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Il Foglio Psichiatrico

Blog di divulgazione scientifica, aggiornamento e formazione in psichiatria e psicoterapia

18 September 2023

TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST)

di Raffaele Avico

In questa puntata PODCAST, troviamo unite le due interviste a Emiliano Toso, per chi voglia approfondire il tema “terapia espositiva“.

https://www.spreaker.com/user/12079364/toso-tutto

Qui invece i link agli articoli che contengono le interviste in formato video, ed altro (sempre a tema terapia espositiva):

  1. LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO
  2. TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA)
  3. SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE
  4. TERAPIA ESPOSITIVA IN REALTÀ VIRTUALE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA: META-ANALISI DI STUDI RANDOMIZZATI

NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

Article by admin / Generale

4 September 2023

TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA)

di Raffaele Avico

Nelle scorse settimane abbiamo pubblicato un’intervista a Emiliano Toso a proposito della terapia espositiva. Toso da anni approfondisce il tema dell’’“esposizione”, che è uno strumento della psicoterapia soprattutto a orientamento cognitivo-comportamentale, trasversale a molteplici diagnosi ed interventi (risulta utile verso tutti quegli eventi/stimolo predittivi di minaccia).

A partire da un nuovo modello concettuale della terapia (apprendimento inibitorio), in questa seconda parte dell’intervista, Toso presenta una serie di strategie al lavoro di esposizione, in grado di massimizzarne gli effetti:

  1. Organizzare esposizioni che rendano altamente probabile la predizione di minaccia dichiarata;
  2. Eliminare comportamenti/stimoli protettivi;
  3. Durante le esposizioni mantenere elevata l’aspettativa di minaccia (contrastare l’abituazione);
  4. Amplificare la gratificazione che consegue l’omissione della minaccia attesa;
  5. Eseguire attività aerobica prima di ogni esposizione;
  6. Restrizione calorica/digiuno prima di ogni esposizione;
  7. Coltivare il benessere intestinale;
  8. Coltivare una buona igiene del sonno;
  9. Gestire lo stress in generale;
  10. Variare il più possibile i contesti di esposizione.

Particolare rilievo Toso attribuisce ad un suo personale nuovo modo di spiegare le difficoltà che il paziente tende ad avere nel provare la gratificazione che segue l’omissione della minaccia attesa (“Il paziente avrebbe difficoltà nel provare gratificazione dopo una esposizione, in quanto tale gratificazione verrebbe eclissata da quella che otterrebbe evitando lo stesso stimolo. É un gioco di forze gravitazionali!”).

Le osservazioni di Toso si basano su un lavoro di raccolta di materiale e studio della materia molto ampio, durato anni. Derivano insomma da un lavoro di ricerca indipendente, che nel prossimo futuro troverà un “contenitore” dedicato attraverso la pubblicazione di un volume focalizzato a tema (“Toso E. (2023). Verso una terapia espositiva di precisione.  Dalla scienza dell’estinzione della paura alla clinica. Giovanni Fioriti ed.”).

Il punto centrale, in molteplici disturbi, è la regolazione della paura. Molti pazienti arrivano all’osservazione di uno psicoterapeuta in quanto investiti da una paura che non riescono né a regolare, né tantomeno a estinguere. Si tratta spesso di soggetti provenienti da storie complesse di sviluppo, che hanno in età molto precoce “appreso” il senso di allarme, memorizzandolo per via somatica, non essendo ancora in grado di simbolizzarlo nè di spiegarlo in termini verbali/cognitivi. I registri di memoria sono d’altronde molteplici, e la memoria somatica è antica e resistente al cambiamento.

Trattando il tema “esposizione”, parliamo però anche di altre problematiche, come le “classiche” fobie specifiche, il problema del panico, l’essere sopravvissuti al trauma, etc.: la mente rimane imprigionata in una condizione di allarme protratto, o di attivazione “simpatica” protratta, il che crea diverse conseguenze sul piano psico-fisico, spesso innescando altri problemi. Il cuore del problema rimane però la paura, e il cercare di capire come fare a “estinguerla”.

Buona visione!

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NB: “POPMED”, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI”, A PAGAMENTO. Qui per iscriverti

Article by admin / Generale / interviste

30 August 2023

POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni)

di Raffaele Avico, Francesco Della Gatta, Andrea Pisano

PREMESSA: pubblichiamo qui in chiaro la newsletter POPMed di metà agosto 2023. POPMED è UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI” -A PAGAMENTO. L’obiettivo di questa newsletter è semplice: ogni due settimane vengono inviati una decina di articoli importanti in ambito di ricerca sul tema “psi” (psichiatria, psicologia clinica, avanguardie di ricerca in tema psicologia, salute mentale), presentati con una sinossi minima. Costa 9,90€ al mese. Qui per iscriverti.

Ecco la newsletter di Agosto 2023 (AGOSTO, 2023: POPMed #19). Iscriversi in modo free alla newsletter equivale a poter vedere i primi due articoli; sottoscrivere un abbonamento a pagamento, rivela gli altri articoli proposti.

1. La compulsione a dominare

É stata da poco pubblicato un articolo firmato da Bernardo Paoli (che avevamo qui intervistato) e Roberta Caterina Tanzi a proposito del narcisismo patologico, riletto come un disturbo incentrato sulla “compulsione alla dominanza”, articolo molto “pratico” nei suoi risvolti psicoterapeutici.
Gli autori raccontano in breve il disturbo narcisistico per punti, e fanno una mini-review della letteratura psicoterapeutica inerente il trattamento dello stesso, di fatto proponendo le caratteristiche “universalmente note” a proposito del trattamento di questo paziente.
In seguito (e questa si configura come la parte più interessante dell’articolo) elencano alcune trappole facilmente incontrabili dal terapeuta nel suo lavoro con questo tipo di paziente, con spiegate le “soluzione alternative”. Tra queste, troviamo la “trappola n.7”: gli autori sottolineano come lavorare sulla regolazione e sul processamento emotivo possa essere difficoltoso e spesso prematuro con pazienti narcisistici: diversi studi hanno evidenziato deficit metacognitivi relativi alla propria emotività, cosa che porta gli autori a consigliare un cauto lavoro sempre in termini metacognitivi, a proposito delle ripercussioni delle proprie azioni sugli altri (lavorare non sul senso di colpa, ma sulla metacognizione e sulla lettura -all’interno della mente dell’altro- delle conseguenze dei propri comportamenti).
Di fatto, un articolo/compendio utile e maneggevole per il trattamento del disturbo narcisistico.

Eccovi l’articolo:

Narcissism is Treatable. The Priority for Dominance in Narcissistic Personality Disorder and Traps to Avoid in Psychotherapeutic Treatment


2. Leccare rospi

Torniamo a parlare brevemente di psichedelici.
Nell’immaginario collettivo relativo alla psichedelia, leccare i rospi ha sempre avuto un certo potere narrativo/evocativo. L’anno scorso è uscito un lungo articolo sulla farmacologia e sulle possibili applicazioni cliniche del composto 5-MeO-DMT, presente nel veleno del Bufo Alvarius, un rospo del Sud-America, e spesso inserito nel composto Ayahuasca. L’effetto viene descritto come molto potente, ma anche molto corto (massimo mezz’ora), caratterizzato da sensazioni di “dissoluzione dell’Io” (un effetto spesso ricercato dal popolo degli psiconauti) e sensazioni mistiche.
Per chi fosse interessato, questo articolo riporta la letteratura esistente a proposito degli effetti dell’uso di questo composto su diversi aspetti dell’umore, approfondendo poi gli effetti del suo utilizzo sulla neurobiologia del corpo. In seguito, gli autori si spingono a ipotizzare possibili usi clinici del composto 5-MeO-DMT, osservando come un suo utilizzo potrebbe essere meglio controllabile in senso clinico data la minore durata dei suoi effetti (circa mezz’ora, appunto).
Seppur il composto abbia acceso un interesse da parte di diverse aziende (per esempio questa: https://alvarius.com/), gli autori osservano come robusti studi quantitativi sembrino mancare, essendo la letteratura composta per ora da osservazioni qualitative a proposito di esperienze individuali (per esempio quelle contenute in questo volume).

Eccovi l’articolo:

The clinical pharmacology and potential therapeutic applications of 5-methoxy-N,N-dimethyltryptamine (5-MeO-DMT)

 

3. Risorse

Il Comprehensive Resource Model è uno strumento ideato da Lisa Schwarz, che mette insieme alcune delle conoscenze più solide a proposito della terapia del trauma psichico.
Sappiamo che il trauma “ricade sul corpo”, e che una delle difficoltà nella sua elaborazione riguarda la possibilità di ricordarlo anziché riviverlo (il PTSD viene spesso descritto come una patologia della memoria). Questo modello include diversi protocolli che tentano un approccio duplice, seguendo queste due linee: 1) elaborare il trauma in senso mnestico 2) dissipare/scaricarlo in senso corporeo. Il modello vuole essere molto applicativo/pratico, e si struttura a partire dal concetto di “risorsa”. Non è simplicissimo da capire, ma è abbastanza utile: sul sito principale che lo illustra, troviamo diversi articoli, tra cui quello che qui proponiamo.
Prima di tutto, va considerato che le basi neurobiologiche dell’approccio sono state approfondite da Frank Corrigan, scozzese, che in abito di psicotraumatologia è ricordato per aver sviluppato il Deep Brain Reorienting. Le basi teoriche di quest’ultimo modello (qui riassunto/spiegato) fanno da fondamento al Comprehensive Resource Model, che viene esaurimentemente spiegato nel lavoro che qui riportiamo, di fatto una tesi di dottorato (si vedano anche questi video).

Eccovi l’articolo:

New Whiskey in Old Barrels
Comprehensive Resource Model: A Case Study of a New Trauma Treatment Model


4. Non cosa pensi, ma come pensi

Un recentissimo articolo a proposito dell’importanza del pensiero critico, studiata attraverso un esperimento condotto su un campione di studenti in età da scuola secondaria. L’esperimento in questione era consistito in un intervento di “promozione e spiegazione” del pensiero critico (non cosa pensi, ma come pensi) sul suddetto campione – e nell’indagine conseguente a proposito di eventuali miglioramenti degli studenti in termini di performance.
Gli autori, facendo un passo indietro, si chiedono giustamente cosa sia, di fatto, il pensiero critico. Lo presentano in modo criptico, traendo la definizione della American Philosophical Association expert consensus: “purposeful, self-regulatory judgment which results in interpretation, analysis, evaluation, and inference, as well as explanation of the evidential, conceptual, methodological, criteriological, or contextual considerations upon which that judgment is based”. Proseguendo nell’articolo, gli autori arrivano a parlarne come di una competente metacognitiva, un’attitudine cioè alla riflessione a proposito del proprio stesso pensiero.
Spiegano quindi la tipologia di intervento proposta ai ragazzi del campione, mettendone in evidenza i diversi sotto-testi teorici: si trattava di aiutare i ragazzi a cogliere fallacie logiche e bias cognitivi, e di aiutarli a rallentare i processi di pensiero più automatici e veloci, spesso forieri di distorsioni cognitive e letture “troppo emotive”. Un articolo da leggere lentamente, denso di significato visto il posto centrale che avrà il pensiero critico in futuro, nel contesto di un mondo sempre più complesso.

Eccovi l’articolo:

It is not what you think it is how you think: A critical thinking intervention enhances argumentation, analytic thinking and metacognitive sensitivity


5. Ritardare la gratificazione

Il video che sotto riportiamo, mette in discussione una tendenza molto attuale alla glorificazione della dieta da dopamina messa in atto per “disintossicarsi dalla dipendenza da dati/schermi”, consigliando altre, più corrette modificazioni dello stile di vita: in particolare viene consigliata la cosiddetta “gratificazione ritardata”.
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola molteplici aspetti della nostra vita psichica, e pensare che sforzarsi a un‘astinenza dagli stimoli che ne inducono il rilascio possa portare qualche beneficio, è sostanzialmente sbagliato. Si tratta di un trend “montato” a fini commerciali, divenuto una sorta di slogan.
La dopamina è implicata nel concetto di intenzionalità: come osserviamo nel video, quando l’esperienza supera le aspettative che ci eravamo a proposito dell’esperienza stessa, la dopamina viene rilasciata, producendo un rinforzo positivo che ci porterà a ricercare quello stesso rinforzo anche in futuro. Questo è quello che viene chiamato circuito di reward. Sensazioni largamente appaganti, producono un rilascio di dopamina che altera in modo continuativo il circuito di reward: tuttavia, sospendere per qualche ora l’assunzione di cibi gratificanti o le esperienze piacevoli, non lo riporterà al suo stato originario. Il punto è proprio questo: il problema non è la quantità di dopamina, ma l’alterazione del circuito di reward. Come spiega l’autore del video, l’errore in questo ragionamento è proprio immaginare che la quantità di un singolo neurotrasmettitore possa modellare così a fondo il comportamento umano. Per tentare una normalizzazione del circuito di reward, viene consigliato un comportamento puntuale: la gratificazione ritardata, in grado idealmente di ri-settare il circuito di reward, al centro dell’articolo che qui proponiamo.

Eccovi l’articolo:

The neural basis of delayed gratification


6. Elefanti traumatizzati

Comprendere la letteratura del trauma negli animali ci può dare una grande mano nella compressione del trauma nell’uomo. Come leggiamo nell’articolo che qui proponiamo, le strutture antiche del nostro cervello si sovrappongono alle stesse strutture antiche della maggior parte degli animali vertebrati. Le reazioni sono le medesime, nelle stesse situazioni: di fronte a una minaccia percepita come soverchiante, il nostro corpo e il nostro cervello reagiscono seguendo delle traiettorie che per nulla differiscono da quelle adottate, per esempio, da una zebra o un orso: di fronte a una minaccia, il nostro cervello produce una reazione di estremo allarme, a cui seguono due possibili risposte, di fuga o -laddove quest’ultima non sia possibile-di attacco, oppure di collasso nel caso in cui le risposte precedenti non siano state possibili (l’immobilità tonica descritta in questo brillante video o in questo articolo ). Sul PTSD, come viene descritto in questo articolo, esiste una controversia scientifica per comprendere se e in che modo il disturbo esista anche negli animali: non tanto quindi la reazione al trauma, quanto tutto ciò che al trauma consegue, che nell’uomo appare così difficile da lasciare andare. Gli autori fanno riferimento  a questo lavoro (piuttosto recente), che cita diversi altri lavori fondamentali (come questo e ancora di più questo), e all’interno del quale gli autori osservano come un animale spaventato produca meno prole e questo aumenti la quantità di vegetazione su un determinato territorio (in questo senso viene usata la formula “ecologia della paura”). Al di là di questo, l’articolo sintetizza lo stato attuale degli studi sul trauma negli animali. Interessante.

Eccovi l’articolo:

Do Wild Animals Get PTSD?


7. Tutto sul self-talk!

Il linguaggio interno è da sempre oggetto della ricerca in ambito di psicologia clinica, in primis della psicologia evolutiva. Il celebre Vygotskij considera il linguaggio interno -nei bambini- come uno strumento auto-normativo, un modo di autoregolarsi in una fase di crescita rapida.
Dalla pagina Wikipedia dedicata alla voce “discorso interno”, apprendiamo che lo stesso Vygotskij descrisse il linguaggio interno in modo fenomenologicamente puntuale:
“Essendo un linguaggio soggettivo “per sé stessi”, ipotizzando una sua registrazione risulterebbe incomprensibile a chiunque, in quanto formato da estreme abbreviazioni, sintatticamente formato da soli predicati in quanto il soggetto è dato per scontato, ricco di cambi di paradigma “ipertestuali” con immagini o fantasie esclusive”
Il self-talk, il parlare a sé, è però clinicamente rilevante anche in molteplici altre aree del lavoro dello psicoterapeuta: pensiamo al self-blame del paziente depresso, o al rimuginio incessante del paziente ossessivo.
L’articolo che qui proponiamo è un approfondimento su questo “fenomeno“ della psicologia umana, preso in modo trasversale. Si tratta di una review di 100 articoli selezionati, incentrati sul tema, “scansionati” e analizzati per capire quali fossero i punti più importanti in comune. Da questo lavoro gli autori estrapolano prima di tutto una categorizzazione del self talk (buono/cattivo, libero/orientato al compito, strategico, etc.), quindi passano in rassegna gli articoli partendo da questa iniziale, grande divisione in categorie, fornendo alcuni spunti estremamente interessanti (per esempio propongono di parlare non tanto di self-talk buono o cattivo, ma di self-talk “facilitante” o “disabilitante”).
Ne risulta una concettualizzazione del self-talk legata a doppio filo al tema della -di nuovo- metacognizione: la funzione del self-talk, sarebbe una funzione regolativa (il che ci riporta alla teoria iniziale di Vygotskij, per la quale il linguaggio interno avrebbe una funzione normativa -autoregolativa appunto). L’articolo contiene molto, molto altro, e costruisce infine un modello “totale” (qui riassunto).

Eccovi l’articolo:

Self-Talk: An Interdisciplinary Review and Transdisciplinary Model


8. 10 anni in più

È di recentissima pubblicazione su The Lancet un articolo che indaga le conseguenze in termini cognitivi del Long Covid: a quanto pare, nei soggetti colpiti da Covid e portatori di sintomi “di lunga durata” (Long Covid, appunto), vi sarebbe un abbassamento del livello di performance congnitiva paragonabile ad aver subìto un invecchiamento di 10 anni di età. Il problema del Long Covid è ancora poco esplorato, e necessità nei prossimi anni di essere compreso a fondo (si veda per esempio questo lavoro su Nature: https://doi.org/10.1038/s41467-023-39193-y)

Eccovi l’articolo:

The effects of COVID-19 on cognitive performance in a community-based cohort: a COVID symptom study biobank prospective cohort study


9. Dal digiuno intermittente alla dieta mima-digiuno: conoscere il lavoro di Valter Longo

Uno dei nostri riferimenti in termini di fonti, è sicuramente il portale Found My Fitness curato da Rhonda Patrick, che approfondisce diversi aspetti inerenti il benessere psico-fisico. I contenuti sono sempre di estrema qualità. Sulla pagina inerente il tema del digiuno, troviamo diversi riferimenti autorevoli: sappiamo che lavorare sull’alimentazione ha ricadute a cascata sul benessere psichico (gli studi sulla psichiatria dello stile di vita ce lo ricordano). Tra questi lavori, è citato un lavoro a proposito del cosiddetto programma mima-digiuno, una tipologia peculiare di dieta, che possiamo approfondire sulla pagina personale di Valter Longo, un ricercatore e professore italiano naturalizzato statunitense riferimento internazionale sul tema della longevità e ideatore della dieta, appunto, “mima digiuno”. Questa tipologia di dieta prevede un peculiare regime alimentare fatto a cicli (qualche giorno al mese), con caratteristiche peculiari (qui un esempio: https://www.abiby.it/magazine/beauty-news/dieta-mima-digiuno/). Nell’articolo che riportiamo, un approfondimento sui suoi benefici, e un’introduzione alla tematica.

Eccovi l’articolo:

Fasting-mimicking diet and markers/risk factors for aging, diabetes, cancer, and cardiovascular disease


10. Articolo Storico!! Un parco per i topi

Se parliamo di addiction e dipendenza, non possiamo prescindere dal lavoro sugli ambienti arricchiti e dagli esperimenti di Bruce Alexander negli anni ‘70. Questo sperimentatore indagò la compulsione a consumare una determinata sostanza nei topi, quando questi fossero inseriti in un contesto più o meno “ricco” in termini di stimoli ambientali.
Alexander propose un’ipotesi innovativa: la dipendenza da sostanze non sarebbe consistita principalmente nel “legame chimico”, ma piuttosto sarebbe stata causata dalle condizioni di vita stressanti e deprivanti in cui l’individuo si fosse trovat*. Per verificare la sua teoria, Alexander creò -per le cavie- un ambiente chiamato Rat Park, uno spazio più ampio e stimolante, con cibo abbondante e la presenza di altri topi di entrambi i sessi nella stessa gabbia. Le cavie avevano accesso a giochi, svago e possibilità di riproduzione e cura dei cuccioli, creando un ambiente simile a quello naturale dei topi.
Nel Rat Park le cavie, che precedentemente avevano sviluppato dipendenza da morfina (in esperimenti tradizionali), mostravano una minoranza di preferenza per l’acqua con morfina. Come a dire: un deterrente naturale per lo sviluppo di addiction, sembrava essere il “senso di connessione” e la quantità di stimoli presenti nell’ambiente stesso.

Eccovi l’articolo:

The effect of housing and gender on morphine self-administration in rats.

Qui per iscriverti!

Article by admin / Generale

23 August 2023

DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO

di Raffaele Avico

Abbiamo già parlato su questo blog (e ampiamente su PopMed) dei rischi connessi alla sovra-esposizione mediatica e alla dipendenza da smartphone, di come il tutto sia ampiamente sottovalutato e di come il fenomeno stia frammentando la possibilità di immergersi verticalmente in un task.

Sempre più diviene centrale per chi si occupa di salute mentale, ragionare sui rischi dell’overload cognitivo, sulla tossicità della sovra-esposizione e sul tema dell’ecologia della mente (ovvero il rispetto e la tutela dell’”ambiente mentale”).
Negli ultimi tempi sembra essere particolarmente complesso inoltre, per gli individui, soffermarsi con il pensiero entro quello che viene definito default mode, uno stato di assenza specifica di task cognitivi, funzionale però all’auto-narrazione e alla libera associazione a riguardo del Sè (tanto da essere stato definito il “centro di gravità del cervello”), tutti processi fondamentali per costruire narrative funzionali all’Io e complessificare la personalità, storicizzandola, dandole un senso narrativo. Ne abbiamo parlato qui.

In media controlliamo il nostro cellulare (questo negli USA, ma è plausibile pensare che in Italia la situazione sia simile) più di 350 volte al giorno. Spesso l’uso del telefono viene mosso dall’apertura di un qualche social network, alla ricerca di una gratificazione momentanea, che sia una notifica o un messaggio. Tutto questo ha da un lato un fortissimo potere dipendentogeno, dall’altro rischi per la salute mentale sempre più ricercati e studiati. Questo lavoro, particolarmente approfondito e commissionato da centri di eccellenza mondiali (MIT, Bocconi), rappresenta il lavoro più corposo finora prodotto sull’impatto dei social network sulla salute mentale osservato su un campione di studenti, ottenendo risultati impressionanti, in particolare relativamente a Facebook. Parliamo di un degradamento generale della qualità della salute mentale, indotto anche da “comparazioni tossiche” tra individui giovani.

Recentemente è stato inoltre pubblicato un articolo che indaga il concetto di “salienza” in relazione allo smartphone.
Il punto di questo studio era dimostrare come la semplice presenza del telefono nei pressi di un individuo, fosse in grado di assorbire una quota significativa delle sue capacità cognitive, di fatto diminuendole. Si tratta di uno dei primi studi che indagano l’effetto della semplice presenza dello smarphone sulle capacità cognitive e attenzionali di un individuo, senza che necessariamente vi sia un altro compito da svolgere o un’interazione fisica con il telefono. Inoltre, gli autori sottolineano che l’effetto pare presentarsi anche nella consapevolezza a riguardo dello spegnimento del telefono stesso, o con lo schermo non visibile, cosa che dovrebbe farci ragionare sul potere che questo oggetto ha nel contesto delle nostre vite quotidiane. Sembrerebbe esistere una sorta di bisogno “sub-cosciente” di “monitorarlo”. Concludono con un consiglio chiaro: “however, our data suggest at least one simple solution: separation”.

La dispersione di energia mentale, che fa da preambolo al senso di esaurimento/overload cognitivo, dipende da 3 processi principali:

  • il lavoro implicito di scrematura e differenziazione tra stimoli che costantemente facciamo per poter mantenere il focus. Il cervello, come sappiamo, è già di suo un filtro in grado di portare alla nostra attenzione pochi stimoli alla volta per ragioni di adattamento; bombardarlo in modo continuo di stimoli ridondanti e chiassosi, rende il lavoro di filtraggio ancora più faticoso e frustrante.
  • la fatica della scelta continua, dell’eccesso di stimoli tra cui scegliere, rappresenta un problema per ora sotto-soglia, non ancora pienamente indagato; ne scrive anche Pietro Minto in questo libro che abbiamo recensito di recente citando il concetto di FOMO (fear of better options), il timore relativo al fatto di aver fatto la scelta migliore in un mondo di possibilità di consumo pressoché infinite
  • tradire costantemente la nostra attenzione con altro (come durante la lettura, l’impugnare e sbloccare il telefono) ci condanna al continuo bisogno di ri-focalizzarci su ciò che stavamo facendo “prima” di distrarci; questo è di per sé uno sforzo cognitivo, un task mentale. Il tema qui è complesso poiché esistono aspetti emotivi implicati nel fenomeno, dato che siamo meno portati a distrarci tanto più il compito è per noi stimolante. Il problema è che, in questo senso, solamente i compiti per noi massimamente edificanti in termini emotivi saranno in grado di coinvolgerci al punto da impedirci movimenti di distrazione: il risultato è che tutto ciò che non è per noi “centrale” rischia di disperdersi, con meno possibilità da parte nostra di essere contaminati da qualcosa di altro. Se mettiamo questo fenomeno insieme a quello delle bolle informative create dagli algoritmi, capiamo facilmente come tutti noi si rischi di “radicalizzarci” sempre di più su isole di contenuto “nostre”, senza associazioni libere, contaminazioni e scoperta di “altro”. É come sottoporsi a una Cura ludovico con i nostri stessi contenuti, tutto il giorno, auto-bombandardoci il cervello con contenuti in grado di “fittare” benissimo con ciò che già sappiamo, radicalizzandoci appunto.

Valerio Rosso nel suo recente libro PSIQ (https://www.psiq.it) ne parla in modo diffuso, introducendo un concetto interessante, il DDPA (Disturbo da Diffusione Patologica Dell’Attenzione), approfondito ulteriormente da un video che riportiamo in calce all’articolo.
Con l’autorizzazione dell’autore, riportiamo un breve estratto da questo volume, un passo incentrato appunto sul tema “sequestro dell’attenzione”:

[..]

Bene, adesso vi spiegherò come gli Smartphone, i Social Network ed il Gioco d’Azzardo ci rubano il Tempo, l’Attenzione e diminuiscono la nostra Versatilità, allo stesso modo di come accade quando usiamo in maniera problematica una sostanza d’abuso come l’eroina o l’alcol (379).

Il Tempo a nostra disposizione e la capacità di direziona e mantenere l’Attenzione su attività produttive, che ci appassionano e che ci fanno crescere, è il vero punto cardine della nostra Vita.

Leggendo psiq penso che abbiate capito che esistono disturbi mentali particolarmente subdoli ed invalidanti che vanno a compromettere proprio la nostra attenzione (oltre ad altre funzioni) come l’ADHD e anche, in parte, il Disturbo Bipolare.

In realtà negli ultimi anni, con la diffusione di massa degli smartphone e dei social media, si sta facendo strada una condizione patologica della nostra mente che, in realtà, non ha ancora un nome su cui gli scienziati concordano, ma che io ho chiamato “Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione” (“DDPA”) (380).

In quest’era digitale siamo tutti a rischio di sviluppare un “Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione” (“DDPA”) perché intorno a noi si stanno sviluppando delle condizioni fortemente favorenti questo problema.

Infatti siamo tutti oggetto di Campagne di Marketing che cercano di attirare la nostra attenzione (nel Mondo Reale, sul web e sui Social Media) ed inoltre la crisi economica, le Guerre, i Cambiamenti Climatici e la perdita di spiritualità e di valori solidi stanno portando l’umanità ad una sorta di Depressione Esistenziale che necessita di essere lenita. Che cosa sta accadendo, quindi, nel nostro attuale Mondo, che si sta anche caratterizzando per una velocità eccessiva, richieste di performance elevatissime e dalla presenza del digital che è una fonte enorme di connessione, di contenuti accattivanti e di opportunità sensoriali?

Le conseguenze di tutto ciò sono state una moltiplicazione dei cosiddetti attrattori di attenzione che assorbono e diffondono la nostra attenzione con conseguenze non ancora completamente chiare sul piano psicopatologico.

Il concetto di diffusione patologica dell’attenzione, che poi, in termini pratici, si traduce in un sequestro del nostro limitato capitale attentivo, è un fenomeno noto da diverse decine di anni, in sostanza da quando l’Umanità ha iniziato ad utilizzare mezzi e media che hanno potenziato e facilitato la comunicazione, negli anni ’60 e ’70.

“Superficialità”, purtroppo è questa una delle conseguenza di una diffusione costante della nostra attenzione, sequestrata da mille attrattori digitali, reali ed intrapsichici, che a fatica ce la restituiscono.

Andando avanti in questo ragionamento possiamo affermare che la diffusione patologica della nostra attenzione nel mondo digitale ed in quello reale iper- accelerato, favoriscono la costante presenza di ansia e rimuginazione.

Perché tutto questo?

L’ansia e la rimuginazione, intese in senso “classico”, erano sostenute da processi psicopatologici di tipo implosivo, ovvero che spesso affondavano le loro radici in una sorta di deflessione dell’osservazione verso il nostro interno a scapito della realtà esterna; spesso rappresentano dei veri e propri bias interpretativi dei dati in nostro possesso.

Ansia e rimuginazione sono emersi e si sono diffusi tra le persone come entità psicopatologiche nel corso di tutto il ‘900.
Allo stato attuale ansia e rimuginazione sono ancora molto presenti tra le persone nel mondo occidentale iper- accelerato e digitalizzato, ma non più come entità patologiche ma come segni e sintomi del Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione. Inoltre queste forme di ansia e di rimuginazione assumono una valenza esplosiva, ovvero diretta completamente verso l’esterno (381).

Nel momento in cui il nostro capitale di attenzione è completamente depauperato la nostra mente subisce una sorta di Effetto “colapasta”, ovvero la dispersione dell’attenzione rende la nostra mente simile ad un “colapasta” che non trattiene le informazioni per il tempo sufficiente alla loro elaborazione e questo ci impedisce di soffermarci sulle memorie e sui dati sensoriali, generando sensazioni di incertezza, allarme e disagio scarsamente definibili (382).

Quali potrebbero essere, quindi, le conseguenze cliniche ed esistenziali del DDPA?

Di seguito riporto una tabella riassuntiva dei più probabili sintomi e segni che potrebbero caratterizzare un disturbo costante della capacità di portare attenzione secondaria ad una costante diffusione (leggi “depauperizzazione”) dell’attenzione stessa:

  • Ansia e Rimuginazione.
  • Attacchi di Panico.
  • Disturbi da desiderio sessuale, anorgasmia.
  • Difficoltàrelazionali.
  • Difficoltà di apprendere nuovi task.
  • Anedonia e Alessitimia.

Per poter provare sentimenti autentici, vivere le nostre passioni e scrivere il nostro futuro abbiamo bisogno di riuscire a soffermarci sulle cose, di focalizzare i nostri pensieri e le nostre azioni, in poche parole abbiamo bisogno di poter disporre della nostra attenzione. Se questa qualità della nostra cognizione ci viene sottratta, proprio perché diluita e diffusa in plurime direzioni, rischiamo di perdere il motivo per cui la vita vale la pena di essere vissuta: la nostra possibilità di autodeterminarci e di essere liberi.

[…]

PSIQ è disponibile al link www.psiq.it. Qui invece il video prima citato, per approfondire:

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NB: “POPMED”, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO A TEMA “PSI”, A PAGAMENTO. Qui per iscriverti

Article by admin / Generale

12 August 2023

LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO

di Raffaele Avico

Abbiamo intervistato Emiliano Toso a proposito della terapia espositiva. Emiliano è uno psicoterapeuta di Rovigo, e da anni approfondisce il tema “esposizione” pubblicando articoli di ricerca e saggi.

A fine di questo articolo pubblichiamo una bibliografia ragionata consigliata dallo stesso Toso, per chi volesse approfondire la questione.

L’esposizione, il lavoro in psicoterapia con la terapia espositiva, ha un razionale storicamente semplice: promuovere da parte del paziente l’abituazione a uno stimolo fobico, qualunque esso sia e dovunque (all’esterno o all’interno del paziente) esso si trovi. Parliamo quindi di problemi di tipo fobico, ma anche di disturbo ossessivo-compulsivo e di PTSD.

Il PTSD, come sappiamo, deriva da un processo di apprendimento, e dalla difficoltà estrema di elaborare alcuni stimoli/ricordi; il corpo di un paziente con sindrome post-traumatica, è un corpo che ha appreso l’allarme, e vive nella minaccia di quello che potrebbe capitare all’esterno, così come nella paura di ricordare/rivivere l’evento traumatico stesso. La stessa terapia EMDR potrebbe essere pensata come una terapia espositiva, dato che conduce il paziente a un’esposizione diretta nei confronti dei percetti più pesanti, i ricordi post-traumatici più vividi.

Come ci spiega Toso in questo video, la teoria classica basata sull’abituazione, ha recentemente lasciato spazio ad altri, più innovativi modi di condurre una terapia basata sull’esposizione: parliamo di un filone di lavori sviluppato da una pioniera nell’ambito, Michelle Craske, che prende il nome di “apprendimento inibitorio”. Non si tratterebbe cioè di abituare il paziente allo stimolo fobico fino a che questo non procuri più la cosiddetta fear response: il tallone d’achille di questo modo di lavorare, come ci spiega Toso nel video, è che la paura tende a ritornare, anche dopo poco tempo, e che cambiando contesto l’allarme si presenterà allo stesso modo, come se la paura non fosse veramente “estinta”. Nel modello di apprendimento inibitorio sviluppato da Craske (che abbiamo qui sintetizzato) l’obiettivo è produrre delle memorie “antagoniste” a quelle già apprese (e problematiche), in modo che le prime possano inibire le seconde.

Nella formazione di queste memorie alternative, esistono dei fattori facilitanti o ostacolanti, che Toso ci spiega nell’intervista (per esempio, è stato osservato che la qualità del sonno, così come lo stato del microbiota del paziente, possano favorire o ostacolare il processo di apprendimento inibitorio).

Toso cura da anni un gruppo Facebook dedicato, qui raggiungibile. Per approfondire.

Ecco l’intervista:

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Bibliografia ragionata:

  • Toso E. (in pubblicazione). Verso una terapia espositiva di precisione. Dalla scienza dell’estinzione della paura alla clinica. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Toso E. (2019). La seconda giovinezza dell’esposizione: nuovo modello concettuale e nuovestrategie operative. Cognitivismo Clinico 16, 2, 159-174.
  • Toso E. (2021). La seconda giovinezza dell’esposizione. Modello concettuale e modalità operative. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Toso E., Craske M.G., Treanor M., Conway C., Zbozinek T., Vervliet B. (2016). Massimizzare la terapia di esposizione: Un approccio basato sull’apprendimento inibitorio. Cognitivismo Clinico 13, 2, 103-133. Tr. it. Craske M.G., Treanor M., Conway C., Zbozinek T., Vervliet B. (2014).Maximizing exposure therapy: an inhibitory learning approach. Behaviour Research and Therapy 50, 10-23.
  • Toso E. (2022). Dallo studio sull’estinzione della paura verso una terapia dell’esposizione personalizzata. Pionieristiche considerazioni. Cognitivismo Clinico 19, 1/2, 107-130.
  • Toso E., Agnoletti M., Carlo E., Vicentini M. (in pubblicazione). Una nuova realtà virtuale per una nuova terapia di esposizione. Pionieristiche considerazioni. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale.
  • Craske M.G., Hermans D., Vervliet B. (2018). State of the art and future directions for extinction as a translational model for fear and anxiety. Philosophical Transactions B 373, 1742.
  • Craske M.G., Sandman G.F., Stein M.B. (2022). How can neurobiology of fear extinction inform treatment? Neuroscience and Biobehavioral Reviews 143, 104923.
  • Craske M.G., Treanor M., Zbozinek T.D., Vervliet B. (2022). Optimizing exposure therapy with an inhibitory retrieval approach and the OptEx Nexus. Behaviour Research and Therapy 152, 104069.

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NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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8 August 2023

NIENTE COME PRIMA, DI MANGIASOGNI

di Raffaele Avico

Niente come prima è un libro sulla salute mentale. Racconta le vicende di due ragazzi di all’incirca 25 anni, alle prese con la delicata fase della svincolo dalla famiglia di origine. Edoardo e Rebecca, cresciuti nello stesso paesino di provincia, vivono in due grandi città, presi ognuno da angosce e paure diverse. Rimandiamo a chi voglia leggere il libro il resto della trama, cercando qui di trarne alcuni spunti di riflessione:

  1. il libro è ambientato in luoghi di fantasia: città di fantasia, quartieri e fermate della metropolitana di fantasia: questo rende universale, metafisica la vicenda, un po’ come nei libri di Dino Buzzati, anch’essi ambientati in luoghi irreali, utilizzati a fare da cornice a vicende tutte interiori/psicologiche
  2. le vicende raccontate nel libro procurano un estremo senso di rispecchiamento: si ha l’impressione che ciò che accade ai protagonisti, possa accadere a chiunque di noi in qualsiasi luogo, e soprattutto nell’epoca attuale. É in fondo un libro sulla società dell’oggi: le vicende di Edoardo e Rebecca raccontano di una generazione di neo-laureati alle prese con un mondo del lavoro ossessionato dalla produttività, nelle mani di manager e figure adulte nevrotiche e aggressive, vissute dai ragazzi in modo persecutorio. Spesso viene descritto il senso di incomunicabilità tra una generazione (quella degli adulti) ferma a una rappresentazione ormai superata di una società basata sull’equazione impegno=risultato, e la generazione dei giovani, costantemente interconnessi in modo virtuale ma estremamente soli,  spaventati dalle richieste degli stessi adulti -poco in grado di comprendere a fondo una società all’apparenza troppo veloce
  3. Procedendo nella lettura del romanzo viene spontaneo chiedersi quanto il problema si strutturi all’interno dell’individuo (pensiamo per esempio a Edoardo) o quanto al suo esterno. Il problema sembra essere: il senso di spaesamento e impotenza di Edoardo, dipende dalla sua difficoltà di esporsi a un mondo troppo aggressivo, o è la società stessa, con le sue richieste, a essersi trasformata in qualcosa di mostruoso/inarrivabile? L’autore sembra porre maggiormente l’accento su questa seconda opzione: il libro raccoglie in sé molti dei messaggi lanciati da Mangiasogni (l’autore) sulla sua pagina instagram, con pesanti critiche al concetto di superlavoro, di hustle culture (ne avevamo parlato qui), al rischio di overload cognitivo, al bisogno costante di performare. Come avevamo scritto a proposito del lavoro di Byung Chul Han, nella “società della performance” la pressione alla performatività sembra essere così tanto pervicace, così tanto interiorizzata, da diventare una parte interna dell’individuo, costretto ad auto-sfruttarsi e portato ad autopunirsi.
  4. Edoardo, giovane professionista vessato/mobbizzato dal suo capo in una blasonata azienda della “city”, vive una vita come “dissociata in verticale”: la sua settimana si struttura in modo routinario, con i giorni della settimana spesi alienandosi al lavoro e il weekend trascorso al paesino di origine, dedicato a quelli che definisce “rituali riumanizzanti”. Interessante la presenza di figure genitoriali putative (la professoressa del liceo, il macellaio), veri e propri “sacerdoti del passaggio”, punti fermi utili a Edoardo nella sua tempesta emotivo/esistenziale inerente il suo processo di svincolo. Il passaggio dal paese/famiglia di origine al contesto città/vita adulta viene eseguito per step, in modo graduale.
  5. Quello che accomuna i due giovani, Edoardo e Rebecca, sembra essere il peso delle aspettative proiettate su di essi dai genitori: Edoardo vive la sua vita come una sorta di riscatto vissuto per interposta persona eseguito dai suoi genitori; Rebecca ha aderito docilmente alle indicazioni della madre a riguardo di quella che avrebbe dovuto essere la sua vita professionale. C’è dunque il tema dello svincolo, di nuovo, intrecciato però alla questione “aspettative genitoriali”. A un certo punto del romanzo, la scelta di fronte a Edoardo sembra essere senza scampo, una sorta di doppio legame senza vie di uscita: da un lato l’alienazione della città, dall’altra la regressione del paese/ambiente genitoriale; in questa situazione di stallo, la figura di Raudo sembra rappresentare, per un po’, una terza via percorribile: la creazione di qualcosa di proprio, la modalità “imprenditoriale” vissuta come possibilità di svincolo/affermazione. Per quanto riguarda Rebecca, sarà la morte della madre a consentirle, finalmente, di riappropriarsi della sua individualità, pur nel paradosso di una libertà ottenuta a prezzo di un lutto.
  6. Il “mostro” che compare nelle vite dei due giovani, è la rappresentazione figurata di una parte interna dei protagonisti, che emerge quando questi riescono ad “abbassare un po’ le difese” in modo da lasciarla esprimere. In esso vengono incarnati i dettami del sistema famiglia (devi fare quello che ti diciamo, non devi tradirci) e del sistema società (devi produrre, se vuoi puoi, è colpa tua se non sai cosa fare della tua vita), un senso di colpa invincibile, la “tensione verso l’aggressione” degli altri e di sè.
  7. non esiste un verso scontro generazionale, tuttavia: i ragazzi sembrano “orfani”, ovvero, percepiscono le generazioni precedenti come non in grado di comprendere la velocità e le pressioni del mondo attuale. In questo romanzo le figure adulte tentano di “vendere” un’idea di realtà, una rappresentazione di “come dovrebbero andare le cose” che ai ragazzi sembra anacronistica; a tratti si ha anche l’impressione che questi ultimi non vogliano comprarla, quell’idea di mondo, rifiutandola a priori, “per una questione di principio”. Questa frattura, il sentirsi orfani, questo scollamento getta i ragazzi in un vuoto di senso, in un deserto senza segni e simboli all’interno del quale sembra impossibile visualizzare un orizzonte (o un futuro). Allo stesso tempo, i surrogati e i diversivi offerti dall’iper-produzione mediatica, dal continuo esporsi al confronto sociale attraverso internet, sembrano solo voler capitalizzare su quello stesso disagio, acutizzandolo. Sembra esserci un’unica cosa da fare: chiedere aiuto, dare un nome al malessere, narrarlo.
  8. Troviamo un po’ ovunque alcune altre tematiche estremamente attuali: l’eco-ansia (paura del futuro/paura dei disastri ambientali), la fomo (paura di perdere occasioni) e soprattutto la pervasività degli input mediatici, così come il confronto sociale e le emozioni negative ad esso collegate.

Nel complesso, il romanzo di Mangiasongi descrive una realtà dai tratti distopici che potrebbe tranquillamente essere la quotidianità per un qualunque “stagista” di una grande città come Milano o Torino. È nel suo insieme una profonda critica alla hustle culture, al culto per la performance, alla tendenza a disumanizzare, descrive lo stallo della “classe disagiata” e soprattutto il senso di tradimento vissuto da una generazione che sembra aver perso fiducia nelle promesse fatte dalle figure adulte.

Qui Niente come prima su Amazon.

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NB Sul blog sono presenti alcuni “serpenti di articoli” inerenti disturbi specifici. Dal menù è possibile aggregarli intorno a 4 tematiche: il disturbo ossessivo compulsivo (#DOC), il disturbo di panico (#PANICO), il disturbo da stress post traumatico (#PTSD) e le recensioni di libri (#RECENSIONI)

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26 July 2023

NASCE IL “GRUPPO DI INTERESSE SULLA PSICOPATOLOGIA” DI AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione)

di Raffaele Avico, Costanzo Frau

L’AISTED ha di recente promosso la creazione di un gruppo di ricerca e studio a proposito della psicopatologia, ispirato da e incentrato sull’opera e i concetti promossi da Henri Ey. Il gruppo di lavoro proporrà un lavoro di divulgazione e approfondimento sul tema della psicopatologia in chiave Neo-jacksoniana, coinvolgendo esperti in interviste, lavori, link ad articoli, etc,., che verranno resi disponibili all’interno della pagina di AISTED dedicata. Il primo incontro sarà con Giuseppe Craparo, in ottobre.

Ne pubblichiamo qui di seguito la presentazione.

Milano, luglio 2023

Questo gruppo di discussione e interesse nato in seno all’Associazione per lo Studio del Trauma e della Dissociazione (AISTED), si propone di raccogliere i contributi teorici ed esperienziali di un gruppo di individui interni ed esterni ad AISTED, a proposito del “problema” psicopatologico inerente il trauma e la dissociazione.

Cosa causa un evento dissociativo? Cosa causa una sindrome post-traumatica?

All’interno di questo gruppo di interesse cercheremo di mettere insieme e integrare alcuni aspetti teoretici, per tentare di ottenere una visione più chiara sulla teoria patogenetica della dissociazione e del trauma. 

Per fare questo coinvolgeremo esperti e studiosi del settore, e adotteremo riferimenti teorici d’avanguardia e più antichi (ma che riteniamo altrettanto attuali).

In particolare, adotteremo una prospettiva neo-jacksoniana, chiarificata in alcuni punti che qui elenchiamo:

  1. I punti teorici da cui muove la creazione di questo gruppo di lavoro, riguardano il modo di concepire la psicopatologia inerente il trauma; prima di arrivare al trauma, è opportuno tentare di comprendere come funzioni il complesso cervello-mente. Decidiamo di adottare una prospettiva neo-jacksoniana, pensando al complesso cervello-mente come regolato da logiche gerarchiche di funzionamento, con funzioni mentali superiori in grado di modulare e ricadere su quelle inferiori, aree cerebrali deputate a regolare altre aree, come nella concettualizzazione originaria formulata da John H. Jackson.
  2. Focalizzare l’attenzione sul complesso cervello-mente introduce la questione della necessaria integrazione tra interventi di tipo top-down, e gli interventi aderenti a una logica bottom-up. È possibile pensare che il complesso mente-cervello sia mosso da logiche di regolazione “dall’alto verso il basso” come appare, per esempio, quando in un lavoro di psicoterapia si lavora per dare un senso cognitivo a emozioni poco regolate in un paziente. É altrettanto plausibile osservare logiche di regolazione “dal basso verso l’alto”, quando attraverso esercizi mirati sul corpo (la respirazione, per esempio, o le tecniche di psicoterapia sensomotoria) si aiuti il paziente a modificare la forma dei propri pensieri a partire dallo stato del corpo. Entrambi gli interventi possono essere utilizzati nella psicoterapia.
  3. Le logiche di regolazione, si applicano anche a quelle di disregolazione: in senso top-down, una dominanza di cognizioni problematiche avrà una ricaduta sul corpo; una corporeità disregolata (pensiamo per esempio al corpo di un sopravvissuto a un trauma) avrà un effetto sulla forma dei pensieri, così come delle emozioni di un certo paziente. Promuovere, anche qui, un lavoro di bilanciamento e di auto-regolazione del complesso cervello-mente, non può che favorire il processo di benessere psicologico.

La prospettiva neo-jacksoniana, nel promuovere un certo modello di mente, è stata promossa dai lavori di Henri Ey, che questo gruppo di lavorò tenterà di mettere in luce e divulgare.

Qui per andare alla pagina dedicata al progetto.

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15 July 2023

Psychedelic Science Conference 2023 – lo stato dell’arte sulle terapie psichedeliche 

di Jonas Di Gregorio

Dal 19 al 23 giugno 2023 ho avuto occasione dipartecipare alla Psychedelic Science Conference, un congresso internazionale sugli psichedelici che si è tenuto a Denver negli Stati Uniti, organizato da MAPS, la Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies.

All’interno del Colorado Convention Center, oltre al teatro e alle sale in cui si sono svolte le presentazioni, erani presenti:

  • un’area espositiva con oltre un centinaio di stand tra organizzazioni non-profit, cliniche private, retreat centers, case editrici, società quotate in borsa, centri di formazione, università, piattaforme online, laboratori di sintesi farmaceutica, progetti di riduzione dei rischi, fondazioni, studi legali e via dicendo.
  • un padiglione, chiamato Deep Space, con istallazioni artistiche, dipinti, workshops e altro, con l’atmosfera di un festival stile Burning Man
  • una rassegna di cinema con film e documentari come ad esempio The Way of the Psychonaut, Better Living Through Chemistry, Ayahuasca Diaries, How to Change your Mind, Descending the Mountain.

I primi due giorni sono stati internamente dedicati a workshop di vario tipo che hanno registrato il tutto esaurito, come ad esempio:

  • Guidare sessioni di psicoterapia con la psilocibina
  • Introduzione alla Psilocibina come strumento nello sviluppo personale e spirituale
  • Introduzione alle terapie psichedeliche per il trattamento delle dipendenze
  • Psicoterapia assistita da psichedelici
  • Integrazione psichedelica e riduzione dei rischi nella pratica clinica
  • Respirazione Olotropica
  • Terapia Psichedelica e Veterani

Il programma del convegno era consultabile anche tramite una app dedicata, psysci23, scaricabile sul cellulare.

Presso lo stand di MAPS all’ingresso del padiglione espositivo erano presenti autori come ad esempio Micheal Pollan (Come cambiare la tua mente), Bessel Van Der Kolk (Il Corpo Accusa il Colpo), Bill Richards (Sacred Knowledge), Rachel Nuwer (I Feel Love), Charlie Wininger (Listening to Ecstasy), Ben Sessa (The Psychedelic Renaissance), e Stanislav Grof (Respirazione Olotropica, Psicologia del Futuro, La Mente Olotropica, L’Ultimo Viaggio, Quando Accade l’Impossibile, La Via dello Psiconauta, LSD – l’Innovativa Ricerca Psichedelica nei Reami dell’Inconscio). In alcuni momenti ho visto centinaia di persone in fila per acquistare alcuni di questi libri e richiedere una dedica autografata dall’autore.

La conferenza ha visto inoltre la partecipazione di diversi conduttori di podcast, alcuni dei quali hanno seguito la conferenza in diretta, come ad esempio Psychedelics Today, The New Health Club, Business Trip, Psychedelic Passage, Enhanced Therapy Podcast.

La notizia è stata divulgata negli Stati Uniti da testate giornalistiche e riviste online quali il Washington Post, Bloomberg, Rolling Stone, mentre in Italia ne ha dato notizia Il Manifesto.

Da un punto di vista personale, partecipare a questa conferenza è stata un’esperienza toccante. É stato bello rivedere amici e colleghi con cui ho lavorato in questi anni. Ho percepito un’atmosfera di grande collaborazione tra organizzazione diverse e un clima di grande entusiasmo legato ai risultati promettenti delle ricerche condotte con gli psichedelici in questi anni e il loro possibile impiego nel prossimo futuro per il moglioramento della salute mentale. Risultati e ricerche cliniche suggeriscono in particolare un impiego per il trattamento del PTSD (sindrome da stress post traumatico), della depressione, delle dipendenze da oppiacei, alcool e nicotina, e dell’ansia nei malati terminali.

É stata inoltre una conferma del fatto che le persone interessate a questo argomento stanno aumentando. La prima volta che partecipai alla Psychedelic Science Conference di MAPS fu nel 2017 in California. Ne diede notizia Il Fatto Quotidiano, con un articolo che generò un centinaio di commenti. In quella occasione parteciparono circa 3000 persone. Quest’anno l’evento ha visto la partecipazione di oltre 12000 persone, un record assoluto.

Durante la conferenza ho accompagnato e assistito Stanislav Grof, uno dei pionieri della riserca sull’uso terapeutico degli psichedelici, che il primo luglio 2023  ha celebrato 92 anni. Stan e sua moglie Brigitte hanno condotto, insieme a un team internazionale di facilitatori, un seminario di respirazione olotropica a cui hanno partecipato circa 200 persone. Il terzo giorno della conferenza, ho assistito alla proiezione del documentario “The Way of the Psychonaut”, sulla vita di Stanilsav Grof,  ed è stato toccante vedere le centinaia di persone presenti.

Insieme a mia moglie ho inoltre coordinato nell’area espositiva della conferenza lo stand informativo del Psychedelic Literacy Fund, una iniziativa filantropica che abbiamo lanciato nel 2020 finalizzata a promuovere maggiore informazione sugli psichedelici attraverso la traduzione di libri sulle terapie psichedeliche in diverse lingue. Per quanto riguarda l’Italia ad esempio, alcuni dei libri pubblicati con il supporto di questo progetto sono: LSD l’innovativa ricerca psichedelica nei reami dell’inconscio, La via dello psiconauta, Enteogeni alleati per la rinascita spirituale e Medicina per la coscienza.

Durante l’ultimo giorno della conferenza, abbiamo infine partecipato a un evento di raccolta fondi per lo Zendo Project, un’organizzazione non profit che in occasione di eventi come il Burning Man cerca di trasformare esperienze difficili con gli psichedelici in opportunità di crescita e apprendimento.

La conferenza è stata ricca di contenuti e in ogni momento della giornata si svolgevano circa 11 presentazioni in contemporanea in sale diverse. Sono tantissime le presentazioni a cui non ho avuto modo di partecipare per questo motivo. Fortunamente la maggior parte sono state registrate e saranno pubblicate sul canale YouTube di MAPS, dove sono presenti i filmati delle precedenti edizioni.

Garantire accesso legale alla popolazione a queste terapie richiederà molto lavoro ed enormi investimenti. Le sfide da superare sono ancora molte, dal punto di vista normativo, culturale ed economico. Allo stesso tempo, in questi anni sono emersi molti segnali incoraggianti e la sensazione è che si stia raggiungendo un punto di svolta sia nell’opinione pubblica che all’interno delle professioni mediche. Sono grato di aver partecipato a questo evento storico e sono emozionato di vedere come questo campo si svilupperà ulteriormente nei prossimi anni.

Jonas Di Gregorio, Denver, 25 giugno 2023

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29 June 2023

RENDERE NON NECESSARIA LA DISSOCIAZIONE: DA UN ARTICOLO DI VAN DER HART, STEELE, NIJENHUIS

di Raffaele Avico

Questo articolo è scritto da tre pesi massimi della psicotraumatologia mondiale: Onno Van der Hart, olandese, Kathy Steele, americana, e Nijenhuis, svizzero.

Vuole essere una riflessione sul lavoro da fare con le memorie traumatiche per pazienti traumatizzati gravi, portatori di sintomi dissociativi di tipo “complesso”.

Avere a che fare con pazienti con sintomi dissociativi gravi, significa avere a che fare con pazienti portatori di quello che viene chiamato PTSD complex, non risalente cioè a un trauma singolo, unico, ma a una serie protratta di traumi cumulativi, oppure a uno sviluppo traumatico fin dall’infanzia, per esempio crescendo a contatto con persone abusanti o verso le quali non fu possibile creare legami normali (attaccamenti “sicuri” per dirla con Bowlby). Pensiamo per esempio ai sopravvissuti a torture, a periodi di prigionia, oppure a vittime di violenza domestica protratta.

Come sappiamo, Van Der Hart ha formalizzato nel suo lavoro di ricerca la teoria della dissociazione strutturale della personalità. L’articolo si apre appunto con una breve descrizione della suddivisione in “sottosistemi” biologicamente coerenti costituitisi a seguito dell’esperienza traumatica: una parte rimasta congelata in senso emotivo al tempo del trauma (PARTE EMOTIVA, EP) e una parte chiamata APPARENTEMENTE NORMALE che in senso adattativo fu per così dire obbligata a continuare nel suo percorso di vita, consentendo all’individuo di portare avanti obiettivi di vita o semplice quotidianità.

A proposito di questo viene naturale, come in psicotraumatologia è spesso ripetuto, pensare a un obiettivo finale come inerente l’INTEGRAZIONE. L’integrazione, cioè, si costituisce come il momento finale del lavoro con questo tipo di pazienti, suddivisi, al loro interno, in modalità, “parti” distinte, che dovranno convergere e in qualche modo fondersi.

Questo articolo si concentra su quella che è la fase 2 (nel contesto del modello trifasico), ovvero il lavoro con le memorie traumatiche. Come si fa, in senso concreto, a lavorare con il materiale traumatico depositato nella memoria (implicita o esplicita che sia), del paziente?

Gli autori riportano alcuni punti di interesse:

  1. Janet distinse due tipologie di “azioni integrative”: la SINTESI e gli ATTI DI REALIZZAZIONE. Per sintesi, Janet intendeva l’atto di creare anelli tra pensieri, azioni, emozioni, corpo e mente, la mia vita con l’ambiente intorno a me, etc. Per esempio, un “anello” di congiunzione (dunque un atto di sintesi), potrebbe essere il dirsi “questo pensiero mi compare quando sono molto arrabbiato”, operando cioè una valutazione metacognitiva che consentirà di associare a uno stato emotivo l’emergere di un pensiero. Il creare atti di sintesi, “formando anelli”, costituisce la base per un lavoro più complesso e ampio, che Janet chiamava appunto realizzazione.
  2. La realizzazione, comprende due momenti: la PERSONIFICAZIONE (l’atto di sentire che le mie azioni, i miei pensieri mi appartengono, sono miei), e la PRESENTIFICAZIONE (l’atto invece di arrestarsi sul presente, in senso temporale). Sono questi, in linea di principio, “strumenti” atti a contrastare la tendenza a dissociare dei pazienti con trauma grave, così da condurlo/a idealmente a quello che gli autori chiamano una posizione di “prima persona singolare” (non dunque una molteplicità di parti vissute in terza persona, come differenti da sè, ma un singolo “IO” che coordina tutte le diverse sotto-parti oppure, meglio ancora, una singola parte sfaccettata e fluida in ogni sua manifestazione)
  3. il livello più semplice di dissociazione strutturale della personalità, è quello che comprende “solamente” EP e ANP: si crea, in questo caso, una spaccatura verticale nella personalità dell’individuo, con una parte in grado di adattarsi al contesto, l’altra mossa da logiche di difesa, incentrata su comportamenti difensivi in grado di “oscurare”, “eclissare” gli altri sistemi di difesa.
  4. Quando richiesto, è possibile che la PARTE EMOTIVA si suddivisa al suo interno, creando quella che viene chiamata dissociazione secondaria della personalità. Avremo quindi una singola parte apparentemente normale, e due o più parti emotive “attive” in parallelo. Gli autori chiariscono che questa forma clinica, sembra essere la più comune con pazienti portatori di un PTSD complesso. Inoltre, potremo osservare come una delle EP createsi in seguito alla dissociazione secondaria, potrà essersi identificata all’aggressore, assumendo forme “sadico/abusanti”.
  5. un aspetto da considerare, è il livello di fobia presente verso la parte EP: più il soggetto dimostra di avere paura della sua parte “emotiva” rimasta congelata al trauma, più è ampia la dissociazione strutturale, e più “lontane” le parti, e quindi più grave la sintomatologia post-traumatica
  6. gli autori passano dunque a discutere a proposito dell’importanza della fase 1, della stabilizzazione, prima di iniziare con il lavoro diretto sulle memorie traumatiche. É importante ricordare che la fase 1 è propedeutica alla fase 2: è in ogni caso sempre possibile tornare alla fase 1 quando ci si accorgesse di un tempo ”prematuro” per il lavoro diretto con i ricordi traumatici. Questo è un punto importante: va cioè resa possibile una sorta di oscillazione tra le due fasi, con fasi di evoluzione e possibili fasi di regressione. Ricordiamo i principali strumenti per la fase 1 (stabilizzazione dei sintomi): psicoeducazione, emdr, tecnica del posto al sicuro, psicoeducazione relativamente all’importanza dell’attività fisica, mindfulness guidata, management dei livelli energetici (qualità del sonno, riposo, alimentazione corretta). Tutto questo per far sì che il tono neurofisiologico si mantenga entro la finestra di tolleranza (concetto qui approfondito), per rendere possibile la fase 2 secondo il modello trifasico prima accennato.
  7. Van Der Hart è nell’articolo citato a proposito di uno degli obiettivi principali della fase 2: rendere cioè “non necessaria la dissociazione”. Quando cioè riusciremo a far sì che il paziente accolga e “maneggi” in modo tranquillo il materiale traumatico, senza per questo doversi dissociare, avremo reso non necessaria la dissociazione stessa e fatto grossi passi avanti nel lavoro clinico con questo paziente. Questo consentirà al paziente di passare da una ri-attualizzazione sensomotoria del vissuto traumatico, “incarnata”, “rivissuta”, a una verbalizzazione “solo a parole”, non più incarnata, finalmente simbolizzata e digerita per via linguistica. Gli autori sottolineano come un passaggio di questo tipo lo troveremo grazie a eventi in terapia “nuovi”, clamorosamente “innovativi” per il funzionamento del paziente.
  8. Esistono alcune controindicazioni per la fase 2: in particolare, è necessario fare attenzione al fatto che i criteri relativi alla stabilizzazione siano soddisfatti: in caso contrario non ha senso procedere all’esplorazione delle memorie traumatiche. Inoltre, altri fattori di controindicazione sono: età avanzata, psicosi, disturbo di personalità con abuso di sostanze in atto, oscillazioni troppo estreme tra parte emozionale e parte apparentemente normale, abusi interpersonali in atto.

A seguito di queste premesse, gli autori arrivano infine al vivo della fase 2.

Vediamo cosa propongono.

Gli autori propongono una metodologia chiamata “sintesi guidata”, finalizzata a superare la “fobia delle memorie traumatiche”.

Aspetti preparatori:

  1. fare in modo che il paziente possa essere accompagnato a casa dopo la seduta
  2. fornire maggiore tempo per il recupero del senso di grounding: prevedere dunque colloqui di 1,5 o 2 ore di durata.
  3. chiedere al paziente che ritagli del tempo dedicato a questo tipo di lavoro, dalle sue restanti occupazioni (per esempio chiedendogli di prendere mezza giornata di ferie dal lavoro, cosicchè sia mentalmente libero di dedicarsi all’esplorazione delle memorie traumatiche)

Momenti del lavoro: condividere i “kernel patogeni”:

  1. isolare e riconoscere i pensieri “copertura” con cui il paziente si è narrato, nel tempo, il vissuto traumatico
  2. avviare il paziente alla narrazione dei momenti pre e dopo-trauma, così come i momenti di “inizio e fine” del momento traumatico
  3. avviare il paziente alla narrazione di quelli che vengono chiamati “kernel patogeni”, ovvero i nuclei duri del momento della traumatizzazione, partendo eventualmente anche dall’esercizio del “peggior scenario”, ovvero direttamente dall’immagine più pesante anche solo da “immaginare” da parte del paziente
  4. avviare il lavoro sulle parti, usando immagini di “contatto” tra le parti, e chiedendo al paziente di descrivere la scena, oppure usando la tecnica della tavola dissociativa (immaginando cioè che il paziente sia seduto a capotavola con le sue parti sedute intorno al tavolo, e che dialoghi con ognuna di esse)
  5. queste immagini di condivisione saranno il giusto contesto per far sì che il paziente condivida con il terapeuta le immagini centrali, i “kernel patogeni”, i momenti cioè più pesanti da sopportare e ri- esprimere (qui potrebbe essere valutabile l’utilizzo dell’EMDR come strumento per inframezzare il lavoro, creando delle pause); il tutto in modo “graduale”
  6. aiutare il paziente alla “realizzazione” di quello che è successo, affrontando eventualmente il lutto di ciò che non fu e di ciò che avrebbe potuto essere. Ricordiamo che il lavoro in fase 2 comprende idealmente due momenti: la sintesi e, appunto, la realizzazione

Gli autori fanno poi alcuni cenni alla fase 3 e presentano un caso clinico (durato 5 anni, conclusosi con una completa “realizzazione”), concludendo l’articolo con un invito alla gradualità nel lavoro, all’attenzione verso i “limiti” del paziente in termini di attivazione neurofisiologica, e un ritorno ai prima citati concetti guida del lavoro: sintesi e realizzazione.

CONCLUSIONI

Come si osserva in questo articolo, lavorare sui ricordi traumatici significa tenere a mente 3 concetti chiave “da portare a casa”:

  1. stabilizzare/regolare
  2. narrare
  3. integrare 


..il che equivale a dire che un’esperienza traumatizzante, per essere superata e “consegnata al passato”, dovrà essere tollerata e meglio regolata nei suoi sintomi psichici e corporei, narrata e infine integrata nel normale flusso di ricordi.

Esistono dei manuali che, della fase 2, fanno il loro core teorico. In particolare, da pochi anni è stato pubblicato un volume molto completo, che consigliamo a chi volesse approfondire gli aspetti squisitamente “pratici” del lavoro sulle memorie traumatiche, quando avesse a che fare con pazienti post traumatizzati. Il volume è questo.

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21 June 2023

EMBODIED MINDS: INTERVISTA A SARA CARLETTO

di Raffaele Avico

In questa breve intervista a Sara Carletto viene descritto il lavoro del gruppo di ricerca Embodied Minds, del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, coordinato da Luca Ostacoli. Il gruppo ha anche una pagina Facebook (raggiungibile da qui) e una pagina istituzionale che raccoglie gli ultimi lavori di ricerca, da cui traiamo uno degli obiettivi:

“In particolare, ci concentriamo sull’integrazione all’interno della psicoterapia di tecniche a mediazione corporea come l’EMDR e la Mindfulness. Infine, in Embodied Minds ci dedichiamo allo studio di uno degli elementi intrinseci alla sfera relazionale: la comunicazione. L’obiettivo è studiare e promuovere efficaci forme di comunicazione, soprattutto nel contesto terapeutico (che sia medico o psicologico). Comunicando modifichiamo il mondo intorno a noi e le relazioni in cui siamo immersi. Per comprendere come la relazione moduli il nostro modo di stare, di emozionarci, di funzionare, il nostro gruppo porta avanti le proprie attività di ricerca sviluppando tecnologie innovative e integrando continuamente dati clinici e neurobiologici e lavorando in reti multidisciplinari e internazionali.“

Uno dei temi approfonditi dal gruppo è la depressione, in particolare studiata nelle sue ricadute corporee. Da alcuni componenti del gruppo Embodied Minds è stato pubblicato a questo proposito un lavoro su The Lancet per presentare il progetto Nevermind, rivolto a persone sofferenti di gravi patologie in senso medico, a cui fu chiesto di indossare una maglietta dotata di sensori collegati a un’app da usare su smartphone, in grado di monitorare alcuni parametri inerenti lo stile di vita.
La pagina del progetto Nevermind è questa: come si può osservare il progetto è in linea con un grosso filone di ricerche orientato all’indagine a proposito dei cosiddetti “wearables“, in grado di rilevare dati antropometrici da usare in senso clinico.

Qui l’intervista:
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7 June 2023

Psychiatry On Line Italia: 10 rubriche da non perdere!

di Raffaele Avico

Per POPMed in collaborazione con Psychiatry On Line, abbiamo scelto dall’archivio della rivista alcune rubriche meritevoli di essere “poste sotto osservazione”, particolarmente brillanti nei contenuti portati.

Le rubriche della rivista sono dei “blog interni“, verticali su un solo tema, che raccontano dal punto di vista peculiare di quel particolare esperto, sulla “sua” tematica elettiva: raccolgono alcuni dei nomi/gruppi più autorevoli dell’area “psichiatria/psicoterapia” italiana.

Buona lettura!

  1. CUORE DI TENEBRA a cura di Gilberto Di Petta. Non ha bisogno di presentazioni: uno dei più grandi fenomenologi della scena odierna, racconta la quotidianità di un SPDC della periferia napoletana. In assoluto la rubrica più letta su Psychiatry On Line.
  2. NON SOLO CARTESIO, a cura di Francesco Bottaccioli. Bottaccioli, socio onorario e fondatore della SIPNEI, approfondisce tematiche relative alla socio-psiconeuroendocrinoimmunologia, dettagliando risultati di ricerca e chiarificando il razionale che sta dietro al lavoro della SIPNEI stessa.
  3. FAST FOOD, a cura di Giovanni Abbate Daga. Il prof. Daga dirige il reparto per i DCA delle Molinette di Torino, considerato un centro d’eccellenza per la gestione dei disturbi alimentari in tutta Italia. In questa rubrica tiene insieme gli aspetti più innovativi relativi alla ricerca, e l’elemento umano necessario a gestire problematiche così complesse.
  4. LA FORMAZIONE E LA CURA. Galzigna è stato uno dei fondatori di Psychiatry on Line, epistemologo e fine osservatore della realtà del dibattito scientifico (qui un approfondimento su un suo lavoro).
  5. LA PSICHIATRIA PER BENE. Gerardo Favaretto in questa rubrica intervista molti nomi di punta della psichiatria nostrana, e apre un “diario” a proposito dei servizi di salute mentale in corrispondenza della pandemia da Covid19, nella prima metà del 2020.
  6. I MEDICI-GAY ed i pazienti LGBT di ogni medico!. Abbiamo già citato su POPMed Manlio Converti, che da tempo si spende (e lo fa anche in questa rubrica) per divulgare le tematiche LGBTQIA+, inserendole nella cornice “salute mentale”. Particolarmente interessante vista la preparazione dello stesso Converti.
  7. I PORTI APERTI. Una rubrica che illustra dall’interno il lavoro degli operatori IESA di Collegno. IESA è un servizio di accoglienza per pazienti psichiatrici, nel contesto di famiglie normali, diffuso in tutta Europa e in Italia (ma la rubrica è scritta dal primo nucleo operativo italiano, quello di Collegno appunto).
  8. Riflessioni (in)attuali. Una rubrica (sempre molto aggiornata e attuale) a cura di Sarantis Thanopulos, presidente della Società Psicoanalitica Italiana (SPI).
  9. PSICOANALISI AL PRESENTE. Una rubrica di Alex Pagliardini (stimato lacanista) su Lacan, ripensato nel modo più attuale possibile. Nutrita e ricca.
  10. NOI DUE. Una rubrica a proposito dei gruppi di uditori di voci, strumento terapeutico per pazienti “vociferati”, che rappresenta una grande risorsa per riconsegnare un senso e un possibile significato al sintomo voce. A cura dell’Associazione Italiana Noi e le Voci.

Qui, infine, alcuni spunti sul materiale video di Psychiatry On Line!


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1 June 2023

CURARE LA PSICHIATRIA DI ANDREA VALLARINO (INTRODUZIONE)


di Andrea Vallarino

PREMESSA: riportiamo su questo blog l’introduzione di “Curare la psichiatria” di Andrea Vallarino, di recente pubblicazione. Vallarino è uno psicoterapeuta strategico-breve di Genova, e in passato ha in passato già collaborato con questo blog (qui per aggregare i suoi contributi).

Curare la psichiatria: introduzione

Perché curare la psichiatria? È un’ammalata? E, se malata, di quali malattie possiamo considerarla malata? La psichiatria è uno dei pazienti più difficili da trattare e con questo sono sicuro di introdurre una contraddizione, perché quella che è una disciplina che dovrebbe curarci quando siamo in difficoltà, in realtà da più parti viene detto che si è ammalata. Non lo dico solo io, lo dicono persone molto più autorevoli, lo dicono gli psichiatri che hanno curato le precedenti edizioni del DSM, se ne sono accorti i pazienti da sempre, se ne stanno accorgendo, vedo, anche molti giornalisti e stanno fioccando i titoli di giornale e gli articoli su questo tema: sembra proprio che la psichiatria stia diventando inadatta a curare tutti problemi che abbiamo. Dico queste cose con molto amore verso questa disciplina, che mi ha affascinato sin da giovane, quindi lo dico perché gli voglio bene, non per polemizzare o per criticare o in maniera arrogante, però sicuramente, proprio perché gli vogliamo bene dobbiamo mettere in luce le difficoltà che in questo momento ci sono e le malattie che sta attraversando. Qui ne elencheremo soltanto alcune, la prima, che per me è la più importante è la diagnosi. Come diceva Karl Kraus, un giornalista austriaco, lui lo diceva per la medicina austriaca, noi lo diciamo per la psichiatria europea e anche americana, la diagnosi è una malattia di cui si ammala il medico che poi contagia il paziente. La psichiatria me ne ero già accorto da giovane, sin da quando studiavo all’Università, vive di un senso di inferiorità rispetto alla medicina e per mettersi alla pari ne ha copiato i criteri diagnostici ed è qui che sorge il primo problema: mentre in medicina la diagnosi descrive una malattia, in psichiatria, la diagnosi crea la malattia. In medicina, se vedo che uno ha la tosse, la febbre, il catarro, lo ausculto con il fonendoscopio, posso dire che abbiamo di fronte una persona con una bronchite, in medicina questa è una diagnosi che dà sicurezze che dà garanzie perché descrive una patologia ed indica una terapia, in psichiatria la diagnosi crea il labeling, l’etichettamento. Potrei fare mille esempi, quanti pazienti ho avuto che mi hanno detto “vengo da te perché soffro di una sindrome depressiva che ultimamente si è aggravata”, se tu gli chiedi da quando si è aggravata, “da quando un tuo collega mi ha detto che soffro di una depressione particolarmente grave, a me quel particolarmente grave, mi ha aggravato”. Uno degli esempi più fulminei di questo lo si ha in una ricerca fatta da David L. Rosenham. Un gruppo di  otto pseudopazienti, tra cui psicologi e psichiatri, che decisero segretamente, a scopo di ricerca, di presentarsi in vari ospedali lamentando sintomi e disturbi di natura psichiatrica (sentivano delle voci). Furono tutti quanti ricoverati in reparti di psichiatria.

Dopo qualche giorno di ricovero avrebbero dovuto mostrarsi per quello che erano e cioè persone “sane”. Tutte le volte che gli veniva chiesto come stavano esibivano la loro salute mentale, dicendo come d’altra parte era vero, che si sentivano bene, che non sentivano le voci, che non avevano più nessuno dei sintomi psichiatrici per cui erano stati ricoverati con la diagnosi di “schizofrenia”, né avevano alcun altro sintomo. Non ci fu verso perché tutti vennero dimessi dopo altri lunghi giorni e settimane di ricovero con la diagnosi confermata di “schizofrenia” anche se in remissione. Gli unici che si accorsero del ‘gioco’ furono gli altri pazienti che individuarono gli ‘infiltrati’, dicendo: ‘…tu non sei pazzo, tu sei un professore universitario; …tu un giornalista…, etc.’. Una falsa etichetta crea una realtà vera: il ricovero in psichiatria. Dobbiamo sempre tenere presente questo lavoro. La cosa incredibile è che questa diagnosi ha creato una malattia cronica, e questo è un altro dei motivi di malattia della psichiatria: quando viene formulata una diagnosi, non viene mai “concessa” la guarigione, tutt’al più si ha una sindrome in fase di remissione. E questo rende ulteriormente malata la psichiatria: la diagnosi, una volta scritta, non viene più verificata, non viene più messa in discussione. Ci sono alcuni dati riportati da Allen Frances, una voce autorevole al di sopra di ogni sospetto, perché è stato il capostruttura dell’edizione del DSM 4. Gli studi epidemiologici in psichiatria in questo momento stanno dicendo che il 20% della popolazione americana ed europea ha un disturbo mentale attuale, il 50% quindi metà della popolazione almeno una volta ha avuto un disturbo mentale, secondo altri studi prospettici sembra che questi dati debbano essere raddoppiati, ma se voi raddoppiate il 50% diventa il 100%, quindi non si sta salvando più nessuno. Sembra che siamo tutti un popolo di ammalati e che dobbiamo poi ovviamente prendere farmaci per tutta la vita. Un altro problema serio, segnalato ancora da Allen Frances, nato col DSM 5, l’ultimo manuale di diagnosi cui fanno riferimento i medici, gli psichiatri e gli psicologi di tutto il mondo, è il concetto di spettro. Quante persone mi vengono a chiedere, gente di 40 e 50 anni, se gli confermo la diagnosi di autismo, perché facendo dei test sono emersi  punteggi che li segnalano nello spettro dell’autismo. Questo concetto di spettro ha allargato le maglie della diagnosi. È come se un chirurgo dicesse questo paziente ha un mal di pancia che rientra nello spettro di un’appendicite, la diagnosi di appendicite si gonfierebbe a dismisura. Un chirurgo direbbe: “insomma l’appendicite c’è o non c’è , perché se non c’è è inutile parlarne”. Questo concetto dello spettro ha aumentato la diagnosi di autismo di 20 volte, quindi c’è un’epidemia di malattie che non esistono. Il disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività è triplicato, già i dati erano gonfiati, adesso è triplicato. I disturbi bipolari e anche qui ce ne sarebbe da dire sul disturbo bipolare, quello vero che non è così diffuso come viene detto, sono addirittura raddoppiati. Con le nuove linee diagnostiche non ci siamo fermati agli adulti, stiamo creando tanti problemi ai bambini, per esempio il disturbo bipolare del bambino è cresciuto di 40 volte in pochissimo tempo. Allen Frances segnala ancora che il 20% della popolazione americana assume psicofarmaci, il 7% ne è dipendente proprio a causa dell’inflazione diagnostica. I ricoveri per overdose da sostanze legali, quindi da psicofarmaci, ha superato il numero di ricoveri da overdose da sostanze illegali, quindi dalle droghe. Questi sono fenomeni che rendono problematico e patologico lo strumento principale che abbiamo per guarire la gente. C’è un altro aspetto che rende ancora più problematica la questione: molte persone e molte famiglie stanno diventando conniventi con gli psichiatri nel creare diagnosi, per esempio nell’ambito scolastico. Una delle esplosioni diagnostiche, che sta condannando intere popolazioni giovanili, è rappresentata dai disturbi specifici dell’apprendimento che sono molto gettonati e hanno creato un mercato florido e che hanno molto spesso la connivenza delle famiglie perché sappiamo che se ad un giovane viene diagnosticato un DSA può avere un percorso scolastico facilitato. L’incidenza dei DSA dovrebbe essere dello 0,4%, 0,5%, ma ormai in tutte le classi, mi dicono gli insegnanti, c’è un 30, 40% di DSA. Sembrerebbe un beneficio l’avere un percorso facilitato. C’è un problema però, l’aveva ben illustrato un neurologo americano che si chiamava Oliver Sacks, scomparso recentemente, ha scritto dei bellissimi libri. Uno dei suoi migliori libri riporta  il titolo “Awakenings”, in italiano “Risvegli”, da cui è tratto un bel film di successo con Robin Williams e Robert De Niro. Questo neurologo era stato impiegato dal regista sul set del film con il compito di spiegare agli attori le varie sindromi neurologiche che loro dovevano impersonare e Oliver Sacks  aveva istruito De Niro a comportarsi da paziente parkinsoniano. Coloro che hanno visto il film sanno che De Niro aveva interpretato benissimo la parte. Oliver Sacks in un successivo libro descrive di essere andato a pranzo con De Niro durante una pausa di lavorazione del film e che durante il pranzo a De Niro era caduto a terra il tovagliolo. Il neurologo descrive di essere rimasto impressionato da come l’attore si fosse chinato a raccogliere il tovagliolo esattamente come avrebbe fatto un paziente parkinsoniano: era entrato così bene nella parte da non riuscire ad uscirne neanche nelle pause di lavorazione del film. Se io comincio a trattare un ragazzo da disturbato dell’apprendimento, rischio che alla fine la finzione diventi realtà, che il ragazzo caschi dentro la credenza di esserlo realmente: di nuovo la diagnosi finta può produrre una realtà vera. Dobbiamo quindi rivedere gli schemi diagnostici per evitare che la psichiatria, oltre a non curare i malati, crei anche problemi ai sani.

Ci sono almeno altri due condizionamenti patologici subiti dalla psichiatria. Una cosa che pochi sanno è che l’insegnamento di psichiatria nella facoltà di medicina è abbastanza recente. L’insegnamento autonomo di clinica psichiatrica nasce nel 1975, perché fino a quell’anno, quindi non tantissimo tempo fa, l’insegnamento di clinica psichiatrica era accorpato alla neurologia nella disciplina che veniva definita “Clinica delle malattie nervose e mentali”. Questo aveva creato tantissimi problemi soprattutto a livello di credenze. Ne dico una su tutte: perché la gran parte degli psicofarmaci viene data dai neurologi? Perché è ancora viva l’idea che siano i neurologi ad occuparsi delle malattie mentali. Un neurologo, uno specialista in neurologia dovrebbe occuparsi dei problemi biologici dell’encefalo, delle emorragie cerebrali, delle paralisi, degli infarti cerebrali, di tutto ciò che è medico, strettamente medico e non psichiatrico ed invece la gran parte degli psicofarmaci viene data dai neurologi che non hanno una preparazione specifica psichiatrica a meno che non se la siano fatta per conto loro ed è lì che nasce una delle credenze meno scientifiche che io conosca, che però ha condizionato e tuttora condiziona la psichiatria e cioè l’analogia tra il diabete e le malattie mentali: come nel diabete dobbiamo dare insulina per tutta la vita alla persona, così nelle malattie mentali dobbiamo dare psicofarmaci per tutta la vita. Questa credenza che non è scientifica sta condizionando tutte le cronicizzazioni che avvengono nelle cliniche, nei reparti psichiatrici di diagnosi e cura, nei servizi pubblici di salute mentale ma anche negli studi medici privati e soprattutto sta condizionando il paziente a pensare: mi ha lasciato la fidanzata, sono depresso, quindi mi mancano delle catecolamine nel cervello e devo prendere farmaci per tutta la vita, come se fosse normale essere allegri quando si perde un lavoro, una fidanzata, quando non si passano gli esami all’università. Nel DSM 5, quindi nel manuale psichiatrico più recente,  due settimane di lutto vengono considerate una depressione maggiore per cui occorre prendere farmaci per tutta la vita. Poi ce n’è un’altra credenza di cui io mi ero accorto già quando andavo all’università nel ’76, quindi subito dopo che avevano diviso la psichiatria dalla neurologia. In quell’epoca la gran parte delle cliniche psichiatriche era in mano a psichiatri psicoanalisti, che devo dire rimpiango perché adesso sono in mano a psichiatri biologisti. Si facevano lezioni sulle nevrosi, le psiconevrosi, le psicosi, le nevrosi del carattere, erano le definizioni psicoanalitiche dell’epoca. Ricordo un professore che, parlando delle nevrosi del carattere, cioè di quelli che stanno male, ma non hanno sintomi psichiatrici definiti, aveva detto che la nevrosi del carattere è l’equivalente del raffreddore per la pneumologia, quindi una sindrome tendenzialmente lieve e con una buona prognosi. Qualcuno chiese quale doveva essere la terapia di una nevrosi del carattere. Lui rispose la psicoterapia psicoanalitica che deve durare almeno quattro anni. Eravamo giovani e anche un po’ sfrontati. Possibile professore che per un raffreddore ci vogliano quattro anni? Lui diede una risposta molto seccata, molto arrabbiata, che non mi sarei aspettato, perché era una persona in genere molto raffinata, molto calma, molto serena e disponibile al dialogo. Ribadì indispettito che per cambiare un carattere ci vuole molto tempo e chiuse la lezione. Io da buon ossessivo quale sono mi sono sempre chiesto: “ma perché si è arrabbiato”. Se io avessi chiesto ad un chirurgo come mai quell’intervento richiedeva dieci ore di lavoro in sala operatoria, lui mi avrebbe probabilmente risposto che al momento la tecnologia non permetteva di fare più velocemente, ma che il giorno che la tecnologia evolvendo ci avrebbe permesso di metterci di meno, ne sarebbe stato felice e non si sarebbe arrabbiato. E in chirurgia effettivamente è andata così, perché tanti interventi che duravano ore in sala operatoria sono stati sostituiti da piccoli interventi con la chirurgia laser che durano minuti, addirittura in chirurgia si è passati da avere una sala operatoria grande a creare una piccola sala operatoria dentro la pancia del paziente con due forellini con dentro piccoli bisturi manovrati da computer a distanza, quindi delle evoluzioni incredibili per l’epoca. Perché invece lo psichiatra si era arrabbiato? Mi portai dietro la domanda per un bel po’ finché poi ho letto un libro di Milton Erickson, famoso ipnotista, che era stato uno psicoanalista, che poi si è evoluto, aveva creato le terapie non comuni che poi avevano dato avvio alle terapie brevi, alla terapia strategica e al Mental Research Institute di Palo Alto in California. Erickson aveva detto: gli psichiatri sono molto permalosi e si arrabbiano molto quando gli vengono toccati gli assiomi, perché in psichiatria, diceva, ci sono tre assiomi, si cambia dopo molto tempo, molte sofferenze e spendendo molti soldi. Questi però non  sono dimostrati scientificamente sono assiomi ed infatti lui aveva postulato altri assiomi: si può cambiare in poco tempo e quindi spendendo pochi soldi e anche senza dolore, facendo anche delle terapie giocose. D’altra parte non si capisce perché la psichiatria debba aggiungere dolore artificiale all’inevitabile dolore che già la vita dà. Queste credenze e questi assiomi impediscono l’evoluzione della psichiatria in un senso più umano, come invece sta avvenendo in tante altre discipline.

Cosa altro impedisce alla psichiatria di guarire? Gli psicofarmaci. Sgomberiamo il campo da ogni pregiudizio, io non sono ideologicamente contrario agli psicofarmaci, Su questo argomento il mondo si divide in due categorie, quelli che ideologicamente come ho descritto finora escludono la psicoterapia e dicono che la terapia è solo farmacologica, ma ci sono anche molti colleghi psicoterapeuti che sostengono che con la psicoterapia si riesce a fare tutto e si devono escludere gli psicofarmaci. Io non credo, ci sono delle situazioni psichiatriche in cui gli psicofarmaci vanno utilizzati e devono essere utilizzati bene. Quindi bando a tutte le ideologie estreme. È evidente in ogni caso che gli psicofarmaci stanno cronicizzando la psichiatria come stanno cronicizzando i pazienti.  Soprattutto perché il campo della psicofarmacologia è molto investito dal marketing delle aziende farmaceutiche. Basta prendere la storia dei DSM. Negli anni ’80 compare sulla scena il DSM III, il manuale statistico e diagnostico delle malattie mentali. I suoi predecessori DSM  I, comparso nel 1952 ed il II, del 1968, praticamente non li aveva letti nessuno. Il III, invece, ha un incredibile successo e le diagnosi psichiatriche cominciano ad essere effettuate sulla base di questo manuale attraverso un metodo descrittivo statistico. Vengono analizzati i sintomi e correlati al fattore tempo. E l’approccio terapeutico è quello di prescrivere farmaci a seconda della prevalenza dei sintomi. Si curano le malattie a prescindere della personalità e dell’originalità del paziente. Già Ippocrate ammoniva che si devono curare i malati e non le malattie. Inoltre il DSM da quando è uscito nella prima edizione nel 1952 ad oggi ha triplicato il numero delle malattie mentali descritte. Un grande salto è stato effettuato nell’ultima edizione, la quinta del 2013, dove molte delle malattie del bambino sono diventate anche malattie dell’adulto e molte malattie dell’adulto sono diventate anche malattie del bambino. Un’operazione di lievitazione diagnostica senza precedenti, che ha portato Allen Frances, già citato prima, psichiatra, capostruttura della IV edizione del DSM, a mettere in discussione anche il suo stesso lavoro. Col DSM si pensava di salvare la psichiatria ed invece ne è stato fatto un uso distorto. Nel suo libro “Saving the normal”, tradotto in Italiano con “Primo, non curare chi è normale”, lamenta come l’inflazione diagnostica in psichiatria abbia creato vere e proprie epidemie di malattie inesistenti, con l’intento di far aumentare le vendite di psicofarmaci.

Nell’analizzare 143 molecole usate in Europa e in America per verificarne il corretto uso, mi sono già accorto ad un primo sguardo che ci sono svariate influenze del marketing. Per esempio mi sono accorto che molte molecole commerciali hanno la x nel nome. Come mai? Perché, lo sanno tutti i pubblicitari, la x ha un potere seduttivo sull’acquirente. E quindi molti psicofarmaci riportano la x. Se fate conto delle molecole che ricordate, ricordate quasi esclusivamente quelle con la x. Sono tutte modalità che i settori commerciali delle aziende utilizzano per imprimere queste molecole nella mente del medico e per sedurre il povero paziente. Possiamo citarne una per tutte, lo xanax, che di x ne ha due ed è un nome che può essere letto anche al contrario, palindromo. Non dico che sia un farmaco funzionale o non sia funzionale, persone molto più autorevoli di me hanno detto che non è funzionale, ma non voglio dire questo, però c’è questo inghippo della pubblicità. Quante case automobilistiche hanno la serie x, perché ci sono delle lettere che hanno questo potere seduttivo, la x, la y.

Un altro esempio di condizionamento che non è di marketing ma ne è abbastanza vicino, sono le teorie psichiatriche vendute come scientifiche. Per esempio, se io parlo di depressione tutti ormai sanno che la molecola implicata nella depressione è la serotonina e tutti, proprio tutti, quelli con la laurea in medicina e quelli con la laurea in psicologia, ma anche il paziente che non ha nozioni di neuroscienze, dicono che se uno è un po’ giù di morale è perché ha la serotonina bassa. Un ricercatore inglese, Irving Kirsch, psicologo, ha fatto degli esperimenti dimostrando che lui otteneva gli stessi effetti antidepressivi sia aumentando la serotonina che abbassandola. Ora se io ottengo gli stessi effetti sia alzando che abbassando la stessa molecola, vuol dire che quella molecola non è implicata in quel processo. Lui ha abbassato la serotonina somministrando una molecola ai pazienti che si chiama tianeptina. Le aziende farmaceutiche sono intervenute dicendo che sì forse la serotonina non c’entra, ma che ad ogni modo il farmaco agisce sulla plasticità del cervello. Gli antidepressivi vanno usati, bisogna usarli, ma l’invito a tutti è a fidarsi molto meno e continuare a fare ricerca e a studiare perché le neuroscienze moderne fanno continuamente emergere dati che non conoscevamo anche sui recettori della serotonina. Non sono contrario all’uso di antidepressivi quando servono, ma dietro a queste vendite incredibili di psicofarmaci ci sono dei meccanismi che non sono tanto scientifici, da qui l’invito a tutti gli addetti ai lavori a studiare ancora di più per divulgare invece le teorie scientifiche.

La lotta contro l’ideologia psichiatrica ed il marketing delle aziende farmaceutiche è una lotta impari e destinata all’insuccesso, però mi sembra giusto provare lo stesso a seguire i dettami di un noto psichiatra, Viktor Emil Frankl, il fondatore della logoterapia, medico austriaco, che aveva conosciuto i campi di concentramento dove era stato internato per due anni e mezzo. Lui scrive:

“… Non convince l’opinione che la psichiatria sia in grado di risolvere tutti i problemi. Fino ad oggi noi psichiatri non conosciamo, ad esempio, quale sia la reale causa della schizofrenia e men che meno sappiamo come curarla. Gli psichiatri non sono né onniscienti, né onnipotenti. Un unico attributo divino si addice loro: quello di essere onnipresenti. Ad ogni simposio si trova uno psichiatra, lo si ascolta in ogni discussione e lo si incontra ad ogni convegno… Parlando ora seriamente, ritengo sia giunto il momento di smetterla nell’idolatrare la psichiatria: tanto meglio sarebbe intraprendere la sua umanizzazione.”

Bibliografia di riferimento

  1. Frances, Saving normal. An insider’s revolt against out-of-control psychiatric diagnosis, “DSM-5, Big Pharma, and the medicalization of ordinary life; trad. it. Primo, non curare chi è normale, Bollati Boringhieri, Milano, 2013
  2. Frances, Essentials of psychiatric diagnosis; trad. it. La diagnosi in psichiatria, Raffaello Cortina, Milano, 2013
  3. V.E. Frankl, Das Leiden am sinnlosen Leben. Psychotherapie fur heute, trad. it: La sofferenza di una vita senza senso – Psicoterapia per l’uomo d’oggi, Mursia, Milano, 2013
  4. Kirsch, I farmaci antidepressivi, il crollo di un mito, Tecniche Nuove, Milano, 2012

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30 May 2023

UN RICORDO DI LUIGI CHIRIATTI, STUDIOSO DI TARANTISMO

di Raffaele Avico

Ho avuto il piacere di incontrare Luigi Chiriatti due estati fa, in occasione di un periodo trascorso in Puglia; in quel frangente proposi a Luigi di vederci a casa sua. Mi trovavo in Valle D’Itria, Salento alto, per cui avrei dovuto fare un pezzo di strada in macchina, verso Calimera, suo luogo di residenza.

Avevamo già collaborato in passato soprattutto per una serie di articoli pubblicati su Psychiatry on Line (linkati più avanti) a tema tarantismo, e attraverso un’intervista fatta a distanza in tempi di pandemia, che si può recuperare qui.

Durante la visita a casa sua parlammo di diverse cose, per lo più riguardanti il “problema“ della preservazione della cultura salentina, il neo-tarantismo, il suo passato da “antropologo” incuriosito dai cantori locali (spesso, a detta sua, restii a farsi fotografare o in generale osservare durante i rituali di guarigione). Dopo quel momento, mi mostrò il suo ricco archivio, per fortuna recentemente acquisito dal comune di Melpignano.

Riporto alcune fotografie di quella visita al suo archivio privato in fondo all’articolo.

Luigi Chiriatti è venuto a mancare qualche giorno fa: mi piace ricordarlo riportando qui alcuni dei suoi contributi, qualche link di approfondimento per chi voglia approfondire il suo lavoro di ricerca sul tarantismo.
Va ricordato che Chiriatti è stato tra i fondatori del Canzoniere Grecanico Salentino, fondatore della casa editrice Kurumuny e direttore artistico dell’evento -ormai- internazionale La Notte della Taranta.

Qui alcuni spunti di approfondimento:

  1. Intervista Luigi Chiriatti Youtube
  2. In questa lunga e interessante intervista inviataci dallo stesso Chiriatti, accanto agli aspetti biografici, viene tracciata la storia del movimento di riscoperta delle radici della cultura salentina e del suo folklore, attraverso la creazione di nuclei di lavoro culturale come il Canzoniere Grecanico Salentino, l’Istituto Diego Carpitella e l’evento Notte della Taranta. Parte di quest’intervista confluì all’interno del volume “Interviste sul tarantismo”, scritto da Sergio Torsello. Arricchiscono il testo precisi riferimenti storici a luoghi, attori coinvolti e materiale culturale, per chi volesse approfondire l’argomento: intervista (scritta) a Luigi Chiriatti
  3. Sul tarantismo, di Luigi Chiriatti
  4. Sul tamburello e dintorni, di Luigi Chiriatti

Altro sul tarantismo su questo blog.

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20 May 2023

PHENOMENAUTICS

di Raffaele Avico

Abbiamo su questo blog già parlato altrove di psichedelia e sperimentazione. Vale la pena riportare qui il lavoro di uno sperimentatore che su Medium ha raccolto le evidenze, in soggettiva, di alcune sperimentazioni fatte con diverse sostanze, per lo più psilocibina, con anche una descrizione accurata di un’esperienza con LSD.
L’attitudine è scientifica, la rilevazione delle esperienze è eseguita fedelmente, la posizione mentale assolutamente post-ideologica, senza nessun preconcetto “pro” o “contro” l’uso di psichedelici. La lettura dei report è inoltre fitta di riferimenti a materiale usato dallo sperimentatore per informarsi “prima” della sperimentazione: materiale sempre di qualità, da usare per eventuali approfondimenti.

La trovate qui: Phenomenautics

Qui invece alcuni altri contenuti su questo blog (e altrove) a proposito di psichedelia:

  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO)
  • VERSO L’MDMA NEL TRATTAMENTO DEL PTSD
  • RUBRICA: TERAPIE PSICHEDELICHE
  • PODCAST: TERAPIE PSICHEDELICHE
  • PODCAST: ILLUMINISMO PSICHEDELICO
  • Lucid

Si veda anche:

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18 May 2023

6 MESI DI POPMED, PER TORNARE ALLA FONTE

di redazione POPMed

Amicə, è passato tanto tempo da quando vi abbiamo parlato per la prima volta di POPMed.

Dove siamo arrivati in questo nostro tortuoso viaggio nell’oceano della letteratura scientifica?

Siamo qui per raccontarvi questi ultimi 6 mesi!

Come sapete, il fine di questo progetto resta quello di promuovere un giornalismo scientifico di qualità orientato al reale della pratica clinica, con una ricaduta diretta sulla dimensione professionale: raffinare quindi la presentazione di tutte quelle informazioni – complesse, insidiose, talvolta contraddittorie – presenti nella letteratura scientifica relativa alla macro-area della salute mentale e, come avevamo scritto qualche tempo fa, “essere delle lenti attraverso cui potervi affacciare con sicurezza a uno scorcio della letteratura scientifica esistente.”

“Tornare alla fonte” non sono quindi solo parole: sono un progetto, una direzione, una strada da percorrere costantemente nell’affacciarsi alla cosa scientifica. L’invito resta quello di poterla percorrere insieme.

Proprio con questo spirito – oltre alla newsletter, cuore del progetto, con i suoi 10 articoli scientifici contortati da sinossi introduttiva e approfondimenti specifici – abbiamo voluto lasciarvi anche qualche dritta su come navigare in quel tempestoso oceano della letteratura scientifica. Ricordatevi: non siamo qui solamente per darvi in pasto qualche articolo già addentato, masticato, digerito. Siamo qui soprattutto con l’intento di creare, insieme, un discorso complesso e co-partecipato sull’importanza del ritornare alla scienza e della sua connessione con la clinica.

Per chi non lo sapesse, qualche giorno fa abbiamo presentato, con un po’ di emozione, Per tornare alla fonte, la nostra prima micro-rivista digitale interattiva; una rivista da consultare quando nell’incertezza sentite, letteralmente, il bisogno critico di tornare alla fonte, di ripercorrere la storia di un articolo a partire dal suo concepimento fino alla pubblicazione. Essenzialmente vuole essere una sorta di manifesto per promuovere una prospettiva critica nell’avvicinarsi alla cosa scientifica; un breve manuale introduttivo per permettere a tutti – professionisti e non – di riscoprire la letteratura scientifica nel suo stesso intricato, complesso, incoerente e incerto farsi. Riscoprire quindi la scienza stessa, con uno strumentario adatto, capace di conferirvi la sicurezza –  o consapevolezza – necessaria per non perdervi.

Si tratta di una rivista digitale – ossia scaricabile in formato pdf e facilmente consultabile sui diversi dispositivi mobili (computer, tablet e smartphone) – e interattiva, in quanto all’interno sono presenti numerosi approfondimenti a cui potrete accedere direttamente e senza ulteriori costi nel corso della lettura tramite dei link esterni. Tra questi, riflessioni/contenuti di associazioni e professionisti con cui ci sembra di condividere, seppur in forme e spazi differenti, lo stesso fine, ossia la valorizzazione di una comunicazione qualitativamente orientata della cosa scientifica: potrete trovare – per esempio – organizzazioni quali il CEST (Centro per l’Eccellenza e gli Studi Transdisciplinari) e personaggi come Barbascura X.

Se invece non ci conoscete ancora, ma siete rimasti attratti da tutto questo e volete avere un assaggio delle precedenti newsletter o degustare la letteratura scientifica in maniera inedita, immediata, interattiva e graficamente accattivante, potete iscrivervi e ricevere la rivista The Best of POPMed 2022-2023 in cui sono stati raccolti quelli che, secondo noi, sono i 20 articoli scientifici più rappresentativi – in termini tanto contenutistici quanto valoriali – del nostro progetto. Anche in questo caso si tratta di una micro-rivista digitale interattiva.

Che tu sia quindi unə giovane interessato alla macro-area della salute mentale o unə professionista della cura, confidiamo questo progetto possa essere per te! Ti va di venirci a trovare? Se tutto questo ti interessa e vuoi supportarci, iscriviti e aiutaci a crescere! Ti aspettiamo per tornare, insieme, alla fonte! Se verrai, ci ritroveremo in mare, buon viaggio!

Raffaele, Francesco, Andrea

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Article by admin / Generale

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I NOSTRI ARTICOLI!

  • INTRODUZIONE AL SOMATIC EXPERIENCING DI PETER LEVINE 2 October 2025
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI RUSSELL MEARES SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE 24 September 2025
  • IL PRIMO CORSO DI PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI IN ITALIA (PESCARA, 2026) 22 September 2025
  • Recensione e riassunto di “Liberi dal panico” di Pietro Spagnulo (un agile ed economico ebook per introdursi al problema-ed autoaiutarsi) 15 September 2025
  • Being Sapiens e la rubrica “psicoterapeuti italiani”: intervista a Gianandrea Giacoma 1 September 2025
  • 10 ESERCIZI PER LAVORARE CON LE SOTTOPERSONALITÀ GENERATE DAL TRAUMA (#PTSD) 28 July 2025
  • IL PRIMO CONGRESSO AISTED A MILANO (24 E 25 OTTOBRE 2025) 21 July 2025
  • INTERVENTI CLINICI CENTRATI SULLA SOLUZIONE: LE CINQUE DOMANDE (da “Terapia breve centrata sulla soluzione” di Cannistrà e Piccirilli) 15 July 2025
  • A proposito di psicologia dell’aviazione 1 July 2025
  • Clinica del trauma oggi: un approfondimento da POPMed 30 June 2025
  • Collegno: la quarta edizione del Fòl Fest (“Quando cantavo dov’eri tu?”) 11 June 2025
  • Il trauma indotto da perpetrazione (“un altro problema, meno noto, dell’industria della carne”) 10 June 2025
  • Ancora sul modello diagnostico “HiTop” 3 June 2025
  • L’EMDR: AGGIORNAMENTO, CONTROVERSIE E IPOTESI DI FUNZIONAMENTO 15 May 2025
  • NEUROCRIMINOLOGIA: ANNA SARA LIBERATI 6 May 2025
  • INTRODUZIONE AL LAVORO DI FLAVIO CANNISTRÀ 29 April 2025
  • L’UOMO SOVRASOCIALIZZATO. INTRODUZIONE AL PENSIERO DI Ted Kaczynski (UNABOMBER) 23 April 2025
  • RECENSIONE DI “CONVERSAZIONI DI TERAPIA BREVE” DI FLAVIO CANNISTRÁ E MICHAEL F. HOYT 15 April 2025
  • RICERCA E DIVULGAZIONE IN AMBITO DI PSICHEDELICI: 10 LINK 1 April 2025
  • INTERVISTA A MANGIASOGNI 24 March 2025
  • Introduzione al concetto di neojacksonismo 19 March 2025
  • “LE CONSEGUENZE DEL TRAUMA PSICOLOGICO”, UN LIBRO SUL PTSD 5 March 2025
  • Il ripassone. “Costrutti e paradigmi della psicoanalisi contemporanea”, di Giorgio Nespoli 20 February 2025
  • PSICOGENEALOGIA: INTRODUZIONE AL LAVORO DI ANNE ANCELIN SCHÜTZENBERGER 11 February 2025
  • Henri Ey: “Allucinazioni e delirio”, la pubblicazione in italiano per Alpes, a cura di Costanzo Frau 4 February 2025
  • IL CONVEGNO DI BOLOGNA SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (dicembre 2024) 10 January 2025
  • Hakim Bey: T.A.Z. 8 January 2025
  • L’INTEGRAZIONE IN AMBITO PSICHEDELICO – IN BREVE 3 January 2025
  • CARICO ALLOSTATICO: UN’INTRODUZIONE 19 December 2024
  • SISTEMI MOTIVAZIONALI, EMOZIONI IN CLINICA, LIOTTI: UN APPROFONDIMENTO (E UN’INTERVISTA A LUCIA TOMBOLINI) 2 December 2024
  • Una buona (e completa) introduzione a Jung e allo junghismo. Intervista ad Andrea Graglia 4 November 2024
  • TRAUMA E PSICOSI: ALCUNI VIDEO DALLE “GIORNATE PSICHIATRICHE CERIGNALESI 2024” 17 October 2024
  • “LA GENERAZIONE ANSIOSA”: RECENSIONE APPROFONDITA E VALUTAZIONI 10 October 2024
  • Speciale psichedelici, a cura di Studio Aegle 7 October 2024
  • Le interviste di POPMed Talks 3 October 2024
  • Disturbi da sintomi somatici e di conversione: un approfondimento 17 September 2024
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE: IL CONGRESSO ESTD DI OTTOBRE 2024, A KATOWICE (POLONIA) 20 August 2024
  • POPMed Talks #7: Francesco Sena (speciale Art Brut) 3 August 2024
  • LA (NEONATA) SIMEPSI E UN INTERVENTO DI FABIO VILLA SULLA TERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A LOSANNA 30 July 2024
  • L'”IMAGERY RESCRIPTING” NEL PTSD 18 July 2024
  • Intervista a Francesca Belgiojoso: le fotografie in psicoterapia 1 July 2024
  • Attaccamento traumatico: facciamo chiarezza (di Andrea Zagaria) 24 June 2024
  • KNOT GARDEN (A CURA DEL CENTRO VENETO DI PSICOANALISI) 10 June 2024
  • Costanza Jesurum: un’intervista all’autrice del blog “bei zauberei”, psicoanalista junghiana e scrittrice 3 June 2024
  • LA SVIZZERA, CUORE DEL RINASCIMENTO PSICHEDELICO EUROPEO 29 May 2024
  • Un’alternativa alla psicopatologia categoriale: Hierarchical Taxonomy of Psychopathology (HiTOP) 9 May 2024
  • INVITO A BION 8 May 2024
  • INTERVISTA A FEDERICO SERAGNOLI: IL VIDEO 18 April 2024
  • INCONSCIO NON RIMOSSO E MEMORIA IMPLICITA: UNA RECENSIONE 9 April 2024
  • UN FREE EBOOK (SUL TRAUMA) IN COLLABORAZIONE CON VALERIO ROSSO 3 April 2024
  • GLI INCONTRI DI AISTED: LA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI A GINEVRA (16 APRILE 2024) 28 March 2024
  • La teoria del ‘personaggio’ nell’opera di Antonino Ferro 21 March 2024
  • Psicoterapia assistita da psichedelici: intervista a Matteo Buonarroti 14 March 2024
  • BRESCIA, FEBBRAIO 2024: DUE ESTRATTI DALLA MASTERCLASS “VERSO UNA NUOVA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE” 27 February 2024
  • CAPIRE LA DISPNEA PSICOGENA: DA “SENZA FIATO” DI GIORGIO NARDONE 14 February 2024
  • POPMED TALKS 5 February 2024
  • NASCE L’ASSOCIAZIONE COALA (TORINO) 1 February 2024
  • Camilla Stellato: “Diventare genitori” 29 January 2024
  • Offline is the new luxury, un documentario 22 January 2024
  • MARCO ROVELLI, LA POLITICIZZAZIONE DEL DISAGIO PSICHICO E UN PODCAST DI psicologia fenomenologica 10 January 2024
  • La terapia espositiva enterocettiva (per il disturbo di panico) – di Emiliano Toso 8 January 2024
  • INTRODUZIONE A VIKTOR FRANKL 27 December 2023
  • UN APPROFONDIMENTO DI MAURIZIO CECCARELLI SULLA CONCEZIONE NEO-JACKSONIANA DELLE FUNZIONI MENTALI 14 December 2023
  • 3 MODI DI INTENDERE LA DISSOCIAZIONE: DA UN INTERVENTO DI BENEDETTO FARINA 12 December 2023
  • Il burnout oltre i luoghi comuni (DI RICCARDO GERMANI) 23 November 2023
  • TRATTAMENTO INTEGRATO DELL’ANSIA: INTERVISTA A MASSIMO AGNOLETTI ED EMILIANO TOSO 9 November 2023
  • 10 ARTICOLI SUL JOURNALING E SUI BENEFICI DELLO SCRIVERE 6 November 2023
  • UN’INTERVISTA A GIUSEPPE CRAPARO SU PIERRE JANET 30 October 2023
  • CONTRASTARE IL DECADIMENTO COGNITIVO: ALCUNI SPUNTI PRATICI 26 October 2023
  • PTSD (in podcast) 25 October 2023
  • ANIMALI CHE SI DROGANO, DI GIORGIO SAMORINI 12 October 2023
  • VERSO UNA TERAPIA ESPOSITIVA DI PRECISIONE: PREFAZIONE 7 October 2023
  • Congresso Bari SITCC 2023: un REPORT 2 October 2023
  • GLI INCONTRI ORGANIZZATI DA AISTED, Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione 25 September 2023
  • CANNABISCIENZA.IT 22 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA (IN PODCAST) 18 September 2023
  • TERAPIA ESPOSITIVA: INTERVISTA A EMILIANO TOSO (PARTE SECONDA) 4 September 2023
  • POPMED: 10 articoli/novità dal mondo della letteratura scientifica in ambito “psi” (ogni 15 giorni) 30 August 2023
  • DIFFUSIONE PATOLOGICA DELL’ATTENZIONE E SUPERFICIALITÀ DIGITALE. UN ESTRATTO DA “PSIQ” di VALERIO ROSSO 23 August 2023
  • LE FRONTIERE DELLA TERAPIA ESPOSITIVA. INTERVISTA A EMILIANO TOSO 12 August 2023
  • NIENTE COME PRIMA, DI MANGIASOGNI 8 August 2023
  • NASCE IL “GRUPPO DI INTERESSE SULLA PSICOPATOLOGIA” DI AISTED (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione) 26 July 2023
  • Psychedelic Science Conference 2023 – lo stato dell’arte sulle terapie psichedeliche  15 July 2023
  • RENDERE NON NECESSARIA LA DISSOCIAZIONE: DA UN ARTICOLO DI VAN DER HART, STEELE, NIJENHUIS 29 June 2023
  • EMBODIED MINDS: INTERVISTA A SARA CARLETTO 21 June 2023
  • Psychiatry On Line Italia: 10 rubriche da non perdere! 7 June 2023
  • CURARE LA PSICHIATRIA DI ANDREA VALLARINO (INTRODUZIONE) 1 June 2023
  • UN RICORDO DI LUIGI CHIRIATTI, STUDIOSO DI TARANTISMO 30 May 2023
  • PHENOMENAUTICS 20 May 2023
  • 6 MESI DI POPMED, PER TORNARE ALLA FONTE 18 May 2023
  • GLI PSICOFARMACI PER LO STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) 8 May 2023
  • ILLUSIONI IPNAGOGICHE, SONNO E PTSD 4 May 2023
  • SI PUÓ DIRE MORTE? INTERVISTA A DAVIDE SISTO 27 April 2023
  • CENTRO SORANZO: INTERVISTA A MAURO SEMENZATO 12 April 2023
  • Laetrodectus, che morde di nascosto 6 April 2023
  • STABILIZZAZIONE E CONFINI: METTERE PALETTI PER REGOLARSI 4 April 2023
  • L’eredità teorica di Giovanni Liotti 31 March 2023
  • “UN RITMO PER L’ANIMA”, TARANTISMO E DINTORNI 7 March 2023
  • SUICIDIO: SPUNTI DAL LAVORO DI MAURIZIO POMPILI E EDWIN SHNEIDMAN 9 January 2023
  • SUPERHERO THERAPY. INTERVISTA A MARTINA MIGLIORE 5 December 2022
  • Allucinazioni nel trauma e nella psicosi. Un confronto psicopatologico 26 November 2022
  • FUGA DI CERVELLI 15 November 2022
  • PSICOTERAPIA DELL’ANSIA: ALCUNI SPUNTI 7 November 2022
  • LA Q DI QOMPLOTTO 25 October 2022
  • POPMED: UN ESEMPIO DI NEWSLETTER 12 October 2022
  • INTERVISTA A MAURO BOLOGNA, PRESIDENTE SIPNEI 10 October 2022
  • IL “MANUALE DELLE TECNICHE PSICOLOGICHE” DI BERNARDO PAOLI ED ENRICO PARPAGLIONE 6 October 2022
  • POPMED, UNA NEWSLETTER DI AGGIORNAMENTO IN AREA “PSI”. PER TORNARE ALLA FONTE 30 September 2022
  • IL CONVEGNO SIPNEI DEL 1 E 2 OTTOBRE 2022 (FIRENZE): “LA PNEI NELLA CLINICA” 20 September 2022
  • LA TEORIA SULLA NASCITA DEL PENSIERO DI WILFRED BION 1 September 2022
  • NEUROFEEDBACK: INTERVISTA A SILVIA FOIS 10 August 2022
  • La depressione come auto-competizione fallimentare. Alcuni spunti da “La società della stanchezza” di Byung Chul Han 27 July 2022
  • SCOPRIRE LA SIPNEI. INTERVISTA A FRANCESCO BOTTACCIOLI 6 July 2022
  • PERFEZIONISMO: INTERVISTA A VERONICA CAVALLETTI (CENTRO TAGES ONLUS) 6 June 2022
  • AFFRONTARE IL DISTURBO DISSOCIATIVO DELL’IDENTITÁ 28 May 2022
  • GARBAGE IN, GARBAGE OUT.  INTERVISTA FIUME A ZIO HACK 21 May 2022
  • PTSD: ALCUNE SLIDE IN FREE DOWNLOAD 10 May 2022
  • MANAGEMENT DELL’INSONNIA 3 May 2022
  • “IL LAVORO NON TI AMA”: UN PODCAST SULLA HUSTLE CULTURE 27 April 2022
  • “QUI E ORA” DI RONALD SIEGEL. IL LIBRO PERFETTO PER INTRODURSI ALLA MINDFULNESS 20 April 2022
  • Considerazioni sul trattamento di bambini e adolescenti traumatizzati 11 April 2022
  • IL COLLASSO DEL CONTESTO NELLA PSICOTERAPIA ONLINE 31 March 2022
  • L’APPROCCIO “OPEN DIALOGUE”. INTERVISTA A RAFFAELLA POCOBELLO (CNR) 25 March 2022
  • IL CORPO, IL PANICO E UNA CORRETTA DIAGNOSI DIFFERENZIALE: INTERVISTA AD ANDREA VALLARINO 21 March 2022
  • RECENSIONE: L’EREDITÁ DI BION (A CURA DI ANTONIO CIOCCA) 20 March 2022
  • GLI PSICHEDELICI COME STRUMENTO TRANSDIAGNOSTICO DI CURA, IL MODELLO BIPARTITO DELLA SEROTONINA E L’INFLUENZA DELLA PSICOANALISI 7 March 2022
  • FOTOTERAPIA: JUDY WEISER e il lavoro con il lutto 1 March 2022
  • PLACEBO E DOLORE: IL POTERE DELLA MENTE (da un articolo di Fabrizio Benedetti) 14 February 2022
  • INTERVISTA A RICCARDO CASSIANI INGONI: “Metodo T.R.E.®” E TECNICHE BOTTOM-UP PER L’APPROCCIO AL PTSD 3 February 2022
  • SPIDER, CRONENBERG 26 January 2022
  • LE TEORIE BOTTOM-UP NELLA PSICOTERAPIA DEL POST-TRAUMA (di Antonio Onofri e Giovanni Liotti) 17 January 2022
  • 24 MESI DI PSICOTERAPIA ONLINE 10 January 2022
  • LA TOSSICODIPENDENZA COME TENTATIVO DI AMMINISTRARE LA SINDROME POST-TRAUMATICA 7 January 2022
  • La Supervisione strategica nei contesti clinici (Il lavoro di gruppo con i professionisti della salute e la soluzione dei problemi nella clinica) 4 January 2022
  • PSICHEDELICI: LA SCIENZA DIETRO L’APP “LUMINATE” 21 December 2021
  • ASYLUMS DI ERVING GOFFMAN, PER PUNTI 14 December 2021
  • LA SINDROME DI ASPERGER IN BREVE 7 December 2021
  • IL CONVEGNO DI SAN DIEGO SULLA PSICOTERAPIA ASSISTITA DA PSICHEDELICI (marzo 2022) 2 December 2021
  • PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA E DEEP BRAIN REORIENTING. INTERVISTA A PAOLO RICCI (AISTED) 29 November 2021
  • INTERVISTA A SIMONE CHELI (ASSOCIAZIONE TAGES ONLUS) 25 November 2021
  • TRAUMA: IMPOSTAZIONE DEL PIANO DI CURA E PRIMO COLLOQUIO 16 November 2021
  • TEORIA POLIVAGALE E LAVORO CON I BAMBINI 9 November 2021
  • INTRODUZIONE A BYUNG-CHUL HAN: IL PROFUMO DEL TEMPO 3 November 2021
  • IT (STEPHEN KING) 27 October 2021
  • JUDITH LEWIS HERMAN: “GUARIRE DAL TRAUMA” 22 October 2021
  • ANCORA SU PIERRE JANET 15 October 2021
  • PSICONUTRIZIONE: IL LAVORO DI FELICE JACKA 3 October 2021
  • MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI: LE STRATEGIE DI CONTROLLO IN INFANZIA (PTSDc) 30 September 2021
  • OVERLOAD COGNITIVO ED ECOLOGIA MENTALE 21 September 2021
  • UN LUOGO SICURO 17 September 2021
  • 3MDR: UNO STRUMENTO SPERIMENTALE PER COMBATTERE IL PTSD 13 September 2021
  • UN LIBRO PER L’ESTATE: “COME ANNOIARSI MEGLIO” DI PIETRO MINTO 6 August 2021
  • “I fondamenti emotivi della personalità”, JAAK PANKSEPP: TAKEAWAYS E RECENSIONE 3 August 2021
  • LIFESTYLE PSYCHIATRY 28 July 2021
  • LE DIVERSE FORME DI SINTOMO DISSOCIATIVO 26 July 2021
  • PRIMO LEVI, LA CARCERAZIONE E IL TRAUMA 19 July 2021
  • “IL PICCOLO PARANOICO” DI BERNARDO PAOLI. PARANOIA, AMBIVALENZA E MODELLO STRATEGICO 14 July 2021
  • RECENSIONE PER PUNTI DI “LA GUIDA ALLA TEORIA POLIVAGALE” 8 July 2021
  • I VIRUS: IL LORO RUOLO NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE 7 July 2021
  • LA PLUSDOTAZIONE SPIEGATA IN BREVE 1 July 2021
  • COS’É LA COGNITIVE PROCESSING THERAPY? 24 June 2021
  • SULLA TERAPIA ESPOSITIVA PER I DISTURBI FOBICI: IL MODELLO DI APPRENDIMENTO INIBITORIO DI MICHELLE CRASKE 19 June 2021
  • É USCITO IL SECONDO EBOOK PRODOTTO DA AISTED 15 June 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche -con il blog Psicologia Fenomenologica. 7 June 2021
  • PSICHIATRIA DI COMUNITÁ: LA SCELTA DI UN METODO 31 May 2021
  • PTSD E SPAZIO PERIPERSONALE: DA UN ARTICOLO DI DANIELA RABELLINO ET AL. 26 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO ONLINE CON VALERIO ROSSO, MARCO CREPALDI, LUCA PROIETTI, BERNARDO PAOLI, GENNARO ROMAGNOLI 22 May 2021
  • MDMA PER IL PTSD: NUOVE EVIDENZE 21 May 2021
  • MAP (MULTIPLE ACCESS PSYCHOTHERAPY): IL MODELLO DI PSICOTERAPIA AD APPROCCI COMBINATI CON ACCESSO MULTIPLO DI FABIO VEGLIA 18 May 2021
  • CURANDO IL CORPO ABBIAMO PERSO LA TESTA: UN CONVEGNO GRATUITO ONLINE (21 MAGGIO) 13 May 2021
  • BALBUZIE: COME USCIRNE (il metodo PSICODIZIONE) 10 May 2021
  • PANICO: INTERVISTA AD ANDREA IENGO (PANICO.HELP) 7 May 2021
  • Psicologia digitale e pandemia COVID19: il report del Centro Medico Santagostino di Milano dall’European Conference on Digital Psychology (ECDP) 4 May 2021
  • SOLCARE IL MARE ALL’INSAPUTA DEL CIELO. Liberalizzare come terapia: il problema dell’autocontrollo in clinica 30 April 2021
  • IL PODCAST DE “IL FOGLIO PSICHIATRICO” 25 April 2021
  • La psicologia fenomenologica nelle comunità terapeutiche 25 April 2021
  • 3 STRUMENTI CONTRO IL TRAUMA (IN BREVE): TAVOLA DISSOCIATIVA, DISSOCIAZIONE VK E CAMBIO DI STORIA 23 April 2021
  • IL MALADAPTIVE DAYDREAMING SPIEGATO PER PUNTI 17 April 2021
  • UN VIDEO PER CAPIRE LA DISSOCIAZIONE 12 April 2021
  • CORRELATI MORFOLOGICI E FUNZIONALI DELL’EMDR: UNA PANORAMICA SULLA NEUROBIOLOGIA DEL TRATTAMENTO DEL PTSD 4 April 2021
  • TRAUMA E DISSOCIAZIONE IN ETÁ EVOLUTIVA: (VIDEO)INTERVISTA AD ANNALISA DI LUCA 1 April 2021
  • GLI EFFETTI POLARIZZANTI DELLA BOLLA INFORMATIVA. INTERVISTA A NICOLA ZAMPERINI DEL BLOG “DISOBBEDIENZE” 30 March 2021
  • SVILUPPARE IL PENSIERO LATERALE (EDWARD DE BONO) – RECENSIONE 24 March 2021
  • MDMA PER IL POST-TRAUMA: BEN SESSA E ALTRI RIFERIMENTI IN RETE 22 March 2021
  • 8 LIBRI FONDAMENTALI SU TRAUMA E DISSOCIAZIONE 14 March 2021
  • VIDEOINTERVISTA A CATERINA BOSSA: LAVORARE CON IL TRAUMA 7 March 2021
  • PRIMO SOCCORSO PSICOLOGICO E INTERVENTO PERI-TRAUMATICO: IL LAVORO DI ALAIN BRUNET ED ESSAM DAOD 2 March 2021
  • “SHARED LIVES” NEL REGNO UNITO: FORME DI PSICHIATRIA D’AVANGUARDIA 25 February 2021
  • IL TRAUMA (PTSD) NEGLI ANIMALI (PARTE 1) 21 February 2021
  • FLOW: una definizione 15 February 2021
  • NEUROBIOLOGIA DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO (PTSD) 8 February 2021
  • PSICOLOGIA DELLA CARCERAZIONE (SECONDA PARTE): FINE PENA MAI 3 February 2021
  • INTERVISTA A COSTANZO FRAU: DISSOCIAZIONE, TRAUMA, CLINICA 1 February 2021
  • LO SPETTRO IMPULSIVO COMPULSIVO. I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI SONO DISTURBI DA ADDICTION? 25 January 2021
  • ANATOMIA DEL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (E PSICOTERAPIA) 15 January 2021
  • LA STRANGE SITUATION IN BREVE e IL TRAUMA COMPLESSO 11 January 2021
  • GIORNALISMO = ENTERTAINMENT 6 January 2021
  • SIMBOLIZZARE IL TRAUMA: IL RUOLO DELL’ATTO ARTISTICO 2 January 2021
  • PSICHIATRIA: IL MODELLO DE-ISTITUZIONALIZZANTE DI GEEL, BELGIO (The Openbaar Psychiatrisch Zorgcentrum) 28 December 2020
  • STABILIZZARE I SINTOMI POST TRAUMATICI: ALCUNI ASPETTI PRATICI 18 December 2020
  • Psicoterapia breve strategica del Disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Intervista ad Andrea Vallarino e Luca Proietti 14 December 2020
  • CRONOFAGIA DI DAVIDE MAZZOCCO: CONTRO IL FURTO DEL TEMPO 10 December 2020
  • PODCAST: SPECIALIZZAZIONE IN PSICHIATRIA E CLINICA A CHICAGO, con Matteo Respino 8 December 2020
  • COME GESTIRE UNA DIPENDENZA? 4 PIANI DI INTERVENTO 3 December 2020
  • INTRODUZIONE A JAAK PANKSEPP 28 November 2020
  • INTERVISTA A DANIELA RABELLINO: LAVORARE CON RUTH LANIUS E NEUROBIOLOGIA DEL TRAUMA 20 November 2020
  • MDMA PER IL TRAUMA: VIDEOINTERVISTA A ELLIOT MARSEILLE (A CURA DI JONAS DI GREGORIO) 16 November 2020
  • PSICHIATRIA E CINEMA: I CINQUE MUST-SEE (a cura di Laura Salvai, Psychofilm) 12 November 2020
  • STRESS POST TRAUMATICO: una definizione e alcuni link di approfondimento 7 November 2020
  • SCOPRIRE IL FOREST BATHING 2 November 2020
  • IL TRAUMA COME APPRENDIMENTO A PROVA SINGOLA (ONE TRIAL LEARNING) 28 October 2020
  • IL PANICO COME ROTTURA (RAPPRESENTATA) DI UN ATTACCAMENTO? da un articolo di Francesetti et al. 24 October 2020
  • LE PENSIONI DEGLI PSICOLOGI: INTERVISTA A LORENA FERRERO 21 October 2020
  • INTERVISTA A JONAS DI GREGORIO: IL RINASCIMENTO PSICHEDELICO 18 October 2020
  • IL RITORNO (MASOCHISTICO?) AL TRAUMA. Intervista a Rossella Valdrè 13 October 2020
  • ASCESA E CADUTA DEI COMPETENTI: RADICAL CHOC DI RAFFAELE ALBERTO VENTURA 6 October 2020
  • L’EMDR: QUANDO USARLO E CON QUALI DISTURBI 30 September 2020
  • FACEBOOK IS THE NEW TOBACCO. Perchè guardare “The Social Dilemma” su Netflix 28 September 2020
  • SPORT, RILASSAMENTO, PSICOTERAPIA SENSOMOTORIA: oltre la parola per lo stress post traumatico 21 September 2020
  • IL MODELLO TRIESTINO, UN’ECCELLENZA ITALIANA. Intervista a Maria Grazia Cogliati Dezza e recensione del docufilm “La città che cura” 15 September 2020
  • IL RITORNO DEL RIMOSSO. Videointervista a Luigi Chiriatti su tarantismo e neotarantismo 10 September 2020
  • FARE PSICOTERAPIA VIAGGIANDO: VIDEOINTERVISTA A BERNARDO PAOLI 2 September 2020
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IL BLOG

Il blog si pone come obiettivo primario la divulgazione di qualità a proposito di argomenti concernenti la salute mentale: si parla di neuroscienza, psicoterapia, psicoanalisi, psichiatria e psicologia in senso allargato:

  • Nella sezione AGGIORNAMENTO troverete la sintesi e la semplificazione di articoli tratti da autorevoli riviste psichiatriche. Vogliamo dare un taglio “avanguardistico” alla scelta degli articoli da elaborare, con un occhio a quella che potrà essere la psichiatria e la psicoterapia di “domani”. Useremo come fonti articoli pubblicati su riviste psichiatriche di rilevanza internazionale (ad esempio JAMA Psychiatry, World Psychiatry, etc) così da garantire un aggiornamento qualitativamente adeguato.
  • Nella sezione FORMAZIONE sono contenuti post a contenuto vario, che hanno l’obiettivo di (in)formare il lettore a proposito di un determinato argomento.
  • Nella sezione EDITORIALI troverete punti di vista personali a proposito di tematiche di attualità psichiatrica.
  • Nella sezione RECENSIONI saranno pubblicate brevi e chiare recensioni di libri inerenti la salute mentale (psicoterapia, psichiatria, etc.)

A CURA DI:

  • Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale,  Torino, Milano
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