi, perché i ricercatori non hanno a disposizione dati specifici condivisi dalle aziende.

Diversi sondaggi condotti tra i lavoratori del settore mostrano però livelli di ansia, depressione e aggressività più alti rispetto ad altri settori e rispetto alla popolazione generale. Sulla base di questi dati è possibile ipotizzare che anche il trauma indotto dalla perpetrazione sia un disturbo relativamente diffuso.

L’esposizione ai traumi riguarda anche professionisti non direttamente coinvolti nella produzione negli stabilimenti, come per esempio gli ispettori. Uno di loro, David Magna, attivista vegano ed ex ispettore dei macelli per il governo canadese, ha raccontato a Vox i suoi problemi di salute mentale. Qualche anno fa ha ricevuto una diagnosi di PTSD e di disturbo bipolare: ha frequenti flashback, incubi e pensieri suicidi.

Per un periodo si occupò dell’industria del pollame: uno dei suoi compiti era rimanere in piedi alle spalle dei dipendenti per ispezionare le loro attività lungo la catena di produzione, che lavorava circa 180 polli al minuto. A volte centinaia di polli arrivavano morti dopo essere rimasti per troppo tempo esposti al caldo o al freddo durante il trasporto dall’allevamento intensivo.

In seguito Magna lavorò per anni ai rapporti sulle violazioni delle leggi a protezione degli animali negli stabilimenti dell’industria della carne. In un rapporto apprese il caso di un camion che trasportava mucche verso un macello, tra cui una che aveva partorito in viaggio un vitello poi morto schiacciato per l’affollamento di mucche nel rimorchio. Magna ha detto che, nonostante l’impegno, il suo lavoro gli procurava grandi frustrazioni: i regolamenti erano deboli, i trasgressori rischiavano perlopiù qualche multa, e i suoi superiori non prendevano sul serio le sue preoccupazioni.

È un problema peraltro destinato ad aumentare nel tempo, visto che secondo le previsioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) il consumo e quindi la domanda mondiale di carne continueranno a crescere.

Nel 2023 la rivista scientifica AMA Journal of Ethics dedicò un numero intero all’impatto delle pratiche dell’industria della carne sulla salute pubblica e sull’ambiente. MacNair, autrice di uno degli articoli, descrisse la complicità della società come un fattore rilevante nella diffusione dei disturbi psicologici. Scrisse che «la domanda pubblica di carne crea un’esposizione continua, presente e futura ai traumi»: traumi che secondo lei e altri non vengono eliminati dalla società, ma semplicemente appaltati a minoranze della popolazione.

A subire maggiori danni fisici e psicologici è spesso la popolazione con minori opportunità economiche: migranti e rifugiati, che sono una parte consistente dei lavoratori del settore dell’industria della carne. Questa è peraltro una delle ragioni per cui mancano dati sugli infortuni: chi li subisce tende a non denunciarli perché teme di mettere a rischio il suo lavoro e il suo sostentamento.

Lo sfruttamento delle comunità a basso reddito riguarda anche i territori in cui vivono, spesso scelti per l’agricoltura e per la costruzione degli allevamenti intensivi. La promessa di una probabile crescita economica è infatti una delle ragioni per cui gli abitanti di quelle aree sono più disposti ad accettare i disagi dovuti ai costanti cattivi odori e all’inquinamento dell’aria e dell’acqua.


Ps tutto il materiale su trauma e dissociazione presente su questo blog è consultabile dal menù a tendina #TRAUMA.

Article by admin / Generale / ptsd

3 June 2025

Ancora sul modello diagnostico “HiTop”

di Raffaele Avico

Abbiamo intervistato Simone Cheli sul modello HiTop, che è un modo nuovo di pensare alla diagnosi psicopatologica, basato su modelli dimensionali e gerarchici. Ne avevamo in passato già scritto su questo blog.

Questo modello risulta essere molto più articolato e complesso, e aggiunge alcune “lenti di interpretazione” e alcuni concetti-chiave utili a leggere meglio il comportamento e lo sviluppo del paziente.

In particolare, gli spectra aiutano a leggere alcuni aspetti psicopatologici e di comportamento, meglio inquadrandone la fenomenologia e il “modo” di esprimere -per quell’individuo- la sofferenza mentale.

Come si noterà nell’intervista, effettuata commentando l’immagine sopra riportata, che sintetizza il modello, esisterebbe secondo questo modello un fattore di vulnerabilità psicopatologica generale (il fattore P), e alcune macro-tendenze che l’individuo -stimolato o turbato da fattori ambientali,- metterebbe in atto: la tendenza a internalizzare il dolore psicologico (portandolo dentro o contro di sé), a esternalizzarlo (portandolo verso l’esterno o contro gli altri), a dissociarsene, a somatizzarlo o a sviluppare dei sintomi classicamente ritenuti “psicotici”.

I termini “internalizzante” o “esternalizzante”, riferiti al modo in cui gli individui esprimono il loro malessere psicologico, eravamo abituati a sentirli in relazione ai bambini: questi “spectra” ci portano a considerarli anche in relazione a figure adulte.

Il 21 luglio 2025, a Torino, ci sarà un convegno a tema organizzato da Unito insieme al San Raffaele di Milano, all’interno del quale lo stesso Simone Cheli sarà relatore.

Per il video dell’intervista e altro, qui.

Article by admin / Generale / interviste

15 May 2025

L’EMDR: AGGIORNAMENTO, CONTROVERSIE E IPOTESI DI FUNZIONAMENTO

di Raffaele Avico

Le recentissime e autorevoli linee guida APA per il trattamento per i PTSD, hanno declassato l’EMDR a seconda scelta per il trattamento del trauma psicologico, tema su cui su questo blog abbiamo scritto molto. Le linee guida attuali sono un aggiornamento delle linee guida pubblicate nel 2017.

Su POPMed, abbiamo fatto fare alla “macchina” un lavoro enorme di confronto tra le fonti, che ha confermato, alimentando, molti dei dubbi che qui avevamo già espresso a riguardo dell’EMDR. L’approfondimento si trova qui.

Alcuni di questi dubbi sono:

  • Perché l’EMDR dovrebbe funzionare sia sulla depressione, che sul trauma? Oppure, sia sul DOC, che sul trauma?
  • Perchè l’EMDR funziona con i movimenti oculari, ma anche senza? Non era forse partito come uno strumento che faceva dei movimenti oculari il suo punto di forza?
  • In che modo esattamente muovere o tamburellare -più o meno velocemente- le dita, potrebbe dare risultati diversi? Nei corsi si insegna che la velocità della stimolazione cambia il risultato finale: in che modo?

Il dubbio è che si tratti di una sofisticazione di una procedura espositiva: l’EMDR non sarebbe altro in questo caso che un modo come un altro di esporre il paziente ad alcuni vissuti dolorosi -con un protocollo rassicurante da seguire nel farlo. Potrebbe essere fatto allo stesso modo quindi, quel procedimento espositivo, toccando oggetti che vibrano, o masticando caramelle dal gusto forte: allo stesso modo l’”imbuto percettivo” verrebbe saturato (per via di un doppio compito) e il ricordo passerebbe -depotenziato- alla coscienza. Si tratterebbe di una sorta di esposizione mediata da un compito, da effettuarsi nel momento in cui ci si espone al ricordo traumatico stesso. Si tratterebbe cioè di gestire l’attivazione allarmata ansiosa, per via di un atto di “grounding” (si veda più avanti per un chiarimento su questo punto). Il protocollo aiuterebbe a “distrarre” l’attivazione ansiosa durante la rievocazione dell’evento traumatico: l’EMDR metterebbe insieme, quindi, un evento espositivo, a un evento di doppio compito: quindi rievocare e insieme reindirizzare l’attenzione altrove, permettendo al ricordo di arrivare alla coscienza per essere affrontato/elaborato.
Lo stesso effetto, partendo dallo stesso razionale, potrebbe essere ottenuto tramite la scrittura: esporsi e insieme portare una quota dell’attenzione al creare- scrivendo.

La teoria del doppio compito sembra in effetti la più plausibile, il che tuttavia inserisce l’EMDR nell’insieme delle terapie espositive, con però un protocollo rigido da seguire, il che andrebbe a giovare alle ansie del terapeuta stesso.

Come prima accennato, su POPMed un lungo approfondimento/review della letteratura a proposito dell’EMDR, raggiungibile da qui. Lo mettiamo anche qui in PDF, per chi volessere scaricarlo.

Infine, un cenno alle ipotesi alla base del funzionamento dell’EMDR, qui si seguito, aggregato da Chatgpt. Come si nota, le ipotesi più plausibili sembrano essere quella sul doppio compito, e quella sul riconsolidamento mnestico.

Le principali ipotesi sul funzionamento dell’EMDR

Introduzione: L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una terapia utilizzata con successo per elaborare ricordi traumatici e ridurre i sintomi del PTSD. Ma come funziona esattamente? Nel corso degli anni, ricercatori e clinici hanno proposto diverse ipotesi per spiegare l’efficacia dell’EMDR. Di seguito presentiamo, in modo chiaro e non troppo tecnico, cinque delle principali teorie sul meccanismo d’azione dell’EMDR, ognuna delle quali offre una prospettiva diversa su come i movimenti oculari e la stimolazione bilaterale possano aiutare a desensibilizzare e rielaborare i ricordi traumatici.

L’ipotesi del doppio compito (dual-task)

Secondo l’ipotesi del doppio compito, l’efficacia dell’EMDR dipende dal fatto che il paziente deve svolgere due compiti contemporaneamente: da un lato richiamare alla mente il ricordo traumatico (con le sue immagini ed emozioni) e dall’altro seguire lo stimolo bilaterale (come il movimento delle dita del terapeuta, suoni alternati o tocchi). Questa situazione impegna fortemente la memoria di lavoro del cervello, che ha capacità limitate (ifemdr.fr). In parole semplici, non riusciamo a prestare attenzione massima a due cose nello stesso momento: se dividiamo l’attenzione fra il ricordo e un secondo compito (i movimenti oculari), il cervello non riesce a mantenere il ricordo vivido e carico di emozione come farebbe normalmente (ifemdr.fr). Di conseguenza, l’immagine traumatica appare meno nitida e meno disturbante, il che aiuta il paziente a riesaminarla senza esserne sopraffatto. Questo potrebbe spiegare perché, seduta dopo seduta, il ricordo perde la sua carica emotiva negativa: riducendone l’intensità emotiva e visiva, il cervello può “riscriverlo” in modo più adattivo (trailheadcounselingks.com). In sintesi, l’EMDR “sovraccarica” la memoria di lavoro con un doppio compito, togliendo potenza al ricordo traumatico e rendendolo più gestibile durante la terapia.

L’integrazione interemisferica

Un’altra ipotesi suggerisce che l’EMDR funzioni grazie a una maggiore integrazione tra i due emisferi cerebrali (sinistro e destro). I movimenti oculari orizzontali alternati (o altri stimoli bilaterali) stimolano alternativamente entrambi gli emisferi, aumentando la loro comunicazione reciproca (ifemdr.frifemdr.fr). Ma perché questo aiuterebbe con i traumi? Si pensa che i ricordi traumatici “bloccati” siano memorizzati in modo disfunzionale, magari legati più a un emisfero (per esempio, le emozioni e le immagini nel destro) senza la dovuta integrazione con l’altro emisfero (ad es. il sinistro, più analitico e linguistico). Aumentando la comunicazione interemisferica, l’EMDR potrebbe facilitare il ricollegamento e l’elaborazione completa di quei ricordi: il contenuto emotivo, visivo e sensoriale del trauma verrebbe integrato con una comprensione razionale e contestuale più ampia (ifemdr.fr). In effetti, esperimenti hanno mostrato che movimenti oculari saccadici (rapidi) orizzontali migliorano la capacità di richiamare ricordi episodici, molto più di movimenti verticali o di non muovere affatto gli occhi (ifemdr.frifemdr.fr). Ciò indica che le stimolazioni bilaterali accrescono la cooperazione tra emisfero destro e sinistro, aiutando a “riorganizzare” il ricordo traumatico e ad integrarlo nella memoria autobiografica in forma meno dolorosa. Inoltre, una migliore integrazione tra emisferi è stata associata anche a una riduzione dello stress (ifemdr.fr), il che spiegherebbe la diminuzione del disagio emotivo man mano che il ricordo viene rielaborato. In sintesi, l’ipotesi interemisferica vede l’EMDR come un “ponte” tra i due lati del cervello, che permette di rimettere insieme i pezzi del ricordo traumatico e archiviarlo correttamente.

Il riflesso di orientamento

Il riflesso di orientamento è una risposta automatica del nostro organismo quando veniamo esposti a uno stimolo nuovo o inaspettato: è quel meccanismo evolutivo che ci fa sobbalzare leggermente e concentrare l’attenzione ogni volta che c’è un cambiamento improvviso nell’ambiente (un rumore improvviso, qualcosa che si muove nel nostro campo visivo, ecc.). Alcuni studiosi hanno proposto che i movimenti alternati dell’EMDR sfruttino proprio questo riflesso (emdr.com). In pratica, ogni volta che seguiamo con gli occhi il dito del terapeuta (o percepiamo un suono/tocco alternato), il nostro cervello interpreta lo stimolo come qualcosa di nuovo: ciò cattura l’attenzione in modo ripetuto e innesca una breve reazione di “allerta” seguita subito da una valutazione di sicurezza (“non c’è pericolo”) (emdr.com). Questa continua reazione di orientamento ha due possibili effetti benefici. Primo, interrompe e disturba momentaneamente il network del ricordo traumatico: in altre parole, spezza il filo dei pensieri ed emozioni negative collegate al trauma, dando la possibilità di inserire nuove associazioni più positive o neutre (emdr.com). Secondo, dopo l’istante di allerta iniziale, subentra una risposta di rilassamento quando il cervello si accorge che lo stimolo non è una minaccia (emdr.com). Questo riflesso investigatorio che sfocia in un rilassamento può attivare un meccanismo di “inibizione reciproca”: la calma fisiologica indotta contrasta l’ansia e la paura legate al ricordo, permettendo di riesaminarlo senza lo stesso livello di turbamento emotivo (emdr.com). In sostanza, l’EMDR potrebbe funzionare perché trasforma una sessione di terapia in una serie di piccoli momenti di orientamento: il cervello viene continuamente distratto dal trauma e rassicurato che adesso è al sicuro, il che facilita l’elaborazione. Questa teoria è supportata anche da misurazioni fisiologiche che mostrano un calo dell’attivazione nervosa durante l’EMDR: in altre parole, la stimolazione bilaterale genera un orienting reflex che abbassa temporaneamente l’arousal (attivazione emotiva), aiutando il paziente a rimanere nel ricordo senza esserne travolto (emdr.comemdr.com).

La simulazione del sonno REM

Un’ipotesi affascinante sostiene che l’EMDR riproduca nel cervello uno stato simile a quello del sonno in cui normalmente avviene l’elaborazione della memoria. In particolare, inizialmente si è pensato al sonno REM (la fase del sonno in cui si hanno movimenti oculari rapidi e sogni vividi) perché è noto che durante la fase REM il cervello processa attivamente le esperienze emotive, consolidando i ricordi e integrandoli con le nostre conoscenze precedenti (ifemdr.fr). Il ricercatore Robert Stickgold, ad esempio, ha ipotizzato che i movimenti oculari dell’EMDR inducano uno stato neurobiologico simile al sonno REM, attivando nel cervello i sistemi di rielaborazione della memoria che normalmente operano durante quel periodo della notte (ifemdr.fr). In condizioni di sonno, soprattutto nelle fasi REM (ma anche nel sonno profondo non-REM), avviene il trasferimento dei ricordi dall’ippocampo (dove si formano i ricordi episodici “grezzi”) alla corteccia cerebrale, integrandoli nella memoria a lungo termine e riducendone la carica emotiva (ifemdr.fr). L’EMDR, con la sua stimolazione bilaterale ritmica, sembra innescare un processo analogo: il cervello entra in una sorta di “modalità elaborativa” tipica del sonno (ifemdr.fr), in cui può finalmente digerire il ricordo traumatico. Studi EEG sostengono questa ipotesi mostrando che durante i set di stimolazione bilaterale si rilevano onde cerebrali molto simili a quelle del sonno ad onde lente (fasi profonde del sonno non-REM) (trailheadcounselingks.com). Ciò suggerisce che l’EMDR possa effettivamente simulare alcune condizioni neurofisiologiche del sonno (REM e non-REM) favorevoli alla rielaborazione: il cervello, pur essendo sveglio, lavora sul ricordo come farebbe di notte, archiviamolo in modo adeguato e attenuandone l’impatto emotivo. Questo spiegherebbe perché dopo l’EMDR molti pazienti riferiscono che il ricordo traumatico appare distante, sfuocato o “come un sogno” invece che vivido e presente. In breve, l’EMDR potrebbe funzionare perché “fa fare al cervello di giorno il lavoro che normalmente fa di notte” per elaborare e depotenziare i ricordi dolorosi (ifemdr.fr).

La teoria della riconsolidazione mnestica

L’ultima ipotesi di cui parliamo si basa sulle scoperte nel campo delle neuroscienze della memoria, in particolare sul riconsolidamento dei ricordi (detto anche riconsolidamento mnestico). Per molti anni si è creduto che una volta formato un ricordo nel cervello fosse stabile e immodificabile; invece, la teoria del riconsolidamento ha dimostrato che quando richiamiamo un ricordo possiamo aprire una “finestra” temporanea in cui quel ricordo diventa nuovamente instabile e modificabile (trailheadcounselingks.com). In altre parole, ripensare a un’esperienza passata la rende momentaneamente fragile, offrendo l’opportunità di aggiornarla con nuove informazioni o associazioni emotive prima che venga “salvata” di nuovo in memoria. Come si applica questo concetto all’EMDR? Durante le sedute EMDR, il paziente riattiva intenzionalmente il ricordo traumatico (parlandone e concentrandosi su di esso) mentre riceve la stimolazione bilaterale. Secondo la teoria del riconsolidamento, questa procedura fa sì che il ricordo entri in quello stato labile in cui può essere ristrutturato con elementi nuovi e meno disturbanti(trailheadcounselingks.com). Ad esempio, attraverso l’EMDR la persona potrebbe associare al ricordo originale sensazioni di sicurezza, nuove interpretazioni cognitive o semplicemente sperimentare che può pensarci senza esserne annientato emotivamente. Tutte queste nuove esperienze vengono integrate nel ricordo durante la finestra di riconsolidamento, cosicché il cervello “risalva” il ricordo in forma attenuata – con un peso emotivo minore e con significati diversi. Alcuni ricercatori hanno sottolineato che l’EMDR, anche se nato da osservazioni cliniche, inconsapevolmente sfrutta proprio il meccanismo del riconsolidamento (trailheadcounselingks.com). In effetti, dopo una rielaborazione completa in EMDR, si ritiene che il ricordo originario venga alterato attraverso processi di integrazione e riconsolidamento (viene ricodificato nel cervello in modo non traumatico) (psicologo-mantova.net). Questo spiegherebbe perché, una volta conclusa la terapia, i ricordi che prima causavano intense reazioni emotive diventano ricordi “neutralizzati”: sono sempre parte della propria storia, ma non provocano più il dolore di un tempo, perché il cervello li ha riscritti e ricollocati in modo adattivo.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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6 May 2025

NEUROCRIMINOLOGIA: ANNA SARA LIBERATI

di Raffaele Avico

Per POPMed, un’intervista a Anna Sara Liberati, neurocriminologa. Qui il suo sito. Anna Sara ci ha fornito anche una corposa bibliografia, insieme ad altri spunti.

QUI l’intervista.

Tutte le interviste raccolte su questo blog sono qui raggiungibili.


NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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  • “LE CONSEGUENZE DEL TRAUMA PSICOLOGICO”, UN LIBRO SUL PTSD 5 March 2025
  • Il ripassone. “Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea”, di Giorgio Nespoli 20 February 2025
  • PSICOGENEALOGIA: INTRODUZIONE AL LAVORO DI ANNE ANCELIN SCHÜTZENBERGER 11 February 2025
  • Henri Ey: “Allucinazioni e delirio”, la pubblicazione in italiano per Alpes, a cura di Costanzo Frau 4 February 2025
  • IL CONVEGNO DI BOLOGNA SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (dicembre 2024) 10 January 2025
  • Hakim Bey: T.A.Z. 8 January 2025
  • L’INTEGRAZIONE IN AMBITO PSICHEDELICO – IN BREVE 3 January 2025
  • CARICO ALLOSTATICO: UN’INTRODUZIONE 19 December 2024
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI, EMOZIONI IN CLINICA, LIOTTI: UN APPROFONDIMENTO (E UN’INTERVISTA A LUCIA TOMBOLINI) 2 December 2024
  • Una buona (e completa) introduzione a Jung e allo junghismo. Intervista ad Andrea Graglia 4 November 2024
  • TRAUMA E PSICOSI: ALCUNI VIDEO DALLE “GIORNATE PSICHIATRICHE CERIGNALESI 2024” 17 October 2024
  • “LA GENERAZIONE ANSIOSA”: RECENSIONE APPROFONDITA E VALUTAZIONI 10 October 2024
  • Speciale psichedelici, a cura di Studio Aegle 7 October 2024
  • Le interviste di POPMed Talks 3 October 2024
  • Disturbi da sintomi somatici e di conversione: un approfondimento 17 September 2024
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE: IL CONGRESSO ESTD DI OTTOBRE 2024, A KATOWICE (POLONIA) 20 August 2024
  • POPMed Talks #7: Francesco Sena (speciale Art Brut) 3 August 2024
  • LA (NEONATA) SIMEPSI E UN INTERVENTO DI FABIO VILLA SULLA TERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A LOSANNA 30 July 2024
  • L'”IMAGERY RESCRIPTING” NEL PTSD 18 July 2024
  • Intervista a Francesca Belgiojoso: le fotografie in psicoterapia 1 July 2024
  • Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria) 24 June 2024
  • KNOT GARDEN (A CURA DEL CENTRO VENETO DI PSICOANALISI) 10 June 2024
  • Costanza Jesurum: un’intervista all’autrice del blog “bei zauberei”, psicoanalista junghiana e scrittrice 3 June 2024
  • LA SVIZZERA, CUORE DEL RINASCIMENTO PSICHEDELICO EUROPEO 29 May 2024
  • Un’alternativa alla psicopatologia categoriale: Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP) 9 May 2024
  • INVITO A BION 8 May 2024
  • INTERVISTA A FEDERICO SERAGNOLI: IL VIDEO 18 April 2024
  • INCONSCIO NON RIMOSSO E MEMORIA IMPLICITA: UNA RECENSIONE 9 April 2024
  • UN FREE EBOOK (SUL TRAUMA) IN COLLABORAZIONE CON VALERIO ROSSO 3 April 2024
  • GLI INCONTRI DI AISTED: LA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A GINEVRA (16 APRILE 2024) 28 March 2024
  • La teoria del ‘personaggio’ nell’opera di Antonino Ferro 21 March 2024
  • Psicoterapia assistita da psichedelici: intervista a Matteo Buonarroti 14 March 2024
  • BRESCIA, FEBBRAIO 2024: DUE ESTRATTI DALLA MASTERCLASS “VERSO UNA NUOVA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE” 27 February 2024
  • CAPIRE LA DISPNEA PSICOGENA: DA “SENZA FIATO” DI GIORGIO NARDONE 14 February 2024
  • POPMED TALKS 5 February 2024
  • NASCE L’ASSOCIAZIONE COALA (TORINO) 1 February 2024
  • Camilla Stellato: “Diventare genitori” 29 January 2024
  • Offline is the new luxury, un documentario 22 January 2024
  • MARCO ROVELLI, LA POLITICIZZAZIONE DEL DISAGIO PSICHICO E UN PODCAST DI psicologia fenomenologica 10 January 2024
  • La terapia espositiva enterocettiva (per il disturbo di panico) – di Emiliano Toso 8 January 2024
  • INTRODUZIONE A VIKTOR FRANKL 27 December 2023
  • UN APPROFONDIMENTO DI MAURIZIO CECCARELLI SULLA CONCEZIONE NEO-JACKSONIANA DELLE FUNZIONI MENTALI 14 December 2023
  • 3 MODI DI INTENDERE LA DISSOCIAZIONE: DA UN INTERVENTO DI BENEDETTO FARINA 12 December 2023
  • Il burnout oltre i luoghi comuni (DI RICCARDO GERMANI) 23 November 2023
  • TRATTAMENTO INTEGRATO DELL’ANSIA: INTERVISTA A MASSIMO AGNOLETTI ED EMILIANO TOSO 9 November 2023
  • 10 ARTICOLI SUL JOURNALING E SUI BENEFICI DELLO SCRIVERE 6 November 2023
  • UN’INTERVISTA A GIUSEPPE CRAPARO SU PIERRE JANET 30 October 2023
  • CONTRASTARE IL DECADIMENTO COGNITIVO: ALCUNI SPUNTI PRATICI 26 October 2023
  • PTSD (in podcast) 25 October 2023
  • ANIMALI CHE SI DROGANO, DI GIORGIO SAMORINI 12 October 2023
  • VERSO UNA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE: PREFAZIONE 7 October 2023
  • Congresso Bari SITCC 2023: un REPORT 2 October 2023
  • GLI INCONTRI ORGANIZZATI DA AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione 25 September 2023
  • CANNABISCIENZA.IT 22 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST) 18 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA) 4 September 2023
  • POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni) 30 August 2023
  • DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO 23 August 2023
  • LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO 12 August 2023
  • NIENTE COME PRIMA, DI MANGIASOGNI 8 August 2023
  • NASCE IL “GRUPPO DI INTERESSE SULLA PSICOPATOLOGIA” DI AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione) 26 July 2023
  • Psychedelic Science Conference 2023 – lo stato dell’arte sulle terapie psichedeliche  15 July 2023
  • RENDERE NON NECESSARIA LA DISSOCIAZIONE: DA UN ARTICOLO DI VAN DER HART, STEELE, NIJENHUIS 29 June 2023
  • EMBODIED MINDS: INTERVISTA A SARA CARLETTO 21 June 2023
  • Psychiatry On Line Italia: 10 rubriche da non perdere! 7 June 2023
  • CURARE LA PSICHIATRIA DI ANDREA VALLARINO (INTRODUZIONE) 1 June 2023
  • UN RICORDO DI LUIGI CHIRIATTI, STUDIOSO DI TARANTISMO 30 May 2023
  • PHENOMENAUTICS 20 May 2023
  • 6 MESI DI POPMED, PER TORNARE ALLA FONTE 18 May 2023
  • GLI PSICOFARMACI PER LO STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) 8 May 2023
  • ILLUSIONI IPNAGOGICHE, SONNO E PTSD 4 May 2023
  • SI PUÓ DIRE MORTE? INTERVISTA A DAVIDE SISTO 27 April 2023
  • CENTRO SORANZO: INTERVISTA A MAURO SEMENZATO 12 April 2023
  • Laetrodectus, che morde di nascosto 6 April 2023
  • STABILIZZAZIONE E CONFINI: METTERE PALETTI PER REGOLARSI 4 April 2023
  • L’eredità teorica di Giovanni Liotti 31 March 2023
  • “UN RITMO PER L’ANIMA”, TARANTISMO E DINTORNI 7 March 2023
  • SUICIDIO: SPUNTI DAL LAVORO DI MAURIZIO POMPILI E EDWIN SHNEIDMAN 9 January 2023
  • SUPERHERO THERAPY. INTERVISTA A MARTINA MIGLIORE 5 December 2022
  • Allucinazioni nel trauma e nella psicosi. Un confronto psicopatologico 26 November 2022
  • FUGA DI CERVELLI 15 November 2022
  • PSICOTERAPIA DELL’ANSIA: ALCUNI SPUNTI 7 November 2022
  • LA Q DI QOMPLOTTO 25 October 2022
  • POPMED: UN ESEMPIO DI NEWSLETTER 12 October 2022
  • INTERVISTA A MAURO BOLOGNA, PRESIDENTE SIPNEI 10 October 2022
  • IL “MANUALE DELLE TECNICHE PSICOLOGICHE” DI BERNARDO PAOLI ED ENRICO PARPAGLIONE 6 October 2022
  • POPMED, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO IN AREA “PSI”. PER TORNARE ALLA FONTE 30 September 2022
  • IL CONVEGNO SIPNEI DEL 1 E 2 OTTOBRE 2022 (FIRENZE): “LA PNEI NELLA CLINICA” 20 September 2022
  • LA TEORIA SULLA NASCITA DEL PENSIERO DI WILFRED BION 1 September 2022
  • NEUROFEEDBACK: INTERVISTA A SILVIA FOIS 10 August 2022
  • La depressione come auto-competizione fallimentare. Alcuni spunti da “La società della stanchezza” di Byung Chul Han 27 July 2022
  • SCOPRIRE LA SIPNEI. INTERVISTA A FRANCESCO BOTTACCIOLI 6 July 2022
  • PERFEZIONISMO: INTERVISTA A VERONICA CAVALLETTI (CENTRO TAGES ONLUS) 6 June 2022
  • AFFRONTARE IL DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÁ 28 May 2022
  • GARBAGE IN, GARBAGE OUT.  INTERVISTA FIUME A ZIO HACK 21 May 2022
  • PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD 10 May 2022
  • MANAGEMENT DELL’INSONNIA 3 May 2022
  • “IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE 27 April 2022
  • “QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS 20 April 2022
  • Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati 11 April 2022
  • IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE 31 March 2022
  • L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR) 25 March 2022
  • IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO 21 March 2022
  • RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA) 20 March 2022
  • GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI 7 March 2022
  • FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto 1 March 2022
  • PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti) 14 February 2022
  • INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD 3 February 2022
  • SPIDER, CRONENBERG 26 January 2022
  • LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti) 17 January 2022
  • 24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE 10 January 2022
  • LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA 7 January 2022
  • La Supervisione strategica nei contesti clinici (Il lavoro di gruppo con i professionisti della salute e la soluzione dei problemi nella clinica) 4 January 2022
  • PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE” 21 December 2021
  • ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI 14 December 2021
  • LA SINDROME DI ASPERGER IN BREVE 7 December 2021
  • IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022) 2 December 2021
  • PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED) 29 November 2021
  • INTERVISTA A SIMONE CHELI (ASSOCIAZIONE TAGES ONLUS) 25 November 2021
  • TRAUMA: IMPOSTAZIONE DEL PIANO DI CURA E PRIMO COLLOQUIO 16 November 2021
  • TEORIA POLIVAGALE E LAVORO CON I BAMBINI 9 November 2021
  • INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO 3 November 2021
  • IT (STEPHEN KING) 27 October 2021
  • JUDITH LEWIS HERMAN: “GUARIRE DAL TRAUMA” 22 October 2021
  • ANCORA SU PIERRE JANET 15 October 2021
  • PSICONUTRIZIONE: IL LAVORO DI FELICE JACKA 3 October 2021
  • MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI: LE STRATEGIE DI CONTROLLO IN INFANZIA (PTSDc) 30 September 2021
  • OVERLOAD COGNITIVO ED ECOLOGIA MENTALE 21 September 2021
  • UN LUOGO SICURO 17 September 2021
  • 3MDR: UNO STRUMENTO SPERIMENTALE PER COMBATTERE IL PTSD 13 September 2021
  • UN LIBRO PER L’ESTATE: “COME ANNOIARSI MEGLIO” DI PIETRO MINTO 6 August 2021
  • “I fondamenti emotivi della personalità”, JAAK PANKSEPP: TAKEAWAYS E RECENSIONE 3 August 2021
  • LIFESTYLE PSYCHIATRY 28 July 2021
  • LE DIVERSE FORME DI SINTOMO DISSOCIATIVO 26 July 2021
  • PRIMO LEVI, LA CARCERAZIONE E IL TRAUMA 19 July 2021
  • “IL PICCOLO PARANOICO” DI BERNARDO PAOLI. PARANOIA, AMBIVALENZA E MODELLO STRATEGICO 14 July 2021
  • RECENSIONE PER PUNTI DI “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE” 8 July 2021
  • I VIRUS: IL LORO RUOLO NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE 7 July 2021
  • LA PLUSDOTAZIONE SPIEGATA IN BREVE 1 July 2021
  • COS’É LA COGNITIVE PROCESSING THERAPY? 24 June 2021
  • SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE 19 June 2021
  • É USCITO IL SECONDO EBOOK PRODOTTO DA AISTED 15 June 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche -con il blog Psicologia Fenomenologica. 7 June 2021
  • PSICHIATRIA DI COMUNITÁ: LA SCELTA DI UN METODO 31 May 2021
  • PTSD E SPAZIO PERIPERSONALE: DA UN ARTICOLO DI DANIELA RABELLINO ET AL. 26 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO ONLINE CON VALERIO ROSSO, MARCO CREPALDI, LUCA PROIETTI, BERNARDO PAOLI, GENNARO ROMAGNOLI 22 May 2021
  • MDMA PER IL PTSD: NUOVE EVIDENZE 21 May 2021
  • MAP (MULTIPLE ACCESS PSYCHOTHERAPY): IL MODELLO DI PSICOTERAPIA AD APPROCCI COMBINATI CON ACCESSO MULTIPLO DI FABIO VEGLIA 18 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO GRATUITO ONLINE (21 MAGGIO) 13 May 2021
  • BALBUZIE: COME USCIRNE (il metodo PSICODIZIONE) 10 May 2021
  • PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP) 7 May 2021
  • Psicologia digitale e pandemia COVID19: il report del Centro Medico Santagostino di Milano dall’European Conference on Digital Psychology (ECDP) 4 May 2021
  • SOLCARE IL MARE ALL’INSAPUTA DEL CIELO. Liberalizzare come terapia: il problema dell’autocontrollo in clinica 30 April 2021
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO” 25 April 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche 25 April 2021
  • 3 STRUMENTI CONTRO IL TRAUMA (IN BREVE): TAVOLA DISSOCIATIVA, DISSOCIAZIONE VK E CAMBIO DI STORIA 23 April 2021
  • IL MALADAPTIVE DAYDREAMING SPIEGATO PER PUNTI 17 April 2021
  • UN VIDEO PER CAPIRE LA DISSOCIAZIONE 12 April 2021
  • CORRELATI MORFOLOGICI E FUNZIONALI DELL’EMDR: UNA PANORAMICA SULLA NEUROBIOLOGIA DEL TRATTAMENTO DEL PTSD 4 April 2021
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE IN ETÁ EVOLUTIVA: (VIDEO)INTERVISTA AD ANNALISA DI LUCA 1 April 2021
  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE” 30 March 2021
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE 24 March 2021
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE 22 March 2021
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE 14 March 2021
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA 7 March 2021
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD 2 March 2021
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA 25 February 2021
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1) 21 February 2021
  • FLOW: una definizione 15 February 2021
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD) 8 February 2021
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI 3 February 2021
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA 1 February 2021
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION? 25 January 2021
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA) 15 January 2021
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO 11 January 2021
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT 6 January 2021
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO 2 January 2021
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum) 28 December 2020
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI 18 December 2020
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti 14 December 2020
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO 10 December 2020
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino 8 December 2020
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO 3 December 2020
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP 28 November 2020
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA 20 November 2020
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO) 16 November 2020
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm) 12 November 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento 7 November 2020
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING 2 November 2020
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING) 28 October 2020
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al. 24 October 2020
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO 21 October 2020
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO 18 October 2020
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè 13 October 2020
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 6 October 2020
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI 30 September 2020
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix 28 September 2020
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico 21 September 2020
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura” 15 September 2020
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo 10 September 2020
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI 2 September 2020
  • SUL MERCATO DELLA DOPAMINA: INTERVISTA A VALERIO ROSSO 31 August 2020
  • TARANTISMO: 9 LINK UTILI 27 August 2020
  • FRANCESCO DE RAHO SUL TARANTISMO, tra superstizione e scienza 26 August 2020
  • ATTACCHI DI PANICO: IL MODELLO SUL CONTROLLO 7 August 2020
  • SHELL SHOCK E PRIMA GUERRA MONDIALE: APPORTI VIDEO 31 July 2020
  • LA LUNA, I FALÒ, ANGUILLA: un romanzo sulla melanconia 27 July 2020
  • VIDEOINTERVISTA A FERNANDO ESPI FORCEN: LAVORARE COME PSICHIATRA A CHICAGO 20 July 2020
  • ALCUNI ESTRATTI DALLA RUBRICA “GROUNDING” (PDF) 14 July 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: IL MODELLO A CASCATA. Da un articolo di Ruth Lanius 10 July 2020
  • OTTO KERNBERG SUGLI OBIETTIVI DI UNA PSICOANALISI: DA UNA VIDEOINTERVISTA 3 July 2020
  • SONNO, STRESS E TRAUMA 27 June 2020
  • Il SAFE AND SOUND PROTOCOL, UNO STRUMENTO REGOLATIVO. Videointervista a GABRIELE EINAUDI 23 June 2020
  • IL CONTROLLO CHE FA PERDERE IL CONTROLLO: UNA VIDEOINTERVISTA AD ANDREA VALLARINO SUL DISTURBO DI PANICO 11 June 2020
  • STRESS, RESILIENZA, ADATTAMENTO, TRAUMA – Alcune definizioni per creare una mappa clinicamente efficace 5 June 2020
  • DA “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE”: COS’É LA NEUROCEZIONE 3 June 2020
  • AUTO-TRADIRSI. UNA DEFINIZIONE DI MORAL INJURY 28 May 2020
  • BASAGLIA RACCONTA IL COVID 26 May 2020
  • FONDAMENTI DI PSICOTERAPIA: LA FINESTRA DI TOLLERANZA DI DANIEL SIEGEL 20 May 2020
  • L’EBOOK AISTED: “AFFRONTARE IL TRAUMA PSICHICO: il post-emergenza.” 18 May 2020
  • NOI, ESSERI UMANI POST- PANDEMICI 14 May 2020
  • PUNTI A FAVORE E PUNTI CONTRO “CHANGE” di P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch 9 May 2020
  • APPORTI VIDEO SUL TARANTISMO – PARTE 2 4 May 2020
  • RISCOPRIRE L’ARCHIVIO (VIDEO) DI PSYCHIATRY ON LINE PER I SUOI 25 ANNI 2 May 2020
  • SULL’IMMOBILITÀ TONICA NEGLI ANIMALI. Alcuni spunti da “IPNOSI ANIMALE, IMMOBILITÁ TONICA E BASI BIOLOGICHE DI TRAUMA E DISSOCIAZIONE” 30 April 2020
  • FOBIE SPECIFICHE IN BREVE 25 April 2020
  • JEAN PIAGET E LA SHARING ECONOMY 25 April 2020
  • LO STATO DELL’ARTE INTORNO ALLA DIMENSIONE SOCIALE DELLA MEMORIA: SUL MODO IN CUI SI E’ ARRIVATI ALLA CREAZIONE DEL CONCETTO DI RICORDO CONGIUNTO E SU QUANTO LA VITA RELAZIONALE INFLUENZI I PROCESSI DI SVILUPPO DELLA MEMORIA 25 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.3 – MODELLO ITALIANO E MODELLO BELGA A CONFRONTO, CON GIOVANNA JANNUZZI! 22 April 2020
  • RISCOPRIRE PIERRE JANET: PERCHÉ ANDREBBE LETTO DA CHIUNQUE SI OCCUPI DI TRAUMA? 21 April 2020
  • AGGIUNGERE LEGNA PER SPEGNERE IL FUOCO. TERAPIA BREVE STRATEGICA E DISTURBI FOBICI 17 April 2020
  • INTERVISTA A NICOLÓ TERMINIO: L’UOMO SENZA INCONSCIO 13 April 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.3 10 April 2020
  • IL PODCAST DE IL FOGLIO PSICHIATRICO EP.2 – MODELLO ITALIANO E MODELLO SVIZZERO A CONFRONTO, CON OMAR TIMOTHY KHACHOUF! 6 April 2020
  • ANTONELLO CORREALE: IL QUADRO BORDERLINE IN PUNTI 4 April 2020
  • 10 ANNI DI E.J.O.P: DOVE SIAMO? 31 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.2 27 March 2020
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE: RISTRETTI.IT 25 March 2020
  • NELLE CORNA DEL BUE LUNARE: IL LAVORO DI LIDIA DUTTO 16 March 2020
  • LA COLPA NEL DOC: LA MENTE OSSESSIVA DI FRANCESCO MANCINI 12 March 2020
  • TORNARE ALLE FONTI. COME LEGGERE IN MODO CRITICO UN PAPER SCIENTIFICO PT.1 6 March 2020
  • PREFAZIONE DI “PTSD: CHE FARE?”, a cura di Alessia Tomba 5 March 2020
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO”: EP.1 – FERNANDO ESPI FORCEN 29 February 2020
  • NERVATURE TRAUMATICHE E PREDISPOSIZIONE AL PTSD 13 February 2020
  • RIMOZIONE E DISSOCIAZIONE: FREUD E PIERRE JANET 3 February 2020
  • TEORIA DEI SISTEMI COMPLESSI E PSICOPATOLOGIA: DENNY BORSBOOM 17 January 2020
  • LA CULTURA DELL’INDAGINE: IL MASTER IN TERAPIA DI COMUNITÀ DEL PORTO 15 January 2020
  • IMPATTO DELL’ESERCIZIO FISICO SUL PTSD: UNA REVIEW E UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO 30 December 2019
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI GIULIO TONONI 27 December 2019
  • THOMAS INSEL: FENOTIPI DIGITALI IN PSICHIATRIA 19 December 2019
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IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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